L'IDEA DI ACCORPARE IN UN'UNICA SOVRINTENDENZA I DUE SITI ARCHEOLOGICI CROTONESI MOSTRA LUCI E OMBRE;
Il Museo di Capo Colonna a Crotone

SIBARI-CROTONE: NON SI FACCIA LA GUERRA
SUI MUSEI “UNITI”, MA MODELLO CULTURALE

di DOMENICO MAZZA – Si dice spesso che l’area jonica del nord est calabrese manchi di una destinazione e di un’offerta culturale ricca, atta ad attrarre flussi di visitatori anche in periodi non tipicamente legati alla stagione estiva.

Eppure, a ben pensarci, non è certo la cultura a latitare nell’estremo sol-levante della nostra Regione. Piuttosto, fa difetto la capacità di tradurre in pacchetto tutte una serie di proposte che se amalgamate in un unico contenitore, con ogni probabilità, potrebbero rappresentare un biglietto da visita originale e variegato.

Si pensi ai 17 tra manieri, castelli e torri d’avvistamento sparsi tra Rocca Imperiale e Capo Rizzuto. Si continui con i due parchi archeologici di Sibari e Capo Colonna e si aggiunga il parco di Castiglione a Paludi. Si passi poi ai musei, partendo da Crotone e Sibari per comprendere tutte una serie di strutture adibite a custodia culturale sparse nei tanti Centri storici prospicienti la linea di costa ed adornanti i sinuosi colli e le aspre vette della Sila Graeca.

Insomma un’offerta che avrebbe tutte le carte in regola per riscrivere un nuovo paradigma conoscitivo che dalla Magna Graecia si spinge alle contaminazioni bizantine per arrivare alle influenze sveve e normanne. Il tutto, sostanzialmente, concentrato in un raccolto fazzoletto di terra, visitabile in 48/72 ore di permanenza sul territorio.

Da questo punto di vista, l’idea di amalgamare l’offerta dei musei di Sibari e Crotone, lascia presagire un buon punto di partenza. Tuttavia, l’operazione potrebbe risultare inutile se, di pari passo, non si procederà ad avvicinare i punti d’interesse sparsi sul territorio ed oggi logisticamente distanti.

A tal riguardo, vorrei mutuare le dichiarazioni rilasciate, di recente, dal Direttore della rete museale calabrese, nel merito del disegno legislativo attuato dal Ministero della Cultura di convogliare ad unica direzione i parchi archeologici di Sibari e Crotone.

Ebbene, forse anche per sedare un eccessivo ed ingiustificato campanilismo, funzionale poi alle pervese dinamiche attuate dai centralismi storici per creare situazioni di scontro e guerre fra poveri (condizione che, fra l’altro, connota le aree joniche sin dalla notte dei tempi), Filippo Demma é stato perentorio. Costui ha dichiarato che questa idea non deve essere vista come il tentativo di sopraffazione di un’area sull’altra o di imposizione del rilanciato modello Sibari a Crotone.

Invero, la lettura dell’operazione andrebbe inquadrata e circoscritta in ottica d’unica “Area Vasta Culturale”. Un’opportunità, dunque, in cui la cultura potrebbe diventare il mezzo efficace per invogliare la messa a regime di una serie di infrastrutture strategiche già presenti sul territorio. Tuttavia, oggi, sottodimensionate, mal governate, e, finanche, parzialmente o totalmente inutilizzate.

Il pensiero va ai 4 Hub della mobilità civile (aeroporto Sant’Anna, porti di KR e CoRo, nodo ferroviario di Sibari), al contempo — considerata l’offerta agroalimentare di qualità presente nel territorio — sfruttabili per il trasporto cargo. Tali asset dovranno, necessariamente, essere avvicinati da investimenti infrastrutturali di rammendo, contribuendo, realmente, alla loro effettiva rifunzionalizzazione.

Vieppiù, fornendo i presupposti per un incremento considerevole dell’offerta di lavoro: vera piaga da decubito di un territorio da troppo tempo assopito, stanco e riluttante al cambiamento ed alla propositività. Senza dimenticare quella rete blu che si potrebbe imbastire mettendo in connessione i 7 attracchi distribuiti tra la Sibaritide ed il Crotonese con i 17 sparsi nel golfo di Taranto. Invero, una potenzialità inimmaginabile. Purtroppo, ad oggi, tenuta ferma, immobile, improduttiva.

Alla politica, pertanto, il compito di rimboccarsi le maniche e disegnare una prospettiva diversa per un area dalle innate potenzialità, ma spesso (e volentieri) dimenticata.

I mezzi ci sono, e sono molteplici. Le risorse certe del Recovery e i fondi POR potrebbero essere un ottimo punto di partenza. Non già per finanziare interventi a pioggia, sparsi in mille rivoli, e dalla dubbia efficacia.

Inutili, inoltre, ai fini di una crescita armoniosa e propositiva del territorio. Piuttosto, andrebbero immaginate, pensate e realizzate opere di collettamento degli ambiti, utili a rafforzare la coesione sociale e territoriale. Con l’obiettivo, non ultimo, di creare un sano principio di sussidiarietà tra le tante Municipalità coinvolte.

I flussi legati alla necessità di conoscere il territorio tutto, in definitiva, andrebbero favoriti prima in ambito locale per poi risultare appetibili anche agli avventori che decidessero di visitare un’area meravigliosa, pregna di cultura e dalla fantastica ospitalità.

Solo la creazione di un percorso comune in cui i territori crotonesi e sibariti possano guardare insieme nella stessa direzione, potrebbe cambiare il paradigma di un’area omogenea, demograficamente forte e straordinariamente assortita.

Un’area Vasta composta da radici comuni, declinate poi in diverse ed iridate peculiarità: l’Area Vasta dell’Arco Jonico. L’ambito territoriale dall’unica storia e dall’unica comune destinazione. (dm)

[Domenico Mazza è del Comitato Magna Graecia]