di DOMENICO MAZZA – La Regione Calabria ha fissato la data del referendum consultivo per saggiare il volere popolare sulla fusione amministrativa di Cosenza, Rende e Castrolibero.
Negli intenti, la volontà di creare una Città demograficamente importante e che acquisisca un ruolo ancor più centrale nei processi regionali e negli assetti del Mezzogiorno d’Italia. Personalmente, ho sempre accolto di buon grado i concept amministrativi forieri di migliorie per gli ambiti a cui rivolti. Non ho mai nascosto, tra l’altro, simpatie verso quei processi a cui, giocoforza, le realtà del Sud Italia e in generale del nostro Paese, dovranno adeguarsi per vincere le sfide che l’Europa metterà in campo nei prossimi anni.
Amalgama amministrativa in val di Crati: il preambolo a nuovi assetti di governance regionali
La Città bruzia, caratterizzata negli anni da un fenomeno politico che affonda radici nei principi cardine del centralismo storico, potrebbe finalmente aprirsi, almeno alle Comunità contermini, a una visione inclusiva e non più schiacciata su sé stessa. Nel corso degli ultimi decenni, infatti, nel succinto perimetro civico, è stato accentrato l’inverosimile. Tale dissennata operazione, purtroppo, ha reso sterili i territori dirimpettai e fatto terra bruciata degli ambiti lontani dal baricentro bruzio.
Il progetto di fusione amministrativa a Cosenza, in funzione di una razionalizzazione del numero dei Comuni e nell’ambito di una prospettiva che renda la Calabria una Regione coerentemente europea, potrebbe diventare volano di svolta se accompagnato da una nuova governance del territorio regionale. I processi di tale natura, infatti, concorrono a realizzare un nuovo modello di sviluppo sostenibile e compatibile con le uniche risorse certe della programmazione europea e di quella emergenziale del Recovery. La rinnovata funzione che il ridefinito perimetro urbano acquisirebbe, a seguito della sintesi civica, potrebbe modificare la geografia dei luoghi.
I vantaggi dell’operazione avrebbero ricadute positive non solo per l’ambito strettamente cosentino, quanto per tutta l’area del Pollino-vallivo e della striscia alto-tirrenica. Potrebbe cambiare, anche, la narrazione degli equilibri politici tra il contesto vallivo del Crati e quello istimico, soprattutto se dovessero concretizzarsi le prove tecniche di nuovo ambiente metropolitano tra Catanzaro e Lamezia.
Esclusione di Montalto Uffugo dal progetto: un grave errore di valutazione
Spiace, tuttavia, prendere atto della mancata lungimiranza politica nell’aver escluso la comunità di Montalto Uffugo dalla partita amministrativa. Non aver compreso, altresì, la valenza degli investimenti che nei prossimi anni si riverseranno sulla richiamata realtà, dimostra poca visione d’insieme. Vieppiù, rischia di far passare il processo in evoluzione come la mera sommatoria di Enti finalizzata a fare cassa. Dalle nuove disposizioni in materia d’amalgama amministrativa, infatti, si evince che al superamento del tetto demografico dei 100mila ab. al nuovo Comune sarà riconosciuto, in dilazione nei dieci anni successivi alla costituzione del nuovo Ente, un bonus di 150milioni.
Inoltre, in ottica di futura realizzazione della Città Metropolitana di Cosenza (reale obiettivo sotteso alla fusione dei tre Comuni), presentare una città di 130mila ab. avrebbe avuto un appeal maggiore rispetto ad una Città di appena qualche migliaio d’ab oltre soglia 100mila. Del resto, circoscrivere la fusione cosentina al solo riassunto amministrativo di tre Comunità, ovvero pensare ad una realtà che uscirebbe consolidata demograficamente dal processo senza immaginare un suo ricollocamento nello scacchiere della interterritorialità, non sarebbe esplicativo della prospettiva più ampia.
La fusione bruzia: il processo prodromico a una nuova riforma sistemica degli Enti intermedi
I reali desiderata che si celano dietro il progetto di fusione e che gemmeranno all’indomani della sua realizzazione, altro non sono se non il preambolo alla costituzione di una nuova Città Metropolitana. Qualora poi il disegno in atto tra Catanzaro e Lamezia dovesse concretizzarsi, la nuova governance della Regione tornerebbe ad essere quella precedente al 1992. Chiaramente, le descritte eventualità renderebbero totalmente vane le flebili narrazioni che sullo Jonio, nei primi anni ’90, hanno visto la creazione della Provincia di Crotone e più recentemente, nel contesto sibarita, la nascita della nuova Città di Corigliano-Rossano. Quanto detto, tuttavia, non deve spaventare l’Arco Jonico e le sue classi dirigenti. Al contrario, dovrebbe motivarle! Fermo restando le opportunità che, per l’ambito di riferimento, potrebbero derivare dalla fusione di Cosenza, è tempo che la Sibaritide e il Crotonese si interroghino sul fatto di imbastire la nascita di due grandi Città in riva allo Jonio.
Basterebbe, infatti, un’apertura da parte di Corigliano-Rossano e Crotone alle rispettive Comunità dirimpettaie per avviare la nuova costituzione di due realtà urbane da 100mila abitanti. Di sicuro, le descritte operazioni non avrebbero senso se inquadrate negli attuali contesti perimetrali amministrativi. Piuttosto, andrebbero avviate operazioni di ricollocazione delle due Città joniche in un unico ambito omogeneo che faccia da minimo denominatore tra aree a interesse comune.
Pertanto, lungo l’Arco Jonico, sarebbe il caso di ammainare la sciabola dell’impalpabilità politica che vede tanto Crotone quanto Corigliano-Rossano distinguersi per operazioni inconsistenti e inefficaci. Dovrebbe essere un imperativo, quindi, avviare tutte le interlocuzioni possibili per finalizzare la costituzione di un’area, demograficamente importante e politicamente rilevante, lungo gli ambiti del Crotonese e della Sibaritide.
La Grande Cosenza: modello ispiratore alla Grande Sybaris e alla Grande Kroton, per una nuova narrazione della Calabria
In un periodo caratterizzato da processi geo-politici di grande mutamento, all’Establischment jonico corre l’obbligo di studiare soluzioni ottimali affinché il proprio ambiente non continui a essere fagocitato dai rispettivi centralismi storici. Due Città da 100mila abitanti ciascuna, inquadrate in una area vasta di oltre 400mila abitanti, avrebbero tutte le carte in regola per sedere al tavolo delle geometrie politiche regionali.
Crotone e Corigliano-Rossano hanno il dovere di fornire alle rispettive popolazioni un ragionevole tasso d’interesse che possa rappresentare il deterrente al dramma dell’emorragia demografica verso altre realtà. Continuare a perseguire strade bocciate dalla storia e dai fatti non aiuterà lo Jonio a diventare un luogo migliore. Fossilizzarsi su proposte come la Provincia della Sibaritide-Pollino per Corigliano-Rossano o, nel caso crotonese, anelare di far parte dell’area centrale della Calabria, significherebbe proseguire in azioni politiche masochistiche, condannando i territori alla soccombenza e all’impalpabilità. Mentre Cosenza, legittimamente, mira a costruire una realtà urbana che guarderà al domani con ambizione e progettualità, Corigliano-Rossano e Crotone non possono continuare a indugiare sul loro necessario futuro comune.
Vieppiù, baloccandosi in rabberciati progetti con quelle realtà che da sempre hanno agito come aguzzini nei rispettivi riguardi.
È tempo di avviare una rivisitazione degli Ambiti Territoriali Ottimali che costituiscono l’hub per la gestione dei servizi economici principali ai cittadini, ma anche centro di crescita, innovazione e sviluppo.
È tempo di aprirsi ai progetti di coesione territoriale con ingegno, visione e prospettiva.
È tempo per la Grande Cosenza, ma anche per la Grande Kroton e la Grande Sybaris.
È tempo, soprattutto, per Magna Graecia. (dm)
[Domenico Mazza è del Comitato Magna Graecia]