di SANTO STRATI – Gli intenti di Luigi di Maio appaiono lodevoli, a partire già dal nome scelto per la sua nuova forza politica, “Insieme per i futuro”. Il problema è che risulta inevitabile una domanda cattiva assai: quale futuro? C’è un futuro per gli ex “uno vale uno” che hanno bruciato in poco più di quattro anni un incredibile e straordinario consenso? Frutto, per la verità, più dell’incazzatura degli italiani verso la politica che per meriti reali.
In Calabria, addirittura, il Movimento 5 Stelle aveva conquistato il 43,36 % dei seggi (18 parlamentari tra Camera e Senato): una valanga inaspettata e inimmaginabile per qualsiasi osservatore politico. Eppure, l’incompetenza, la litigiosità e l’immaturità politica hanno gettato nella acque dello Jonio e del Tirreno un valore aggiunto che aveva sedotto, in modo irruento, gli elettori calabresi.
Basta guardare la “divisione” di un’eredità già di per sé dissipata in modo sciocco, per capire che parlare di futuro per i Cinque Stelle diventa un’improvvida avventura.
Già c’era stato il primo “terremoto” con la nascita di “Alternativa c’è”, alla nascita del Governo Draghi, poi è comparsa l’altra sigla, dal 9 maggio scorso, cui hanno aderito Bianca Laura Granato, Rosa Silvana Abate e Margherita Corrado, C.A.L. (Costituzione, Ambiente, Lavoro -Pc-Idv) al Senato, dopo l’abbandono dei Cinque Stelle per il gruppo misto il 19 febbraio 2021. Il sen. Morra è un altro che ha abbandonato i 5 Stelle per il gruppo Misto (e non si capisce come abbia potuto mantenere la presidenza della Commissione Antimafia che toccava al M5S). Invece, il sen. Giuseppe Auddino (per la verità uno dei parlamentari calabresi più attivi dei Cinque Stelle) è rimasto al suo posto dopo un serio momento di perplessità.
Si consideri che dopo tre governi (i pentastellati hanno partecipato ai due esecutivi guidati da Conte e a quello attuale guidato da Draghi) la “consistenza” di quello che fu il “glorioso” MoVimento si è praticamente svaporata. Solo una grande inesistente coesione con la quasi certezza di dire addio per sempre alle aule di Montecitorio o di Palazzo Madama. Della serie, per dirla tutta, “e quando gli ricapita?”.
Di Maio, secondo alcune stime, vale da solo il 2-3% e, tra i calabresi, oltre alla fida Dalila Nesci (nonostante la doppia bocciatura del Movimento alla sua “spontanea” candidatura a presidente della Regione) ha visto dalla sua parte Federica Dieni e Giuseppe d’Ippolito. Non si sa se i deputati che avevano aderito ad Alternativa c’è (Forciniti e Sapia) e le tre senatrici ora “targati” CAL si schiereranno con lui. Di sicuro non con l’ala storica del Movimento che oggi fa capo a Conte, che invece in Calabria può contare sul coordinatore regionale Massimo Misiti, l’ex sottosegretario Maria Laura Orrico, il senatore Auddino e i deputati Parentela, Tucci e Scutellà. Anche il gruppo alla Regione con Afflitto (in guerra con Alessia Bausone per il seggio) e Tavernise, con una dichiarazione all’Ansa ha detto di riconoscere solo Conte.
Cosa significa questa ulteriore dimostrazione di confusione politica? Che la débacle già da tempo iniziata è diventata inarrestabile e vedrà la scomparsa pressoché totale del Movimento. Al quale, peraltro, continua a dare fiducia il segretario del PD Enrico Letta (l’unico forse a crederci ancora), in assenza di proposte politiche dalla sinistra degne di attenzione.
Del resto il ballottaggio di oggi a Catanzaro attesta l’insussistenza politica dei 5 Stelle che pure in Calabria sembravano un drappello che aveva convinto elettori in cerca di nuovi orizzonti. Peccato che, a cominciare dalla (oggi imbarazzante) improvvida dichiarazione di Luigi Di Maio: «oggi abbiamo cancellato la povertà» (a proposito del Reddito di Cittadinanza) per finire alla storiaccia dell’autonomia differenziata che penalizzerà in modo pesante tutto il Mezzogiorno, non si registrano posizioni meritevoli di menzioni tra i pentastellati calabresi.
Si dirà, la vittoria inaspettata ha premiato gente impreparata e politicamente a zero (ma qualcuno si è mai chiesto come sono state scelte le candidature nel 2018?), per cui non ci si poteva aspettare più di tanto. Però da un drappello di 18 parlamentari su 30 era logico attendersi qualche pizzico d’impegno in più. A sfogliare, difatti, gli archivi parlamentari di Camera e Senato non si trovano tracce di grandi iniziative a firma di parlamentari pentastellati a favore del Mezzogiorno e tantomeno della Calabria.
Ci sono state invece polemiche a non finire, litigi sotterranei e posizioni fin troppo personalistiche più per salvaguardare (?) la poltrona alla Camera o in Senato che per risolvere reali problemi della popolazione. Con qualche eccezione, sia ben chiaro (il sen. Auddino si è speso molto per Gioia Tauro), ma – come si dice – una rondine non fa primavera.
Di fatto, la crisi dei grillini è irreversibile, a cominciare dall’Elevato che è sceso troppo a terra per continuare nel suo presunto ruolo celestiale, ma non ci sarà nessun tormento per la continuazione della legislatura. Nessuno (e non solo tra i pentastellati) rinuncerà al cospicuo assegno di parlamentare fintanto che sarà legittimamente dovuto e Draghi potrà chiudere, con fatica – questo sì – una legislatura che più da governo di salute pubblica appare sempre più di “insofferenza pubblica”.
In Calabria Conte è venuto diverse volte: la prima volta con il Consiglio dei ministri per il decreto sanità, poi con l’allora Ministro per il Sud Provenzano a presentare il magnificato Piano per il Sud. E altre volte, di recente, ha cercato di incantare (senza successo) i calabresi. Però, caduto il Governo Conte 2, una conquista inaspettata ha premiato i pentastellati con la nomina a sottosegretaria per il Sud della Nesci.
La ministra per il Sud Mara Carfagna è l’unica alleata del Mezzogiorno contro l’infame progetto del federalismo fiscale e dell’autonomia differenziata che poggia su un altro infame criterio, quello della spesa storica. Per cui – per dirla in breve – chi ha avuto poco avrà ancora di meno, chi ha avuto (e quindi speso) tanto avrà ancora di più.
In questo scenario dove sono i parlamentari (non solo pentastellati o “futuribili”) calabresi? Stanno a fare i conti sulla riforma (voluta da M5S) che ha tagliato il numero dei parlamentari: un caso di “suicidio assistito” di cui la Repubblica avrebbe fatto volentieri a meno. E tra macerie e rimpianti, sono in molti (grillini) che non hanno mai lavorato che diventeranno, loro malgrado, disoccupati. E non basterà il RdC a risollevarne il morale ed eventualmente riempire (molto parzialmente) il portafogli. (s)