di SANTO STRATI – Già il titolo della due giorni in programma a Palazzo Campanella a Reggio, nella sede del Consiglio regionale, esprime senza incertezza la determinazione che il dibattito vuole esprimere: la Calabria che vogliamo, non che vorremmo. Non è un auspicio o un libro dei sogni impossibili, ma il deciso bisogno di marcare l’esigenza, non più prorogabile, di dare una svolta definitiva alle politiche regionali, anche nei confronti del governo centrale. Non è un appello ad aprire una nuova “questione meridionale”, ma poco ci manca. In Calabria siamo arrivati al capolinea, o si cambia o non c’è alcuna possibilità di crescita. Ai giovani è stato fino ad oggi negato (rubato) il futuro: ci sono opportunità fatte fallire, manca del tutto una nuova idea di progettualità. È, dunque, ora di dire basta: non funziona la sanità (e il governo centrale pensa di risolvere i problemi con i commissariamenti, quando manca personale medico e paramedico e chiudono le strutture per mancanza di fondi e di tecnici), non funzionano i fondi europei che, stupidamente, vengono restituiti al mittente (a favore di altri Paesi più diligenti) perché non utilizzati, non ci sono opportunità di lavoro per i nostri giovani laureati che vanno a offrire, mestamente e con comprensibile rabbia, le proprie competenze e capacità a chi sa sfruttarle, a chi può valorizzarle, aiutando questa nuova specie di emigrati, non più con la valigia di cartone ma con la laurea, a immaginarsi un futuro.
Oggi a Catanzaro, nel convegno “Raccontare l’eccellenza” promosso dall’Agenzia giornalistica ANSA, si sono ascoltati le percentuali di crescita della regione forniti da Istat e Svimez, dati congiunturali che indicano un lieve risveglio della Calabria nel torpore improduttivo che avvolge tutto il Mezzogiorno, ma sono numeri che non trovano riscontro nella realtà. Tra gli imprenditori chiamati a raccontare la loro “eccellenza” Nuccio Caffo, a capo dell’omonima distilleria di Vibo che si sta “bevendo” il mondo (con acquisizioni intelligenti e mirate alla crescita dell’azienda) ha fatto presente, unitamente all’editore Florindo Rubbettino che la Calabria uscirà dal tunnel quando non ci saranno solo “eccellenze” nell’industria, nell’imprenditoria, ma tante, tantissime aziende sane e competitive, in grado di affrontare i mercati e di stare sul mercato. Come mostrano le brillanti performances dei giovani startupper calabresi (Samuele Furfaro con Macingo, Francesco Tassone di Personal Factory) che hanno preso le redini di un mercato “inventato”. E bene ha fatto Domenico Menniti, il patron di Harmont&Blain, catena di abbigliamento presente in 40 Paesi nel mondo, il quale, nel sottolineare l’orgoglio di essere catanzarese, ha chiesto al Presidente Mario Oliverio perché non ha parlato di futuro, nella sua prolusione al convegno. Oliverio si è spogliato dalle vesti di presidente della Regione e ha detto di parlare da calabrese: l’informazione – ha sostenuto – è determinante per la crescita del territorio, ma non ha detto nulla sulla mancanza di progettualità e sull’incapacità di offrire serie opportunità ai nostri laureati. Eppure, basterebbero il caso della giapponese NTT che ha investito a Cosenza sui nostri giovani aprendo nuovi laboratori di ricerca o l’interesse che suscitano in tutto il mondo gli studi del prof. Nicola Leone dell’Unical sull’intelligenza artificiale a far capire che il vero fulcro della crescita di questa regione sta nella formula R&D, ovvero ricerca e sviluppo. La tecnologia, associata alle risorse del territorio e, soprattutto, all’intelligenza e alle capacità dei nostri giovani universitari è la bacchetta magica in grado di far scomparire l’improduttività e far apparire dal cappello il “coniglio” delle opportunità.
Il convegno promosso dalla Fondazione e dall’Università Mediterranea che in questi giorni porterà a Reggio un gran numero di esperti, imprenditori, politici (è in cartellone persino Matteo Salvini) metterà a confronto idee e proposte. A partire dai rischi che è lecito attendersi dal regionalismo differenziato (vedere l’intervista video del presidente Nicola Irto a Calabria.Live di alcuni mesi fa) fino alle opportunità che, per assurdo, tale eventualità potrebbe offrire, qualora venissero coinvolte da protagoniste le regioni meridionali. Non solo si parlerà di infrastrutture (che non ci sono e di cui non c’è traccia di cantierabilità) e di logistica del territorio, ma anche di agricoltura e turismo, che il manifesto del convegno definisce giustamente “frontiere del futuro”. Logico che su di esse deve poggiare l’intervento regionale, ma non nell’abituale chiave di assistenzialismo che premia solo i più furbi, bensì nell’ottica di un rinnovato percorso di co-progettualità che coinvolga produzione e formazione.
La formazione seria prepara i dirigenti, i manager, i ricercatori di domani e offre da subito un’occupazione: non si pensi, però, di proporre di nuovo sussidi e rimborsi spese. Gli altri Paesi pagano il giusto i tirocinanti e i giovani che vengono istruiti e qualificati a spese delle aziende. In Calabria ci sono le risorse umane, che siano utilizzate ma non sfruttate e sottopagate: la preparazione e la qualificazione dei giovani è l’arma vincente contro il malaffare, la ‘ndrangheta, l’illegalità: lo sviluppo è il nemico numero uno, come la conoscenza e la cultura, della mafia, in qualunque coniugazione la si voglia definire. E dunque, sulla cultura e la conoscenza va ricercata l’idea della “Calabria che vogliamo”. (s)
Nella foto di copertina alcuni imprenditori calabresi al convegno dell’Ansa a Catanzaro: Samuele Furfaro, Florindo Rubbettino, Domenico Menniti, Nuccio Caffo e Nereo Salerno.