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Africo Antico

Africo, un “non luogo” di dialogo, sacro alla poesia e alla narrazione

di FRANCESCA OREFICE – Non so se la Calabria abbia mai avuto, almeno da quando posso portarne il ricordo, una partecipazione culturale, sociale ma più di tutto umana, come in questo tempo. Un buon numero di scrittori, intellettuali, giornalisti che sostengono una rete di eccellenza e di pensiero indispensabile al rinnovamento (ma anche mantenimento) della Calabria, con una schiera di persone che ne accoglie gli stimoli, rinnovandone a propria volta la riflessione. Annientati e mortificati, come i morti viventi di Romero, dai ‘non luoghi’ che frequentiamo, anche nostro malgrado, anche quello da dove sto scrivendo, ora, Africo esprime fisicamente ed idealmente il concetto di ‘luogo’, quello sacro al pensiero ed alla poesia, alla narrazione e alle emozioni, all’essere umano e alla sua memoria, al presente.

Dagli scrittori e intellettuali del nostro tempo e del nostro ‘spazio’, tuttavia, esigiamo l’assunzione di un compito: che ci raccontino la nostra storia, anche individuale, perché ‘Ogni essere umano desidera ricevere da un altro il racconto della propria storia’. E ‘Solo gli altri possono scorgere il desiderio di una identità e raccontarlo in sua presenza’ (Adriana Cavarero, filosofia della narrazione), e ci aiutino a orientare le nostre opinioni, s-piegando-ci le loro.
Dal canto nostro, abbiamo il dovere di farci persone riflettenti e riflessive, teste in movimento su cui si poggia, sicura, la struttura di una macchina culturale, umana e, perché no?, emotiva, che r-accoglie la complessità del reale intendendola con lenti in-NOVA-tive e in-NOVA-nti.

Africo esiste, è un luogo di dialogo, uno spazio poetico, un luogo simbolico, un posto che puó (deve) essere anche altro-ve, una casa dove la nostra esperienza e le nostre idee possano trovare dimora insieme a quelle degli altri, ‘uno spazio dell’immensità intima’ (Bachelard, la poetica dello spazio), dove ripararci, riparare, ritrovarci, ritrovare. Un luogo della magia, dove liberamente pensare cose che esistono, chiedendoci il perché, e cose che ‘non esistono’, chiedendoci ‘perché no?” (George Bernard Shaw). (fo)