di FRANCESCO CANGEMI – La Grande Cosenza. Un vecchio sogno che potrebbe realizzarsi con la fusione dei comuni limitrofi dell’area metropolitana (Castrolibero e Rende) per costituire un unicum che formalmente esiste già, ma strutturalmente non produce frutti, soprattutto a vantaggio dei cittadini. Calabria.Live è andata a chiedere cosa ne pensa il sindaco di Cosenza.
Non si nasconde certo dietro un dito il sindaco di Cosenza Franz Caruso quando si tratta di parlare della fusione dell’area metropolitana di Cosenza che riguarderebbe i Comuni di Rende, Castrolibero e lo stesso capoluogo di provincia. Non esita a dire che si tratta, la proposta di legge regionale, di un qualcosa di confusionale e di una «operazione policistica per mettere le mani sulla città».
Il presidente della giunta regionale della Calabria Roberto Occhiuto, nel corso dell’intervista, viene anche definito dal sindaco Caruso come l’autore di «una vera azione di sabotaggio della realizzazione del nuovo ospedale della Annunziata nel sito di Vagliolise».
Sindaco Caruso, perché la fusione che vuole il consiglio regionale non va bene?
Non va bene perché il testo di legge presentato, più che una proposta istitutiva della nuova città unica, sembra essere finalizzata esclusivamente alla sola estinzione dei Comuni oggi esistenti. La Città unica nella realtà urbana esiste già. L’area metropolitana cosentina è già vissuta dai cittadini come una città unica e dalla continuità territoriale. Una legge istitutiva regionale dovrebbe essere utile e funzionale, dunque, ad una organizzazione e riordino di tipo amministrativo, da ottenere attraverso la nascita del nuovo ed unitario ente comunale. Il disegno di legge regionale, invece, crea solo una grande confusione. Quella depositata dal centrodestra è una proposta improvvisata e lacunosa. Ho la sensazione che invece di pensare agli interessi dei cittadini, si tenta di fare una operazione politicista per mettere le mani sulla città. E ciò, ritengo, è soprattutto dovuto al fatto che Occhiuto non ha mai accettato la sconfitta elettorale che nell’ottobre del 2021 ha portato alla mia elezione a sindaco della città.
E quindi?
Si presenta una proposta di legge che contiene solo la data di entrata in vigore della nuova forma amministrativa ed istituzionale della città unica. Per il resto solo omissioni. Non è stato previsto alcun efficace percorso, sia dal punto di vista amministrativo che sotto l’aspetto giuridico-legislativo, per una effettiva e sapiente opera di costruzione del nuovo ente. Anzi, cosa gravissima, è che è tanta la fregola di puntare evidentemente ad un vero e proprio colpo di mano, che è stato depotenziato persino il referendum popolare a cui deve essere sottoposta la scelta. Dalla decisione vengono esclusi completamente i Comuni, ma soprattutto non decidono più le popolazioni interessate, perché hanno deciso che il referendum debba essere solo consultivo. Insomma la Regione ha avocato a sé pieni poteri. Un mostro giuridico, anticostituzionale che il Governo nazionale ha avallato. Sulla modifica della forma di referendum e la esclusione dei comuni dal percorso decisorio, si è consumato un vero e proprio scambio tra Occhiuto e il ministro Calderoli. Occhiuto vota a favore della sciagurata ipotesi dell’autonomia differenziata e Calderoli non impugna la legge con la quale la Regione può decidere la fusione tra Comuni anche a prescindere da un eventuale pronunciamento contrario delle popolazioni.
In che modo?
Attraverso la modifica del comma 3 dell’art. 5 della legge regionale 55/2006, deliberata dal Consiglio Regionale a colpi di maggioranza, che elimina le delibere dei Consigli Comunali e ribadisce che il referendum è consultivo e non vincolante. Di fatto si mortifica l’autonomia dei Comuni, calpestando il diritto di autodeterminarsi dei territori. Un atto, insomma, antidemocratico ed illiberale. Una modifica che contrasta con ciò che prevede una altra legge in vigore: “La Regione valorizza ed incentiva, sulla base dell’iniziativa dei Comuni, la costituzione di gestioni associative tra le stesse Istituzioni”.
Con altre “regole”, la Grande Cosenza si può fare?
La Grande Cosenza si deve fare. È stato l’orizzonte che ho indicato nel mio programma elettorale. Ma va fatta con responsabilità e serietà. Per la fusione tra la città di Pescara e i comuni di Montesilvano e Spoltore è stato previsto un percorso della durata di ben nove anni. Un percorso costituente e partecipato, con i comuni e le popolazioni come protagonisti primari. Serve innanzitutto uno studio di fattibilità e poi bisogna finanziare il processo di fusione. Un adeguato finanziamento di premialità capace di supportare la nascita di un nuovo ente che dovrà amministrare oltre centomila abitanti e curare e manutenere un esteso territorio. Di tutto questo non c’è traccia nella proposta della Regione. I firmatari della legge non si pongono minimamente il problema di come la fusione possa avvenire, in questo caso, alla presenza di fattori non certamente ordinari.
Infatti, oltre che la sopraggiunta presenza della gestione commissariale di Rende, soprattutto la condizione di dissesto finanziario del comune di Cosenza, con il registrarsi di una vera e propria voragine debitoria, ereditata dalla gestione dei dieci anni precedenti al mio insediamento alla guida della città costituiscono elementi non banali e che il legislatore regionale possa ignorare. Serietà e responsabilità vorrebbero che Roberto Occhiuto, intanto, finanziasse ed azzerasse il debito pregresso di Cosenza ed evitare, così, che siano i cosentini e tutti i cittadini della area urbana con le loro tasche a farne le spese.
Ma non mi pare che ci sia questa volontà. Anzi, finora abbiamo registrato da parte di Occhiuto una vera azione di sabotaggio della realizzazione del nuovo ospedale della Annunziata nel sito di Vagliolise, cioè nel cuore della potenziale città unica ed il blocco della metropolitana leggera. Una opera questa che declina la materializzazione fisica della nuova città e che, oltre ad essere proposta in maniera lungimirante da Beniamino Andreatta al momento del suo insediamento a Rettore per la integrazione della università con l’area urbana, oggi sarebbe un innovativo fattore di modernizzazione di una città green, più vivibile e meno inquinata.
Tra riprese e silenzi la proposta della città unica non è nuova. Ritiene che sia ancora rivoluzionaria o bisogna guardare altrove?
È sicuramente rivoluzionaria l’ipotesi di area vasta Metropolitana, per includere anche altri territori legati al capoluogo come la Valle del Crati, il Savuto, le Serre cosentine. Una “Città Territorio” che potrebbe essere una area strategica, nodo centrale di un asse di sviluppo che si estende da Gioia Tauro a Sibari.
Lei confida in un fecondo confronto istituzionale tra Regione e Comuni intorno alla procedura per la istituenda città unica?
Finora non abbiamo registrato segnali incoraggianti. Da parte della maggioranza di governo regionale abbiamo registrato chiusure e, in qualche caso, qualche polemica di bassa lega. Non mi pare di cogliere ad oggi un approccio metodologico consapevole di trattare un tema di forte valore storico. Ritengo che la nascita della città unica della area metropolitana cosentina non possa essere derubricata ad una questione di tipo semplicemente ordinaria e burocratica. L’ambizione dovrebbe essere quella di sollecitare un protagonismo sociale, istituzionale e culturale degno di un grande evento. E poi su questo terreno si dovrebbe facilitare la espressione di una forte volontà unitaria e non insistere in un atteggiamento assolutamente divisivo. I comuni finora hanno dimostrato volontà propositiva e di predisposizione alla cooperazione istituzionale.
Certo, se il quadro non muta, non possiamo subire passivamente. Attiveremo tutte le azioni che la legge consente per fermare ciò che oggi si configura come un obbrobrio legislativo ed amministrativo. (fc)