Quella del 23 luglio 2023 è stata certamente una caldissima domenica già di buon mattino, quando i soci de “Le Città Visibili” sono stati pronti a salire sul pullman per raggiungere i sentieri ombreggiati di Buturo, una località della Sila.
Ad accompagnare il gruppo è il tesoriere dell’Associazione Le Città Visibili Annamaria Paonessa, ad accoglierli è Marco Garcea referente di zona delle tappe del Cammino Basiliano, nonché scrittore coautore del volume 3 delle “Guide del Sentiero Italia” dedicato alla Calabria edito da Idea Montagna e da Emiliano Cistaro, presidente dell’associazione “La Maruca”. Con loro si sono inoltrati nel bosco di Buturo camminando per oltre 6 Km, seguendo un percorso ad anello che comprende parte del Cammino Basiliano e del Sentiero della Marchesa. Sono stati attenzionati, lungo i sentieri, alla conoscenza della segnaletica verticale e orizzontale in bianco/rosso installata dall’ente Parco Nazionale Sila in collaborazione con il Club Alpino Italiano, perché i visitatori possano individuare il numero del Catasto dei Sentieri Nazionale del percorso interessato e raggiungere luoghi, mete e cime in piena autonomia.
Con la guida è stato poi costeggiato il fiume Crocchio che nasce a circa 1600 m s.l.m., ai piedi di Colle del Telegrafo nei pressi del monte Gariglione (1765 m s.l.m) la montagna più alta della Sila Piccola, ha degli affluenti di carattere torrentizio e dei corsi d’acqua importanti che vi confluiscono, per poi sfociare nel golfo di Squillace. Lungo il suo percorso si creano delle pozze tra grosse rocce, ciò rende suggestivo il paesaggio anche per i rumori che vi si generano. In una di queste pozze colme d’acqua fredda era solita fare il bagno la marchesa Maria Elia De Seta Pignatelli. La storia della marchesa in questo contesto montano sa di mistero, leggenda e umana curiosità: fiorentina, molto colta e attenta alle esigenze della politica e della cultura del suo tempo, fece della Sila e della vicina Sellia Marina le sedi idonee per creare gruppi di lavoro volti alla tutela dei beni culturali calabresi. Fu amica di Benito Mussolini e di Michele Bianchi, ministro del regime fascista. Suscitò emozioni in Gabriele D’Annunzio, che la citò nell’Alcyone come “Madonna Silana” e fu ritratta da pittori quali Gino Severino e Renato Guttuso.
Per curare la salute di uno dei suoi quattro figli, nel 1919 giunse in Calabria e poi in Sila, dove fece costruire una tenuta con annessa la preesistente “torre dei due mari” utilizzandola per favorire la sua passione ornitologica. Scelse la Sila e Buturo quasi a voler rubare l’aria salutare di quei luoghi e dare benessere al figlio malato, ma anche per accogliere ospiti illustri, politici, scrittori, artisti. La sua villa svanì nel nulla a causa di un incendio nel 1942. Di quel fascino e di quel favoloso benessere oggi restano a testimonianza solo pochi ruderi e la voglia di immaginare tanta ricchezza tra i boschi.
Il fiume Crocchio, che scorre in prossimità delle terre della marchesa, nell’antichità era conosciuto come Arocha e viene citato da Strabone e da Plinio il Vecchio come fiume navigabile e le sue origini si associano a una leggenda: una bella ninfa fa invaghire di sé un pastore che, un giorno, le usa violenza. Lei piange tanto e le sue lacrime danno vita al fiume, per volontà degli dei. Dopo aver sognato, ascoltando le parole della guida, inseguendo le informazioni di miti e leggende su luoghi e personaggi, i viaggiatori hanno ripreso il cammino sul sentiero ora ombreggiato ora assolato.
Viene spiegato che l’Università della Calabria ha fatto degli studi su quel territorio ed è emerso che solo in quei boschi, dove la qualità ambientale è ottima, sono stati individuati tre specie di coleotteri considerati rari e che vivono nascosti sotto la corteccia di alberi morti, soprattutto querce. In questi luoghi sono stati effettuati monitoraggi per verificare la qualità dell’aria e dell’acqua: aria buona, la migliore d’Europa e dove cade l’acqua più dolce d’Italia con pH 6 (il max è 7). Lungo il percorso ci si imbatte in un albero di pino laricio ultracentenario dalle dimensioni maestose e più avanti uno spettacolo davvero emozionante: un pino laricio e un faggio uniti in un abbraccio che ha il valore di una salda unione tesa alla ricerca di quella luce che è vita. Il pino laricio è il simbolo del parco Sila e anche della Calabria, tant’è che la Regione Calabria lo ha inserito tra i 4 simboli del proprio stemma e gonfalone. Finito il percorso sul sentiero del bosco, il gruppo si avvia verso il luogo convenuto per il pranzo. (rcz)