di MARIAELENA SENESE E WALTER BLOISE – Nel dibattito sulla riorganizzazione della sanità regionale, il termine “medicina di prossimità” è ormai diventato una formula ricorrente, ma troppo spesso svuotata di significato. In Calabria, una regione con ampi divari territoriali e sociali, parlare di prossimità non può significare semplicemente costruire nuove strutture, come le Case della Comunità, se queste non sono accompagnate da servizi reali, professionisti presenti e una rete funzionante.
Come Uil Calabria e Uil Fpl Calabria, riteniamo fondamentale concentrare l’attenzione su ciò che davvero garantisce accesso, continuità e diritto alla salute nei territori: i medici di medicina generale, i consultori familiari, i poliambulatori territoriali e le guardie mediche. Questi presìdi, se messi in condizione di funzionare, sono il vero volto della medicina di prossimità.
Oggi però la realtà è diversa: la Uil Calabria e la Uil Fpl Calabria da tempo sostengono che, in Calabria la carenza di medici di medicina generale rispetto al fabbisogno stimato sia elevata, secondo i dati della Fondazione Gimbe in Calabria mancano oltre 350 medici di medicina generale, con una carenza destinata ad aggravarsi a causa del blocco del turnover, dei pensionamenti e della fuga verso l’estero nel corso del 2026.
I consultori familiari, che per legge dovrebbero essere presenti in rapporto di almeno 1 ogni 20.000 abitanti, ma in Calabria di fatto ve ne è 1 ogni 35.000 abitanti. Questi presidi, poi, sono spesso sprovvisti delle figure previste per legge, come psicologi, assistenti sociali, ginecologi e ostetriche. I poliambulatori sono spesso ridotti a contenitori vuoti, privi di prestazioni specialistiche e con tempi di attesa inaccettabili anche per esami di base. Le guardie mediche, soprattutto nelle aree interne, soffrono di gravi carenze di personale, coperture a singhiozzo e condizioni logistiche precarie.
Il sistema sanitario regionale non può più essere pensato come una struttura esclusivamente “sanitaria”, concentrata su ospedali e reparti. È necessario superare questa visione per abbracciare una logica socio-sanitaria integrata, in cui la presa in carico della persona – anziana, fragile, cronica, disabile o in condizione di esclusione – sia condivisa tra diversi professionisti: medici, infermieri, Operatori socio sanitari, assistenti sociali, educatori, psicologi.
In questo senso, la carenza ormai strutturale di medici di base può e deve essere compensata con l’introduzione e la valorizzazione di figure paramediche e sociosanitarie, più rapidamente reperibili e in grado di assicurare una risposta operativa alle esigenze quotidiane dell’utenza. Non si tratta di sostituire i medici, ma di costruire équipe di prossimità che lavorino insieme, condividendo obiettivi e competenze.
Inoltre, la medicina territoriale deve essere anche un presidio di prevenzione e di giustizia sociale. Occorre rafforzare l’educazione alla salute, la prevenzione delle dipendenze, la salute mentale, la diagnosi precoce e il sostegno alle famiglie. Il tutto in stretta sinergia con i servizi sociali comunali, il terzo settore e la rete del volontariato.
In un contesto dove, secondo l’Agenas, il tasso di scopertura degli infermieri sul territorio calabrese supera il 30% rispetto agli standard previsti, è evidente che investire su figure sociosanitarie diventa non solo utile, ma urgente. A differenza dei medici di medicina generale, per i quali l’attuale sistema di reclutamento rende difficile il ricambio, molte figure paramediche e professioni sanitarie intermedie sono più facilmente reperibili e formabili, rappresentando una risorsa immediata per garantire continuità assistenziale, domiciliarità, prevenzione e supporto alle famiglie.
Rafforzare la medicina di prossimità in Calabria significa non solo evitare l’intasamento degli ospedali, ma soprattutto portare il sistema sanitario vicino alla vita delle persone. Significa investire nella salute mentale, nella prevenzione, nella riabilitazione, nella disabilità e nella non autosufficienza. E significa farlo con un’organizzazione integrata, territoriale e flessibile, in grado di rispondere alle esigenze delle comunità locali, con particolare attenzione ai contesti rurali e alle aree interne. Oggi tutto questo non è solo una proposta, ma una necessità. Lo dimostrano i dati, ma lo dicono anche i cittadini, ogni volta che si trovano soli di fronte a una malattia, a un bisogno o a una diagnosi che non arriva.
Per questo, come Uil Calabria e Uil Fpl Calabria, siamo convinti che serva una svolta vera: non una medicina di prossimità fatta di muri, ma una rete pubblica che funzioni davvero, con professionisti assunti, formati, presenti, valorizzati e meglio retribuiti. La sanità territoriale deve essere il cuore pulsante del sistema pubblico, e non un’appendice residuale. Ora servono scelte politiche concrete e investimenti mirati, altrimenti il diritto alla salute resterà, per troppi calabresi, solo sulla carta. (ms e wb)
[Mariaelena Senese e Walter Bloise sono rispettivamente segretaria generale Uil Calabria e segretario generale Fpl Calabria]