RISORSE A FONDO PERDUTO E PRESTITI
PERCHÉ VA ‘VALUTATA’ LA SPESA DEL PNRR

di PIETRO MASSIMO BUSETTASi è perso di vista l’obiettivo fondamentale del motivo per cui l’Unione Europea ha fatto debito comune per “regalare“ risorse al nostro Paese, oltre che aver permesso a noi Italia un debito da restituire a trent’anni a tassi assolutamente contenuti, che con questa inflazione, che certamente non durerà per molti anni, ma che ha già aiutato i conti pubblici italiani, diminuirà in termini reali enormemente. 

Il dibattito è aperto e le dichiarazioni di Riccardo Molinari sul Pnrr fanno fibrillare il Governo. Il capogruppo leghista alla Camera insiste: «Meglio non spendere i fondi piuttosto che impiegarli male». Gli fa eco Alessandro Cattaneo, vice coordinatore nazionale di Forza Italia, che dichiara «Soldi a debito vanno presi solo se servono, altrimenti si rinuncia». 

L’ira di Palazzo Chigi che non si fa attendere con la dichiarazione “messaggio sbagliato” è comprensibile. Alla fine del 2026 mancano  quattro anni. E se qualcosa non ha funzionato si è in tempo a rimediare. Nello spazio di un paio di settimane intanto le informazione propalare sono diverse. Prima la linea era quella  “è colpa dei Governi precedenti”, che certamente non è illogico. Alcune impostazioni sono state sbagliate come i bandi competitivi per dei servizi essenziali come gli asili nido. 

Poi si è passati più prudentemente a colpevolizzare l’Unione «è colpa di Bruxelles. Finalmente il Paese si sta rendendo conto come é complicato utilizzare le risorse mese a disposizione dall’Europa. Finora il problema é stato dei meridionali e  il mantra  «peggio per loro che sono incapaci», tanto le risorse per il Sud erano sostitutive di quelle ordinarie che il Paese non destinava, come si vede dalla differente spesa pro-capite tra le Regioni del Sud e del Nord. 

Infine la volontà di Meloni di chiudere le polemiche con una dichiarazione più rassicurante «nessuna preoccupazione, le ricostruzioni sono allarmistiche».  

In realtà Fitto dice: «entro il 2026 alcuni progetti non riusciamo a finirli, meglio parlarne subito che aspettare.Come si risolve il problema? Ci sono due vie. O si ricontratta in Europa il Pnrr, e quindi si destinano quei fondi ad altro, oppure se non si riesce piuttosto che spenderli male meglio non spenderli È un ragionamento assolutamente logico. Se la Meloni invece sostiene che riusciremo a spenderli e riusciremo a ricontrattare, il problema riguarda solo come procedere». Così conclude Riccardo Molinari. 

I giornaloni nazionali ospitano gli interventi più vari che sembrano ricompattare il partito unico del Nord. E si passa dal se non sono capaci li spendiamo noi, al meglio non indebitarsi ulteriormente. Tanto é chiaro che le risorse alle quali si rinuncerà sono quelle destinate al Sud. 

Allora una riconsiderazione del programma, quella che si sta contrattando con l’Europa dovrebbe partire dalla mission del Pnrr che mi pare si sia dimenticata. Mettendo a tacere le voci dissonanti di chi come Zaia e Sala si sono candidati a spendere per conto di chi «non è capace di spendere».  Privilegiando gli investimenti che riguardino le condizioni di base per attrarre investimenti dall’esterno dell’area. Cioè prima le precondizioni e poi quelle di vantaggio. In relazione alle prime puntare prevalentemente sulla infrastrutturazione sempre annunciata e mai compiuta. A partire dalle opere a terra del Ponte sullo Stretto che sono già completamente progettate per continuare con quella alta velocità ferroviaria e il completamente delle linee autostradali che innervano il territorio e che consentano di collegare finalmente il Sud. E poi il sistema portuale che consenta di sfruttare la posizione frontaliera verso Suez cosi privilegiata e mai utilizzata. 

E poi tutta la parte che riguarda la messa in sicurezza del territorio a cominciare dalle caserme e dalla logistica per le forze dell’ordine. Vi sono ancora realtà nelle quali le presenza dello Stato è carente, altro che stadi di Firenze e Venezia. Infine cercare di programmare per avere risorse adeguate per far permanere i vantaggi della localizzazione al Sud, come il cuneo fiscale e il credito d’imposta. E se tutto questo diventa incompatibile con le indicazioni europee liberare risorse da progetti già approvati con risorse diverse dal Pnrr per consentire questo gioco di sponda. Quindi nulla per i diritti di cittadinanza che vorrebbe finanziare Calderoli per attuare i Lep  e consentire l’approvazione della pericolosa autonomia differenziata né per spalmare le risorse destinate alla chiusura dei divari con il Nord nelle realtà sviluppate. Il Pnrr deve servire a far crescere il Paese anche se sembra che nemmeno Gentiloni sembra averlo chiaro. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

SS 106, IL QUADRO DELLA SPESA DEI LAVORI
CZ-KR: CI SONO 373 MLN, MA SERVIRÀ DI PIÙ

Quando costerà il rifacimento della Statale 106, la famigerata “strada della morte”? E come saranno scaglionati i lavori nella tratta Catanzaro-Crotone? A fare il riepilogo completo di costi e programma dei lavori ci ha pensato l’Organizzazione di Volontariato (OdV) “Basta vittime sulla strada statale 106”. Lo scorso 1° marzo – riferisce un report dell’OdV –, è stato discusso, nell’adunanza del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, il progetto dell’itinerario in variante su nuova sede della S.S.106 tra Catanzaro e Crotone. L’Opera che si vuole realizzare “risponde a esigenze di sicurezza nazionale” tanto è vero che “nei casi di emergenza” sarà determinante per “la raggiungibilità ed il soccorso”.

Il tracciato oggetto dell’adunanza è stato diviso in due stralci lo Stralcio 1 di 16Km comprende il tratto da Cutro a Crotone: qui sono previsti 12 Viadotti (per un’estensione totale di circa 3000m) e 2 Gallerie Naturali (per una estensione totale di circa 1100m). Lo Stralcio 2 di 35Km il tratto da Simeri Crichi (Catanzaro), a Cutro: qui sono previsti 16 Viadotti (per una estensione totale di circa 6950m) e 8 Gallerie Naturali (per una estensione totale di circa 4000m). Ne risulta, per lo Stralcio 1, un’estensione di circa 12.600m tra rilevati e scavi e, per lo Stralcio 2, un’estensione di circa 24km tra rilevati e scavi.

L’intera Opera presenta una lunghezza totale di 51,1Km. La durata stimata per la realizzazione dello Stralcio 1 è pari a 1570 giorni (4 anni e 3 mesi), mentre per lo Stralcio 2 è pari a 2403 giorni (6 anni e 5 mesi).

Lo “Stralcio 1 – Lotto 2”, nel caso migliore, sarà realizzato in 4 anni e 2 mesi (per come si apprende dal bando di gara già pubblicato). C’è da sperare che nell’anno in corso parta anche lo “Stralcio 2”. Se ciò accadrà, perché è più probabile che lo “Stralcio 2” partirà in seguito, per realizzare entrambi gli stralci saranno necessari non meno di 15 anni (ovviamente nel caso migliore).

Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici in ordine agli aspetti archeologici ha fatto rilevare che non risulta conclusa la procedura concernente la verifica dell’interesse archeologico. In merito agli aspetti paesaggistici e ambientali ha ritenuto la documentazione progettuale ben strutturata ed argomentata e sugli aspetti urbanistici ha valutato i documenti inviati argomentati e valutati ben oltre a quanto richiesto. Sugli aspetti architettonici ha raccomandato alla successiva fase progettuale di ridurre gli impatti degli aspetti percettivi dei ponti e viadotti nel paesaggio aperto e rurale.

Per quanto riguarda gli aspetti geologici, invece, ha ritenuto il progetto carente raccomandando un maggiore dettaglio. Sugli aspetti geotecnici sono state chieste integrazioni al progetto con un congruo numero di indagini atteso che quelle riportate sono “largamente insufficienti” così come sono state richieste importanti implementazioni per quanto attiene agli aspetti idrologici ed idraulici.

Anche la documentazione relativa agli aspetti viari deve essere integrata e qui, il Consiglio, ha voluto precisare che è necessario che ciò avvenga poiché tali aspetti possono far variare anche in modo consistente il costo globale dell’Opera. Sugli aspetti relativi alla sicurezza delle gallerie stradali mancano le Analisi di Rischio. In riferimento agli aspetti strutturali il Consiglio ha fatto rilevare che mancano la sezione relativa alle valutazioni del sistema di isolamento mentre sugli aspetti impiantistici ha chiesto delle integrazioni.

Sugli aspetti acustici ha richiesto studi specialistici approfonditi che nella documentazione progettuale non sussistono. Sulle interferenze ha fatto rilevare che il livello di conoscenza è modesto e potrebbe incidere sulla fattibilità dell’intervento. Infine, è stato evidenziato che nelle zone oggetto d’intervento non ci sono depositi tali da soddisfare i fabbisogni di inerti e, quindi, sono necessarie delle aperture di cave di prestito per le quali, gli uffici regionali, dovranno rilasciare le necessarie autorizzazioni nel rispetto della tempistica di progetto.

Il Consiglio di Amministrazione di Anas con Delibera n.21 del 21/03/2022, ha approvato in linea tecnica ed economica il progetto di fattibilità tecnica ed economica.  Il 31 marzo 2023 l’Anas Spa, sul proprio sito web ufficiale, ha pubblicato il bando di gara lo Stralcio 1 Lotto 2: dallo Svincolo di Papanice (incluso) a Crotone (Svincolo di Passovecchio).

L’appalto integrato ha per oggetto sia la progettazione definitiva e la progettazione esecutiva che la realizzazione dei lavori (per questo è integrato). Poiché questa procedura avviene in deroga delle leggi ordinarie, il Commissario Straordinario ha deciso che il Progetto Fattibilità Tecnica ed Economica messo a gara sarà lo stesso presentato al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.

L’importo complessivo dell’investimento di Euro 346.457.336,79, di cui Euro 272.153.944,38 per lavori e servizi (Euro 253.574.372,57 per lavori, Euro 8.075.099,57 per spese tecniche relative alla progettazione definitiva, compreso il SIA, ed esecutiva, Euro 1.341.948,79 per monitoraggio ambientale ante operam e in corso d’opera, Euro 9.162.523,45 per costi della sicurezza), Euro 45.696.823,32 per somme a disposizione ed Euro 28.606.569,09 per oneri di investimento (9%);

Il Commissario Straordinario Ing. Massimo Simonini, ha trasmesso al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il Dispositivo di approvazione in linea tecnica del progetto di fattibilità tecnico economica con espressa possibilità di annullamento della procedura e/o di revoca dell’aggiudicazione intervenuta nel caso in cui non sia autorizzata l’integrale copertura finanziaria dell’importo dell’intervento, attualmente solo parzialmente finanziato.

Per l’approvazione e aggiudicazione definitiva saranno necessari 180 giorni (6 mesi).  La durata del servizio di redazione del progetto definitivo è di 60 giorni (2 mesi), e consecutivi decorrenti dall’apposito Ordine di Servizio del RUP. La durata del servizio di redazione del progetto esecutivo è di 120 giorni (4 mesi) e consecutivi decorrenti dall’apposito Ordine di Servizio del RUP. La durata dei lavori oggetto dell’appalto (escluse le eventuali opzioni) è di 1150 giorni (3 anni e 2 mesi).

Per quanto concerne gli aspetti economici è bene evidenziare che secondo il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici l’intera Opera avrà un costo di € 3.016.155.876,13 IVA inclusa. L’Anas mette a gara il progetto di fattibilità tecnico-economico per lo “Stralcio 1 – Lotto 2” per un importo di € 272.153.944,38 ancora in corso di validazione.

È bene ricordare che l’Opera è stata divisa in 2 stralci perché lo “Stralcio 1” (quello messo a gara), risulta parzialmente finanziato con una Delibera CIPESS con 220 milioni di euro. Lo “Stralcio 2”, invece, non è proprio finanziato. Quindi occorre auspicare che sia approvata una Delibera CIPESS che determini il finanziamento complessivo dello “Stralcio 1” ed un’altra Delibera CIPESS che finanzi lo “Stralcio 2”. Infine, è necessario che ciò avvenga il prima possibile.

A tal proposito l’Organizzazione di Volontariato “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106” che, da sempre, informa correttamente e con serietà tutti i cittadini calabresi, fa presente che nella seduta del CIPESS del 29 marzo scorso, il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS), presieduto dal Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari Esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani, con la presenza del Segretario del CIPESS, Sottosegretario Alessandro Morelli, ha approvato una serie di provvedimenti in materia di infrastrutture: con Delibere CIPESS ha dato l’autorizzazione, relativamente alla linea ferroviaria AV/AC Verona-Vicenza-Padova, del nuovo limite di spesa del secondo lotto funzionale dell’attraversamento di Vicenza, di 2.180 milioni di euro ed ha autorizzato, l’avvio della realizzazione e l’assegnazione delle relative risorse disponibili per il lotto costruttivo n. 3 “Tunnel di base (completamento)” dell’intervento Nuova linea ferroviaria Torino-Lione – sezione internazionale – parte comune italo-francese. Sezione transfrontaliera», dal costo di competenza italiana pari a 1.274,32 milioni di euro.

PRIMO SERIO TEST PER IL GOVERNO MELONI
IL DEF DEVE INDICARE OBIETTIVI E RISORSE

di ERCOLE INCALZA – Si avvicina una scadenza non facile per l’attuale Governo, una scadenza non facile per l’attuale maggioranza: la redazione del primo Documento di Economia e Finanza (DEF) della nuova Legislatura. Senza dubbio la redazione e la approvazione della prima Legge di Stabilità, provvedimento prodotto in poco più di due mesi, è stato un banco di prova intenso e complesso ma, in fondo, una buona parte, almeno come riferimento di base, era stato inserito nella Nota di Adeguamento al Documento di Economia e Finanza prodotto dal Governo Draghi. Ora, invece, penso che il DEF si caratterizzerà come il vero manifesto dell’attuale Governo; in realtà sarà qualcosa di diverso dal programma di Governo perché il programma di Governo di solito è una elencazione più che di “obiettivi” di “speranze”; quasi una elencazione degli impegni e, al tempo stesso, degli scenari che il Governo intende raggiungere. Invece il DEF deve raccontarci, in modo analitico non solo gli “obiettivi” ma anche gli strumenti e le risorse necessarie per poterli concretamente realizzare.

Ed allora voglio solo prendere alcuni esempi, alcuni ambiti tematici che sicuramente conterrà questo atto chiave della intera Legislatura. Sono convinto che il DEF ci anticiperà le emergenze che caratterizzeranno sia il corrente anno 2023, sia quelle che direttamente o indirettamente si protrarranno per la intera Legislatura. Mi soffermerò, in particolare, su due emergenze che incideranno in modo sostanziale, ripeto, sul presente e sul futuro dell’intera Legislatura, mi riferisco alla:

Rilettura integrale del PNRR, del PNC, dei Fondi di Sviluppo e Coesione e del REPowerEU e delle Reti TEN – T

Definizione dell’autonomia differenziata delle nostre realtà regionali

In merito alla rilettura integrale del complesso strumento pianificatorio condiviso e supportato finanziariamente anche dalla Unione Europea, ho, in più occasioni, anticipato la forte criticità di un simile complesso impianto programmatico, ho più volte riportato dati da cui è emersa chiaramente la necessità di rivedere non parzialmente ma integralmente non solo il PNRR ed il PNC, non solo il Fondo di Sviluppo e Coesione sia quello relativo al periodo 2014 – 2020 che quello relativo al periodo 2021 – 2027, ma anche il REPowerEU ed il nuovo programma delle Reti Trans European Network (TEN – T). Questa rilettura sostanziale, sono sicuro, avrà un denominatore comune: la reale correlazione tra la scelta progettuale e la capacità di garantirne la realizzazione, cioè la concreta e misurabile capacità di attivare la spesa. Prende corpo così quella condizione che, come accennato prima, distingue un atto programmatico generico ed il DEF, non c’è infatti una elencazione di speranze ma una misurabile elencazione di interventi e quindi di cantieri da aprire e di Stati Avanzamento Lavori (SAL). È apprezzabile la felice intuizione del Ministro Raffaele Fitto di non ghettizzare i vari progetti, le varie aree programmatiche, all’interno di distinti Piani ma ritenere quegli impianti strategici solo come riferimenti temporali in cui insilare le varie proposte rendendo così possibile il raggiungimento di tre distinte finalità:

– rispettare le scadenze temporali finali e cioè il 2023 per il Programma 2014 – 2020 del Fondo di Sviluppo e Coesione, il 2026 per il PNRR ed il PNC ed il 2029 per il Fondo di Sviluppo e Coesione 2021 – 2027

– consentire un avvio organico e difendibile sia in termini progettuali che temporali del REPowerEU; un Piano ricordo voluto dalla Commissione europea per rendere l’Europa indipendente dai combustibili fossili russi ben prima del 2030, a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina

– superare, intervenendo subito, le cause legate alla capacità di attivare la spesa, quali, solo a titolo di esempio, quelle legate alla carenza di strutture e di personale adeguato soprattutto nella fase istruttoria delle proposte progettuali

Nell’elencare le azioni, gli strumenti necessari per garantire tali finalità penso sarà opportuno raccontare agli Uffici competenti della Unione Europea la serie di ostacoli che vive il nostro Paese: uno di tali ostacoli è quello legato alla prolungata stasi della Pubblica Amministrazione nel portare avanti gli investimenti nel comparto delle infrastrutture dal 2014 ad oggi, praticamente negli ultimi dieci anni, l’altro ostacolo è legato ad una difficile susseguenza temporale nella approvazione delle proposte progettuali. Ho già ricordato in passato che sul valore globale del PNRR e del PNC pari a circa 222 miliardi di euro, la componente legata alle infrastrutture (ferrovie, riqualificazione urbana, edilizia sanitaria, edilizia scolastica, idrogeologia ecc.) incide per un importo di oltre 120 miliardi e, all’interno di tale valore, oltre 30 miliardi sono dedicati ad interventi nei Comuni; in particolare il numero dei progetti presentati dai Comuni supera le 64.000 unità e a detta del Presidente dell’ANCI De Caro senza un aumento sostanziale del personale preposto alla istruttoria delle proposte si rischia di non riuscire a dare concreta attivazione della spesa e a non rispettare la scadenza del 2026.

Per questa serie di criticità spero che il DEF prospetti una opportunità che ritengo ormai quasi obbligatoria: coinvolgere il privato, coinvolgere le grandi strutture gestionali del Paese come l’ENEL, l’ENI, le Ferrovie dello Stato, ecc. Coinvolgere cioè questi organismi proprio per venire incontro a quelle realtà territoriali, a quelle stazioni appaltanti che, per una serie di motivi, non sono in grado, nel breve periodo, di dare corso davvero alla spesa. Lo ricordo sempre: il sistema ferroviario ad alta velocità si è potuto realizzare grazie al coinvolgimento dell’IRI, dell’ENI, della FIAT e della Montedison.

In merito alla definizione dell’autonomia differenziata nelle nostre realtà regionali, ricordo che la concessione di “forme e condizioni particolari di autonomia” alle Regioni a statuto ordinario sono previste dal terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, tale articolo sottolinea come possano essere attribuite “con legge dello Stato su iniziativa della Regione interessata”. Questo comma però non è mai stato attuato, soprattutto a causa delle grandi differenze economiche e sociali tra Regioni. Uno dei punti più contestati della proposta, infatti, è quello relativo al finanziamento dei livelli essenziali di prestazione (LEP) che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e che in base alla Costituzione tutelano i “diritti civili e sociali” di cittadine e cittadini. L’entità di questi finanziamenti andrebbe stabilita prima delle richieste di autonomia, in modo tale da avere chiaro di quante risorse ha bisogno ogni Regione richiedente. Ma secondo il disegno di legge, che dà al Governo un anno di tempo per decidere i LEP, le Regioni potranno formulare un’intesa anche senza il decreto del presidente del Consiglio che dovrebbe stabilire l’entità dei LEP, distribuendo così i finanziamenti in base alla spesa storica della Regione nell’ambito specifico in cui chiede l’autonomia. Questo particolare e complesso argomento dovrebbe trovare, a mio avviso, proprio nel DEF, un adeguato e difendibile itinerario; forse in proposito sarà utile ricordare che il Disegno di Legge del Ministro Calderoli è relativo solo alle Regioni a Statuto ordinario e quindi nel Mezzogiorno assisteremmo ad una reale discrasia procedurale tra le Regioni Sardegna e Sicilia e le altre sei Regioni. Sicuramente si supererà anche questa sostanziale anomalia istituzionale ma nel DEF dovrà essere invece chiarita subito come garantire la realizzazione dei LEP e la loro reale copertura finanziaria.

Non ho voluto affrontare il tema delle possibili “tendenze” legate alla crescita del Paese perché sicuramente il DEF le conterrà ampiamente sulla base delle indicazioni fornite circa dieci giorni prima della sua presentazione alle Camere dall’ISTAT, tuttavia ritengo che il lavoro che il Governo porterà avanti in questo prima semestre dell’anno, sì anche in un nuovo rapporto con il Sud, in un nuovo rapporto anche con le politiche esterne al Sud, potrà modificare, anche in modo imprevedibile, le previsioni di breve , medio e lungo periodo prodotte da un approccio tipicamente econometrico quale quello che ha caratterizzato i vari DEF della ultima Legislatura. (ei)

VINITALY, IL SUCCESSO DEI VINI CALABRESI
OTTIMA VALORIZZAZIONE DEL COMPARTO

di FRANCESCO CANGEMI – I vini calabresi continuano, ancora una volta, a essere apprezzati protagonisti nel panorama nazionale. Le coltivazioni e le produzioni della nostra regione, infatti, stanno riscuotendo larghi concensi al Vinitaly in corso a Verona che si concluderà oggi mercoledì 5. C’è da dire che è di ottimo livello la valorizzazione del comparto da parte della Regione e dell’Assessorato all’Agricoltura guidato da Gianluca Gallo: ci sono pregiatissime produzioni e cantine storiche, ma esistono straordinarie realtà anche se piccole che andrebbero sostenute e incentivate adeguatamente.

L’industria del vino rappresenta sicuramente un asset vincente nell’ottica dello sviluppo della regione, quindi va tenuta in massima considerazione con opportune campagne di promozione (che aiutano peraltro in termini reputazionali il territorio). In poche parole, finito il Vinitaly occorre che la Regione si faccia parte diligente perché il vino calabrese venga conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, aiutando i produttori ad affrontare l’export (che comporta complesse procedure autorizzative pressoché impensabili per piccole aziende) e valorizzando non solo i marchi, ma anche i vitigni e le vigne. Alcune cantine hanno realizzato dei resort per ospitare degustazioni, ricevimenti, eventi: sulla scorta, per esempio di Napa Valley in California, non sarebbe male prevedere, col sostegno della Regione e nell’ottica del PNRR, un percorso delle “strade del vino calabrese”, che diventerebbe facilmente un notevole attrattore di turismo di alto livello.

Positiva, dunque la partecipazione al Vinitaly: gli stand della Regione Calabria sono stati presi subito di mira da curiosi e addetti ai lavori per conoscere le novità vinicole arrivate a Verona. Dopo il grande successo riscosso dallo stand calabrese a Vinitaly and the city, nel centro storico di Verona, si è aperto nel quartiere fieristico il tradizionale Vinitaly Agrifood & Sol, con la Calabria in primo piano: 120 le aziende presenti in uno spazio espositivo pari a circa 1400 metri quadri, curato nell’allestimento ed in ogni dettaglio, con la regia dell’assessorato regionale all’Agricoltura e dell’Arsac, in collaborazione con la Città metropolitana di Reggio Calabria, i Consorzi di tutela dei vini ed il Consorzio igp Olio di Calabria.

Migliaia, nel corso della prima giornata, i visitatori che si sono recati all’interno dei padiglioni 10 e 12 per degustare i vini calabresi, la cui qualità è cresciuta esponenzialmente negli ultimi anni. Grande successo, inoltre, per le aziende del settore olivicolo e dell’agroalimentare di qualità che hanno preso parte a Sol & Agrifood.

Grande soddisfazione hanno espresso il presidente della giunta regionale Roberto Occhiuto e l’assessore all’Agricoltura Gianluca Gallo. «I vini calabresi – ha detto Occhiuto – si stanno facendo apprezzare in tutta Italia. C’è una grande varietà di cantine, anche piccole, che dimostrano l’interesse di tanti giovani imprenditori verso la produzione vitivinicola. Sono molto contento che l’assessorato all’Agricoltura, guidato da Gianluca Gallo, stia dando grande sostegno istituzionale a questi produttori, mettendoli nella condizione ideale di presentarsi a fiere importanti come questa del Vinitaly».

Secondo Occhiuto, «Questa è un’importante occasione per far conoscere la ricchezza e il valore del settore vitivinicolo calabrese. Lo stesso assessore Gallo mi ha riferito che i nostri vini stanno riscuotendo un grandissimo successo qui a Verona: siamo molto orgogliosi e speriamo che lo siano altrettanto gli imprenditori che fanno tanti sacrifici per ottenere questi risultati. Con il ministro Lollobrigida c’è un rapporto solido, intessuto anche col filo dell’amicizia. È un importante interlocutore istituzionale e dimostra quotidianamente l’attenzione che il governo nazionale ha verso la Giunta regionale della Calabria».

Un fiume in piena il governatore calabrese che ha dichiarato, in polemica con le politiche Ue, anche come «La filiera dei nostri vini va certamente tutelata, soprattutto dagli attacchi europei. Considerare i vini alla stregua delle sigarette è sbagliato, ciò che fa l’Irlanda non necessariamente deve essere fatto nel resto d’Europa. L’Ue dovrebbe, invece, sostenere al meglio il settore vitivinicolo che è una ricchezza per la Calabria come lo è per il Paese e anche credo per l’Europa. Bisogna intervenire poi per evitare che sulle aziende di produzione si riverberino i costi relative alle regole Ue sullo smaltimento delle bottiglie. Ci sono tante imprese che esportano vino in tutto il mondo e sarebbe davvero difficile riciclare, ovvero riavere indietro le bottiglie. A me sembrano cose lunari, e l’Europa invece che stare sulla luna dovrebbe stare più sulla terra, dove si produce l’uva e il vino», ha sottolineato Occhiuto.

A far tappa ai padiglioni Calabria anche il ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida.

«È stato un anno di grandi investimenti – ha detto, dal canto suo, l’assessore regionale all’agricoltura, Gianluca Gallo – abbiamo ampliato i nostri spazi, abbiamo modificato l’allestimento del nostro stand, siamo andati all’esterno per “Vinitaly and the City” ed è stato un grande successo. In questi giorni ci saranno tanti influencer del settore vitivinicolo che faranno visita al nostro stand per raccontare la verità sulla Calabria. Una Calabria straordinaria. La Calabria che non ti aspetti».

Cosa devono temere, allora, i viticoltori calabresi? Devono stare attenti, e qui le istituzioni devono fare la voce grossa, affinché l’Unione europea non penalizzi le colture calabresi per privilegiare altri territori. Un mercato che va incentivato e che, con i panorami della Calabria, può diventare un attrattore turistico non indifferente per portare sempre più persone nella nostra regione. (fca)

 

 

DISTRETTI TURISTICI E AGROALIMENTARI
SOSTENIBILITÀ E INNOVAZIONE COL PNRR

di GIOVANNI LENTINI E DOMENICO MAZZA – Con il Pnrr l’Italia ha programmato e pianificato, l’utilizzo di risorse imponenti e strategiche. Lo ha deciso pure per il Sud, anche se con meno risorse di quante avrebbe dovuto riservarne alle Comunità meridionali. Non solo perché il Pnrr prevedeva la distribuzione delle disponibilità in maniera da diminuire il divario infrastrutturale esistente tra i territori all’interno della stessa Nazione, ma, anche e soprattutto, perché il Mezzogiorno si conferma centrale per lo sviluppo dell’Italia e dell’Europa tutta.

A tal riguardo, i dati sono chiari: «Se il Sud avesse avuto negli ultimi 20 anni un tasso di crescita medio annuo di almeno 2 punti superiore, il Pil italiano sarebbe stato allineato a quello degli altri Paesi europei, invece che sistematicamente sotto». Questo per dire che una ripresa strutturale dell’economia italiana può avvenire solo se il Sud cresce di più e in maniera sostenibile. Per centrare l’obiettivo, però, occorre una comprensione articolata e flessibile dei contesti geo-politici. Perchè se l’Italia è un insieme di territori, simili ma non uguali, aggregati dalla forza unificante della lingua, il Sud è un mosaico composito e prezioso, unico e raro, di territori, di tradizioni e di storie.

Stabiliamo preliminarmente che il Meridione, contrariamente alla narrativa in voga nel nostro Paese, non è un deserto industriale. A sostenere quanto su riportato non siamo noi scriventi, ma i numeri. Le oltre 95mila imprese manifatturiere presenti nel Mezzogiorno farebbero del Sud (qualora fosse uno Stato autonomo dell’Ue) una delle Nazioni a maggior presenza industriale. Per essere più precisi: l’ottava. Risulterebbe, pertanto, più corretto — a nostro avviso — porsi il problema di cosa sarebbe necessario ad un rilancio sistemico dell’industria nell’estremità della Penisola.

E — come dicevano — un ragionamento del genere non può prescindere da un’analisi degli ambiti concorrenti a formare il Sud nel suo insieme. Quindi, partire dall’assunto che il Meridione potrebbe essere candidabile per ospitare filiere energetiche, logistiche, turistiche ed agroalimentari. Riteniamo, in funzione di quanto riferito, e non già per partigianeria, che l’area del golfo di Taranto sia quella più predisposta ad accogliere un vero e proprio ecosistema delle richiamate filiere.

Si pensi ai tre Distretti agroalimentari di qualità presenti nell’area: Sibaritide, Metapontino, Salento.

Si aggiunga la possibilità di creare, a fianco quello di Taranto, almeno altri tre Distretti turistici (partendo da quello “Sybaris e Kroton – destinazione Magna Graecia”).

Inoltre, mettendo a sistema gli Asset infrastrutturali posizionati nel contesto (porti ed aeroporti), l’area della baia jonica si inquadrerebbe nella duplice veste di georeferenziazione ottimale e terminal naturale agli interessi medio-orientali, africani e atlantici. Settorialmente, rispetto le soluzioni logistiche riguardanti la nuova centralità mediterranea. Quindi, come appendice agli interessi continentali.

Infine, i progetti per le nuove Comunità energetiche green (quella già esistente a Taranto e prevista tra Crotone e Corigliano-Rossano con il coinvolgimento di Enel, Eni ed A2a) inquadrano il contesto in una rinnovata visione territoriale. Vieppiù, amplificano la sua appetibilità nell’attrarre nuovi investimenti. Richiedendo e sollecitando, a questo proposito, anche un ruolo guida delle grandi imprese partecipate dallo Stato.

Una nuova valorizzazione delle filiere, ordunque, per promuovere la riscoperta e, non per ultimo, un restiling delle funzioni economiche caratterizzanti l’Arco Jonico.

In questo processo di ricucitura, chiaramente, devono entrare di diritto le questioni legate ai porti, ai retroporti, alle aree industriali dismesse e alle aree ZES che, quasi senza soluzione di continuità, costellano tutta la linea di costa che va da Crotone a Gallipoli, passando per Corigliano-Rossano, Pisticci e Taranto.

La vantaggiosa condizione descritta, rende il luogo in esame indicato alla genesi di un “processo territoriale ad incremento rapido”. Ovvero, ambiente naturale per cogliere più opportunità economiche (finanche accelerando i tempi di ottimizzazione delle priorità), legate con sussidiarietà, fra contesti d’ambito ad affini interessi. Trasformando, quindi, con investimenti mirati, settori e filiere largamente sottoutilizzate in, vero e proprio, valore aggiunto. Come, d’altronde, ci insegnano i principi macroeconomici. Le capitalizzazioni effettuate nelle aree arretrate, infatti, restano suscettibili di promuovere una crescita più elevata rispetto a quelle effettuate in zone più avanzate.

Sotto quest’aspetto, quindi, è conveniente che un’area come il golfo di Taranto decolli. Perché, a regime, disporrebbe di qualità tali da trainare il resto del sistema calabro-appulo-lucano ed in generale il Mezzogiorno.

Così facendo, si individuerebbero i settori da cui partire per immaginare processi di economie circolari finalizzati a permettere, anche al territorio più isolato e marginale dell’intero Mezzogiorno (l’Arco Jonico e, soprattutto, il suo anello debole: l’asse Sibari-Crotone), la possibilità di declinare nuove prospettive di sviluppo.

Sostenibilità, razionalizzazione, innovazione, management evolutivo devono essere i capisaldi a cui guardare con fiducia ed ottimismo, affinché si alzi forte il vento e la voce di un altro Sud. Ma, soprattutto, di un altro ambito jonico: quello che non subisce le scelte imposte dai centralismi. Al contrario, che indirizza, con intelligenza e cognizione di causa, un nuovo paradigma economico condiviso con le popolazioni locali. (gl e dm)

[Giovanni Lentini e Domenico Mazza sono del Comitato Magna Graecia]

DESTINO MEDITERRANEO PER LA CALABRIA
LA NUOVA SFIDA DEL PORTO DI GIOIA TAURO

di MIMMO NUNNARI – Finalmente la Calabria sembra capire – anche se ancora timidamente – che il suo futuro è nel Mediterraneo, con Gioia Tauro e il suo porto dei “miracoli” in posizione dominante. Le recenti riunioni dei rappresentanti degli Stati generali mediterranei a Gizzeria e il contemporaneo dibattito a Gioia Tauro sul “miracolo” del porto più importante del Mediterraneo, propiziato dalla presentazione del libro Andata in porto. Gioia Tauro, la sfida vincente di Giuseppe Soriero (Rubbettino editore) aprono scenari nuovi e prospettive interessanti, che in passato le istituzioni regionali e i governi nazionali non hanno saputo cogliere. Eppure il Mediterraneo, con i suoi 280 milioni di abitanti, energia in quantità, economia in crescita e col suo traffico che rappresenta più di un terzo del commercio mondiale, è una sfida che la Calabria non può assolutamente permettersi di perdere.

Il legame tra Calabria e Mediterraneo è antico: non è circoscritto solo alle le correnti migratorie che dalle aree africane si sono sempre mosse verso la penisola italiana, ma riguarda anche le relazioni in verità poco conosciuto legate a un movimento in direzione contraria: che dal fondo dello stivale italico si è mosso verso lo spazio geopolitico mediterraneo, con operai, artigiani e maestranze specializzate impegnate nel passato nella costruzione  di reti viarie, ferrovie, bacini idrici e altre infrastrutture in diversi paesi. C’è stata anche una curiosa emigrazione al femminile dalla Calabria verso l’Egitto, formata da pattuglie di mamme nutrici di bambini dei colonizzatori inglesi in terra egiziana. Questa insolita migrazione la raccontò Corrado Alvaro, alla conferenza sul tema Calabria tenuta al Lyceum di Firenze nel 1931: “La prima emigrazione calabrese tentò le coste dell’Africa, durante i lavori per l’apertura del canale di Suez. Si determinò una emigrazione insolita: partirono anche le donne che le famiglie inglesi in Egitto reclutavano come nutrici”.

Questo è il passato, e oggi la realtà è un’altra, e gli scenari del futuro saranno difficili da gestire senza politica che abbia nella Calabria la sua piattaforma programmatica. Bisogna muoversi in fretta, però, prima che altri (Cina anzitutto) occupino gli spazi d’investimento lasciati liberi. La Calabria, se la politica regionale avrà le visioni giuste, e il Governo nazionale farà la sua parte, col suo tessuto di piccole e medie imprese, le università, e con il porto di Gioia Tauro, potrà svolgere un ruolo importante nel processo di sviluppo euro-mediterraneo, che comporterà dei costi, ma che avrà innegabili ritorni e durature convenienze.

L’Italia, il “suo” Mediterraneo lo ha in casa, proprio con la Calabria che rappresenta l’avanguardia dell’Occidente verso l’Oriente e l’Africa del Nord. La Calabria sente la “questione mediterranea” in senso fisico e sa (ma debbono capirlo tutti coloro che debbono prendere decisioni) di trovarsi nella condizione d’essere testa di ponte dell’Europa che guarda al Mediterraneo. Sa pure di avere ha un freno enorme al suo decollo nella carenza di infrastrutture e nella non buona qualità dei servizi. Sono mancanze a cui bisogna provvedere bene e in fretta, al di là dei roboanti annunci di opere, che non si sa se si faranno e se verranno saranno comunque benvenute. Intanto bisognerà accelerare sulle necessità più urgenti e inderogabili: alta velocità ferroviaria, statale 106 ionica, trasversali ionio tirreno, potenziamento di porti aeroporti e rete di servizi efficienti.

Solo con queste potenzialità reali la Calabria – storicamente e culturalmente il territorio più vicino al grande teatro di dimensioni mondiali che è il Mediterraneo – potrà cogliere l’occasione di essere testa di ponte dell’Italia intera verso il Mediterraneo e potrà ridurre le sue distanze dall’Italia del Nord, che negli ultimi anni si sono ancora più allargate, invece di ridursi. Conviene all’Italia e all’Europa, che la Calabria funzioni da “cinghia di trasmissione” per avvicinare l’economia europea alle regioni mediterranee che, per quanto in alcune regioni in lotta tra loro, costituiscono tuttavia quel continuum descritto nella lezione di Fernando Braudel: il primo e il più autorevole studioso di Mediterraneo ad aver sviluppato il concetto di “Mezzogiorno centro del Mediterraneo”. Tutte le ragioni suggeriscono, pertanto, rapporti non solo economici, con la realtà mediterranea, ma anzitutto dialettici culturali e di sfida sociale per recuperare innanzitutto quella qualità culturale mediterranea della quale si è persa memoria, ma di cui l’Italia ha bisogno e con essa l’Europa.

Rispetto ai Paesi mediterranei sudorientali la Calabria ha il vantaggio di appartenere ad un Paese come l’Italia, fortemente industrializzato e al tempo stesso lo svantaggio di essere ancora considerata un’area in prevalenza di consumo, che non produce sufficientemente: una riserva finanziaria a cui si attinge fin dai tempi delle rimesse degli emigranti. La modernizzazione, in questa regione, si è fermata all’apparenza, alla facciata, con l’omologazione di stili di vita e di mode che hanno stimolato l’assunzione dei modelli di consumo delle società occidentali, ma ha inciso poco sulla riorganizzazione della società e della macchina burocratica, non favorendo il suo inserimento nel tessuto produttivo nazionale. L’occasione Mediterraneo è perciò unica e non ammette ritardi.  Il Mediterraneo, al di là della questione migratoria, sta tornando ad essere elemento centrale della politica nel mondo e l’Africa sarà il continente del futuro. In questo contesto geografico, economico e politico futuro, la Calabria, con Gioia Tauro, in prima fila, può essere dominante. (mn)

LA FORTUNA ECONOMICA DELLA CALABRIA
È SEMPRE PIÙ TINTA DEL BLU DEL SUO MARE

di EMILIO ERRIGOSembrerà azzardata questa favorevole previsione geo economica e, a una prima lettura, pure curiosa convinzione personale, ma nulla al momento lascia presagire un futuro di crescente povertà per gli abitanti dei 404 Comuni della Regione Calabria.

Tutte le analisi strategiche e di contesto consultate, curate da autori di economia ambientale prevalentemente stranieri, portate a termine in questi ultimi decenni da parte degli analisti e ricercatori universitari più attenti, lasciano intendere chiaramente che c’è da organizzarsi in tempo,  prima che i “c.d. avvoltoi  del business” del turismo ambientale, velocizzino i loro passi da giganti economici  e viaggino per primi determinati  in direzione Calabria. 

È noto ai più che per gestire e supportare il cambiamento, occorra tanta buona e sana volontà e altrettanta lungimiranza.

Agli amici della Calabria, conoscendo l’ottimismo cosmico che domina geneticamente chi scrive, gli scapperà una felice risata nel leggere i primi periodi di questa convinzione economica personale, pensando che l’esternazione previsionale sia frutto di una esondazione letteraria, che generalmente caratterizza chi ama la propria terra natia, ma non è così!

Perché mi sono convinto che la fortuna dei poveri economici della Calabria sono o saranno i ricchi del mondo?

Ora cercherò di spiegarmi e motivare meglio il pensiero che sostiene la mia tesi di economia ambientale creativa!

Gli ecosistemi e la biodiversità che sono presenti in molte delle differenti realtà economiche, sociali e ambientali,  dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite, risultano compromessi, inquinati, alterati, sovrautilizzati e minacciati, da uno sviluppo economico aggressivo non più sostenibile, per le presenti e future generazioni. 

Per saperne poco o tanto di più, invito  a leggere, in primis il Rapporto Onu 2021, sullo stato di attuazione degli obiettivi  di sviluppo sostenibile nel mondo,  poi studiare bene il contenuto dell’Agenda 2030 e l’Unione Europea, facilmente estrapolabili attraverso i diversi motori di ricerca presenti nelle reti digitali.

Limitando alla estrema sintesi il mio scritto, per evidenti e intuibili ragioni di spazio disponibili, mi soffermerò geograficamente alla nostra Italia e poi focalizzerò il personale pensiero economico a favore  della Regione Calabria.

Il territorio politico della Repubblica italiana, misura ben 301,340 Kmq, a questa estesa superficie terrestre, alpestre, montana, collinare e pianure, vanno aggiunte altri 120, 868 Kmq di acque marittime giurisdizionali, comprensive delle acque interne marittime e mare territoriale Italiano.

Inoltre l’Italia, con la legge n.91 del 14 giugno 2021, interpretando coerentemente il diritto convenzionale,  uniformandosi al diritto internazionale pubblico, (in particolare la Convenzione delle Nazione Unite sul diritto del Mare, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, regolarmente firmata e ratificata dalla Repubblica Italiana ai sensi e per gli effetti degli articoli 10 e 11 della Costituzione, con legge 2 dicembre 1994, n. 689), ha deciso bene di autorizzare la istituzione di una zona economica esclusiva, pari a 200                    miglia ( 1 miglio marino = 1852 metri), una ampissima fascia di mare  situata oltre il limite esterno del mare italiano (ZEE), che permetterà allo Stato Italiano, di esercitare diritti esclusivi riconosciuti agli Stati e Regioni costieri, previsti dal diritto internazionale del mare.

Questa centrata decisione legislativa favorirà ampiamente quelle regioni  marittime che possiedono maggiori estensioni di chilometri di fascia costiera  territoriale marittima, così come è geograficamente, per la fortunata e bellissima sotto ogni profilo economico ambientale e per tanti altri aspetti paesaggistici,  per la Regione Calabria, che come non è noto (ancora per poco ) a tutti,  si affaccia  quasi totalmente  per una lunghezza di circa 800  km, sul Mare Mediterraneo,  come una estesa terrazza a balcone, anzi è semi sommersa al centro delle acque del Mediterraneo, tutto ancora da scoprire. 

Su questi ampi spazi di terrestri e marittimi rientranti nella sovranità nazionale e assoggettati alla giurisdizione dell’Italia, vivono la loro esistenza, nel bene e nel male, ben 58.842, 800 milioni di abitanti, con un reddito nazionale lordo pro capite (quantificato in dollari) pari a 35 240.

La qualità della vita in Italia, non possiamo avere il coraggio nel permetterci  di dire che sia pessima, anzi non essendo così, dobbiamo essere onesti e giusti per dichiarare apertamente che grazie a Dio, tra guerre, guerrieri, covid 19, alluvioni, terremoti, pacificatori e pacifisti, vigili del fuoco, medici, magistrati, infermieri, forze armate e di polizia, giudici, magistrati pubblici ministeri, uomini e donne della protezione e difesa civile, volontari del soccorso pubblico e sicurezza privata, agricoltori, pescatori, naviganti, lavoratori, poeti e cantanti,  avvertiamo  il dovere nel dire e affermare che in Italia ancora si vive benissimo e per adesso può andare bene così.

Alle regioni più meridionali del Sud Italia, per molti aspetti non andrebbe apparentemente ed economicamente tanto bene. 

Io non la penso così e mi sono convinto che la potenziale sconosciuta realtà e ricchezza di beni ambientali, ci consente di prevedere un futuro economico proprio bene, anzi alla grande!

La Calabria è la Regione d’Italia dove ancora si vive benissimo, anzi non si può vivere meglio la propria vita da soli e meglio se in felice compagnia. Il Popolo Calabrese è gioioso per sua natura, se entri in punta di piedi, chiedi con garbo e tanta buona educazione ciò che desideri, la bella e ospitale “Gente  di Calabria”, ti accoglie fraternamente, si rende disponibile ad esaudire ogni tua legittima e legale richiesta , finalizzata a conoscere le mille e forse di più realtà ambientali, luoghi ancora incontaminati grazie al mancato e ritardato sviluppo economico industriale.

Viaggiando,  in questi non ancora tutti conosciuti angoli di paradiso terrestre e marittimo, si possono esplorare e visitare con tutta la calma e serenità necessaria, i comuni costieri e montani della Calabria. 

Non hai che l’imbarazzo della scelta. Ci sono tante e tante di quelle cose belle, piccole e grandi da visitare e vedere in questi luoghi baciati da madre natura, che per poterle gustare appieno occorre fermarsi necessariamente almeno due o tre settimane di ferie,  alla seconda visita conoscitiva di questa regione situata a sud del sud della penisola italiana, sono sicuro che il ricco turista del mondo deciderà di permanere almeno un mese. 

Dopo aver trascorso questi brevi o lunghi periodi di assoluta libertà e gioia ambientale in Calabria, incalzerà l’innamoramento non solo dei luoghi, ma del cibo genuino, della  naturale umanità,  propensione al dialogo e amicizia sincera, tipica  di queste belle donne e uomini nati e che hanno deciso di vivere  in questi territori e spazi litoranei marittimi, sino al punto da  prendere la decisione di trascorrere parte o il resto della vita in Calabria.

Certo non tutti in un prossimo futuro si potranno permettere questa vita extra lusso a 10 stelle ambientali,  per venire a visitare in lungo e in largo  la Calabria, in quanto già dal mese di marzo aprile la capacità ricettiva è quasi al completo satura di ricchi turisti provenienti da ogni parte del mondo.

Che fare allora?

La legge della domanda e offerta, può venire in soccorso, di quanti hanno una capacità di investimento elevata, consentendo di far man bassa degli  spazi di territorio edificabile ancora per poco liberi, sia allo scopo di edificar  o acquistare la casa propria, che per decidere di investire capitali propri o di terzi investitori finanziari,  edificando  le strutture alberghiere e ricettive extra lusso, villaggi turistici e residenze estive di lusso con vista mare o dei sempre verdi territori collinari e montani. La Calabria per chi ancora non lo sapesse, annovera nei suo vastissimo territorio montano, complessivamente 13.222 Kmq,  ben 3 Parchi nazionali, altri regionali, Ville e Giardini Storici, 5 Riserve Marine, una Area Marina Nazionale  protetta, (Isola Capo Rizzuto), una infinità di grotte storiche, le Antiche Miniere Reali, di ferro, argento, forse pure oro ed altre ancora estraibili risorse minerarie, alcune delle quali messe in sicurezza e visitabili.

Nella considerata povera, straordinaria, meravigliosa,  bellissima terra e mare della  Calabria, mi sono convinto che nel non lontano futuro, saranno solo i più ricchi del mondo che si potranno permettertele di vivere in queste uniche realtà paesaggistiche e ambientali, ancora godibili a caro prezzo.

I beni ambientali, la biodiversità e gli ecosistemi integri e incontaminati della Regione Calabria, uniti al sole, al clima, aria purissima, alimenti che aiutano la  sana longevità, saranno rivalutati e valorizzati, perché sono le vere inesauribili risorse economiche che soddisferanno i crescenti bisogni dei più ricchi del mondo , la più grande fortuna del Sud Italia. (ee)

(Emilio Errigo è nato a Reggio di Calabria, docente universitario e  generale in riserva della GdF, attuale Commissario Straordinario di Arpa Calabria)

LA CALABRIA URLA IL SUO NO ALLA MAFIA
DA GIOIA TAURO UNITI CONTRO LE NDRINE

La Calabria è scesa in piazza, a Gioia Tauro, per urlare il suo no alla mafia. Studenti, istituzioni, parlamentari, sindaci, e rappresentanti di sindacati e Associazioni di categoria si sono ritrovati a Piazza Duomo per la «liberazione di Gioia Tauro e della Piana dal servaggio mafioso».

Una chiamata fatta dal sindaco di Gioia Tauro, Aldo Alessio, dopo gli esiti  della recente operazione ‘Hybris’ del 6 marzo scorso, coordinata dalla Procura distrettuale di Reggio Calabria, che ha individuato i nuovi assetti della potente cosca di ndrangheta capeggiata dal boss Giuseppe ‘Pino’ Piromalli, scarcerato nel 2021 dopo avere scontato ventidue anni di prigione per associazione mafiosa ed altro, e, secondo gli inquirenti, postosi immediatamente a capo della sua consorteria di riferimento.

Presenti tra gli altri alla manifestazione la vicepresidente della Regione, Giusi Princi, il viceprefetto Stefania Caracciolo, il presidente dell’Autorità Portuale di Gioia Tauro, Andrea Agostinelli, il procuratore della Repubblica di Palmi, Emanuele Crescenti, don Ciotti, il senatore del Pd, Nicola Irto, la Garante regionale della Salute, Anna Maria Stanganelli, il consigliere regionale Pietro Molinaro.

«Siamo scesi in piazza – ha detto il sindaco Alessio – per prendere una posizione netta contro la mafia.  Oggi c’è una grande partecipazione, e dobbiamo essere uniti in questa battaglia di civiltà per liberare il territorio da questa oppressione».

«Oggi a fianco dei cittadini e degli amministratori – ha scritto Irto su Facebook – che in piazza e sulle strade di Gioia Tauro hanno invocato la legalità. Con il sindaco che ha voluto la manifestazione, dopo l’ennesima, brillante operazione delle forze dell’ordine contro le cosche».
«Grande la partecipazione popolare, studenti, associazioni, istituzioni, che hanno dato l’immagine reale della Calabria onesta che lavora e si impegna quotidianamente per il proprio futuro libero dalla ‘Ndrangheta – ha concluso –. Una vera e propria boccata di ossigeno della quale fare tesoro, per il futuro di questa terra con rinnovato impegno e entusiasmo». (rrc)

 

RESTARE, PARTIRE, RITORNARE: I GIOVANI
CALABRESI VOGLIONO SOGNARE DI NUOVO

di FRANCESCO CANGEMI – Restare, partire, ritornare: sono scelte di vita un tempo soggettive, almeno per la “restanza” (come l’ha magnificamente definita l’antropologo Vito Teti), oggi sempre più spesso obbligate (per l’addio alla terra natìa), ottimisticamente speranzose per il ritorno. Ma non tutti i giovani vogliono lasciare la Calabria, c’è ancora chi crede che si possa costruire in questa terra. È quanto emerge dall’incontro tenuto la settimana scorsa, presso l’azienda Santacroce di Vibo Valentia, dai Giovani imprenditori di Unindustria Calabria. “Generazioni in movimento” questo il tema chiave dell’evento che ha registrato la presenza di diverse figure professionali del mondo universitario, della politica e, soprattutto dell’industria.

Vito Teti, ordinario di antropologia culturale all’Unical ha aperto il tavolo di confronto avviando i presenti al dialogo “La restanza”, ricordando che “partire e restare sono i due poli della storia dell’umanità. Al diritto a migrare corrisponde il diritto a restare, edificando un altro senso dei luoghi e di se stessi”.

E “restanza” significa proprio questo, “sentirsi ancorati e insieme spaesati in un luogo da proteggere e nel contempo da rigenerare radicalmente”.

I lavori, moderati dalla giornalista Maria Pia Tucci, hanno visto la partecipazione di tutti i presidenti provinciali dei Giovani imprenditori di Confindustria.  I saluti iniziali sono stati affidati a Rocco Colacchio, presidente Confindustria Vibo Valentia e ad Aldo Ferrara, presidente Unindustria Calabria.

Rocco Colacchio ha detto che «Gli industriali della Calabria – giovani e senior appunto – discutono di “restanza”, ma a mio avviso di deve puntare molto anche sulla “ritornanza”».

Secondo il presidente Aldo Ferrara : «C’è una grande Calabria in movimento, credo che in questo momento, noi abbiamo tutte le carte in regola per realizzare una struttura produttiva che sia non solo resiliente, ma anche più evoluta, più tecnologica e digitalizzata, più sostenibile ed internazionale, con al centro i giovani».

«Confindustria giovani ha un grande obiettivo – ha spiegato Natale Santacroce, presidente Gi Confindustria Vibo Valentia. E sta lavorando attivamente affinché, attraverso la corretta informazione e la giusta formazione in modo che i nostri ragazzi possano scegliere fiduciosi di restare in Calabria. Abbiamo bisogno di giovani che non abbiano paura di sbagliare e di fallire, e che innovino l’esperienza delle vecchie generazioni. La Calabria ha tanto da offrire e noi saremo al loro fianco per costruire».

E a tal proposito, eloquente è stato l’intervento del presidente Confindustria giovani Reggio Calabria, Salvo Presentino: “L’obiettivo è quello di dimostrare ai nostri giovani, come Confindustria sia in continuo movimento e, dunque, anche per loro un futuro è possibile. È un nostro dovere far loro da stella polare».

«Vogliamo dare un forte segnale su cosa vuol dire partire, tornare, ma soprattutto, restare nella nostra terra» ha aggiunto Vincenzo Squillacioti, presidente Gi Confindustria Crotone, seguito da Roberto Rugna, Presidente Gi Confindustria Cosenza che ha rimarcato la bellezza e le peculiarità della regione meridionale: “Abbiamo un po’ il dovere di restare in Calabria. Siamo il suo ultimo baluardo e, cosa ancor più importante, la speranza di un concreto rinnovamento per la fantastica terra in cui viviamo. Noi siamo qui per testimoniarlo. Ci crediamo, perciò credeteci anche voi. Noi ci mettiamo tutti noi stessi».

Marco Francardi, ad esempio, ha raccontato la sua personale storia imprenditoriale, in quanto ceo di Katakem: «È una start up nata nel 2019, creata da persone non calabresi, che però credono fermamente in questo territorio. Il nostro obiettivo? Creare un tessuto solido e affidabile».

Dello stesso avviso anche Francesco Biacca, ceo Evermind società benefit srl: «È vitale parlare di chi torna, chi resta e rende attrattivo il nostro territorio affinché i giovani possano finalmente decidere di viaggiare per scelta e non per necessità».

Per Antonia Abramo, Presidente Gi Confindustria Catanzaro «la missione del gruppo dei giovani imprenditore è quella di diffondere la cultura dell’impresa. Vogliamo lanciare un messaggio di incoraggiamento ai giovani che lavorano fuori e pensano di non poter fare ritorno a casa. A loro diciamo “Anche in Calabria si può”».

Non solo giovani, ma anche senior, all’assemblea pubblica di Unindustria Calabria, così come evidenziato il presidente di Confindustria Vibo Valentia, Rocco Colacchio, che ha aggiunto: «Lavoriamo per far tornare le nostre eccellenze al nostro servizio».

Per il prof. Teti «È bello viaggiare, conoscere il mondo, ma è anche bello restare. Questo è un periodo storico in cui, chi vive in posti come la Calabria, con grandi difficoltà, ma anche grandi possibilità, devono far di tutto per restare e, in questo modo, cambiare le cose. Ed allo stesso modo, devono cambiare le cose per permettere ad altri di poter restare. Da questo punto di vista, il contributo dei giovani imprenditori, ma del settore lavoro più in generale può essere decisivo per il destino della nostra Regione».

Presente all’evento anche l’assessore regionale con delega allo Sviluppo economico Rosario Varì: «Restare o andare, credo sia una scelta personalissima riguardante ogni singola persona. Sta a noi, invece, creare le possibilità affinché chi sceglie lo possa realmente fare. Ci siamo lasciati alle spalle gli effetti peggiori, adesso però dobbiamo iniziare a programmare il futuro. Il Governo regionale lo sta facendo attraverso l’individuazione di aree strategiche per la crescita e lo sviluppo della Regione».

Umberto Barreca, presidente Giovani Unindustria Calabria ha sottolineato in chiusura l’assoluta riuscita dell’iniziativa: «Oltre 100 giovani imprenditori che si sono riuniti per discutere di un tema a tutti molto caro: come fare a rimanere in Calabria e come renderla, passo dopo passo, sempre migliore».

Dai vari interventi è emerso in modo lampante, quanto spesso i giovani non si sentano liberi a queste latitudini. Liberi di partire o di restare, perché, molte volte, la scelta non è dettata da un semplice desiderio, ma da un’impellente necessità. È qui che entrano in gioco una serie di fattori, prima fra tutti il lavoro, ma da non tralasciare sono anche i servizi, la sanità, le infrastrutture, giusto per citarne alcune. Il pomeriggio dei lavori si è concluso con una celebre citazione: La perseveranza è ciò che rende l’impossibile possibile, il possibile probabile, e il probabile certo. Un regola di vita che i giovani dovrebbero fare propria. (fca)

PAPA FRANCESCO AI VESCOVI CALABRESI
AFFIDA UNA TERRA CHE NON SA CRESCERE

di PINO NANO – «A voi, vescovi, è stato affidato un compito importante, che richiede la fatica quotidiana dell’accompagnamento e del discernimento; grazie per tutto il lavoro, a volte nascosto e sofferto, che fate per i seminaristi. Grazie!»: a Roma, nella Sala del Concistoro Papa Francesco incontra in udienza privata la Conferenza Episcopale Calabra.

Ci sono i vescovi di tutta la regione. Con loro, i seminaristi che oggi in Calabria si stanno preparando a diventare i sacerdoti del futuro. Un’occasione solenne, unica, forse irripetibile, ma per Papa Francesco è anche il luogo ideale per dire quello che pensa davvero e anche in questa occasione il Papa non conosce nessuna mediazione.

Papa Francesco parla della Calabria come se ci fosse nato e cresciuto, con una consapevolezza e una determinazione che sono ormai tipiche del Santo Padre, e ai “fratelli di Calabria” indica la strada da seguire. È un monito forte per i sacerdoti presenti, una “strigliata amichevole” ai vescovi, una “preghiera accorata” per questa regione che non va da nessuna parte perché non cresce in nessun modo. 

Per riprendere a respirare, questa regione – dice il Papa – ha bisogno di una nuova Chiesa, che non vuol dire “seminari dovunque”, o “seminari aperti a pochi seminaristi”, o peggio ancora seminari da tenere aperti in nome di un principio che non resiste più a nessuna giustificazione morale possibile. In una terra come la vostra, fa capire il santo Padre, ne basterebbe uno, al massimo due, non di più.

E più che di seminari, aperti o semiaperti, la Chiesa – aggiunge Papa Francesco – ha bisogno invece di sacerdoti moderni, preparati, convinti, consapevoli del proprio ruolo, che sappiano essere pastori fedeli alle regole della carità e della solidarietà, che “rifiutino le mollezze e le comodità che il loro ruolo spesso comporta”, che si interroghino sul futuro delle nuove generazioni, che spronino i giovani a credere nella speranza, che si guardino attorno, che vadano per strada e che diventino padroni del territorio per cui sono chiamati ad esercitare il ruolo di pastori. 

L’analisi del Papa è a tratti impietosa.

«Basta con questo eterno provincialismo», basta con questo sentirsi a tutti i costi lontani da tutto e da tutti, basta con questo eterno piangersi addosso, qui serve più che mai la consapevolezza di poter cambiare le cose e di saper accompagnare il rinnovamento delle coscienze. 

«Anche se la vostra terra a volte sale alla ribalta della cronaca portando alla luce vecchie e nuove ferite, mi piace ricordare che siete figli dell’antica civiltà greca e ancora oggi custodite tesori culturali e spirituali che uniscono l’Oriente e l’Occidente. Omero, nell’Odissea, narra che Ulisse, verso la fine del suo viaggio, approdò ad un lembo di terra da cui poté ammirare la bellezza di due mari. Questo fa pensare alla vostra terra, gemma incastonata tra il Tirreno e lo Ionio. Ed essa brilla anche come luogo di spiritualità, che annovera importanti Santuari, figure di santi e di eremiti, nonché la presenza della Comunità greco-bizantina. Tuttavia, questo patrimonio religioso rischierebbe di restare solo un bel passato da ammirare, se non ci fosse ancora oggi, da parte vostra, un rinnovato impegno comune per promuovere l’evangelizzazione e la formazione sacerdotale».

Duro, rigoroso, quasi iconico l’appello che il santo Padre rivolge ai tanti seminaristi presenti.

«Questa è la vostra vocazione: fare strada con il Signore, l’amore del Signore. Stando attenti a non cadere nel carrierismo, che è una peste, è una delle forme di mondanità più brutte che possiamo avere, noi chierici, il carrierismo».

Papa Francesco va dritto all’obbiettivo come un macigno che rotola dalla rupe e il suo saluto ai “fratelli calabresi” si trasforma in una lezione di teologia morale.

«Qual è il desiderio che vi ha spinto a uscire incontro al Signore e a seguirlo sulla via del sacerdozio? Cosa stai cercando in Seminario? E cosa cerchi nel sacerdozio?» Dobbiamo chiedercelo, perché a volte succede che «dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla Chiesa», in realtà cerchiamo «la gloria umana e il benessere personale».

È molto triste quando trovi sacerdoti che sono funzionari, che hanno dimenticato l’essere pastori di popolo e si sono trasformati in chierici di Stato, come quelli delle corti francesi, “monsieur l’Abbé”, erano chierici di Stato. È brutto quando si perde il senso sacerdotale. Magari cerchiamo il ministero sacerdotale come un rifugio dietro cui nasconderci o un ruolo per avere prestigio, invece che desiderare di essere pastori con lo stesso cuore compassionevole e misericordioso di Cristo. Ve lo chiedo con le stesse parole di uno dei vostri Annuari: «volete essere sacerdoti clericali che non si sanno impastare con la creta dell’umanità sofferente, oppure essere come Gesù, segno della tenerezza del Padre?” .

Papa Franceso ridiventa per un giorno pastore tra i pastori.

«Non dimenticatelo mai, il Seminario è il tempo in cui fare verità con noi stessi, lasciando cadere le maschere, i trucchi, le apparenze. E in questo processo di discernimento, lasciarvi lavorare dal Signore, che farà di voi pastori secondo il suo cuore. Perché il contrario è il mascherarsi, il truccarsi, l’apparire, che è proprio dei funzionari, non dei pastori di popolo ma dei chierici di Stato».

Papa Francesco non lesina domande ai fratelli calabresi, e rivolgendosi ai Vescovi presenti chiede: «Che cosa desiderate per il futuro della vostra terra, quale Chiesa sognate? E quale figura di prete immaginate per il vostro popolo?».

«Il prete non possiamo più pensarlo come un pastore solitario, chiuso nel recinto parrocchiale o in gruppi di pastori chiusi; occorre unire le forze e mettere in comune le idee, i cuori, per affrontare alcune sfide pastorali che sono ormai trasversali a tutte le Chiese diocesane di una Regione. Penso, per esempio, all’evangelizzazione dei giovani; ai percorsi di iniziazione cristiana; alla pietà popolare – voi avete una ricca pietà popolare –, che ha bisogno di scelte unitarie ispirate al Vangelo; ma penso anche alle esigenze della carità e alla promozione della cultura della legalità».

In sala il silenzio assoluto, si avverte solo il respiro del Papa, che ad un certo punto apre un file che nessuno immaginava potesse mai aprire e lo fa anche questa volta con una domanda che è un pugno nello stomaco al Paese.

«Come vanno i vostri tribunali? Come va l’esercizio della giustizia nella vostra diocesi?».

Volete una ricetta utile? Ecco che Francesco prova a darla ma per chi segue l’incontro è un altro pugno nello stomaco alla tradizione del passato.

«Tutto ciò chiama a formare preti che, pur provenendo dai propri contesti di appartenenza, sappiano coltivare una visione comune del territorio e abbiano una formazione umana, spirituale e teologica unitaria. Perciò, vorrei chiedere a voi Vescovi di fare una scelta chiara sulla formazione sacerdotale: orientare tutte le energie umane, spirituali e teologiche in un unico Seminario. Dico unico. Possono essere due ma sommati: orientare verso l’unità, con tutte le variabili che ci possono essere ma arrivare lì. Questo non vuol dire annientare i seminari; vedete come fare questa unità».

«Un seminario di 4, 5, 10 non è un seminario, non si formano seminaristi; un seminario di 100 è anonimo, non forma i seminaristi… Ci vogliono piccole comunità, anche dentro un grande seminario, o un seminario a misura umana; che sia il riflesso del collegio presbiteriale. È un discernimento non facile da fare, non facile. Ma si deve fare e si devono prendere decisioni su questo. Non sarà Roma a dirvi cosa dovete fare, perché il carisma lo avete voi. Noi diamo le idee, gli orientamenti, i consigli, ma il carisma lo avete voi, lo Spirito Santo lo avete voi per questo. Se Roma incominciasse a prendere le decisioni sarebbe uno schiaffo allo Spirito Santo, che lavora nelle Chiese particolari».

Papa Francesco ha lo sguardo pesante, il corpo non lo aiuta più di tanto, ma la sua lezione va avanti come un treno in corsa e non concede sconti a nessuno.

«Abbiamo bisogno di occhi aperti e cuore attento per cogliere i segni dei tempi e guardare avanti! Raccomando a tutti, non solo ai vescovi, raccomando di discernere cosa vuole lo Spirito Santo per le vostre Chiese. E questo lo devono fare i Vescovi – la decisione –, ma lo dovete fare tutti voi per dire ai Vescovi cosa sentite e come, le idee… È tutto il corpo della diocesi che deve aiutare il Vescovo in questo discernimento. Poi lui si assume la responsabilità della decisione».

L’appello finale Papa Francesco lo dedica ai Vescovi presenti.

«Per favore, non lasciatevi paralizzare dalla nostalgia e non restate prigionieri dei provincialismi che fanno tanto male! E voi, Vescovi emeriti, non fate mancare nel silenzio e nella preghiera il vostro sostegno a questo processo. Dico nel silenzio e nella preghiera perché, quando un Pastore ha concluso il proprio mandato, emerge il suo profilo spirituale e il modo in cui ha servito la Chiesa: si vede se ha imparato a congedarsi «spogliandosi… della pretesa di essere indispensabile», oppure se continua a cercare spazi e a condizionare il cammino della diocesi. Chi è emerito è chiamato a servire con gratitudine la Chiesa nel modo che si addice a questo suo stato».

«Non è facile congedarsi; a tutti è richiesto uno sforzo per congedarsi. Ho scritto una lettera sull’argomento che incominciava con queste parole: “Imparare a congedarsi”, senza tornare a ficcare il naso, imparare a congedarsi e mantenere quella presenza assente, quella presenza lontana, per cui si sa che l’Emerito è lì ma prega per la Chiesa, è vicino ma non entra nel gioco. Non è facile. È una grazia dello Spirito imparare a congedarsi».

Applausi scroscianti alla fine della lezione del Papa, e in dono al Pontefice un cesto di arance e di limoni delle nostre terra. Ma stando in fondo alla sala, lontani da tutto, si coglie perfettamente bene il senso della sfida che Francesco affida oggi ai Padri della Chiesa calabrese. Una nuova rivoluzione, insomma, che Papa Francesco, questo lo si coglie bene dalla lezione di oggi, accompagnerà fino in fondo e fino all’ultimo. (pn)