Reggio Calabria è una «città in decadimento sotto tutti i punti di vista», ed è per questo che i segretari generali della Cgil Reggio Calabria, Gregorio Pitto, di Cgil Piana di Gioia Tauro, Celeste Logiacco, Rosi Perrone, Cisl Reggio Calabria e Nuccio Azzarà, Uil Reggio Calabria, sono convinti che «tramite i fondi del Recovery Fund si deve cercare di rimettere in moto gli investimenti, per far smuovere il tessuto economico orami tramortito da pandemia e immobilismo amministrativo».
I segretari, infatti, hanno fatto riferimento a un rapporto dell’Eurispes, pubblicato in agosto, in cui viene certificato che «in riva allo Stretto, una famiglia media è costretta a pagare decisamente più tasse: l’ammontare complessivo di Irpef, Tasi, bollo auto, Tari e addizionali comunali e regionali all’Irpef è di 7.684 euro di tasse annue. Al comune di Reggio Calabria seguono quello di Napoli (7.658 euro l’anno) e quello di Salerno (7.648 euro l’anno). Le città italiane le cui famiglie, invece, pagano meno tasse si trovano soprattutto al Nord-Est».
«Emblematico – hanno spiegato i sindacalisti – il confronto fra le due Reggio: Reggio Emilia e Reggio Calabria, attraverso un apposito report intitolato ‘Una Reggio non vale l’altra – La Calabria tra rappresentazione e realtà’ dell’Agosto 2020. La città emiliana, gode di molti più servizi e le è riconosciuto un fabbisogno standard di 139 milioni d’euro, mentre a Reggio Calabria, con meno servizi, di 104 milioni. Vale a dire, 35 milioni in meno, nonostante la stessa abbia 9mila abitanti in più (la prima ne ha 171mila e la seconda 180mila). Ancora, come spesa per la cultura, a Reggio Emilia sono riconosciuti 21 milioni di euro e a Reggio Calabria solo 4. Per l’istruzione, alla prima sono concessi 28 milioni e alla seconda 9. Riguardo l’edilizia abitativa, alla prima delle due città sono elargiti 54 milioni e alla seconda 8 appena».
«Per le politiche sociali (disabili inclusi) – hanno detto ancora i segretari generali – a Reggio Emilia sono riconosciuti circa 40 milioni, e a Reggio Calabria 17. Presso la prima, vi sono poi 60 asili pubblici, mentre nella seconda solo 3, peraltro realizzati e mantenuti non da finanziamenti dello Stato ma comunitari. E in particolare, per gli asili nido, Reggio Calabria riceve 59 euro pro capite l’anno, mentre Reggio Emilia 2.400 euro pro capite (contribuendo, peraltro, come evidenziato dalla Svimez, all’aumento della disoccupazione femminile; al Sud del 20%: più che doppia rispetto al Centro-Nord e quasi tripla rispetto alla media europea)».
«Un dato drammatico, questo – hanno detto ancora – se si pensa che tra le due città c’è una differenza talmente sostanziale, da pensare di essere nel cuore di una questione meridionale mai risolta, dal post unità d’Italia ad oggi. In ultima analisi, il dato degli ultimi vent’anni di spesa sociale delle due città, indica valori di spesa pro capite infatti per Reggio Calabria di circa 3.795 euro pro capite, al cospetto di quelli del comune emiliano che è in perfetta tendenza con quelli di Centro-Nord (5.438 euro)».
Per i segretari, dunque, «occorre puntare ai pilastri dell’Amministrazione locale. Ma non con progetti sterili e che non intercetterebbero il ‘paniere’ per il Recovery, ma una reale attività partecipativa da parte del territorio della Città metropolitana, e di tutti gli attori sociali che hanno il dovere di intervenire. Pronti, come sempre, a fare la nostra parte per una cabina di regia di fondi, idee e programmazione, per le sfide del futuro, per un territorio metropolitano che ha l’assoluto bisogno di efficientare servizi e apparato burocratico». (rrc)