di FRANCESCO CANGEMI – La Calabria è la terza regione italiana per numero di beni immobili confiscati alla criminalità ed è anche una delle prime regioni per numero di aziende confiscate.
Secondo i dati dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata aggiornati al 30 novembre 2023, sono 5.104 i beni immobili confiscati dal 1982 ad oggi in Calabria, di cui 3137 sono stati destinati dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali e così distribuiti a livello provinciale: Catanzaro 372, Cosenza 254, Crotone 105, Reggio Calabria 2200, Vibo Valentia 206; mentre 1967 sono stati dati in gestione: Catanzaro 199, Cosenza 205, Crotone 259, Reggio Calabria 1097, Vibo Valentia 207. Il totale delle aziende confiscate è, invece, di 533 di cui 309 date in gestione e 227 destinate.
I dati sono stati diffusi durante la prima Conferenza nazionale sui beni confiscati: da problema ad opportunità” che si è svolta, per la prima volta in Calabria, nella sede della Cittadella a Catanzaro.
L’iniziativa, organizzata dalla Regione Calabria – Dipartimento transizione digitale, settore legalità e sicurezza, insieme al Forum italiano per la sicurezza urbana (Fisu) a cui la Regione aderisce, e ad Avviso pubblico, si è sviluppata in un confronto a più voci che ha visto coinvolte Regioni del Nord e del Sud e i principali attori istituzionali che operano nella filiera dei beni confiscati alla criminalità organizzata, incluso il Terzo settore.
«Abbiamo voluto rappresentare l’impegno della Regione Calabria e delle altre istituzioni, a vari livelli – ha detto l’assessore regionale Filippo Pietropaolo – a servizio della società civile, la quale deve riappropriarsi degli spazi illecitamente sottratti dalle mafie per trasformarli in opportunità di sviluppo e rigenerazione. In questo senso la Regione vuole dare un segnale forte, tant’è che, oltre a quelle su legalità e sicurezza, ha anche istituito un’apposita delega ‘valorizzazione ai fini sociali dei beni confiscati alla criminalità organizzata’, a me assegnata dal presidente Occhiuto, che ringrazio».
L’assessore regionale alla transizione digitale, sicurezza, legalità e valorizzazione ai fini sociali dei beni confiscati alla criminalità organizzata ha, poi, evidenziato le buone pratiche messe in campo fino ad oggi dalla Regione Calabria per la valorizzazione dei beni confiscati.
«Avvieremo una serie di iniziative – ha detto – attingendo sia ai fondi comunitari sia a quelli nazionali, che per la prima volta la Regione ha stanziato. Di questi, 32 milioni provengono dal Pr 2021-27 e 13 milioni dal Fondo di sviluppo e coesione. Complessivamente possiamo contare su una dotazione finanziaria di oltre 40 milioni di euro. Pertanto abbiamo la possibilità di intervenire concretamente sui beni confiscati muovendoci in sinergia con il Terzo settore, le Forze dell’ordine, i Comuni che andremo a sostenere anche nelle opere di demolizione dei beni che non possono essere riutilizzati come, ad esempio, l’ecomostro di Torre Melissa. Segno tangibile di tutto ciò è anche la delibera, approvata dalla Giunta, che ha approvato la “Strategia regionale per la valorizzazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata attraverso le politiche di coesione”, frutto di un complesso e articolato lavoro svolto dalla struttura regionale competente».
«La strategia della Regione Calabria – ha rimarcato infine l’assessore Pietropaolo -, che ha una struttura coerente con quella nazionale, si pone come fine primario quello di fluidificare le attività e le iniziative di competenza regionale, rafforzando la cooperazione tra le strutture amministrative regionali e tra queste e le istituzioni territoriali competenti. Sono previsti, tra gli altri, interventi per la realizzazione di presidi di sicurezza e legalità, destinati alle Forze di Polizia, che contribuiranno all’inclusione sociale e all’aumento della percezione di sicurezza tra i cittadini. Pertanto, L’approvazione di questo strumento programmatico ha consentito alla Regione Calabria di conseguire un ulteriore obiettivo nel percorso della valorizzazione di un patrimonio coì consistente e di colmare un gap, anche grazie al confronto con le altre regioni, sulla tematica. La delibera di Giunta n. 682 appena approvata rappresenta, dunque, una pietra miliare e l’avvio di una nuova fase nel processo di riuso dei beni confiscati».
In apertura dei lavori sono intervenuti il prefetto di Catanzaro, Enrico Ricci, il quale ha posto l’accento sulla difficoltà delle amministrazioni comunali di potere recuperare un bene confiscato e sull’importanza del protocollo sottoscritto con la Regione Calabria che tiene conto anche dei progetti di demolizione, e la sottosegretaria al Ministero dell’Interno, Wanda Ferro, che ha evidenziato come «la Calabria anche in questo settore ha dato dimostrazione di grande maturità e di forte volontà di combattere la criminalità riappropriandosi, grazie anche all’impegno di Comitati e Comuni, dei beni confiscati alla criminalità organizzata».
Il direttore dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata, prefetto Bruno Corda, ha parlato «di un importantissimo salto di qualità sui beni confiscati da parte dell’Agenzia e della Regione Calabria, intanto perché con il protocollo che abbiamo sottoscritto pochi mesi fa, il primo tra l’altro a livello nazionale, è stato previsto un fatto decisivo, e cioè che l’amministrazione regionale sostenga effettivamente e fattivamente i Comuni, soprattutto quelli più piccoli, in cui sono ubicati i beni confiscati. Mettere assieme le forze di tutti gli enti pubblici, statali, regionali e locali e naturalmente i soggetti del Terzo settore, fa compiere un naturale salto di qualità alle attività che devono essere svolte. É già da un pezzo che stiamo assegnando i beni direttamente al Terzo settore. Abbiamo dato in consegna 260 dei circa mille beni che erano stati segnalati alle associazioni».
Il coordinatore nazionale di Avviso pubblico, Pierpaolo Romani ha osservato che «più dell’80% dei beni confiscati viene assegnato ai Comuni che possono farne un uso istituzionale o sociale perché sottrarre un bene ai mafiosi non significa solo impoverirli, ma anche depotenziarli».
Il coordinatore Fisu (Forum Italiano per la Sicurezza Urbana), Gian Guido Nobili, ha spiegato che «l’obiettivo del Forum è di supportare le amministrazioni di Regioni e città in un approccio orientato alla prevenzione, sia ambientale che sociale, che passa dal riutilizzo dei beni confiscati e anche dalla promozione della cultura alla legalità e dalla riqualificazione e dalla rigenerazione urbana di quartieri degradati».
Nel corso della conferenza ci si è confrontati sulle politiche di valorizzazione, sulla conversione delle ricchezze illecitamente accumulate, sul riutilizzo, sul ruolo delle Regioni, degli enti locali, delle Università, del Terzo settore, sulle esperienze delle altre Regioni, come la Lombardia e l’Emilia Romagna. Su questo sono intervenuti anche l’assessore alla legalità e alla sicurezza della Regione Campania, Mario Morcone, e il presidente della Commissione consiliare contro la ‘ndrangheta della Regione Calabria, Pietro Molinaro.
Tra gli altri, hanno preso parte all’iniziativa Ottavio Amaro e Marina Tornatora del Laboratorio di ricerca Landscape_inProgres, dipartimento dArTe, Università Mediterranea di Reggio Calabria, Gabriella Volpi, dirigente struttura legalità, Beni confiscati e Usura, Polizia locale – Regione Lombardia, Gian Guido Nobili, dirigente area sicurezza urbana, Legalità e Polizia Locale – Regione Emilia-Romagna, Luciano Squillaci, portavoce Forum del Terzo settore Calabria, e personalità delle Forze dell’Ordine.
Renato Natale, sindaco di Casal di Principe, ha raccontato l’’operazione di sgombero e la consegna al Comune di un villino confiscato a un esponente di spicco del clan dei Casalesi e occupato abusivamente da un familiare; nel suo comune su 78 beni confiscati e assegnati, 62 sono già utilizzati per finalità sociali o istituzionali.
Nella stessa occasione è stato presentato anche L’Atlante di Giano a cura del Consorzio Macramè, rete tra trena enti gestori di beni confiscati.
«Sono intervenuto alla prima conferenza nazionale sui “Beni Confiscati: da problema ad opportunità”, organizzata dalla Regione Calabria – Dipartimento transizione digitale – settore legalità e sicurezza durante la quale l’assessore Pietropaolo ha annunciato l’approvazione da parte della Giunta del piano strategico della valorizzazione dei beni confiscati. Un confronto – sottolinea Pietro Molinaro presidente della Commissione consiliare antindrangheta – con le principali istituzioni che operano nella filiera dei beni confiscati alla criminalità organizzata, con il Terzo settore che in Calabria svolge un ruolo positivo con buone pratiche in atto che ha trovato la Regione Calabria all’altezza della situazione. La Commissione antindrangheta è impegnata, in piena sinergia con le Istituzioni nazionali e regionali a contribuire affinché la gestione e la destinazione dei beni confiscati produca effetti benefici per la collettività. La destinazione dei beni confiscati a usi sociali genera frutti positivi nel territorio: dalla creazione di occupazione legale al valore pedagogico poiché la comunità si riappropria, di quanto le era stato sottratto con la violenza, coniugando obiettivi di deterrenza, riparazione del danno e rigenerazione urbana. Vanno migliorate le complicazioni riguardo la gestione dei beni confiscati, sia quelli singoli che i complessi aziendali, riducendo drasticamente, ad esempio, i tempi delle procedure di destinazione».
«Questo – aggiunge Molinaro – è un obiettivo economico, ma anche di credibilità e reputazione delle istituzioni. Bisogna investire, e bene ha fatto la Regione, con risorse, sia umane che economiche».
«Questo sistema – ha affermato Molinaro – è parte fondamentale della lotta alla criminalità perché è un ambito nel quale i cittadini onesti possono riconoscersi, ritrovarsi e sentirsi orgogliosi delle istituzioni. I beni non vanno fatti marcire, perché si fa un favore alla criminalità. Molinaro ha ribadito la necessità di onorare la memoria di chi ha gettato le basi creando le condizioni normative per colpire la criminalità organizzata, attraverso lo spossessamento dei beni. Da Rognoni a Pio La Torre e a tutti quelli che hanno pagato con la vita la lotta alla criminalità organizzata. L’appartato giuridico che oggi è confluito nel Codice Antimafia è frutto del lavoro di uomini e donne che hanno compreso quanto fosse necessario sottrarre i patrimoni alle organizzazioni criminose. L’attuale dispositivo legislativo conclude – va protetto e migliorato salvaguardandolo da attacchi strumentali che mirano a delegittimarlo». (fc)