di SANTO STRATI – Era una bella mattinata d’agosto dello scorso anno. A mezzogiorno, mentre i reggini stavano a mollo nelle tiepide acque dello Ionio, all’Aeroporto dello Stretto, in pompa magna, si celebrava il personale successo dell’on. Francesco Cannizzaro: con un abile colpo di mano il deputato reggino aveva fatto assegnare nella legge finanziaria 25 milioni allo scalo reggino per lavori di adeguamento e ristrutturazione. Una grande, grandissima boccata d’ossigeno per un aeroporto declassato e destinato a venire cancellato. Con Cannizzaro c’era il viceministro grillino all’Economia Laura Castelli e lo stato maggiore della Sacal, la società che gestisce i tre scali calabresi, guidata dal prefetto Arturo De Felice. Un po’ di slides, annunci roboanti, e assenza polemica del sindaco Falcomatà, non invitato. Bum, la bolla di sapone (perché così va considerata) è scoppiata: sono passati quasi sei mesi e dell’utilizzo di questi 25 milioni – trovati tra le pieghe del tradizionale assalto alla diligenza della legge finanziaria di fine anno – i calabresi, i reggini, non hanno notizie. Si sa soltanto, da fonte Sacal, che il 14 gennaio scorso c’è stato un incontro al ministero delle Infrastrutture stabilendo di rinviare a febbraio la firma della convenzione Sacal-Enac per l’avvio delle procedure (mentre sarebbero già in via ultimativa i progetti per l’utilizzo dei fondi). Viva la burocrazia che tutti i progetti si porta via: per quanto la si voglia rigirare, sono sette mesi buttati via. Sette mesi vitali per la sopravvivenza di uno scalo destinato, così facendo, alla chiusura, nonostante ci siano le risorse pronte da spendere…
Senza stare a questionare sulla complessità dei lavori previsti utilizzando tali risorse (ripavimentazione e qualche altro piccolo ridicolo ritocco, oltre alla giustissima attenzione alla sicurezza e all’adeguamento del sistema radioguidato di assistenza all’atterraggio, visto che non tutti i piloti sono in grado di scendere a Reggio), ai calabresi e soprattutto ai reggini piacerebbe sapere il motivo di questo ritardo. L’opinione della gente è che dello scalo di Reggio interessi poco o niente ai piani alti, ovvero alla Regione, alla Sacal, all’ANEC, all’ENAC e a chiunque abbia un minimo di competenza nella materia. In poche parole, l’impressione condivisa anche dal sindacato regionale della Uil trasporti guidato da Luciano Amodeo, è che si voglia far morire questo scalo (e quello di Crotone) a tutto vantaggio di un Hub unico da costituire a Lamezia. Con buona pace dei dipendenti lasciati senza occupazione e dei viaggiatori (anche messinesi) privati di una comoda opportunità di viaggio. Ma perché un reggino o un messinese, dopo un’ora di volo Roma-Lamezia dovrebbe accollarsi un’altra ora e mezzo (se tutto va bene) in pullman per raggiungere la propria città? A cosa serve una Città Metropolitana se, pur disponendo di un aeroporto, non riesce a utilizzarlo? A che servono gli stanziamenti (ad utilizzo immediato, già pronti e disponibili, fate bene attenzione!) se solo per l’«avvio delle procedure» non sono bastati sei mesi?
Il problema però non è solo delle infrastrutture, sta nello scarso utilizzo dello scalo. Il reggino De Felice, giustamente, da presidente Sacal ha sempre sostenuto che se non c’è la domanda non si può pensare a un’offerta (per volare): potremmo anche esser d’accordo se non fosse che in assenza della pur minima offerta (non indecente, viste le tariffe praticate e gli orari impossibili) risulterebbe persino difficile a Mandrake farci vedere la sala d’attesa dell’aeroporto Tito Minniti affollata, come sarebbe giusto che fosse, tutti i santi giorni. I numeri sul traffico dello scalo reggino sono spaventosi: 365,391 nel 2019 contro i 2.978.110 di Lamezia, quasi la metà del 2018). Ma con tariffe impossibili e orari impraticabili come si poteva immaginare di attrarre passeggeri?
Nelle interviste video a Luciano Amodeo e allo storico reggino Pasquale Amato (un ammirevole “talebano” quando ci sono da difendere gli interessi di Reggio) che accompagnano questo articolo ci sono le preoccupazioni dei lavoratori e dei viaggiatori. «È un problema noto – afferma Amodeo – quello dello scalo reggino sia alle istituzioni che alle parti politiche che oggi continuano ad ignorare lo stato fatiscente della struttura. Siamo al quinto sciopero in un biennio per rivendicare, come Uil Trasporti, il potenziale che l’infrastruttura reggina potrebbe offrire se si rendesse accessibile e soprattutto se si attivasse un piano di intermodalità utile, indispensabile e necessario per il rilancio dello scalo. Ma, ancor di più, servono le compagnie aeree: per farle arrivare qui bisogna rendere appetibile un aeroporto che in questo momento rappresenta solo delle limitazioni che con investimenti importanti possono essere superate. La Sacal dovrà far interagire i tre aeroporti calabresi in un regime di complementarietà e non di concorrenzialità: in questo momento sembra non voler affrontare il problema relativo allo scalo aeroportuale di Reggio non rispettando neanche quelle che devono essere le buone relazioni industriali, sottoponendosi al confronto con le parti sociali. Serve un tavolo di confronto su cui discutere su una progettualità concreta e su un piano di investimenti, nonché di incentivi per le compagnie aeree. Serve un piano di intermodalità che coinvolga tutta l’aerea metropolitana e che faciliti i collegamenti di tutti i cittadini metropolitani con un aeroporto attivo e funzionante».
Il prof. Amato, tenace assertore del rilancio dello scalo, sostiene che in Calabria non si è fatto come in Puglia. Amato coglie nel bando ENAC che ha assegnato alla Sacal i tre scali calabresi le contraddizioni del sistema aeroportuale. «Non è stato messa in atto – secondo Amato – un’azione di potenziamento dell’intero sistema aeroportuale calabrese e la Sacal ha concentrato ogni sforzo su Lamezia col risultato della chiusura temporanea dello scalo di Crotone (poi riaperto parzialmente) e del decadimento costante e continuo dell’aeroporto dello Stretto, mai chiamato dello Stretto ma di Reggio, di fatto negando la specificità della nostra posizione geopolitica e geografica».
LE INTERVISTE A LUCIANO AMODEO E PASQUALE AMATO
E torniamo ai 25 milioni di euro in dotazione aggiuntiva allo scalo (ci sono fondi inutilizzati del 2018): siamo certi che le scelte preannunciate per la loro destinazione siano le più indicate per il rilancio dell’aeroporto della città di Reggio? Arriva a questo proposito, il progetto del gruppo privato Zicourat, guidato dagli architetti Nicola Zera Falduto e Pino Falduto (quest’ultimo già assessore comunale del sindaco Italo Falcomatà, il padre dell’attuale primo cittadino), presentato alla Regione, alla Città Metropolitana, alla Prefettura, e a tanti altri attori istituzionali. Un progetto innovativo e lungimirante, che parte da un’idea di base: dimenticarsi della parola “Stretto” (troppo riduttiva) e far nascere un nuovo scalo da ribattezzare “Aeroporto del Mediterraneo”. Con un costo complessivo di poco meno di 33 milioni che andrebbero utilizzati per abbattere la vecchia e obsoleta aerostazione, edificare un nuovo, moderno e funzionale terminal, dal lato mare, con tutti i necessari adeguamenti di sicurezza e di accessibilità e atterraggio per qualsiasi tipo di aereo e, naturalmente, un nuovo piano di viabilità che darebbe nuova vita a un’area pressoché abbandonata. In pratica, con gli stessi fondi destinati alle “ristrutturazioni” si potrebbe – secondo il progetto regalato da Zicourat alla Città di Reggio – costruire un aeroporto nuovo.
È un’ipotesi progettuale che ai calabresi piace molto e dovrebbe legittimamente coinvolgere chi ha a cuore il futuro dell’aeroporto e il futuro della Calabria. Non perché viene “regalato” alla città di Reggio deve sottostare a pregiudizi senza senso: è quanto meno una buona base di partenza, un’alternativa ai “ritocchi” strutturali che ha in mente la Sacal, un’idea che merita la dovuta attenzione. La neo-presidente Santelli, appena operativa, metta subito in agenda questa proposta, la faccia valutare da tecnici competenti e disinteressati, e, se ci sono i presupposti di fattibilità, si renda protagonista di questa “rivoluzione dei cieli” di Reggio, invertendo la rotta fin qui negativa che ha caratterizzato la gestione dell’aeroporto “Tito Minniti”. E lo stesso dovrà fare la Città Metropolitana perché un aeroporto che funziona è il volano dello sviluppo possibile, sia in termini di business di commercio e turismo che di qualità della vita: la mobilità in Calabria è ormai alla frutta: zero la qualità dei trasporti, zero l’intermodalità, zero i collegamenti veloci. Si cominci da qui ad avviare il processo di rinnovamento e di cambiamento, dimenticando però la gattopardesca abitudine del “cambiare tutto perché nulla cambi”. Il ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli ha annunciato novità sul piano dei trasporto ferroviario per accorciare le distanze: abbinare treni e aerei nel rilancio della mobilità calabrese sarebbe un bel regalo a chi in questa terra ci abita, ha investito passione e quattrini, vorrebbe vedere tornare i propri figli lontani.
Come e cosa dovrebbe essere il nuovo Aeroporto del Mediterraneo? Innanzitutto una grande risorsa, secondo le idee dell’imprenditore “illuminato” Pino Falduto, da sempre innamorato della sua terra, inguaribile “visionario”, ma mica tanto: è suo il grande centro commerciale di Pellaro, Porto Bolaro, e suo è il megaprogetto del Mediterranean Life (vedi Calabria.Live del 24 agosto) che mira a trasformare tutta l’area sud di Reggio in uno straordinario paradiso per il turismo diportistico e congressuale. Il nuovo terminal dovrebbe diventare «il cuore pulsante della Città di Reggio Calabria, in quanto lo stesso verrà utilizzato non solo per le attività aeroportuali, ma anche per ospitare un incubatore d’impresa in modo da offrire a tutti i giovani un luogo fisico in grado di poter avviare e poi sviluppare le attività che la ZES prevede per l’area dello scalo». Quindi non solo potenziamento dello scalo e dei suoi utilizzi, ma l’aeroporto dovrebbe diventare un attrattore per startup innovative e i neo-laureati in cerca di formazione, specializzazione e affermazione.
Il progetto prevede che il nuovo piazzale principale destinato agli aeromobili abbia una superficie complessiva di circa 109mila mq, in grado di consentire lo stazionamento contemporaneo di sei velivoli commerciali. Gli aerei saranno collegati al terminal attraverso i fingers, ovvero i manicotti mobili che permettono l’imbarco e lo sbarco diretto dei passeggeri dentro il terminal, come avviene in quasi tutti gli aeroporti del mondo. Il terminal e l’aeroporto utilizzerebbero la stazione ferroviaria (esistente, ma inutilizzata) per attivare un collegamento metropolitano di superficie con la città di Reggio, il porto, Gioia Tauro e l’aeroporto di Lamezia. Anche il piano viabilità verrebbe completamente rivisto con i collegamenti verso la SS 106 e l’A2 Autostrada del Mediterraneo.
Un progetto che non richiede investimenti di miliardi, ma la dovuta attenzione della Città metropolitana e soprattutto della nuova presidente della Regione. Il progetto prevede l’utilizzo della aree ZES previste per l’Aeroporto di Reggio e viene offerto come «contributo spontaneo con l’unico fine di una collaborazione al miglioramento della nostra città». In poche parole, perché utilizzare i 25 milioni stanziati per lo scalo reggino (e non ancora impegnati se non informalmente in discutibili “ristrutturazioni”), quando si potrebbe avere un terminal completamente nuovo e una nuova “rigenerazione urbana” che valorizzi tutta l’area dello Stretto? Il progetto presentato dagli architetti Falduto non è vangelo ma può costituire una seria e solida base per una riflessione sul corretto utilizzo delle risorse pubbliche e nell’ottica di un non più rinviabile rilancio dello scalo. Se ne facciano carico la neo-presidente Jole Santelli e il futuro consiglio metropolitano e comunale di Reggio: il sindaco Falcomatà, magari assorbito dall’ormai imminente campagna elettorale, forse non avrà occasione di valutare la proposta che invece dovrebbe promuovere e spingere. O spiegano ai cittadini, chiaramente e con dati alla mano, perché non si può fare, oppure mettano tutti l’impegno comune e trasversale delle forze politiche che hanno detto di avere a cuore il futuro della Calabria. Questa è l’occasione per dimostrare che Reggio può finalmente “decollare”.
La Città metropolitana di Reggio non può permettersi di non avere un aeroporto efficiente e moderno, ma soprattutto funzionale ai progetti di rilancio turistico di tutta la Calabria. Anche il nuovo nome proposto sembra di buon auspicio, il Mediterraneo farà la fortuna della Calabria, ma, attenzione, come per i voli che si rischia di perdere perché si giunge in ritardo o perché distratti, questa è l’ultima chiamata, con imbarco immediato… (s)