;
Mons. Attilio Nostro è il segretario della Conferenza Episcopale Calabra

Attilio Nostro, il vescovo responsabile della Pastorale Giovanile Calabrese

di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – Dio non scandalizza e neppure sorprende, rende invece tutti partecipi dei suoi passi. Servono solo un po’ d’occhio e tanto cuore. Guardare invece di vedere, ascoltare anziché sentire.

Monsignor Attilio Nostro, vescovo della diocesi Mileto-Nicotera-Tropea da settembre 2021, e dallo scorso maggio segretario della Cec, la Conferenza Episcopale Calabra, assume l’incarico di responsabile della pastorale giovanile delle diocesi calabresi. Una benedizione inattesa che il cielo fa alla Calabria, concedendole una guida sicura dallo sguardo nuovo e il passo giovane. Un’opportunità che la Chiesa dona ai giovani calabresi, spesso colti dalla disperazione (giovanile) dovuta al dubbio che vivere rettamente (quaggiù) sia inutile.

Quando Dio, seguendo il suo disegno, fece arrivare Nostro fino in Calabria, i vecchi e i giovani di tante comunità calabresi hanno esultato come – e perdonate l’azzardato paragone – il Bambino fece nel ventre di Elisabetta alla visita di Maria. Nostro, non arrivava in Calabria per la prima volta e da “forestiero”, in Calabria ci ritornava e per restare, come figlio “nostrano”.

Nella terra che fu di Cilea e di Repaci, e di tutte le animelle devote alla Madonna della Lettera poste in punta alla Varia, sono interrate le sue radici. A Palmi ha avuto i natali. E la Calabria è come la tunica di Cristo, una terra cucita tutta d’un pezzo. Ovunque è casa. Nostro, dunque, tornava a casa e per mettere in pratica ciò che aveva imparato, quel che Cristo gli aveva insegnato altrove. Don Attilio si era formato in mezzo alla gente, dove ancora resiste la pietà popolare, insistono i disagi sociali, la povertà e la miseria, e soprattutto lì dove persistono le divergenze tra l’uomo e Dio. E si soffre e si gioisce, si benedice e si sfida la vita.

Don Attilio, nominato vescovo per volontà del Signore, per la medesima volontà del Padre torna a tendere la sua mano di pastore a un gregge in fermento e inquieto proprio nel suo Mezzogiorno di fuoco. A Sud del Sud, tra i diavoli e i resistenti dove l’uomo, più che altrove, è costretto alla sofferenza della carne e dello spirito. E i figli, nonostante imperano le meraviglie del creato, nascono gravati da picchi di solitudine lungo i lidi del mare, e masse di logorante rassegnazione sulle sommità della montagna. E la “Chiesa”, spesso smarrita anch’essa, funziona più di teologia che di popolo.

Ma che bellezza è questa? Che miracolo ci fa il Signore incaricando questo ‘Nostro’ vescovo della Pastorale giovanile delle diocesi calabresi?
I giovani sono un seme che se piantato controvoglia non produce frutto, muore. Essi sono un sacrosanto presente su cui quelli della società civile e politica, accecati dal progresso, invasi da spietate forme di potere, corrotti dai perfidi personalismi, contano poco o nulla. Eppure, senza questo tempo “giovane” che attualizza le nostre vite, le rende vive, concretizza l’esistenza umana, e fidelizza il rapporto dell’uomo con il Creatore, le comunità sarebbero come le cose perdute, e la Chiesa stessa resterebbe niente altro che una vecchia missione incompiuta.
Don Attilio, e mi perdonerà sua eccellenza se, nonostante la sua grandezza, mi permetto di tributargli ancora il semplice ‘don’ dei pastori, è il ‘Padre’ perfetto per una comunità di giovani in cammino. Che siano essi responsabili, sognatori, o anche disillusi e lontani da Dio. In fondo pare sia proprio lui il vescovo sognato da Natuzza Evolo, madre dei tanti giovani di tutti il mondo. Il tassello mancante al progetto “giovane” di Dio per la Calabria.

Un nuovo Filippo Neri, o forse un nuovo don Bosco…, ma no, semplicemente Don Attilio Nostro, il prete (vescovo) dell’oratorio. Questo si disse di lui appena fu ufficializzata dalla Santa Sede la sua nomina a vescovo della diocesi calabrese.
La formazione fa la differenza tra la vita e la morte. L’oratorio fa la differenza. In oratorio si cresce in sicurezza. Tanti giovani nelle nostre comunità più disgraziate finiscono o in carcere o all’obitorio. E l’oratorio, nelle zone difficili soprattutto, è l’unica risorsa possibile.
“Il posto più importante da visitare”, dice Nostro, durante il primo incontro con i giovani degli oratori di tutta la Diocesi, lo scorso 1° agosto, “è il cuore dei ragazzi convinti di poter fare di meno rispetto a quanto l’oratorio gli può mettere davanti. L’oratorio è un pellegrinaggio verso Dio.”

Dio si offre alla Calabria, e manda don Attilio Nostro per raccontarci che Cristo non si è fermato a Eboli. È sceso, e ancora si inoltra, fin dentro i tuguri della nostra terra a fare la sua Via Crucis. E per questo è pronto a giocare con noi, costruire storie, vite nuove, rendere la Calabria una terra migliore di com’è. Tocca a noi però, riconoscere in lui la via, la verità e la vita.

Da Dio si pretende sempre, affidiamoci per una volta. Diventiamo tutti animatori di questo bellissimo oratorio che è la vita. Stare accanto a don Attilio, pardon, sua eccellenza Monsignor Nostro, è il primo passo da fare per incominciare questo nuovissimo cammino.
Buon lavoro, eccellenza! (gsc)