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Coldiretti Calabria: Regione investe nell’apicoltura ma la concorrenza sleale mette in crisi l’alveare calabrese

Coldiretti Calabria ha denunciato come, nonostante la Regione Calabria investa nell’apicoltura calabrese, la concorrenza sleale di miele di bassa qualità mette in crisi l’alveare calabrese.

«Nelle campagne calabresi le aziende apistiche in questi hanno investito costantemente creando anche virtuosi sistemi di promozione anche del territorio. La Banca Dati Apistica Nazionale registra oltre 600 aziende professionali con partita Iva con circa 80.000 alveari allevati oltre agli hobbisti e la produzione è di oltre 1 milione di chili», ha detto l’Associazione, ricordando come «qualche giorno fa il Dipartimento Agricoltura ha approvato la graduatoria del bando, riservato a apicoltori e imprenditori apistici calabresi, relativo al programma apistico per € 1.343.388,00 che ha finanziato 152 progetti presentati  per sostenere la tutela, la valorizzazione e promozione dell’apicoltura calabrese».

Un impegno che rischia di essere messo in pericolo a causa «dell’import sleale e i cambiamenti climatici che affossano il miele italiano con i produttori nazionali che devono fronteggiare arrivi di prodotto straniero di bassa qualità a prezzi stracciati, come quello cinese che viaggia poco sopra l’euro al chilogrammo, mentre aumentano i costi di produzione».

«Nel 2023 sono arrivati in Italia oltre 25 milioni di chili di miele straniero – viene evidenziato –. Il prezzo medio del prodotto importato dai Paesi extra Ue è stato di 2,14 euro al chilo. Una mole di prodotto a prezzi stracciati finita nel mirino di un’indagine della Commissione Ue che ha fatto analizzare una quota di campioni di miele importato, riscontrando che nel 46% dei casi non è conferme alle regole comunitarie, con l’impiego di sciroppi zuccherini per adulterare il prodotto, aumentarne le quantità e abbassarne il prezzo e l’uso di additivi e coloranti per falsificare l’origine botanica».

«Il numero maggiore in valore assoluto di partite sospette proveniva dalla Cina (66 su 89, pari al 74%), mentre il paese con la percentuale più elevata di campioni di miele sospetti è risultata la Turchia (14 su 15, pari al 93%). Un dumping insostenibile ai danni degli  apicoltori già alle prese con l’aumento dei costi di produzione. Ai danni causati dal maltempo si sono aggiunti quelli della siccità, che ha penalizzato le fioriture, e del caldo anomalo di questo inverno, con le api “ingannate” e spinte ad uscire dagli alveari senza però trovare i fiori.  Così i produttori – precisa la Coldiretti – sono costretti ad intervenire con alimentazione zuccherina, per sostenere le famiglie di api, che rischiano perdite consistenti».

«Attraverso l’acquisto diretto del miele dagli apicoltori italiani si sostiene il presidio del territorio e la presenza di una sentinella importante della qualità dell’ambiente e della biodiversità quale è l’ape –  ha dichiarato Colidiretti –. Ma occorre anche che in Europa venga introdotto il principio di reciprocità affinché tutto il miele che entra nel nostro Paese rispetti le stesse regole in materia di sicurezza alimentare, qualità e rispetto dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori che vigono in Italia».

«Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità, occorre – ha consigliato la Coldiretti – verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica, è questo il modo migliore per sostenere l’apicoltura italiana, difendere le api e la biodiversità. Il miele prodotto sul territorio nazionale, dove non sono ammesse coltivazioni Ogm a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina, è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti».

«La parola Italia – viene evidenziato – deve essere presente per legge sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale (Es. Miele italiano) mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’unione Europea, l’etichetta – continua la Coldiretti – deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della Ue” indicando il nome dei Paesi (ad esempio, se viene da Italia e Ungheria sul barattolo dovrà esserci scritto Italia, Ungheria); se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della Ue” con il nome dei Paesi, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della Ue”, anche qui con l’indicazione dei nomi dei Paesi». (rcz)