«È importante condurre insieme – uomini e donne – questa battaglia per un vero cambio culturale. Donne iraniane, non siete sole!», ha dichiarato Claudio Venditti, presidente del Forum famiglie Calabria, che ha invitato «comunità religiose e associazioni a sottoscrivere l’appello per sostenere, in ogni occasione, la fine di questi atti che offendono la dignità e la libertà delle donne».
«Non si può essere arrestate, per poi morire, a causa di una ciocca di capelli fuori posto sotto il velo – ha evidenziato Venditti –. Non si può essere vittime, ancora oggi, di matrimoni forzati (profondi e sofferenti, da far venire i brividi, sono gli occhi delle spose-bambine), stupri impuniti. È intollerabile essere schiave di lavori disumani, di tratte; non si può essere condannate “all’analfabetismo”. Tante e troppe sono le discriminazioni, gli abusi e le ingiustizie che nell’epoca attuale molte donne in diverse parti della Terra subiscono sulla loro pelle silenziosamente».
«Se da un lato, nei paesi civili sempre più donne faticosamente e meritatamente conquistano ruoli di prestigio e riescono ad occupare spazi che fino a pochi anni fa erano riservati ai soli uomini – ha proseguito – dall’altro diversi sono i Paesi in cui anche solo la strada verso la conquista della libertà, del rispetto e della tutela dei diritti del mondo femminile è totalmente al palo. Il grido di dolore che si è levato in questi giorni tra le donne e gli uomini iraniani mobilitatisi per far ascoltare la loro voce di protesta dopo la morte della ventiduenne Mahsa Amini è giunto fino a noi, togliendoci il fiato: colpiscono profondamente le immagini di ragazze e giovani che, letteralmente stremate da una irragionevole compressione dei loro diritti, sfidano il regime per il sacrosanto riconoscimento delle loro libertà. Tocca e commuove, soprattutto, il loro grande coraggio di rischiare persino la vita».
«E il pensiero va ad Alessia Piperno, la nostra connazionale arrestata e a tutti coloro che si sono uniti a sostegno delle iraniane – ha detto ancora –. No, non si può restare a guardare. Nel momento in cui osserviamo una nostra figlia studiare, lavorare, formarsi, esprimere desideri e aspettative, parlare di futuro, sognare, vestirsi liberamente, pensiamo che contemporaneamente ci sono luoghi in cui molte sono le donne a cui anche il solo decidere “cosa indossare e come” è negato e a loro va tutto il nostro sostegno, la nostra solidarietà. Ci uniamo, dunque, al coro di appelli che si stanno susseguendo in questi giorni per chiedere a gran voce il riconoscimento e la tutela della libertà di queste donne, cittadine degne del mondo come noi e come noi, quindi, con il diritto di esprimersi, realizzarsi e formarsi in alleanza con l’universo maschile».
«Chiediamo – ha concluso –che il dialogo tra le parti e l’ascolto dei giovani manifestanti prendano il posto delle ostilità, della violenza, della chiusura; auspichiamo che a livello internazionale si cooperi affinchè queste nostre madri, sorelle, figlie abbiano la possibilità di contribuire a costruire, attraverso idee, conoscenze, talenti ed azioni, un mondo migliore». (rcz)