Cicciarelle – Come un romanzo
di Giuseppe Trebisacce

di  PIETRO RENDE – Il piacere di leggere un romanzo sul costume calabrese: la più recente opera letteraria di Giuseppe Trebisacce (la “chessanese Cicciarelle”, nome di derivazione già appula più che brutia?)) è un capolavoro, “piccolo” solo per i personaggi che non appartengono alla grande Storia. Però, oltre alle vicissitudini di un’eroina che appartiene al genere femminile del nostro popolo meridionale, riassume una letteratura sociologica cui spesso mirabilmente  si ispira. Penso all’Inchiesta parlamentare del 1876, di Franchetti e Sonnino (due parlamentari toscani),sulla condizione dei contadini meridionali che rimane l’archetipo della loro fatale dipendenza sino all’avvento della Repubblica e ai deludenti risultati della riforma agraria. E penso a Corrado Alvaro quando tu descrivi l’andamento elegante delle contadine che portano il cesto sulla testa come fanno ancor oggi le indossatrici per abituarsi ai defilè. E poi ciò che trovo più simile alla inconscia rassegnazione della protagonista è la tristezza che domina “La storia” di Elsa Morante!

Nel suo paese non cambia mai nulla e tutto si ripete eccetto le spinte che provengono dall’alto come dalla guerra che accentua un’economia già povera senza scambio di moneta e costretta al baratto inter-familiare. E poi c’è l’autoconsumo alimentare delle colture e allevamenti di pregio, come il maiale, lo stesso pane per cui si registra l’unica rivolta della comunità.

La principale discontinuità è quella degli emigranti che vanno e vengono dall’Argentina – l’America povera – con le loro volatili rimesse e ambizioni di miglioramento socio-economico e i matrimoni con quelle “vedove bianche” e la “legge nova” ossìa il loro matrimonio in chiesa prima della partenza e dunque “non consummatus” e ( ieri ) senza facoltà di divorzio.    Un’omissione di più pesante giudizio ritenuto leggero rispetto al più grave abuso esercitato dai notabili sulle donne rimaste sole e in attesa del marito. Aggiungerei poi la citazione dei rituali come quello delle magare e dell’affascino per i dolori cervicali e delle processioni incappucciate.

Il testo preferisce dare più spazio alla formazione scolastica, spesso nelle stalle, come rilevò pure Zanotti Bianco, e limitata alla terza classe non senza le punizioni esemplari dei genitori e le bacchettate della maestra sulle mani degli scolari svogliati! Sono aspetti che ricordiamo tutti quelli della nostra generazione con un sentimento di gratitudine e senza rabbia né faziosità perché anche  il regime fascista, nei piccoli centri, è ricordato in continuità e adesione popolare, senza violenze tra parenti e compagni d’infanzia. La narrazione non è faziosa, e potrebbe esserlo contro i Borbone per quel breve tratto di ferrovia jonica solo inaugurato, ma lo è forse nell’ottimismo che vena l’avvento della Repubblica e il primo diritto di voto alle donne.

Comunque un’ opera di letteratura socio-politica che  raggiunge lo zenith proprio nella elegante e distensiva continuità narrativa che piace molto per il suo equilibrio distaccato  attento a evitare faziosità e altre prevalenze. Nessun paragone con le vicende più emotive del Commissario Montalbano di Camilleri che pure ricorre al dialetto per stemperare la tensione del “giallo”.   Personalmente, sono grato all’autore perché mi ha restituito il piacere di tornare a leggere un vero romanzo  italiano e meridionale.

CICCIARÈLLE, Come un Romanzo
di Giuseppe Trebisacce
Jonia Editrice

 

Stati Uniti d’Europa di Gianluca Passarelli

di PIETRO RENDE – Una puntuale ricostruzione della prospettiva europeista ispira e conduce il saggio “Gli Stati uniti d’Europa” di Gianluca Passarelli, cattedratico calabrese di Scienze politiche alla Sapienza. Il suo saggio esce  mentre le strade di Bruxelles brulicano di trattori e coltivatori inferociti contro l’UE e per questo hanno “spappolato” ogni forma di rappresentanza tradizionale, unitaria, senza ottenere granchè ma solo una boccata d’ossigeno ad un ambito di imprese troppo ristretto per potersi ampliare come impone la modernizzazione in tutti i campi. Ma su queste contestazioni  si può essere  ottimisti, p.e., anche  sul futuro politico-militare degli Stati Uniti d’Europa, un “vaso di coccio” tra Cina e Usa? Passarelli è problematico ma esprime speranza e fiducia rilanciando il Manifesto del deputato  indipendente eletto nel Pci, Altiero Spinelli,  il primus europeista che il saggio cita  di più insieme ai grandi fondatori premier, quali:De Gasperi, Adenauer, Monnet…

Ho avuto l’onore e il privilegio di partecipare, proprio con Altiero Spinelli e altri autorevoli esponenti parlamentari, al dibattito sull’adesione dell’Italia al Sistema monetario europeo (SME), che si tenne nell’Aula di Montecitorio il 12 dicembre 1978. Ho avuto così modo di ammirare la sua libertà “parlamentare” quando  dichiarò che se “lo SME rappresenta una cosa assai modesta, tuttavia, pur essendo di poco conto significa moltissimo”, perché sgradito ai protettori più autorevoli della nostra patologica svalutazione monetaria.

Gli applausi del solo Centro – come riferisce il resoconto   stenografico – sottolinearono la sua autonomia e onestà politica. Infatti, ben diverso era stato l’intervento del suo collega Spaventa che aveva polemizzato a distanza  con un altro economista,  il prof. Andreatta, perché non era scaturito nulla di quanto aveva pronosticato. Non si trattava della solita  “gelosia” accademica perché nel Gruppo parlamentare del Pci, dopo una drammatica riunione – sembra – con l’intervento di Lama, segretario della Cgil, prevalse la contrarietà che condusse alle ennesime elezioni anticipate del 1979.

Ma l’Europa fece un significativo passo avanti con l’approvazione anche italiana dello Sme grazie a quelli che la pensavano come Spinelli. Passarelli, ora, pone come condizione della sopravvivenza filoeuropeista  l’attuazione  del suo  progetto federativo e non solo inter-statale di Ventotene  risalente al 1941. E lo fa con una passione non disgiunta dall’accettazione realistica e gradualistica di un “work in progress” ricordando che il termine “United states of Europe” venne coniato da Churchill già nel 1930. Richiama criticamente il neoliberismo (forse meglio, il monetarismo)che ispirò i governi di Reagan e della Thatcher e segnò il fallimento del piano Delors per l’Europa simile a quello  di cui oggi è tornato a parlare Draghi  che parimenti richiederebbe “la nascita di uno Stato sovranazionale e confederale…una fusione di stati prima divisi”. Ricorda l’eterna resistenza francese solo oggi rimossa da Macron per un esercito europeo, sollecitato anche dagli ambienti americani, di cui la Francia avrebbe naturalmente la direzione perché unica  detentrice della bomba atomica  in Europa.

Tornando al rapporto coI Pci l’autore ricorda che Spinelli rimase sempre tormentato tanto da fargli ritenere di “essere l’unico ad andarsene dal Pci per la strada e ritrovare che esso ….(mi) corre dietro”!Dopo avere tracciato un minuzioso e prezioso, per gli studenti, Manuale dei vari Trattati evolutivi dell’Unione ormai non più solo Comunità, Passarelli non lesina le proposte da attuare per rilanciare il valore dell’Unione nel cuore degli elettori, che sembrano distanti perché i suoi organi risultano distanti.

Da ciò l’auspicio di una profonda modifica dei rapporti tra Commissione  Esecutiva e Consiglio europeo dei Capi di Stato, della previsione di una maggioranza qualificata per sbloccare gli empasses , soprattutto della revisione dei  poteri oggi assai limitati del Parlamento europeo che non ha facoltà legislativa né di controllo, della elezione diretta del Presidente della Commissione esecutiva, già gradita a Delors, e della elezione  in un “unico” Collegio europeo della metà dei parlamentari di Strasburgo.

Infine la costituzione di “tre quadrati”, più gradita a francesi e tedeschi, ossia di tre velocità da potere compensare l’avvenuto ampliamento eccessivo ai Paesi ex comunisti del Patto di Visegrad e nel prossimo futuro a quelli, numerosi, che lo richiedono col rischio di un’ulteriore paralisi dominata dal libero-scambio del Mercato senza uno Stato europeo compensatore e più attento al mondo della finanza, dell’energia pulita, delle telecomunicazioni, intelligenza artificiale,ecc… Dove resterebbero i  Paesi “pig”(meglio non tradurre!):Italia,Grecia Portogallo e Spagna? Risuona, triste, una frase di Massimo D’Azeglio che si chiedeva se fosse stato “meglio lasciare al suo posto il Regno di Napoli”!

Infine, “last but not least”, il saggio affronta il tema del rapporto tradizionalmente ostico della Destra con l’unificazione europea e l’esaltazione dei fatali “nazionalismi che sono (meglio,recano) la guerra”, come disse Mitterand . Qui forse la prossimità della campagna elettorale di giugno per il nuovo Parlamento europeo, senza   inficiare il valore storiografico del saggio cui sono ovviamente aggiunte le proposte super partes de quo, forse  trascura il revisionismo in corso anche nella Destra italiana che, a prescindere dal solo Salvini,  potremo constatare o meno nella prossima elezione  del Parlamento europeo e  quando si prevede una  congiunzione di alleanze tra Fratelli d’Italia e  socialisti per la rielezione a  presidente della Commisssione esecutiva di Ursula Von der Leyen contro i nazionalisti di Le Pen, Orban e soci.

In politica bisogna innanzitutto sapere attendere il momento giusto perché il tempo (Kairos) viene prima dello spazio, la storia prima della geografia. Se prima abbiamo dovuto attendere la conversione del Pci all’Europa e alla Nato, adesso possiamo attendere anche la conversione della Meloni all’ europeismo. La premier forse ha già ragione quando ricorda ai nemici giurati del Centro e del parlamentarismo che il presidenzialismo è più efficace del bi-polarismo. (pre)

STATI UNITI D’EUROPA
di Gianluca Passarelli
Edizioni Egea, ISBN 9788823839731

 

Calabria Nascosta di Fulvia Gioffrè

di PINO CINQUEGRANAL’oggetto folklorico, l’attenzione storiografica, ritualità e magia, la festa è la tradizione religiosa di richiamo ai sapori, ad una cucina millenaria che trova le sue radici in culture diverse: arabe, greche, romane, ebraiche che nell’insieme danno una dimensione dei paesi di Calabria completamenti diversi persino nelle parlate in espressioni per identificare oggetti e costumanze, lettura  etnografica proposta al lettore per mezzo di fotografie narrative di tempi e di spazi, immagini indispensabili per comprendere caratteri, agire sociale, carnevali e corejisime quali tempi morti e tempi di attesa  con linguaggi e formule ritualistiche necessari al controllo del tempo, a scandire le stagioni e le circostanze ad esse legate. Tutto questo nell’incantevole volume di Fulvia Gioffré l’illustre Biologa che alla ricerca medica ha voluto comprendere la spiritualità quanto l’animo umano del calabrese.

Fulvia Gioffrè

La ricercatrice nella sua opera Calabria Nascosta, edizioni Libritalia in oltre duecento pagine impreziosite da fotografie a colori cattura l’attenzione del lettore tra realtà e misteri «un tuffo – scrive la Gioffré – nella memoria dove la magia dei ricordi diventano incantesimo e ci permettono di sentire le emozioni vive e presentiattraverso voci, suoni, momenti».

Ed ecco che in questo tempio sconosciuto l’autrice ci propone narrazioni di flagellanti (quelli di Verbicaro e di Nocera terinese), di antichi arti e mestieri che hanno segnato ogni contrada di Calabria: dalla lavorazione della seta a quella del corallo e dell’oro. La superstizione, il malocchio fino all’ultima magara la cui immagine rende la copertina cartonata la narrazione vera di Cecilia Faragò la cui storia qui narrata farà tanto scalpore da persuadere il re Ferdinando IV ad abolire, nel suo regno, il reato di maleficium. Paragrafo dopo paragrafo che vanno a comporre gli otto capitoli del testo tutto prende corpo, sembra persino muoversi per proiezione mentale secondo i linguaggi multipli della Calabria mai conosciuta fino in fondo, mai svelata totalmente dove ancora oggi si ricerca il cedro perfetto per la festa del Sukkot,  mentre dall’altro lato il miele millefiori, di sulla, di castagno, d’arancio, di erica custodisce antichi segreti, antiche opportunità persino nella farmacopea.

«Immagini e testo ci portano fino al bergamotto che nel 2015 – scrive la Gioffré – la Maison Dior è riuscita a creare una fragranza inedita che ha dato vita al Dior sauvage eau de parfum. Il mondo apotropaico, chiese tra antiche rocce, dolci e liquori secondo antiche ricette vanno a chiudere un’opera unica, una preziosità che dischiude i segreti e le storie di un mondo carico di storie e leggende chiamato Calabria». (pc)

Batticuore. Come vivere bene e più a lungo di Ciro Indolfi

di FILIPPO VELTRI – Nessuno meglio di Ciro Indolfi, cardiologo interventista, Professore Ordinario di Cardiologia e Presidente della Federazione Italiana di Cardiologia, un luminare, docente di migliaia di cardiologi, studenti di Medicina o delle Professioni Sanitarie, puo’ dirci che fare per migliorare la nostra salute.

Il suo obiettivo degli ultimi anni è stato infatti la diffusione delle conoscenze per la prevenzione delle malattie cardiovascolari, piuttosto che la migliore cura delle stesse e Batticuore è un libro (Rubbettino), che attraverso storie ed esperienze reali vuole trasmettere conoscenza per vivere più a lungo, e anche meglio.

Ciro Indolfi
Ciro Indolfi

Un libro che andrebbe diffuso nelle scuole, sui luoghi di lavoro, dovunque, perché se l’obiettivo ambizioso della medicina futura dovrà essere una vita quanto più libera possibile dalla malattia Indolfi scrive che “dopo aver curato tantissimi pazienti, e in migliaia di questi aver impiantato uno stent, ho realizzato che la terapia delle malattie, anche quando efficace, deve, paradossalmente, ritenersi una sconfitta’’ c’è assolutamente da crederci. La prevenzione delle patologie rappresenta perciò il vero grande successo della medicina. I cardiologi sono molto orgogliosi di aver ridotto la mortalità ospedaliera dell’infarto miocardico dal 30% a circa il 4%. Ma ancora oggi il 50% dei pazienti con infarto muore prima o nel tentativo di raggiungere l’ospedale. Ciò che è ancora più preoccupante è il fatto che chi sopravvive ad un infarto ha il 20% di probabilità di avere un secondo infarto, un ictus o di morire entro un anno dall’evento.

Per questo le malattie ischemiche del cuore rappresentano la causa di morte numero uno, specialmente nelle donne. Inoltre, le terapie attualmente disponibili sono molto efficaci per tenere in vita i pazienti anche gravi, spostando però il problema alla gestione della cronicità spesso particolarmente invalidante.

Molte morti cardiache possono e devono essere evitate, ma, per ottenere questo risultato, la popolazione deve avere la cognizione del proprio stato di salute, dei fattori di rischio, dello stile di vita appropriato, conoscenze di cui sono depositari sostanzialmente i medici. La prevenzione efficace necessita di un cambio di paradigma. Il cittadino sano e ancora più il paziente devono essere essi stessi consapevoli e responsabili del proprio stato di salute. Un metodo nuovo con storie e aneddoti aiuterà a raggiungere gli obiettivi primari per allungare la nostra sopravvivenza. Chi pagherebbe metà del proprio stipendio per assicurarsi la pensione sapendo che non se la godrà perché la sua sopravvivenza stimata arriverà a 70 anni? Anche il più accanito fumatore, sedentario, ipercolesterolemico, obeso, iperteso o diabetico cambierebbe il suo stile di vita se debitamente informato.

Lo scopo del libro di Indolfi è, dunque, quello di diffondere informazioni e conoscenze per mantenere sano il proprio cuore, vivere meglio e più a lungo e vi troverete decine e decine di consigli, perché è l’istruzione, e non il reddito, il miglior predittore per la salute e la longevità. La cultura allunga la vita. Ovviamente Indolfi affonda anche il bisturi sul sistema sanitario nazionale italiano, fondato nel 1978 e basato su universalità, uguaglianza ed equità, che ha subito il più grande stress della sua storia con la pandemia da SARS CoV-2. “Purtroppo – scrive –  negli ultimi dieci anni l’Italia aveva già sperimentato inopinatamente tagli lineari alla spesa sanitaria, con una riduzione delle risorse, del numero di posti letto e una scarsa attenzione per la prevenzione delle malattie che avevano portato alle conseguenze che tutti vediamo. La burocrazia, la politica, i contenziosi legali e la mancanza di una chiara governance clinica negli ospedali hanno avuto e purtroppo ancora hanno una grande influenza negativa sui processi organizzativi della sanità’’.

Comunque la conoscenza ci renderà più sani e più longevi. È questo lo spirito di questo libro che attraverso un metodo didattico nuovo che si basa sulla narrazione per sensibilizzare e educare le persone. Il racconto di singole esperienze le rende meno eccezionali, più vere e più naturali dando la misura della malattia nella fisiologia dell’esistere, aiutandoci a superare quello stato d’animo di rifiuto che considera la malattia un evento eccezionale che mai ci coinvolgerà. (fv)

Lo sguardo dell’uomo – Marcello Vitale” di Plinio Perilli

Di grande interesse la monografia di Plinio Perilli dedicata al magistrato-poeta-scrittore Marcello Vitale. Un protagonista della cultura italiana, autore di suggestive raccolte poetiche e tre fortunati romanzi.

Il libro di Perilli – Lo sguardo dell’uomo – Marcello Vitale, magistrato illustre e insieme poeta civile (Rubbettino, 2023) – offre un profilo accurato dell’ex magistrato lametino, sempre più apprezzato nelle vesti di narratore. Il suo ultimo libro La bolgia dei dannati (Cairo) ha registrato infatti un ampio successo di critica e di pubblico.

Marcello Vitale, nato a Nicastro (oggi Lamezia Terme) nel 1939 nella magistratura è stato sostituto Procuratore della Repubblica, membro titolare della Corte d’Assise di Catanzaro, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lamezia Terme, Presidente Aggiunto Onorario della Corte di Cassazione. Come autore, oltre al recente La bolgia dei dannati, ha pubblicato altri due romanzi, Nessuno mi può giudicare – Non solo ’68. (Storia d’amore a Torino tra una studentessa contestatrice e un magistrato del Su  e La donna della panchina, nonché nove raccolte di poesie.

A Roma venerdì si presenta il libro del magistrato Marcello Vitale Marcello Vitale

Plinio Perilli, nato a Roma nel 1955, è critico letterario e saggista. Così scrive del poeta Vitale: «Poeta etico, esemplare, neo-umanista sensuoso innamorato della vita e suo raccontatore per affranto, infranto specchio d’elegia, Marcello Vitale (già alto magistrato con forti, decisive esperienze epocali nei tempi e luoghi più caldi dell’impegno civile e delle emergenze sociopolitiche), è scrittore vero, capace di varcare ogni campo e vicissitudine del suo operato, ogni lido l’esperienza, serbando una luce tutta propria d’esperienza, dunque fiammella d’Umano, oro puro e incorrotto di moralità… Incorrotto, perché la corruttela dell’esperienza e della storia si fa in lui – in tutti gli spiriti liberi – ampia consapevolezza e barlume esatto di profonda saggezza: anch’essa devota all’Umano. Il tempo mi toccava il corpo / e si modellava su di me, lui che era / senza forma. Così poteva invecchiare / con rughe, e morire. // Mi passò accanto il segno doppio / del bene e del male. / Cercava un bimbo in cui crescere / dopo che il suo padrone era morto. Sempre Marcello Vitale (aveva ragione Alberto Frattini) ha puntato “su un’idea di poesia come testimonianza, dall’interno del vissuto, sui più inquietanti problemi dell’uomo contemporaneo: all’eclissi dei valori al degrado etico, dall’appiattimento della vita tra routine produttiva e attrazione del comfort e del successo, ai rischi dell’ipertecnologismo e del miraggio cibernetico”… Vitale ferma il tempo e forse lo riavvolge, lo riavvia progressivamente all’indietro per riassaporarlo e distillarlo, includerlo in un’idea forte di futuro che parte, origina da lontano, e non ha senso limitare alle ere, ai periodi, perché è già DNA, eredità profonda». (dl)

 

 

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Via Marina di Reggio, il nuovo libro di Giuseppe Smorto

Non è uno di quei libri di nuova generazione che offrono anche esperienze sensoriali, ma il risultato è addirittura superiore a qualsiasi diavoleria che fosse stata aggregata: si respira il profumo del mare e si spazia in cieli azzurri, quasi assorbendo i sapori e l’aria della marina…

Via Marina di Reggio Calabria è un agile libretto, scritto da Giuseppe Smorto, con l’amore che solo un autentico reggino non sa trattenere quando parla della propria terra, con le belle e originali fotografie di Marco Costantino.

Smorto non ha bisogno di presentazioni: dopo una vita da giornalista di grande prestigio, conclusa con la vicedirezione di Repubblica, lo scorso anno aveva dedicato ai calabresi A Sud del Sud, un pamphlet sui calabresi che restano e credono nel risveglio della propria terra. Un viaggio in lungo e largo per la Calabria che lavora, che produce, che macina utili e soddisfazioni. Un libro premiato giustamente dai lettori.

Con questo nuovo lavoro, Smorto tratteggia, con la complicità del fotografo scenari che i reggini hanno sotto gli occhi tutti i giorni, ma che appaiono qui con una luce diversa, la “luce del blu”, rimarca l’autore,.Per offrire racconti e visioni che tradiscono uno smisurato orgoglio calabrese (e reggino) col desiderio di condividere sensazioni e suggestioni più che uniche. Il risultato è straordinariamente avvincente: Smorto sembra prendere appunti sul taccuino di cronista e poi condisce tutto con un indovinato mix di emozioni coinvolgenti e appassionate: per questa ragione sfogliando le pagine del l’agile libretto in formato quadrotto, s’avvertono gli odori del luogo in un’esperienza, a questo punto, extrasensoriale, però letteraria. Si è come abbagliati da una luce intensa che scaturisce dal blu del mare, all’azzurro del cielo, e che spinge a osservare con occhio diverso, attento e motivato, le indicazioni di Smorto.

Non è una guida turistica, attenzione, e sbaglierebbe chi pensasse di trovarsi una sorta di baedeker per scoprire la città: è invece un viaggio emozionale fatto di sentimenti che vanno inguaribilmente condivisi, non soltanto da chi vive questa città, ma arriva a Reggio e non ne conosce la storia, i miti, le leggende, le mille curiosità. Il cronista lascia spazio all’autore: le visioni si accavallano, inseguendo ricordi e antiche sensazioni vissute in altro tempo, per avvolgere l’incauto lettore (chi apre il libro, lo divora in un baleno assaporando colori e odori dimenticati). Ineguagliabile. (s)

“Storie Luminose di una Calabria che fiorisce”, gli scritti di Debora Calomino

di FRANCO BARTUCCI – E’ il titolo del secondo libro di Debora Calomino appena uscito con la distribuzione di Amazon, che arriva dopo “Visioni Turistiche” del 2020, edito nel 2022 in forma cartacea ed aggiornato da Contanima. Anzitutto Debora Calomino è una giornalista pubblicista che si occupa di turismo e marketing territoriale. Si è laureata all’Università della Calabria in Scienze del Turismo e Valorizzazione dei sistemi turistico culturali, dove è iscritta pure al secondo anno del Dottorato di ricerca in “Politica, Cultura e Sviluppo”.

Essendo cultore della materia in marketing turistico e territoriale tratta tali argomenti in seminari organizzati dalla Università e presso enti di formazione professionali accreditati. Scrive inoltre per diverse testate a diffusione locale e nazionale, quali Calabria live, Borghi d’Europa, Confidenze. Ha vinto il Premio Giornalistico Internazionale Terre di Calabria nel 2018, Il Premio Hombres Itinerante nella sezione “Giornalismo” nel 2020 e il Premio Letterario Internazionale “Un libro amico per l’inverno”, per la categoria saggi, con “Visioni Turistiche” nel 2023.

Insomma, si trova in sé, oltre che la bravura nell’esporre le storie, una forte passione e propensione nello scrivere ed interpretare al meglio la professione del giornalismo.

“Storie Luminose” di una Calabria che fiorisce” ne riconferma il valore e la sua dedizione verso questo particolare mestiere giornalistico che l’ha portata con curiosità ed attenzione ad occuparsi e cercare la verità nelle varie forme dell’arte, cella cultura, della bellezza, che può derivare dallo sguardo di ammirazione di uno scorcio della natura calabrese, come dalle pratiche turistiche e dallo studio di antichi borghi collocati all’interno dei comuni calabresi, il tutto con amore.

Dalla bellezza delle cose immateriali, che troviamo attorno a noi, il passo è breve nell’approfondire le cose materiali e quindi l’uomo, le sue aspirazioni, il suo fare nel trovare le migliori condizioni di sviluppo e di crescita economica, sociale e culturale nella propria terra di origine come la nostra Calabria. Il passo è stato breve nel cercare di capire l’uomo, coglierne speranze, sogni, percorsi di formazione, lavoro, fatica entrando nel mondo del lavoro per costatarne affermazione e successo nel contesto della propria terra di origine dopo aver acquisito esperienza e conoscenza in altri luoghi, in altri posti fuori dalla propria regione e magari all’estero.

Grazie alla disponibilità dell’editore direttore di “Calabria live”, Santo Strati, la giornalista Debora Calomino, tra il 2021 e il 2023, ha potuto cercare nella nostra Calabria le forze giovanili che meglio stanno lavorando per dare spazio ai loro sogni di affermazione in ambito lavorativo ed in particolare in quello imprenditoriale. Ne sono scaturite delle interviste pubblicate nel settimanale “Il Domenicale”, che alla fine, dopo un’attenta valutazione l’hanno portata a raccoglierne le migliori ed inserite nel suo secondo libro “Storie Luminose” di una Calabria che fiorisce”, con una copertina che ne contiene la sintesi in un disegno visibile curato da Carmen Anele.

Debora Calomino è stata brava nel cercare per il suo disegno progettuale giornalistico l’illuminazione giusta guardando al mondo dei giovani ed al loro impegno rivolto a realizzare i propri sogni di un lavoro stabile nella propria Regione, nella nostra Calabria, dopo magari una esperienza lavorativa avuta all’estero, e trovare la propria soddisfazione ed il successo dell’idea maturata impiantando una piccola impresa.
Sono maturati nell’arco di due anni la scrittura e la pubblicazione di vari servizi giornalistici e relative interviste agganciate alla presentazione dei personaggi e delle loro piccole imprese, individuati nelle province calabresi tranne che in quella di Reggio Calabria.

Figure e personaggi che hanno individuato spazi di successo ed investimenti in iniziative mirate nelle seguenti aree: agricoltura, turismo, ristorazione, web marketing, musica, arte, cultura, comunicazione ed altro ancora.

Come ha detto l’autrice dei servizi giornalistici ogni singola storia raccontata «l’ha portata alla consapevolezza che esiste una Calabria diversa, una Calabria che crede nei sogni, nella bellezza, nel riscatto».

Avere pensato, quindi, di raccogliere 28 di queste storie nella pubblicazione di questo libro per avere maggiore consapevolezza delle positività della nostra Calabria è più che giusto e bello dal punto di vista sociale, culturale ed umano. Ciò che sorprende, comunque, di questa iniziativa editoriale della brava scrittrice e giornalista Debora Calomino è che dei 28 protagonisti delle storie scelte oltre la metà sono di giovani e giovane laureatisi presso l’Università della Calabria in vari ambiti disciplinari nell’arco di questi anni.

Per l’autrice del libro, anch’essa laureatasi in Scienze Turistiche all’UniCal, la sua pubblicazione e lettura debbono avere un significato preciso condivisibile, quello di mostrare che «le storie di questi giovani calabresi devono essere un esempio per le generazioni future, devono essere conosciute, divulgate, lette e rilette ancora, affinché possano dare un’immagine nuova del territorio, fatta di sogni realizzati che profumano di soddisfazione».

Se la maggioranza di loro è uscita dall’esperienza di studio e formazione professionale dell’Università della Calabria sarebbe più che giusto rappresentare questo lavoro editoriale all’interno della loro Università a testimonianza di un cinquantenario di positività non celebrato per essere stimolo nella costituzione sinergica di una rete di rapporti orizzontali e verticali in modo da dare un senso a compiti e fini legati alla promozione e allo sviluppo della nostra amata terra di origine. Questa Calabria al centro del Mediterraneo accogliente e che tarda ad avere la sua giusta considerazione a livello politico nazionale ed europeo sul piano degli investimenti. Ma che deve avere alla base, come l’autrice auspica nella sua presentazione, la maturazione responsabile, sociale e culturale della sua popolazione nel cercare di rendere visibile le sue potenzialità.

Il libro può essere lo stimolo giusto e l’Associazione Internazionale “Amici dell’Università della Calabria” ne potrebbe sposare il contenuto e lo stimolo, ravvivando, così, un ambiente distratto e disinteressato verso la propria storia. (fb)

STORIE LUMINOSE DI UNA CALABRIA CHE FIORISCE
di Debora Calomino
con la prefazione di Franco Bartucci

Amazon
ISBN 9798867467036

Guida alle sculture di Cosenza, di Enzo Le Pera e Roberto Bilotti

Guida alle sculture è un manuale suggestivo che fa apprezzare ancor di più i tesori di Cosenza, non a caso definita l’Atene della Calabria: Enzo Le Pera (con la curatela scientifica di Roberto Bilotti) ha realizzato per le edizioni Luigi Pellegrini un avvincente percorso per far scoprire le mille meraviglie artistiche e storiche della città.

La città, com’è noto, possiede un tesoro di inestimabile valore artistico, storico e culturale, e il libro di Enzo le Pera in modo intelligente e proficuo lo valorizza adeguatamente, con un doveroso e necessario omaggio al MAB (Museo all’aperto Bilotti). Il libro è a doppia firma, due figure diverse, ma speculari: Enzo Le Pera e Roberto Bilotti. Il primo, autore dell’opera, protagonista di una cinquantennale esperienza tra quadri, dipinti, sculture che hanno fatto della Galleria “Il Triangolo” il quartier generale del suo innato talento, e un luogo obbligato per chi ama l’arte e crede nella sua fondamentale funzione nella vita dell’uomo e nella società. L’altro, a capo della Fondazione Bilotti, conosciuta in tutto il mondo (tra l’altro ogni anno finanzia progetti di ricerca fondamentali per curare la leucemia e consentire i trapianti del midollo osseo, necessari per salvare la vita a migliaia di persone), ma anche deus ex machina di realizzazioni entrate di diritto nella storia più recente della musealità contemporanea, dallo stesso MAB alle Sale “Boccioni” e della Scultura della Galleria nazionale di Cosenza, ai musei “Carlo Bilotti”, “Aranciera di Villa Borghese a Roma, “Miceli Magdalone” e del “Presente” di Rende, a tante altre iniziative, che hanno contribuito a scrivere pagine memorabili in questo campo.

E cosa poteva venir fuori da un connubio tanto qualificato e competente, se non, appunto, questa Guida alle sculture di Cosenza, il prezioso strumento che la Luigi Pellegrini mette a disposizione della città bruzia e delle sue enormi (ancora in buona parte inespresse) potenzialità attrattive, che affondano le radici, tra l’altro, in un vissuto storico, culturale e scientifico, antico e prestigioso? Poggia, dunque, su questi concreti presupposti questa nuova iniziativa editoriale, fresca di stampa, di cui giustamente il sindaco della città, Franz Caruso, che firma la prefazione, sottolinea l’importanza, sia per la capacità di “colmare una inaccettabile lacuna”, sia perché in grado “di ricostruire, per nella sua agilità e facilità di consultazione, la storia del MAB (il Museo all’aperto Bilotti) di Cosenza , e delle altre sculture presenti in città , corredandola con descrizioni, altrettanto puntuali e rigorose, sugli artisti autori delle opere custodite nel nostro Museo en plein air, con l’ulteriore arricchimento di commenti critici e testimonianze di storici dell’arte che hanno conosciuto e indagato a fondo le opere degli stessi maestri del XX secolo che popolano la città dei Bruzi”. Mai, come in questo caso, si tratta di parole azzeccate.

Un beneaugurante “viatico” affinchè questa guida (di cui sarebbe utile una nuova edizione in inglese, ma anche la diffusione nelle scuole) diventi davvero ciò che è in grado di essere. Per i cosentini. I calabresi, in ogni parte del mondo. I tour operator. La borsa del turismo. E i tanti appuntamenti nei quali ogni anno si decidono le “sorti” e le “prospettive” dell’ingente patrimonio artistico-culturale del Bel Paese. E Cosenza, come dimostrano, o confermano Enzo Le Pera e Roberto Bilotti, ha tutto, ma proprio tutto, e forse anche qualcos’altro, per ben figurare. (dl)

GUIDA ALLE SCULTURE DI COSENZA
di Enzo Le Pera e Roberto Bilotti
Pellegrini Editore, ISBN 9791220502429

Gutta cavat lapidem, poesie di Caterina Silipo

di SANTO STRATI – La nuova raccolta poetica di Caterina Silipo (Gutta cavat lapidem), edita da Falzea ha diversi meriti che è opportuno indicare per sottolineare la validità del percorso lirico dell’autrice.

Prima di tutto quello di utilizzare i suoi versi per tracciare, attraverso la ricognizione della natura e della sensibilità interiore umana, linee di sentimento che vanno dritte al cuore. È la suggestione del verso che nella poesia assume il ruolo primario di una narrazione al pari di un dialogo serrato di pagine di un romanzo, così il racconto poetico s’ingegna a stuzzicare sentimenti e indurre alla riflessione. Che poi è un compito precipuo di chi scrive in versi (ma la Silipo è anche autrice di romanzi e racconti), cioè usare la parole per evocare emozioni e spingere al confronto con se stessi.

Il titolo deriva, come chiunque abbia studiato il latino, da una famosa citazione di Lucrezio nel suo De Rerum Natura, tratta da Ovidio. La goccia scava la pietra, ovvero la perseveranza riesce là dove tutto appare impossibile, come bucare una roccia. E l’impegno di di utilizzare gocce di poesia per scavare nel profondo del cuore porta, nel caso di Caterina Silipo a un felice, quanto scontato risultato: le sue liriche sono un compagno appassionato e gentile, ma dalla lettura si ricava una sensazione profonda di coinvolgimento emotivo. I sentimenti, soprattutto quelli più nascosti, allora reagiscono e respirano quella che l’autrice chiama lucida malinconia e che traspare dai suoi versi. Per disegnare paesaggi d’intimità condivisibile eppure impenetrabile, che “costringe” a reagire intellettivamente e dopo un primo impulso timoroso (la paura di non cogliere il senso) far proprie le parole che evocano ricordi e suscitano emozioni.

La poetica di Caterina Silipo dunque dialoga con i suoi lettori: abbiamo sempre più bisogno di poesia in un mondo che corre vertiginosamente verso l’abisso, oscurando i veri valori dell’umanità e del vivere in comune. Riesce a catturare l’attenzione e ricambia con un verso pacato che però vigorosamente illustra il senso della vita e indica il percorso ideale per affrancarsi da solitudine e infelicità che, troppo spesso, circolano indisturbate nei cuori delle persone semplici ma anche dei potenti, dei buoni e dei cattivi.

La reattività, ovviamente non può essere mai la stessa, ma questo viaggio tra natura e sentimento rivela il chiarore della vita e ogni giorno presenta una nuova avventura che merita di essere vissuta fino in fondo. L’avventura della vita, che ci chiede, spesso inascolata, di dimenticare rancori e cattivi pensieri, e affrontare con un sorriso la sfida che si rinnova ogni 24 ore.

“Siamo tutti soli / esseri sperduti /che si cercano / e si rincorrono”: sono i versi che sintetizzano la visione del mondo da parte dell’autrice, senza fatalismi né pessimismo, ma che rivelano l’anelito di una speranza che non può e non deve morire. “Gocce di pioggia, sole in un grande mare, un mare immenso, gocce che gonfiano i fiumi e li fanno straripare, ma gocce che si uniscono pur rimanendo sole. L’aria dello Stretto, sicuramente, ha inciso non poco nell’animo poetico della Silipo, instillando quel forte senso di passionalità viva e di classicismo che è di casa da queste parti, nel solco di un percorso avviato da grandi nomi della Magna Grecia (Ibico reggino, la poetessa Nosside, ispiratore di una sensibilità in genere superiore alla normalità. E questa istanza di sentimenti porta inevitabilmente a dividere chi scrive versi in libertà, per esprimersi, e chi (come nel caso di Caterina Silipo) una i versi per attrarre e suscitare emozioni, per suggestionare, nel senso più bello del termine, e ricavare sensazioni.

Il “mestiere” di poeta è molto più complicato di quello dello scrittore. a volte bastano poche righe per esprimere quanto decine di pagine riescono a dare.

Le emozioni più belle –  ripropone l’autrice citando Baudelaire –   sono quelle che non puoi spiegare: è il compito della poesia, è il meccanismo straordinario del “poetare” al servizio degli altri. In quetso caso un’umanità disattenta eppure in trepida attesa di messaggi, di versi che inducano a ripensare il senso della vita e dare un senso alla propria di vita. Una bella raccolta, da tenere sul comodino e sfogliare prima di addormentarsi. I versi della Silipo, però, non inducono il sonno, ma danno una carica vitale. (s)

GUTTA CAVAT LAPIDEM
di Caterina Silipo
Con la prefazione di Mimmo Nunnari

Falzea Editore
ISBN 9788882965419

Il possibile / Il concreto – di Franco Pietramala e Francesco Kostner

Arriva oggi (martedì 10 ottobre), in libreria, Il possibile – Il concreto, appassionante testimonianza dell’ex manager dell’Asp di Cosenza e segretario regionale della Dc Franco Petramala scritta con il giornalista Francesco Kostner per Luigi Pellegrini Editore.

È un libro-intervista di Franco Petramala, segretario regionale della Dc dal 1976 al 1979, e protagonista indiscusso di una delle
stagioni più positive dall’azienda ospedaliera bruzia e dalla sanità provinciale, destinato a far discutere per il contenuto, denso di originali riflessioni, e per il racconto di vicende che si agganciano – e consentono un proficuo confronto – ad alcuni temi tuttora al centro del dibattito politico, a livello regionale e nazionale. L’intervista è stata raccolta da Francesco Kostner.
È il presidente dell’Ordine dei medici di Cosenza, Eugenio Corcioni, che ha firmato la prefazione, a sottolineare le peculiarità dell’intervista, sia in rapporto al recente passato (determinato il richiamo di Petramala alla necessità di andare “oltre” le figure di Giacomo Mancini e Riccardo Misasi per ridare linfa alla politica nella città e nella regione) che in relazione a numerosi temi di attualità: “Fra gli elementi importanti citati nel libro”, scrive Corcioni, “c’è l’affermazione secondo cui il sistema privato convenzionato delle cliniche e dei laboratori dovrebbe essere considerato come servizio pubblico a tutti gli effetti e come tale da governare a cominciare dalla scelta delle discipline convenzionate: non più solo quelle convenienti, poco costose e comunque poco rischiose, lasciando tutto il resto al pubblico a gestione diretta. A mio parere si tratta di un segnale forte: se solo vedessimo realizzato questo punto, si potrebbe riconoscere finalmente un vero cambiamento di rotta a differenza delle varie dirette social di oggi, che sono spesso divisive e non consentono di instaurare quel clima collaborativo che fu la vera arma della gestione di Franco. E poi che dire della
coraggiosa presa di posizione nella segnalazione dell’anomalia della spesa per il personale, alta rispetto alla media delle altre regioni(cosa ricordata sempre nei verbali dei tavoli ministeriali di verifica!), ciò si spiega in gran parte con un numero enorme di “imboscati”: aggiungo che in Calabria abbiamo approvato anche leggi (o se si vuole emendamenti passati in finanziarie regionali)
che favoriscono gli imboscamenti, anomalie mai corrette dai vari commissari succedutisi. E questo tema si incrocia con l’altro che sottolinea con forza il contrasto al precariato, non solo come riconoscimento di dignità del lavoro ma anche come riduzione degli spazi di possibile corruttela”.
Significative e adeguatamente motivate risultano, infine, le riflessioni di Petramala sull’area urbana cosentina, sull’autonomia differenziata, oltre che sul futuro della sanità regionale. (dl)

IL POSSIBILE / IL CONCRETO (in politica e in sanità)
di FRANCO PETRAMALA e FRANCESCO KOSTNER
Luigi Pellegrini Editore
ISBN 9791220502412