di SANTO STRATI – Quante anime ha la sinistra in Calabria? Tante, troppe e con uno spirito divisivo che sicuramente non aiuta a ricucire. C’è il caso Crotone, dove si vota per il Sindaco e ancora non si capisce chi userà il simbolo dem, e c’è il caso Calabria con l’istituzione da parte del commissario Stefano Graziano di un coordinamento di 32 esponenti da cui sono stati esclusi gli appartenenti di Azione Riformista (Enza Bruno Bossio, per esempio non figura) che fa riferimento a Mario Oliverio. Il quale, qualche settimana fa ha annunciato il ritorno sulla scena (ma quando mai era andato via?) con la sua fondazione.
A Reggio il sindaco uscente Giuseppe Falcomatà non ha trovato da subito l’appoggio che ci si sarebbe aspettato dai dem: intendiamoci non è mancato, ma lo abbiamo visto più protagonista “in solitaria” piuttosto che in veste di candidato “forte” come sarebbe stato giusto aspettarsi dai democratici. I quali, diciamo la verità, sono in affanno non solo a Reggio, non solo in Calabria, ma in tutto il Paese.
L’abbraccio forzato ai cinque stelle (unica possibilità di contrasto a Salvini) si sta rivelando il solito bacio della pantera e prima o poi, più prima che dopo, scoppierà il bubbone dell’incompatibilità di carattere che, un tempo, nelle separazioni era l’elemento principe per sancire una coppia scoppiata. Il problema principale no è solo dei dem, è tutta la sinistra italiana che sta in affanno, come lo è la destra, come lo sono tutti i partiti dell’attuale panorama politico. La vecchia classe dirigente non è stata in grado di allevare e di formare validi successori ai politici di razza: abbiamo a che fare con dilettanti allo sbaraglio che si muovo con assoluta (e forse inconsapevole) superficialità ma tanta, troppa immaginazione.
Forse sono maturi i tempi per una riflessione attenta su come è cambiata la politica italiana e su come dovrà evolversi per sopravvivere a se stessa. Il giornalista e regista Paolo Bolano, vecchio “socialista” in tutti i sensi, navigato osservatore e protagonista della politica con la P maiuscola, lancia una proposta che dovrebbe travalicare gli ambiti regionali ed essere accolta a livello nazionale: rifondare tutta la sinistra per costituire un fronte laburista, dove possano convivere liberal-democratici, progressisti e socialisti fino ai trotkisti (ammesso che ce ne siano ancora). Una bella idea che non tiene conto dell’impermeabile divisità che avvolge non solo i dem, ma tutta la sinistra. (vedi articolo in primo piano)
In Calabria, la destra pur avendo conquistato la Cittadella di Germaneto, non sta brillando per assenza di litigiosità, e a sinistra non stanno meglio. Mentre Calenda tenta – inutilmente – di arruolare qualche transfuga dem nel proprio movimento, mentre Renzi continua a perdere pezzi senza neanche accorgersene, il commissario Graziano s’inventa il direttorio dei 32. Di congresso neanche a parlarne, di spazio ai giovani democratici che forse qualcosa da dire ce l’avrebbero pure non se ne parla, ma si pensa che una vagonata di dem, per tutti i gusti (o quasi) possa essere la soluzione al malessere diffuso.
Il banco di prova è fra poco meno di un mese: i dem si accorgeranno che non ci si può fidare dei grillini nelle regioni dove si è tentata l’intesa; a Reggio si vedrà quanto tiene l’unità (fittizia) dei dem a sostenere Falcomatà contro gli inutili attacchi delle liste di area che gli sono contrarie; a Crotone e negli altri centri dove si vota ci sarà il trionfo dell’improvvisazione al potere. Nessuno fino a lunedì 21, nel pomeriggio, si può sentire al sicuro. Sarà dopo che la resa dei conti che farà esplodere i contrasti che solo i mestieranti della politica non riescono ancora a individuare. Per una semplice ed evidente ragione: il territorio è abbandonato a se stesso, la base è praticamente ignorata. E vale per la sinistra, come per la destra, nel momento in cui ci sarebbe davvero bisogno di unità, prima all’interno delle singole coalizioni, poi per via di compromessi che in politica sono pur sempre una soluzione, per raggiungere il bene comune. Quello dei calabresi, ormai arcistufi di questo modo di fare politica (e vedrete quante astensioni) e di una Calabria che pur avendo voce, continua a restare in silenzio, rassegnata ai giochi di potere. O no? (s)