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De Magitris

Cara Giusy… De Magistris risponde all’appello della scrittrice Staropoli Calafati

di LUIGI DE MAGISTRIS – Cara Giusy, facciamo insieme appello ai giovani andati via: “Tornate a votare per liberare finalmente la Calabria”.

“A partecipare al peccato, si va all’inferno. La Calabria non può più essere terra di spolpo, né di spopolo”. Leggo con grande coinvolgimento e partecipazione le righe che la scrittrice calabrese, Giusy Staropoli Calafati, ha voluto rivolgere ai candidati alla presidenza della Regione Calabria, in una lunga e appassionata lettera.

Un bel documento-riflessione, in cui ricorre al pensiero di nomi illustri, tra intellettuali, scrittori e poeti della terra di Calabria e non solo. Una donna che si presenta, giustamente, come figlia, moglie e madre, a sua volta, di 4 figli che, scrive, «non riesco più a trattenere, perché questa terra chiede il doppio di quello che dà, non fa niente per farti restare. È incapace di trattenerti. Quaggiù chi si strafoga di potere e chi muore di fame».

Mi viene in mente una canzone del cantautore cosentino Brunori Sas, bel volto recente che dalla Calabria parla a tutta l’Italia: «Devo prendere il treno per scappare perché qui in Calabria non c’è niente, proprio niente da fare, c’è chi canta e chi conta e chi continua a pregare».

Cara Giusy, quando sono stato eletto europarlamentare a Bruxelles incontravo, ogni giorno, giovani, donne e uomini emigrati dal sud Italia, in tanti dalla Calabria, e mi raccontavano il dramma della fuga. La costrizione e mai (solo) la scelta di partire. Con loro mi confrontavo, ascoltavo le storie, i percorsi. È stato questo che mi ha spinto a tornare al sud, per candidarmi a sindaco di Napoli, dove in giunta ho nominato diversi assessori giovani. Molti di loro alla prima esperienza.

Giusy, il suo sentimento è anche il mio, di amore e dolore per la Calabria. Questa terra, in un certo senso, ha espulso anche me, quando da magistrato della procura di Catanzaro, indagavo per difendere le meravigliose ricchezze naturali, i mari Jonio e Tirreno, l’acqua pubblica bene di tutti. Eppure, sono tornato perché alla Calabria sono fortemente legato e ho avuto la fortuna di incontrare tante persone libere, che hanno deciso di costruire e mettere la faccia insieme a me, per occuparci e prenderci cura, come dice giustamente lei, di questa terra.

Per “proteggerne i contenuti, la storia, l’identità, le tradizioni”. Lo scrittore calabrese Michele De Marco, detto Ciardullo, scriveva: «Calavrisi, jettati la sarma, finarmenti, ca l’ura è venuta e ‘llu fuocu sbambati de l’arma, ca vidimu s’angunu lu stuta». Gettare via la rassegnazione, far sì che il fuoco sacro delle genti calabresi, rimasto sotto cenere per decenni, sia il motore del cambiamento.

Questo il mio impegno. Attraverso la voce di Pitagora e Campanella, il mito di Ulisse, le imprese di Annibale, le pagine più nascoste di Lorenzo Calogero, Sharo Gambino, dei padri del sapere di queste terre e di tutti quelli che vorranno unirsi a noi. Facendo tesoro delle parole di chi, come lei, rivendica la possibilità per i propri figli di vivere pienamente, di poter scegliere di restare. Perché, come scrive Vito Teti, profeta della Restanza e del Rinascimento calabrese: «Restare non è uno slogan, non è una scelta di pigrizia. Richiede lucidità, pazienza, vocazione all’accoglienza e la capacità di sentirsi dentro e fuori, in viaggio, in esilio, sradicati anche nel posto in cui si vive e che si ama e che vorremmo rendere vivibile e abitabile». La gente che quotidianamente si batte per rigenerare e riabitare la Calabria ne è la prova.

Sono tornato e voglio provare a liberare la Calabria da chi la sta soffocando da troppo tempo, non solo perché anche questa terra – come dice lei, Giusy – ha il diritto di sognare. Ma deve avere, per prima cosa, “il diritto di avere diritti”. Come diceva e ha scritto più e più volte il professore Stefano Rodotà, giurista dei diritti fondamentali, a cui la Calabria ha dato i natali. Diritti essenziali negati da chi questa terra la sta spolpando e divorando. Per questo ho scelto di tornare in una regione che sento casa mia, per istigare alla ribellione culturale, per “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale al pieno sviluppo della persona umana”. Perché rimuovere non è un verbo giuridico, è un verbo di militanza.

Cara Giusy, lo dico da tempo, il 3 e il 4 ottobre per la Calabria sarà un referendum storico. Uno spartiacque. Come quando, il 2 e 3 giugno del ’46, tutta l’Italia fu chiamata a scegliere tra Monarchia e Repubblica. A ottobre 2021 tutte le calabresi e i calabresi potranno scegliere se diventare finalmente liberi, o se restare sudditi del vecchio sistema impastato di malapolitica, mafie e corruzione. Io credo che sia una scelta facile facile. Ovvia e scontata. Scelta che spero compiano tanti giovani, prendendo quel “treno di Brunori” al contrario.

Per tornare a votare e liberare insieme la Calabria. Per il presente e futuro loro e delle loro famiglie”. (ldm)