ENTRO DOMANI LA PRESENTAZIONE DELLE LISTE, TRA SORPRESE, QUALCHE MALUMORE E TANTI MALDIPANCIA;
L'aula di Montecitorio

C’È POCO MEZZOGIORNO NEI PROGRAMMI
PERÒ È BOOM DEL “TURISMO ELETTORALE”

di SANTO STRATI – In attesa di conoscere domani la composizione finale delle liste e quindi le candidature definitive per il voto del 25 settembre, non possiamo fare a meno di mettere in evidenza due aspetti di quella che si preannuncia una “cruenta” e pessima campagna elettorale.

Il primo riguarda tutta la popolazione del Mezzogiorno (un terzo degli italiani): nei vari programmi elettorali elaborati sì in tutta fretta c’è poca considerazione per il Sud, diremmo uno sguardo superficiale della serie “fa fine e non impegna”. Di tutte le belle parole e le dichiarazioni d’impegno programmatico, se vogliamo analizzare con cura i documenti proposti agli elettori dalle singole formazioni e coalizioni, non c’è da scialare. L’altro aspetto, non meno singolare, in grado di far arrabbiare il più tranquillo degli elettori, quello che crede ancora nella democrazia e nella scelta consapevole del voto, riguarda il fenomeno del “turismo elettorale”. C’è un gran daffare con spostamenti, a volte incompatibili con la logica della conoscenza del territorio, per attribuirsi un seggio, un collegio sicuro. La conferma che questa legge elettorale – il Rosatellum – che colpevolmente il Parlamento appena sciolto in quattro anni s’è guardato bene di aggiornare e modificare, neanche dopo la soppressione di 345 parlamentari votata da tutti quei partiti che adesso lacrimano a dirotto, questa legge elettorale fa davvero acqua da tutte le parti. 

L’hanno mantenuta cinicamente in vita con l’idea (sbagliata) di fottere l’avversario, gli uni contro gli altri, tutti convinti di poter usufruire del premio di maggioranza previsto dal Rosatellum, senza pensare che se già col vecchio parlamento di 945 membri eletti c’era comunque un problema a costituire una sana maggioranza in grado di sostenere senza affanno un governo, adesso, con la riduzione del numero dei parlamentari e la nuova mappatura dei collegi, c’è il rischio serio che non ci siano “posti sicuri” e garantiti. Il che, ovviamente, non è vero, salvo che gli elettori non s’incazzino veramente e puniscano i giochi di Palazzo fatti sulle loro teste. Per cui, tranne alcune blindature che fanno inorridire perché sicure al 99,9%, tutti i candidati se la giocano senza sapere come andrà a finire.

Facciamo il caso della Calabria: da 30 parlamentari ne sono rimasti a rappresentare la regione appena 19, con un nuovo disegno dei collegi che lascia francamente a desiderare. Un elemento spicca subito agli occhi: gli elettori della Piana devono votare i candidati del collegio di Vibo e quelli di Vibo devono scegliere per la loro area candidati di Palmi, Gioia e Rosarno. Vista l’antica e mai sopita rivalità tra il Vibonese e la Piana diventa davvero difficile immaginare un voto che non sia espresso malvolentieri. 

Un voto, per quel poco che vale la volontà popolare, che – a livello nazionale – porta a zero il valore delle urne: nei collegi plurinominali (ovvero a elezioni proporzionale) ci sono i “prescelti”  delle segreterie dei partiti o dei leader (il prof. Conte ne sa qualcosa, ma nessuno degli altri si salva, né Letta, né Berlusconi, né la Meloni, né Salvini a proposito di “nomi” calati dall’alto e assolutamente “intoccabili”). Bene, per questo s’è attivato il fenomeno, non nuovo, ma oggi portato a estreme conseguenze, che ci piace battezzare “turismo elettorale”. 

Giusto per fare qualche esempio, il ministro della Cultura, il ferrarese Franceschini va a Napoli, Maria Elena Boschi (Italia Viva) viene in Calabria, la Lorenzin (pd, romana, va in Piemonte), Fassino (pd, piemontese) corre in Veneto, ma la lista dei “fuorisede” è lunga. Se guardiamo in Calabria, non mancano i maldipancia in casa Cinque Stelle con i due magistrati paracadutati al Senato (Federico Cafiero de Raho, che è stato comunque procuratore antimafia a Reggio e un legame anche modesto almeno ce l’ha con i calabresi) e il palermitano Spampinato alla Camera. Premesso che l’unica possibilità di raggiungere il quorum per i Cinque Stelle sta nel voto di chi riceve il Reddito di Cittadinanza e ha paura di perderlo (ma non è detto che si rechi alle urne) i numeri del 2018 appaiono un miraggio lontanissimo e un ricordo molto sbiadito.Della pattuglia uscente (al di là delle rinunce: Morra, Corrado, Misiti, etc) sarà molto difficile trovare tracce nel nuovo Parlamento che uscirà dalle urne il 25 settembre.

Gli elettori sono a dir poco schifati da queste “scelte” fatte sulla loro testa e, ancora una volta, a cominciare da Letta e finire a Berlusconi, sono decisioni che non hanno tenuto in alcun conto i sentimenti della base (pur con qualche lieve eccezione in Calabria: a Reggio si candida Cannizzaro e a Vibo Mangialavori, espressioni del territorio).

Più che un invito al voto, sembra, quindi, un gioco delle tre carte: vince sempre e solo l’imbonitore (imbroglione) che propone abilmente la carta sbagliata agli allocchi che lo stanno a guardare.

Dopo la presentazione delle liste, ne riparleremo.

Torniamo, invece, per un momento ai programmi elettorali che trascurano come sempre il Sud. Belle parole nel programma PD che parla di cambio di paradigma per colmare il divario e genericamente indica la necessità di razionalizzare i meccanismi di incentivazione, per favorire l’occupazione. Francamente con un ex ministro per il Sud, oggi vicesegretario come Provenzano, proveniente dalla Svimez, era lecito aspettarsi molto, ma molto di più. 

Né cambia con la controparte: nei 12 punti del programma del centrodestra la parola Mezzogiorno nemmeno compare e per i 5 Stelle c’è solo il riferimento al stabilizzazione della decontribuzione per proteggere e creare nuovi posti di lavoro. Un po’ pochino, se permettete. 

L’unica formazione che si è ricordata del Sud (ma non raggiunge la sufficienza, se si deve dare un voto scolastico) che parla di risorse Ue per il Mezzogiorno con un capitolo dedicato che sviluppa in 12 punti linee programmatiche che appaiono più auspici che modelli di intervento. Auguri e speranze: le solite promesse elettorali da dimenticare il giorno dopo lo spoglio.

La verità è che la gente è disorientata, aggredita dall’inflazione, con la paura di un ritorno del covid e le ristrettezze che il continuare della guerra ucraina inevitabilmente dovranno essere introdotte. Avremo un inverno al freddo e da queste elezioni prevediamo un solo vincitore sicuro: chi fabbrica fazzolettini di carta. Ne serviranno tantissimi per asciugare le lacrime di chi non vedrà più né Montecitorio né Palazzo Madama e di quelli, poveri illusi, portatori d’acqua, pardon di voti, che per un istante, fino al 25 settembre ci avevano fatto un pensierino.

Il Rosatellum non premia capacità e competenza ma rivela la debolezza di una democrazia imperfetta che si misura con la crescita dell’astensionismo. Quest’ultimo spesso involontario (succede di frequente in Calabria), ma anche qui il Parlamento uscente ha fatto orecchie da mercante all’unica proposta seria, partita dai giovani del circolo Valarioti di Rosarno: “voto sano da lontano” (ovvero la possibilità di votare anche lontano da casa). Neanche per idea. (s)