LA PRECISA ANALISI DEL PROF. ETTORE JORIO SULLE TANTE ANGOLATURE DEL REGIONALISMO DIFFERENZIATO;
La Costituzione sulla Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 1947

L’AUTONOMIA SI DEVE ANCHE SAPER FARE
UN TEMA CHE VA AFFRONTATO SERIAMENTE

di ETTORE JORIO – Oggi si sta discutendo tanto e male sul tema del regionalismo differenziato.

La lotta politica prevale sulla ragione, sulle regole precostituite, sulla coerenza. Le contraddizioni che emergono sono innumerevoli, specie in un centrosinistra che lo ha introdotto in Costituzione e ne ha goduto politicamente con gli esiti del referendum confermativo celebrato il 7 ottobre 2001.

Non solo. Quel centrosinistra che: attraverso la Regione simbolo, l’Emilia-Romagna di Bonaccini e poi anche della Schlein, ebbe a: 1) condividere con pronunce formali del Consiglio regionale (risoluzioni n. 5321, 5600, 6124 e 6129 perfezionate tra l’ottobre 2017 e il febbraio 2018) l’stanza di accedere alla facoltà di incrementare la propria competenza legislativa di cui all’art. 116, comma 3; 2) firmare il 28 febbraio 2018 con il Governo di allora (Gentiloni) l’Accordo preliminare propedeutico al riconoscimento della sua incrementata competenza legislativa in tutte le materie concedibili, fatta eccezione per l’istruzione; votò nelle assemblee legislative di Veneto e Lombardia favorevolmente per l’accesso alla facoltà di legiferare in esclusiva in tutte le materie concorrenti e nelle cinque statali individuate dal vigente art. 116, comma 3; elaborò, nel novembre 2019, durante il governo Conte II, il primo Ddl attuativo del regionalismo differenziato, a firma dell’allora ministro per gli affari regionali e le autonomie Francesco Boccia, di contenuto quasi identico al Ddl Calderoli.

Pertanto, al di là della corretta interpretazione di cosa possa o meno comportare l’accesso all’autonomia legislativa differenziata, così come prevista nel Ddl Calderoli condizionata com’è all’applicazione del federalismo fiscale e alla migliore disciplina della perequazione ordinaria e infrastrutturale, il dibattito che lo circonda avrebbe bisogno di affrontare più seriamente l’argomento. Magari, partendo da una seria riflessione intorno al tema dell’esercizio legislativo differenziato delle Regioni.

Invero, al riguardo non si comprende – prescindendo da come e da quale Regione poi verrà frequentata ed esercitata – la preoccupazione riguardante l’autonomia legislativa differenziata in quanto tale, senza considerare che nel nostro ordinamento costituzionale essa è presente da settantacinque anni. Un fatto, questo, che rende palesemente irragionevoli tante delle tesi che si sentono in giro. Ciò in quanto essa differenziazione è stata direttamente prevista e direttamente attribuita nel testo primitivo della Costituzione entrato in vigore l’1 gennaio 1948. Più esattamente, nel comma primo dell’originaria lettera dello stesso art. 116 della Carta, era stata prevista una chiarissima diversità istituzionale tra Regioni, sul piano legislativo, perfettamente conforme a quella sancita, a titolo invece di opzione, nel discusso contenuto del suo attuale terzo comma.

Quest’ultimo, quindi, da ritenersi redatto in perfetta sintonia e continuità con quanto (meglio) riscritto nei commi primo e secondo del testo revisionato il 2001, sostanzialmente confermativi della Carta scritta dall’Assemblea costituente eletta nel 1946. Quella Costituzione perfezionata, tra gli altri, sotto la presidenza di Terracini, dai vari De Gasperi, Togliatti, Nenni, Pertini, Moro nonché da grandi costituzionalisti come il Mortati.

Ebbene, sin da tale originaria versione della Costituzione, a cinque Regioni su allora diciannove (Friuli-Venezia-Giulia, Sardegna, Sicilia, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta) e alle due province autonome di Trento e Bolzano venne consentito quanto oggi nella facoltà delle Regioni a statuto ordinario: di assumere una condizione di particolare autonomia (legislativa), per l’appunto differenziata.

Fatta questa considerazione, delle due una. O i Padri costituenti, ai quali si fa di sovente riferimento ma spesso in modo improprio, erano da considerarsi eversivi e destabilizzanti della Unità della Repubblica e, dunque, pericolosi per aver consentito una resa dei servizi pubblici e delle prestazioni essenziali diseguale e discriminata in favore della Nazione oppure ciò che si dice oggi da parte di taluni ha necessità di essere abbondantemente rivisto.

A questi ultimi un invito. Di riflettere sulla differenziazione applicata, perché vigente da due terzi di un secolo, nel sistema autonomistico regionale attraverso il riconoscimento alle anzidette Regioni delle prerogative derivanti dall’essere a statuto speciale. In quanto tali godenti di “forme e condizioni di autonomia” diverse da quelle delle altre Regioni, sulla base delle quali alle medesime è consentito di legiferare in luogo dello Stato in numerose materie. Di conseguenza, rivedere i propri convincimenti oppure, alternativamente, sostenerli ma con la pretesa di modificare l’art. 116 ai commi primo e secondo e, con essi, cancellare dall’ordinamento le cinque Regioni a statuto speciale.

Da parte mia, ritengo che la mia condivisione tecnica (condizionata ad una chiara disciplina della perequazione) del Ddl Calderoli rintracci le ragioni nel rispetto di quanto previsto dai Costituenti, nella coerenza della mia appartenenza politica di sinistra, nella revisione costituzionale del 2001, nell’Accordo firmato da Bonaccini nel 2018 e nel testo del Ddl Boccia del 2019, salvo ad implementare quest’ultimo con la garanzia preventiva dei Lep e dei costi e fabbisogni standard, così come sancito dalla legge di bilancio 2023 cui fa esplicito riferimento il Ddl Calderoli.

Ciò nella convinzione che il ricorrervi, ovviamente per la Calabria per poche determinate materie tali da generare un ambito legislativo ottimale, costituirebbe l’occasione di: guadagnare risorse rispetto alla spesa storica che l’ha danneggiata; costruire un ceto dirigente che sappia finalmente essere tale; curare di conseguenza i fabbisogni espressi dalla collettività attraverso l’esercizio di poteri e l’assunzione di responsabilità in maggiore aderenza territoriale alle esigenze espresse dalla comunità.

Il sapere come fare è però lo strumento occorrente per riuscire! (ej)