Museo Archeologico di Reggio e Università di Messina insieme per la ricerca sul Kouros di Rhegion

Il MArRC di Reggio Calabria e il Dipartimento di Scienze Matematiche e Informatiche, Scienze Fisiche e Scienze della Terra (Dipartimento MIFT) dell’Università degli Studi di Messina hanno attivato un accordo di collaborazione per attività di studi, ricerca scientifica, formazione e valorizzazione sul Kouros.

Per il direttore del Museo, Carmelo Malacrino, si tratta di «sinergie proficue che suggellano e fortificano i rapporti tra il sapere scientifico delle nostre università e il Museo. Quest’ultimo non deve essere solo attrattore culturale, ma anche luogo in cui le testimonianze del passato possano offrire dati inediti e di forte valenza scientifica grazie a importanti progetti multidisciplinari e interistituzionali».

Le attività al Museo sono dirette dal funzionario restauratore Barbara Fazzari, che guida anche il laboratorio di restauro del MArRC.

«L’accordo siglato dal nostro direttore e dal direttore del Dipartimento Mift, Domenico Majolino  – ha spiegato la dott.ssa Fazzari – si inserisce nell’ambito di una serie di collaborazioni avviate con numerosi istituti di ricerca. Così il MArRC intende approfondire lo studio delle opere conservate all’interno del Museo, con particolare attenzione per gli aspetti scientifici legati alla conoscenza delle tecniche esecutive e dei fenomeni di degrado».

La prof.ssa Valentina Venuti, referente della convenzione per il Dipartimento Mift, spiega che «il progetto, condiviso dai due istituti culturali, è sfociato in una sinergia nata sul campo tra le diverse professionalità. In particolare, il lavoro condotto dalla dott.ssa Fazzari e dal funzionario archeologo Daniela Costanzo è andato integrandosi con le attività del team scientifico con il quale condivido numerosi progetti di ricerca nell’ambito dei beni culturali, composto oltre che dal prof. Majolino e dalla sottoscritta, dalla prof.ssa Vincenza Crupi, dal prof. Francesco Caridi, dal dott. Giuseppe Paladini e dal dott. Sebastiano Ettore Spoto».

Nell’ambito di questo accordo lo scorso febbraio al Museo è stata effettuata una campagna di indagini di tipo non invasivo sul Kouros. La statua, databile intorno al 500 a.C., è stata recentemente restaurata dalla ditta “Sante Guido. Restauro di opere d’arte” nell’ambito del grande progetto “Restituzioni” di Intesa Sanpaolo. Già durante l’intervento conservativo la statua era stata sottoposta a indagini mediante spettroscopia XRF e Raman portatile eseguite dal team messinese.

La prof.ssa Venuti ha spiegato come, per ulteriori approfondimenti scientifici, «si sia scelto di effettuare indagini puntuali tramite uno spettrometro Micro Raman portatile; una strumentazione che, a differenza del tradizionale sistema Raman, permette l’analisi molecolare di aree molto ridotte, focalizzando il laser, tramite un microscopio, su regioni di dimensioni nell’ordine di qualche micron, con la garanzia di risultati importanti per lo studio dell’opera». (rrc)

 

Nella Valle del Mercure si cerca l’antica “Laos”

In località San Gada di Laino Borgo, per la precisione nella Valle del Mercure, è stata portata scoperta una città nascosta: sembrerebbe l’antica Laos.

Tale scoperta è avvenuta nel corso di una campagna di scavi condotta dall’Università di Messina, il cui gruppo, composto da studenti di archeologia, era diretto da Fabrizio MolloSfacteria.

«Un progetto di scavo – rende noto l’amministrazione comunale – iniziato dopo l’incontro tra il docente messinese ed il compianto Sindaco di Laino Borgo, Francesco Armentano, che fu il primo a credere nelle potenzialità di questa attività archeologica ed inserirla in un quadro di valorizzazione del turismo culturale di Laino Borgo e dell’intera Valle del Mercure».

Il Sindaco Mariangelina Russo ha, poi, continuato nel solco di quella esperienza positiva finanziata per la prima volta proprio dall’Amministrazione guidata dal primo cittadino Armentano, e che ha dato esito positivo chiedendo all’Ente Parco del Pollino di supportare la continuazione degli scavi che ha portato ad un progetto più compiuto – redatto dall’Università di Messina – per avviare una campagna archeologica in località San Gada che ha portato ad importanti rinvenimenti che sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa.

Quella ritrovata nella Valle del Mercure è una grande città con una maglia viaria regolare attorno alle abitazioni, muri tutti perfettamente allineati, una serie di reperti (figure fittili, testine, oggetti di ornamento) e, soprattutto, tracce di intonaco parietale in stile rosso pompeiano, così come il pavimento con uno strato di calce (presente, per capirsi, solo nelle case di Pompei).

Se, poi, si aggiunge che all’interno dei quasi 200 metri quadri di saggio è stato rinvenuto lo scheletro di un uomo sicuramente schiacciato dalle pareti di una casa crollata durante un sisma – la storia ci dice che Laos fu distrutta da un forte terremoto -, e più in là altri segni evidenti di crolli di dispense con cocci di vasi da bere e per mangiare disseminati lungo il campo sondato dagli archeologi, e che questo sito si trovi in posizione baricentrica, nella valle del Lao, tra la Calabria e la Campania a poca distanza dalle tracce dell’antica via Annia Popilia le suggestioni per presupporre che quella ritrovata sia l’antica Laos ci sono tutte.

«Si è sempre pensato – ha spiegato il prof. Fabrizio Mollo –  potesse essere verso il mare senza mai cercarla invece nell’entroterra. Qui, a Laino Borgo, nei primi dell’800 furono trovate le monete antroposofiche (nel mondo ce ne sono una decina) ma nessuno se n’è mai occupato con grande rilevanza. Su questo sito – attraverso studi con strumenti avanzati – abbiamo rilevato circa 40 ettari cosparsi di materiale archeologico per questo bisogna continuare a fare ricerca e dare la certezza di ciò che oggi è solo una forte suggestione».

Nel corso della presentazione degli esiti di ricerca del primo campo di scavi archeologico finanziato dal Parco Nazionale del Pollino, che ha «creduto da subito nell’alto valore culturale e scientifico di questo sito» – ha ribadito ieri il Presidente del Parco nazionale del Pollino, Domenico Pappaterra -, è stato anche annunciato da Luigi Bloise, responsabile dell’Ufficio Geoparco del Parco Nazionale del Pollino, che un poster scientifico sui dati archeologici ritrovati a Laino Borgo verranno presenti e discussi nel corso della 15esima conferenza europea dei Geoparchi Unesco «segno evidente della grande attenzione internazionale di cui gode questa sensazionale scoperta».

Soddisfatta l’amministrazione comunale di Laino Borgo che attraverso il Sindaco, Mariangelina Russo, ha ringraziato il professor Mollo e la sua equipe per il prezioso contributo offerto alla comunità per «riappropriarsi della propria identità storica e culturale e rilanciare Laino Borgo nel campo del turismo culturale ed esperienziale didattico che ora deve essere messo al centro di un sistema più complesso e organizzato per la fruizione degli scavi e dei reperti rinvenuti».

Gli ha fatto eco il vice sindaco, Innocenzo Donato, uno dei membri dell’amministrazione che ha seguito da vicino gli scavi, il quale ha ribadito che ora serve realizzare una «prima esposizione per mostrare la mondo gli oggetti recuperati» e pensare nel prossimo futuro alla creazione di un museo che possa custodire nella maniera più degna possibile questo «grande tesoro culturale e storico» che Laino Borgo ha recuperato anche grazie alla attiva partecipazione di tanti cittadini che si sono coinvolti nella ricerca.

«Fu giusta – ha ribadito ancora il Sindaco Russo – l’intuizione del compianto sindaco, Francesco Armentano, di prendere contatti con l’Università di messi per avviare una prima ricognizione sul terreno nel 2018. Oggi noi siamo qui convinti a continuare quell’esperienza di ricerca che potrà far parlare di Laino Borgo nel mondo. Da parte nostra c’è l’impegno istituzionale a valorizzare, con tutte le nostre risorse e la stretta collaborazione con gli enti che oggi sono al nostro fianco, questo importante sito archeologico». (mp)

 

REGGIO – Una due giorni dedicata ai Bronzi

25 ottobre – Tra Reggio e Messina una due giorni, oggi al Museo Archeologico Nazionale, per il convegno internazionale su “I Bronzi di Riace e la bronzistica del V secolo a.C.”, organizzato dal professore Daniele Castrizio, del Dipartimento di Civiltà antiche e moderne dell’ Università degli Studi di Messina e componente del Comitato Scientifico del MArRC.
I lavori cominceranno al Museo stamattina, alle ore 9.30, per proseguire fino al pomeriggio, in un confronto aperto tra studiosi ed esperti sulle nuove ricerche sulle “opere più complesse, e perciò più intriganti e affascinanti che l’antichità classica abbia concepito”, come si legge sul sito web dedicato al convegno.
A partire dalle ore 18.00, giornalisti, blogger e comunicatori pubblici parleranno di come “Comunicare i Bronzi di Riace nell’era social. La percezione attraverso i media vecchi e nuovi”, in una tavola rotonda.
La seconda e ultima giornata si svolgerà domani nell’Aula Magna dell’ateneo messinese. Come si legge nel programma redatto dall’Università di Messina «
Qualcuno ha affermato che la grandezza di un’opera d’arte si misura con la complessità che richiede la sua analisi. Se questo è il parametro da utilizzare, ci sembra di poter affermare, senza tema di smentita, che i Bronzi di Riace sono una delle opere più complesse, e perciò più intriganti e affascinanti, che l’antichità classica abbia mai concepito. Dopo quarantasei anni di ricerche sulle due statue, forse si può ancora utilizzare la frase di Socrate “una sola cosa so: che non so nulla”. Di fatto, ogni volta che gli studiosi si sono illusi di poter considerare chiuso il cerchio delle ricerche, ecco che si dischiudevano nuovi fronti di indagine, nel tentativo di trarre profitto anche dalle indagini archeometriche e metallurgiche, dai restauri e da ogni altro apporto che esulasse dalla mera prospettiva archeologica».
L’Università degli Studi di Messina con questo Convegno Internazionale vuole fare il punto sulle ricerche e mettere in contatto i vari studiosi di tutto il mondo, che studiano appassionatamente le statue di Riace. (rrc)

 

www.netmuseum.it/ibronzidiriace/

 

REGGIO – Oltre 400 studenti all’UniStraDA

17 settembre – Oltre 400 studenti provenienti da 60 paesi di tutto il mondo a studiare lingua e culturaitaliana: L’Università per gli Stranieri di Reggio sta diventando una realtà sempre più significativa per tutto il Mezzogiorno. Il Rettore, prof. Salvatore Berlingò, in vista dell’apertura del nuovo anno accademico ha presentato le novità in arrivo. «Abbiamo tre corsi di laurea già esistenti – ha detto Berlingò – ma uno è davvero importante, quello per mediatori interculturali e per la coesione sociale nell’Europa. Tale corso, proprio per la sua avanzata specificità, è stato finanziato con fondi europei, fra il Ministero dell’Interno e quello dell’Università. Sono due i corsi di laurea magistrale: uno si sviluppa attraverso la formazione di programmatori per la cooperazione internazionale e dei servizi sociali non solo nel Mediterraneo; ma vorrei ricordare anche il corso per interpreti interculturali che si realizza nel quartiere Catona, nell’area dell’ex Ciapi che speriamo venga riconvertita al più presto. Tutto ciò realizza e forma figure che possono essere utilizzate anche dalle nostre imprese, che già operano nei paesi dell’area del Mediterraneo. Ma hanno bisogno, per rendere produttiva l’attività, di personale che parli più lingue, che sia attrezzato per trattare con le culture dei paesi in cui le nostre imprese si insediano. E che sia anche capace di stimolare in modo inverso: fare in modo che imprese e aziende straniere vengano ad investire in Calabria».
Importante la sinergia con l’Università di Messina che ha permesso la nascita del quarto corso di laurea. Secondo Berlingò si tratta di una «virtuosa collaborazione. Cerchiamo un nesso, una congiunzione dell’area dello Stretto. Ed è per questo che prende vita il corso per docenti di lingua italiana a stranieri».
La “Dante Alighieri” è certamente un baluardo della multiculturalità: «Da giugno a settembre – dice il Rettore – attiriamo più di 400 giovani stranieri che vengono da 60 paesi di tutto il mondo per studiare lingua e cultura italiana. Credo che nessun tour operator calabrese possa vantare tale successo. A ciò ovviamente si aggiungono quelle degli studenti che poi nel corso dell’anno accademico risiedono stabilmente sul nostro territorio».

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Il Rettore dell’Università per gli Stranieri di Reggio, Salvatore Berlingò

Queste presenze sono in continuo incremento: proprio in questi giorni, ci sono i primi rientri e Reggio Calabria torna ad essere una vero laboratorio del Mediterraneo. Berlingò sugli sbarchi di migranti (che vedono proprio la città dello Stretto fra quelle più impegnate nell’accoglienza), dice: «Il trend incrementale di migranti sul nostro territorio dimostra come spesso essi non siano solo uomini e donne di passaggio. Le ultime analisi sociologiche ci dicono come spesso essi diventino residenti nella nostra regione. Ciò impone che queste persone vengano non soltanto accolte ed integrate, ma anche incluse e rese coese con la popolazione calabrese».
«Questo afflusso così numeroso, – afferma Berlingò – che potrebbe sembrare un fallimento per la politica nazionale o regionale, è invece un’opportunità che la Calabria non può lasciarsi scappare, anche dal punto di vista demografico. C’è uno spopolamento spaventoso dei nostri borghi. Analisi sociologiche dimostrano come sia prevista una fuga di più di 500mila di calabresi nel giro di 10 anni. La Calabria sarà spopolata se non si cambia questo trend. Ecco perché non possiamo pensare ad una semplice integrazione, ma ad una inclusione e coesione degli stranieri, che possono essere la valvola per far crescere di nuovo le risorse umane della Calabria».
Per fare accoglienza e inclusione – sottolinea il Rettore – «occorre un’opera di formazione a medio-lungo termine e questo può essere fatto da una Università che si occupa proprio di questo problema. Che non solo ospita studenti stranieri, ma prepara studenti italiani al rapporto con gli stranieri».
Sulla città il Rettore non ha dubbi: «Solo se Reggio tornerà ad essere il baricentro culturale del Mediterraneo potrà attrarre risorse e investimenti. Deve (ri)diventare cosmopolita e multietnica, come nelle epoche storiche che si sono susseguite». (rrc)