di ROSARIO MANCUSO – Da numerosi articoli apparsi sulla stampa nazionale, apprendiamo che entro fine anno la regione Emilia Romagna attiverà sul proprio territorio i primi trenta Cau, Centri di Assistenza e Urgenza. Si tratta sostanzialmente di presìdi pensati per rispondere ai bisogni di cura e primo soccorso direttamente nei territori, alleggerendo così il lavoro dei Pronto Soccorso attraverso una presa in carico più veloce dei pazienti con basse criticità, rubricati solitamente come codici bianchi o verdi.
Secondo quanto ha riportato l’agenzia Ansa, i primi riscontri di questa importante novità inserita nel Servizio sanitario emiliano romagnolo sono molto significativi. Solo nel Cau di Budrio, il primo centro inaugurato in provincia di Bologna a inizio novembre, nella prima settimana di attività l’80% dei casi è stato gestito direttamente nella struttura, mentre solo il 17% è stato indirizzato al Pronto soccorso. Otto persone soltanto hanno invece scelto di allontanarsi prima di ricevere le cure.
Appare chiara, a mio avviso e oltre ogni ragionevole dubbio, l’utilità della scelta fatta in Emilia Romagna. Ma allora basta pensare al carico impressionante di lavoro, alla pressione spesso sfociata in problemi di ordine pubblico, cui sono sottoposti in Calabria i Pronto soccorso, per chiedersi se non sarebbe il caso di sperimentare anche dalle nostre parti una organizzazione del lavoro simile. Dal punto di vista organizzativo e alla luce delle notizie che arrivano dal Nord, il modello sembra già sufficientemente collaudato mentre le risorse non dovrebbero essere un problema, considerati anche i fondi che il Pnrr destina alla sanità. È pur vero che l’organizzazione e la gestione di un servizio sanitario regionale non è affatto semplice perché ogni territorio ha le sue peculiarità, ma a volte le soluzioni sono dietro l’angolo e sembrano somigliare molto all’uovo di Colombo. (rm)
(Rosario Mancuso è consigliere comunale a Catanzaro)