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Badolato fonte d'ispirazione per gli artisti della spop-art

Badolato fonte d’ispirazione per gli artisti della spop-art

Gli artisti della spop-art, l’arte contro lo spopolamento, hanno scelto il Borgo di Badolato come “tela” e fonte di ispirazione per la loro arte.

È in fase di completamento, infatti, l’installazione artistica di Gianni Verdiglione, dal titolo Ritorno alla ruga, cioè al rione di appartenenza.

L’installazione consiste nel ripopolare le rughe disabitate di fotografie di chi ci abitava, affisse vicino alla porta di casa. Fotografie tratte dalle tombe dei defunti, i quali, con la loro immagine e la loro memoria, vanno a riappropriarsi delle loro “rughe” ormai vuote e silenziose. Quasi che il silenzio del borgo disabitato e il silenzio della morte e del cimitero ormai coincidono. Parla soltanto la memoria del passato, di ciò che si è vissuto e significato.

Badolato, dunque, si conferma fonte di ispirazione per ogni tipo di artista, specialmente per gli artisti della “Spop-Art” ovvero l’arte contro lo spopolamento.

Un altro esempio arriva da Pino Codispoti, che ha realizzato una splendida mostra fotografica sugli anziani che hanno abitato le “rughe” e che adesso non ci sono più.

Una fotografia ormai “archeologica” (delle emozioni, dei sentimenti e di civiltà etica travolta dalla globalizzazione) che può essere ancora vista fino al 3 novembre 2024 al Palazzo Gallelli di Badolato borgo.

“Rughe – Memorie di una generazione” (ormai scomparsa aggravando ulteriormente lo spopolamento del borgo) possono essere interpretate non soltanto come “rioni” svuotati ma anche come le rughe dell’età che caratterizzano il volto e l’anima degli anziani, i quali esprimono la loro saggezza attinta dalle generazioni precedenti attraverso i secoli.

Per l’’Università delle Generazioni entrambe le dimostrazioni artistiche non sono solo come evidente e attraente “Spop-Art”, ma anche e soprattutto come descrizione di quel “borgo placentare” che Domenico Lanciano (già autore del “paese in vendita” nel 1986) aveva definito e teorizzato, oltre trenta anni fa, negli anni novanta dello scorso secolo ventesimo. In pratica, il borgo (o la ruga) è assimilato ad un utero la cui “placenta nutre e forma” l’individuo per la vita esterna preparandolo per lo stare al mondo sia da cittadino che da emigrato e poi persino pure da persona destinata ad essere ricordata dopo la morte terrena.

Ancora di più è “placenta” la ruga dentro la quale la persona si sente nutrita, amata e protetta come in una famiglia allargata. Ecco perché “Rughe” di Pino Codispoti” e “Ritorno alla ruga” di Gianni Verdiglione possono essere lette psicologicamente o psicanaliticamente come un “ritorno” alla placenta, all’utero materno.

Da ciò pure il grande gradimento di entrambe le forme artistiche, anche perché le rughe di Badolato (borgo placentare) simboleggiano tutte le piccole comunità del mondo dove la persona è al centro dell’affetto prima quando è vivente e al centro della memoria poi quando non c’è più. (rcz)