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Al Planetarium Pythagoras si indaga sulla scomparsa di Ettore Majorana

Al Planetarium Pythagoras si indaga sulla scomparsa di Ettore Majorana

Domani sera, a Reggio, alle 21, al Planetarium Pythagoras, Mimmo Gangemi, autore del libro L’Atomo inquieto e Gianfranco Cordì, epistemologo, filosofo nuovo realista dibatteranno su una dei più importanti misteri del nostro Novecento: la scomparsa di Ettore Majorana.

Mimmo Gangemi dialogherà con il filosofo Gianfranco Cordì sull’amore, la scienza, la malattia, la religione, la politica il vagabondaggio, la fuga di questo genio della fisica che, probabilmente, non è stato in grado di sopportare il genio che possedeva.

Dal 26 marzo 1938 si perdono le tracce del poco più che trentenne fisico siciliano Ettore Majorana, sicuramente uno degli scienziati più promettenti dell’epoca. Sulla sua scomparsa restano tre frasi riportate nel fascicolo PS 1939-A1 redatto il primo aprile 1938 dalla polizia fascista. La prima scritta da Benito Mussolini: «Voglio che si trovi», la seconda, di Arturo Bocchini, allora capo della polizia, che risponde a Mussolini: «I morti si trovano, sono i vivi che possono scomparire». La terza, definitiva, datata 4 aprile 1938: «scomparsa a fine di suicidio». Suicidio o, da “atomo inquieto”, una volontaria fuga da una realtà in cui da grande fisico teorico ha previsto il ruolo che la scienza avrebbe avuto in un prossimo futuro? Enrico Fermi e Edoardo Amaldi hanno scartato le varie tesi fantasiose su questa scomparsa. Fermi osservò che Majorana, con la sua intelligenza, se avesse deciso di scomparire e di far scomparire il suo cadavere, ci sarebbe riuscito. Le più svariate e contraddittorie ipotesi sulla sua reale personalità, sulle motivazioni della sua scomparsa, e sul suo destino, si sono mescolate non sempre in modo coerente.

Ettore Majorana è stato, senza ombra di dubbio, un genio della fisica, estremamente precoce ma anche eccentrico. Una delle tante contraddizioni della personalità di Majorana era la capacità di affiancare una timidezza, un pessimismo, a volte estremi, a una sfacciataggine che poteva sembrare esibizionismo, ma che era spesso solo una manifestazione del suo pungente spirito critico. Questa complessa personalità potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella sua scomparsa.

In “L’atomo inquieto” edito da Solferino, Mimmo Gangemi raccoglie alcune di queste ipotesi, le rielabora e crea un’unica storia in cui lo scienziato Majorana, il ragazzo di via Panisperna ,”il grande inquisitore” di Enrico Fermi, interpreta più personaggi: un professore, un frate, un tubercoloso, uno scienziato, un fuggiasco, un latitante, il barbone di adesso.

Dopo la conferenza segue lo spettacolo sotto la cupola del Planetario. (rrc)