Comitato Magna Graecia: La riorganizzazione della rete ospedaliera tra discrasie e incoerenze

Le 70 pagine del “Documento di Riorganizzazione della rete ospedaliera, della rete dell’emergenza-urgenza e delle reti tempo-dipendenti” profilano una Regione caratterizzata dall’applicazione di principi non universali e viziati dalle solite dinamiche centraliste. Le medesime dinamiche che, ormai, da più di due lustri, connotano meccanismi di mancata equità territoriale tra le strutture sanitarie calabresi.

Senza voler entrare nei dettagli tecnici di ogni presidio, che pur meriterebbero una riflessione, ci concentriamo su una serie di incoerenze che caratterizzano l’area jonica e che spalancano il campo a dubbi e perplessità.

Partiamo da una semplice analisi relativa all’allocazione dei reparti in base alla classificazione cosiddetta “caldo/freddo” dello Spoke di Corigliano-Rossano. Il recente documento conferma le specifiche già stabilite dal Dca 64/2016, ovvero la vocazione chirurgico-inteventistica (caldo) per il Giannettasio e quella medica (freddo) per il Compagna. In virtù di tale classificazione, mal comprendiamo come possa un reparto di ostetricia restare allocato in uno stabilimento ospedaliero sguarnito di terapia intensiva.

Ad avvalorare quanto sopra sostenuto è lo stesso ducumento programmatico che, relativamente lo spoke Paola-Cetraro, stabilisce: “Previsione del percorso nascita presso lo stabilimento di Cetraro in ragione del rispetto degli standard di sicurezza che prevedono la presenza della terapia intensiva all’interno dei presidi in cui insiste il punto nascita”.

Ecco, ci chiediamo come sia possibile che quanto previsto per l’area tirrenica, realtà in cui esiste uno spoke suddiviso su due plessi parimenti quello jonico, sia invece disatteso per Corigliano-Rossano. Nello spoke jonico, infatti, persiste una commistione ingiustificata ed ingiustificabile di reparti d’area chirurgica e d’area medica (caldo/freddo) in entrambi gli stabilimenti ospedalieri. Tutto ciò non contribuisce a garantire efficienza ed efficacia delle cure mediche. Vieppiù, certifica la totale inadeguatezza di entrambi gli ospedali alle raccomandate e severe prescrizioni disposte.

Non ci appassiona sindacare quale dei due stabilimenti debba includere l’area calda piuttosto che quella fredda. Tuttavia, chiediamo alla politica di prendere decisioni coerenti e di avere il coraggio di perseguirle fino in fondo. Senza più lasciarsi trasportare dai desiderata del personale ospedaliero, piuttosto che da simpatie campanilistiche tra versanti della stessa città. Non è più tollerabile che si renda ancor più precario un sistema già, ampiamente, deficitario.

Altra questione che risalta dalla lettura delle disposizioni programmatiche è la destinazione d’uso del futuro ospedale della Sibaritide. Intanto, per il presidio unico, si delinea una classificazione come ospedale Spoke. Quanto detto appare già come una sonora sconfitta per le locali Classi Dirigenti; evidentemente inabili a far valere e rispettare una forza demografica che, per l’ambito jonico, permetterebbe ben altri utilizzi dell’auspicata struttura sanitaria. Tanto più, se consideriamo i motivi alla base dei ritardi nell’esecuzione dell’opera. Non è un mistero, infatti, che le raccomandazioni strutturali, intervenute a seguito della pandemia, abbiano previsto prescrizioni più stringenti nel ricalcolo dei percorsi “sporco/pulito” nelle corsie degli ospedali.

Trattandosi poi di una nuova costruzione, quanto dichiarato diventa ancora più incalzante. È paradossale, e raggiunge livelli grotteschi, immaginare quella che si presenterà come la struttura ospedaliera più moderna della Regione non già quale Hub all’avanguardia, ma come sostanziale clone delle strutture esistenti. Ci chiediamo, a questo punto, se sia valsa la pena, ammesso e non concesso venga mai terminata, di investire in una nuova struttura piuttosto che pensare ad un sostanziale restiling dell’esistente.

Sicuramente, sarebbero bastati investimenti più contenuti. Inoltre, non ci sarebbe stata la sensazione di aggiungere al danno dell’illusione di un servizio sanitario più rispondente alle esigenze di una fetta consistente della popolazione jonica, anche la beffa di ritrovarsi con una struttura non adeguata ai bisogni demografici dell’area. Insomma, senza altri giri di parole, a struttura ultimata, potrebbe palesarsi la sensazione di essere davanti ad una scatola vuota. Quanto riportato si esplicita in virtù di quelli che dovrebbero essere i Lea (livelli essenziali assistenza), quindi il numero di posti letto parametrati sui bisogni demografici degli ambiti sui quali si pianifica. Ebbene, i tre futuri ospedali (Sibaritide, Piana e Vibo) presentano, ad oggi, inspiegabili discrasie e contraddizioni.

L’ambito demografico ricadente sul previsto ospedale della piana di Gioia è dimensionato in 154mila ab. Per tale nosocomio si prevedono 314 posti letto. Nel caso vibonese, invece, a fronte di un bacino di 167mila abitanti, la struttura ospiterà 350 posti letto. Il presidio sibarita, infine, dall’alto della domanda demografica di 178mila ab., sarà composto da soli 334 posti letto.

Fermo restando il sottodimensionamento dei posti letto nei tre ospedali rispetto alle aspettative prospettate dal documento (3.43 p.l. per 1000 ab.), risalta l’ulteriore mortificazione inflitta al presidio jonico. Quest’ultimo, infatti, a differenza degli altri due in cui il rapporto tra i posti letto per abitanti si assesta su 2×1000 e 2.1×1000, si presenta con un rapporto di soli 1.88 posti letto per 1000 ab.

Chiaramente, quanto descritto certifica plasticamente il consueto trattamento da figli e figliastri che una incallita politica centralista perpetra a danno dello Jonio. Differenze che, ancora una volta, certificano la Calabria come contesto fortemente caratterizzato da profonde sperequazioni fra ambiti concorrenti a formare il mosaico sistemico regionale.

Il dramma si acclara poiché le richiamate pratiche si consumano nella più completa indolenza della politica e dei cittadini. Vieppiù, ad appurate difformità territoriali nella erogazione dei servizi, — lo ribadiamo — il prelievo fiscale operato sui cittadini resta uguale per tutto il contesto regionale. Quanto dichiarato determina un aggravio di spesa per gli abitanti dello Jonio. Costoro, infatti, a differenza dei residenti in altri contesti regionali, sono costretti, per fruire dei servizi mancanti nel proprio territorio, a spostarsi in altri ambiti intraregionali.

Sarebbe ora che lo Jonio si svegliasse dal torpore. Sarebbe necessaria, altresì, una presa di coscienza da parte della popolazione affinché sia consapevolizzato lo stato di degrado in cui, lustri di servilismo politico (talvolta neppure richiesto) ai desiderata dei centralismo storico, hanno relegato il contesto dell’Arco Jonico. (Comitato Jonia Magna Graecia)

Comitato Magna Graecia: Governo intervenga per emergenza criminalità nella Sibaritide

Il Comitato Magna Graecia ha ribadito la necessità di un intervento dello Stato per l’emergenza criminalità nella Sibaritide. Da qui l’urgenza, in primis, di un decreto «per rafforzare la presenza delle forze dell’ordine nella Sibaritide – si legge nella nota – e riaprire un tribunale. Un intervento di tale portata si rivelerebbe necessario per garantire la sicurezza dei Cittadini e promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio. In particolare, il decreto dovrebbe prevedere, l’aumento degli organici nelle forze dell’ordine, con particolare attenzione ai reparti specializzati nella lotta alla criminalità organizzata; Il potenziamento delle attività di prevenzione e repressione dei reati; la promozione di iniziative di sensibilizzazione della Popolazione sui temi della legalità e della cittadinanza».

«L’intervento dello Stato non può limitarsi alla sola repressione – viene evidenziato – ma deve anche essere preventivo. È necessario, infatti, investire nella promozione della cultura della legalità e della cittadinanza. Solo attraverso un impegno comune di tutti gli attori coinvolti, è possibile affrontare la crisi della legalità lungo l’Arco Jonico. Contribuendo, fattivamente, alla costituzione di un futuro più sicuro e prospero per il territorio».

Il Comitato, infatti, ha evidenziato come «la recrudescenza di episodi intimidatori lungo l’Arco Jonico, avvenuta negli ultimi tempi, dovrebbe indurre la politica ad una seria riflessione. Gli attentati incendiari alle automobili del Presidente del Consiglio comunale di Corigliano-Rossano, di un giornalista e di alcuni imprenditori, si inseriscono in un contesto di crescente violenza e attività minatoria. Ancor più, rappresentano un segnale chiaro di quanto insufficiente sia la presenza dello Stato in questa zona».

«Com’è noto, il Comitato, da anni si batte per il riconoscimento dello status di Capoluogo (insieme a Crotone) a Corigliano-Rossano – ha ricordato –. La nostra azione non è frutto di un capriccio. Piuttosto, esplica una visione prospettica  che palesa l’effettiva necessità di garantire ad un territorio, demograficamente importante, il giusto riconoscimento dei servizi. Nel caso di specie, ci riferiamo alla implementazione delle maestranze nelle forze dell’ordine. Purtroppo, — e quanto su riportato lo comprova — l’area jonica continua ad essere pervasa da politiche di governance caratterizzate dalla solita logica dei due pesi e due misure».

«È impensabile ed assolutamente fuori da ogni criterio che una Città di 75mila abitanti, Corigliano-Rossano – si legge nella nota – ed un’area di pertinenza di circa 200mila ab., possano continuare a rimanere sotto l’egida di un Reparto Territoriale dei Carabinieri ed un Commissariato semplice con un numero di uomini non parametrato alle effettive esigenze del territorio».

«La Rappresentanza politica locale a Roma, dovrebbe spingere sul Governo centrale – viene rimarcato – affinché quest’ultimo si attivi così come è stato fatto per Caivano. Lo Stato avrebbe il dovere di intervenire con un apposito decreto per rafforzare la presenza delle forze dell’ordine nella Sibaritide. L’intervento statale sarebbe necessario per garantire la sicurezza dei Cittadini e per promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio».

«L’ambito calabrese del nord est é un’area particolarmente estesa. Questa propaggine di Calabria, seppur abbia registrato un calo demografico negli ultimi anni (come d’altronde avvenuto in tutta la Regione), resta sempre un agglomerato di Comunità con una popolazione di circa 400mila ab, tra aree di costa e pedemontane del Crotonese e della Sibaritide – si legge ancora –. È illogico pensare che la sola presenza di una Questura a Crotone e di un semplice Commissariato a Corigliano-Rossano, possano bastare a controllare un territorio di tali dimensioni. Bene l’idea di costituire un nuovo Presidio di polizia a Cirò Marina, ma non si può prescindere da un’elevazione a Primo dirigente della postazione Sibarita».

«Territori molto meno rappresentativi dal punto di vista demografico – continua ancora il Comitato – e che risaltano agli onori delle cronache per episodi meno efferati di quelli registrati lungo l’Arco Jonico, beneficiano della presenza di Gruppi della Benemerita, Nuclei di GDF, e Commissariati Distrettuali. È bene puntualizzare che dette strutture, nelle aree densamente popolate, demoltiplicano i servizi di sicurezza. Vieppiù, dispongono di maestranze in un numero approssimabile a quello delle Questure e dei Comandi provinciali. Inutile continuare a nascondersi dietro ad un dito: l’area jonica è, purtroppo, un territorio ad alta densità criminale. Negli ultimi anni, poi, la situazione è ulteriormente peggiorata, con un progressivo aumento della violenza e dell’intimidazione. Questo fenomeno è dovuto a una serie di fattori: crisi economica, disoccupazione giovanile e mancanza di prospettive future. La criminalità organizzata, infatti, offre a molti giovani lavoro facile e possibilità di rapidi guadagni. L’illustrata situazione sta mettendo a rischio la sicurezza dei Cittadini e lo sviluppo economico e sociale del territorio».

«Amplifica questa drammatica condizione – viene sottolineato – la mancanza di un Presidio di giustizia lungo tutta la linea di costa che va da Crotone a Taranto (250 km). Le Istituzioni non possono continuare a girarsi dall’altra parte, gingillandosi sul nulla. La Locride, la piana di Gioia, il Lametino, ambiti meno “caldi” e, di gran lunga, con un numero di abitanti nettamente inferiore rispetto alla Sibaritide, presentano un numero di maestranze nei relativi Gruppi CC, Nuclei GDF e Commissariati distrettuali pari a quelli presenti nei Comandi Provinciali dei rispettivi Capoluoghi».

«Solo su Corigliano-Rossano, forse perché non adeguatamente rappresentata a Roma, lo Stato continua a sonnecchiare. La politica di ogni estrazione e casacca dovrebbe battersi per una imprescindibile elevazione della Città, assieme a Crotone, a capoluogo dell’area. Un Capoluogo blinderebbe i servizi presenti e prevederebbe l’implementazione di quanto necessario – ha concluso il Comitato –. Il Governo ha il dovere di intervenire!». (rcs)

 

L’OPINIONE / Domenico Mazza e Giovanni Lentini: Una cabina di regia calabro-lucana per i 24 punti d’approdo della baia jonica

di DOMENICO MAZZA E GIOVANNI LENTINI – In media, quasi un porto ogni 17 Km. È questa la dimensione in cui si collocano i 24 approdi sparsi tra il territorio di Crotone e quello di Gallipoli. Una condizione che rende il contesto territoriale allargato del Golfo di Taranto unico nel suo genere. Un vero giacimento d’oro, ad oggi, poco utilizzato, se non per nulla.

Noi, invece, e da molto tempo, ci crediamo fermamente in questo tesoro. Un’autentica  miniera alla luce del sole.

Siamo convinti, infatti, che le potenzialità insite ai 24 invasi (a breve diventeranno 26), siano ineguagliabili nel resto del Mediterraneo.

Senza soluzione di continuità, dal porto turistico de Le Castella seguendo la linea di costa della baia jonica fino al porto di Santa Maria di Leuca, ci sarebbero tutti i presupposti per immaginare un sistema di mobilità turistica innovativo e ambizioso. Senza considerare che in prossimità dei punti d’attracco, restano allocate alcune fra le strutture ricettive più imponenti d’Italia. E senza dimenticare la rilevanza e l’imponenza dei resti archeologici all’aperto, quelli magnogreci, dirimpettai agli invasi di cui sopra.

Per dare un’idea delle cose che scriviamo, basti pensare solo che nei sette Comuni con la più alta offerta di posti letto lungo la porzione calabrese dell’Arco Jonico (Cutro, Isola C.R., Crotone, Cirò M., Corigliano-Rossano, Sibari, Villapiana) esiste un’offerta complessiva di circa 30mila soluzioni ricettive. Aggiungendo alle richiamate Località i numeri del Metapontino e quelli della riviera jonica Pugliese, si può affermare che in soli 400km di costa risieda uno dei più imponenti sistemi ricettivi del Bel Paese.

Quanto detto, al netto dell’importante offerta rappresentata da seconde e terze case.

Vieppiù, nelle citate Città calabresi, insiste un rapporto complessivo di presenze in alta stagione che decuplica la popolazione residente. Circostanza che, nelle settimane scorse, sulla scorta di un’iniziativa da parte delle Città aderenti al circuito turistico G20, ci ha consentito di fare alcune riflessioni su una proposta di legge avente ad oggetto la richiesta di definire il loro status di “Città balneari”.

Considerazioni, le nostre, riprese dal deputato Furgiuele in una interrogazione al Ministro Musumeci.

Città costiere — come dicevamo — che, a nostro parere, potrebbero dar vita, insieme ai Comuni sede di attracchi portuali, ad un sodalizio diportistico dell’Arco Jonico. Quanto detto, al fine di elaborare una visione strategica condivisa per un progetto comune dell’intero Golfo di Taranto. Zenith geografico, quest’ultimo, che amiamo definire “baia della Magna Graecia” e che si inquadra in maniera baricentrica nel contesto della “Riva Sud d’Europa”.

Allora, per offrire da subito il nostro contributo, e non restare solo nel mondo delle parole, perché non pensare e programmare, in collaborazione con il sistema imprenditoriale, la creazione di compagnie di navigazione che colleghino le suddette portualità in maniera cadenzata e puntuale?

Si provi ad immaginare cosa potrebbe significare disporre di aliscafi che, in intervalli di tempo compresi tra i 45′ e i 90′, permettano agli ospiti (e perché no, anche ai residenti), di potersi muovere liberamente tra tre Regioni. Si pensi all’indotto derivante da tale operazione. Ancora, la crescita esponenziale dell’offerta di lavoro che si sposerebbe con l’elevata domanda presente nell’area. Insomma, si guarderebbe al territorio jonico in maniera diversa, declinandolo in un rinnovato paradigma.

E maturiamo tali considerazioni poiché siamo convinti che questo territorio allargato debba presentarsi alla Politica (e al Mondo politico) con idee, proposte e programmi credibili, fattibili e realizzabili. Senza continuare con disdicevoli atteggiamenti proni ed arrendevoli per come, da troppo tempo, è stato abituato.

Idee, proposte, programmi e progetti che, tra l’altro, non incidono sulle risorse nazionali, trovando naturale e facile allocazione nei fondi del PNRR, PNC e FSC e nei fondi europei a gestione diretta.

Alla politica chiediamo solo di prendere atto di questa importante e straordinaria realtà territoriale. Ambito ad interessi comuni senza il quale — per quanto ci riguarda — non parte la Calabria, non parte il Sud e non parte l’Italia.

Ma, soprattutto, non parte l’Europa; la Patria che, volontariamente, ci siamo scelti e in cui, nonostante tutto, continuiamo a credere. Malgrado anche il clima di dolore, sofferenza e tristezza dopo la morte di 67 innocenti, tra cui tanti bambini. Tragico accadimento, che ci dilania e che morde le nostre coscienze. (dm e gl)

(Domenico Mazza e Giovanni Lentini sono del Comitato Magna Graecia)

L’OPINIONE / Lentini, Mazza e Critelli: Riconoscere status di “Città balneari” a Comunità rivierasche Crotonesi e Sibarite

di ALESSIO CRITELLI, GIOVANNI LENTINI, DOMENICO MAZZA – In questi giorni, casualmente, partendo dalla lettura di una nota riguardante l’iniziativa nata da 26 note Località balneari d’Italia, ci è capitato di avviare delle comuni riflessioni.

Le Classi Dirigenti di 26 Centri si sono riunite a Jesolo durante la manifestazione del G20Spiagge ed hanno avanzato al Ministro per il turismo la richiesta di una nuova proposta di legge.

Tale necessità è scaturita da un lavoro certosino che le richiamate Amministrazioni hanno elaborato con l’ausilio di esperti, docenti universitari e rappresentanti delle associazioni di categoria. Finalità dell’operazione, raccogliere tutti i problemi legati alla stagionalità del settore turistico, elaborando le possibili ed eventuali soluzioni a riguardo. Quindi, manifestare al Governo nazionale la necessità di avviare una corsia preferenziale al processo di individuazione della loro condizione di “Città fisarmonica”. Con conseguente istituzione, pertanto, dello status di “Città balneare”.

Nella proposta, ancora, è stato chiesto al Governo di riconoscere ufficialmente la comune condizione di disagio che connota le richiedenti Città. Partendo dal divario, in alcuni casi imponente, che si crea tra il numero di residenti e il numero di presenze turistiche in un periodo molto ristretto dell’anno: ovvero, il cosiddetto “effetto fisarmonica”.

Tale condizione, durante il periodo della stagione balneare, genera oggettivi squilibri alle richiedenti Città, rispetto altre realtà urbane non legate alla stagionalità dei flussi turistici. A partire dalla domanda di servizi pubblici complessivi, per arrivare ai maggiori costi e ai maggiori oneri che si traducono in una limitata possibilità di manovra da parte delle pubbliche Amministrazioni. Ancor più, l’impossibilità ad intervenire causa inadeguate dotazioni organiche e finanziarie, perché parametrate sulla popolazione residente e non per quella temporanea.

Senza considerare che questi Comuni si trovano a dover gestire aree importanti di demanio marittimo che — pur rappresentando il principale elemento di attrazione turistica — richiedono, al contempo, una costante e dispendiosa attività di manutenzione e protezione.

Da qui le richieste delle Località turistiche, componenti il gruppo delle Città costiere, di una presa d’atto e formale riconoscimento da parte delle Istituzioni  dello status giuridico di “Città balneare”. Il riconoscimento della citata condizione, in particolare, garantirebbe alle 26 Città maggiori competenze nelle materie di ordinamento degli enti locali, turismo, sicurezza e ordine pubblico. Ancora, permetterebbe una migliore conduzione del ciclo dei rifiuti ed una gestione ottimale delle acque e del demanio marittimo. Quindi, una rinnovata tutela dell’ambiente e del territorio nello specifico riferimento del contrasto all’erosione costiera.

Sollecitati da questa interessante e, per alcuni versi, stimolante notizia abbiamo svolto — in sinergia e in condivisone ideale tra di noi — una riflessione sulle Cittadine costiere dell’Arco Jonico.

Abbiamo analizzato alcuni dati sulle presenze turistiche riguardanti i Comuni di  Corigliano-Rossano, Cassano-Sibari, Isola di Capo Rizzuto, Cutro, Crotone, Villapiana e Ciro Marina.

Ci siamo dedicati, quindi, ai 7 contesti urbani che raggruppano il più alto numero di ospiti sulla costa jonica calabrese. Si pensi che le citate Comunità — che cumulativamente contano poco meno di 200mila abitanti complessivi — decuplicano le presenze turistiche totali per circa 2mln di ospiti, durante il periodo di balneazione. Un dato interessante che equipara, comparando proporzionalmente, le Città joniche al network delle 26 Città ricadenti nelle Regioni Campania, Puglia, Veneto, Emilia-Romagna, Sardegna, Friuli e Sicilia.

Considerazioni, le nostre, per il momento ancora incomplete e forse non del tutto esaustive. Tuttavia, non ci impediscono di affermare — senza paura di essere smentiti — che i menzionati dati macroscopici e il riconoscimento dello status di Città balneari, sarebbe un obiettivo che le richiamate Comunità dell’Arco Jonico dovrebbero richiedere con forza e determinazione.

Quanto detto, garantirebbe ai  su citati Comuni jonici il vantaggio di vedersi riconosciuta la condizione di pilastri portanti dell’economia regionale. E, fatto non secondario, consentirebbe alle Amministrazioni locali la possibilità di dare maggiori risposte ai cittadini e ai tanti turisti che ogni anno riescono ad attrarre.

Proposta, quella di concorrere al riconoscimento dello status giuridico di Città balneari, che pone alcuni problemi e alcuni interrogativi a cui bisogna dare risposte. A partire dalla Regione Calabria chiamata, sotto quest’aspetto, a chiarire le caratteristiche tecnico-giuridiche e politiche dell’operazione. Per non correre il rischio, altrimenti, di frammentare il coordinamento tra i diversi livelli di Governo. Tanto più in una materia come quella del turismo, dove il rischio di disperdersi in mille rivoli (da parte dei soggetti pubblici e privati interagenti) è già molto elevato.

Al fine di oleare ed agevolare la discussione, suggeriamo alle Classi Dirigenti dei menzionati centri balneari della riviera jonica, di lavorare alla creazione di un intergruppo operativo.

Il fine della proposta manovra sarebbe quello di dare vita ad una serie di incontri tra Amministratori e categorie produttive. Quindi, servirsi di meeting e riunioni itineranti e tematiche per affrontare le inespresse e sottaciute potenzialità che caratterizzano le Municipalità joniche.

Una rete costituita da soggetti pubblici e privati, dunque, che sia capace d’interloquire con i Governi regionale, nazionale ed europeo. Avvalendosi di idee, proposte e progetti in grado di rappresentare e tutelare gli interessi di territori e Comunità, sino ad oggi ignorate e misconosciute.

Naturalmente, l’illustrata pianificazione andrebbe condotta allontanando disdicevoli atteggiamenti da mendicanti col cappello in mano. Senza chiacchiere e piagnistei. E, soprattutto, senza campanili e bandierine, ma rimettendo al centro del dibattito il principio della coesione sociale e territoriale tra Comunità ed ambiti mossi da comuni e reciproci interessi. (ac, dm e gl)

L’OPINIONE / Domenico Mazza e Salvatore Veltri: L’approccio pretestuoso verso l’aeroporto di Crotone

di SALVATORE VELTRIDOMENICO MAZZA – Sembra un’infinita storia a capitoli, nonostante gli epiloghi siano sempre gli stessi. Ancora una volta, le compagnie aeree disertano il banco per gli oneri di servizio sulla rotta Crotone-Roma.

Si continua, quindi, con un approccio pretestuoso verso l’unico scalo aereo di tutto l’Arco Jonico. Appare fosco ed incerto il futuro per i collegamenti con la Capitale, nonostante sembrerebbe ormai alle spalle la problematica legata al recente periodo pandemico. Tuttavia, quanto detto, non ha incoraggiato le Compagnie ad investire nello scalo Pitagorico.

Del resto c’è poco da meravigliarsi, considerato il bando preconfezionato e poco appetibile per i vettori.

A tal riguardo vorremmo esprimere alcune basilari considerazioni che — a nostro avviso — hanno generato l’ennesimo nulla di fatto nell’attività volativa dello scalo. Iniziamo dicendo che l’operatività dello scalo tra le 08.00 e le 20.00, rende poco appetibile acquisire rotte da e per lo Jonio. Vieppiù, tale orario, obbliga le Compagnie a basare gli aeromobili a Crotone. Quanto descritto genera aggravi dei costi che, certamente, non invogliano i Player ad investire.

Inoltre, prevedere esclusivamente aerei da 140 posti e per una frequenza di voli 7 giorni su 7, significa non comprendere le dinamiche del territorio in questione.

Partiamo dal presupposto che allo Jonio non mancano i requisiti demografici per giustificare una concreta attività aeroportuale. Piuttosto, languono  sistemi di collegamento moderni che permettano a tutto il naturale bacino d’utenza di fruire dello scalo. È insensato continuare a pensare che il solo ambito Crotonese possa soddisfare le esigenze di profitto delle compagnie aeree. I circa 160mila abitanti della Provincia pitagorica non sono sufficienti per predisporre un’attività di volo degna di un Paese civile.

É necessario che lo scalo si apra al suo naturale ed unico bacino d’utenza: il nord est calabrese. I circa 400mila potenziali utenti compresi tra il Crotonese e la Sibaritide, potrebbero cambiare il paradigma di un’infrastruttura, ad oggi, destinata al dimenticatoio.

Una semplice elettrificazione della linea ferrata consentirebbe di accorciare i tempi di percorrenza dalla Piana di Sibari a Sant’Anna in circa 45 minuti. Ovvero, il tempo medio di tragitto che si impiega per raggiungere il centro di Roma e Milano dagli scali di Fiumicino e Malpensa.

Malgrado ciò, si continua a guardare al dito e non alla luna. Si preferisce investire milioni per improbabili restyling dello scalo, senza intervenire su un sistema intermodale che consenta al naturale alveo di riferimento demografico di raggiungere lo scalo in tempi accettabili e, soprattutto, in sicurezza. Basterebbe, poi, uno shuttle bus dalla stazione di Crotone ed in meno di 10 minuti si raggiungerebbe l’aeroporto. Certamente, in questo caso, i numeri macinati dallo scalo (e l’orizzonte potenziale dello stesso) sarebbero diversi.

Ergo, fa rabbia continuare a registrare un atteggiamento latitante da parte della politica. Si continua a disconoscere la valenza di un ambito di 400mila abitanti che suffragherebbe ogni tipologia d’investimento sull’aeroporto.

Pensare alla creazione di un Consorzio unico a partecipazione pubblico-privata tra i Comuni dell’Arco Jonico e le forze imprenditoriali del Crotonese e della Sibaritide, non sarebbe un’idea peregrina.

Devono essere Cittadini ed Istituzioni a credere e dare impulso alla rinascita dell’Arco Jonico. Non si può continuare a rimanere inermi con la consapevolezza di restare proni al volere dei centralismi storici che, ormai da tempo, hanno relegato l’area jonica ad una condizione di ramo secco periferico. Solo Chi ha il coraggio d’osare, innesterà un principio evolutivo ed emancipatvo dell’area. Contrariamente, sarà destinata alla soccombenza ed all’oblio.

Decenni di malapolitica hanno già, ampiamente, desertificato il territorio. Strali cancrenosi sono stati lasciati lungo lo Jonio. Se le metastasi centraliste non saranno estirpate, anche i pochi figli rimasti emigreranno verso mete più adeguate alle loro aspirazioni. E noi avremo perso, irrimediabilmente, il futuro della nostra terra. (sv e dm)

L’OPINIONE / Nella lotta al campanile tra Capoluoghi storici, Crotone e Corigliano-Rossano restano a guardare

di DOMENICO MAZZA E FRANCESCO PARROTTA – Alla fine Cosenza ce l’ha fatta. A settembre partiranno nuovi corsi di studi universitari, nelle aule dell’Unical. Sicuramente una buona notizia. Fa piacere che anche l’alta Calabria si doti di una facoltà medica. Tuttavia gli strascichi lasciati dall’operazione ci invitano ad uno spunto di riflessione che, giocoforza, coinvolgerà un serie di fattori. Apparentemente non legati all’istituzione del nuovo corso di studi, ma, in realtà, sensibilmente connessi.

Per quanto condivisibili le ragioni cosentine relative al nuovo corso di laurea, comprendiamo comunque la posizione catanzarese. Non già per fornire una spalla a insane logiche di campanile, ma per la scelta logistica delle strutture connesse ad una facoltà di medicina che, nel Capoluogo di Regione, rispettano i dettami del buon senso.

È bene ricordare che le facoltà mediche necessitano di un luogo di specializzazione nel quale far muovere i primi passi, nel delicato settore, ai futuri medici. L’attiguità del Policlinico all’Università rende Catanzaro, logisticamente, inattacabile. Qualunque Ateneo, con annessa facoltà di medicina, vorrebbe avere un Policlinico contiguo al plesso universitario. Tuttavia tale operazione non sempre è stata possibile, causa la diversa genesi storica degli Atenei e degli ospedali nelle Città. A Catanzaro, quanto descritto è stato realizzato essendo, entrambe, strutture di recente costruzione. Per questo motivo si è ben pensato di allocarle nelle immediate vicinanze.

Nel caso cosentino, invece, la scelta di collocare il previsto nuovo ospedale in un’area estranea al contesto universitario denota poca lungimiranza, assenza di visione e attaccamento al pennacchio.

Vieppiù, si palesa una totale dissociazione delle scelte politiche. Da un lato si imbastiscono battaglie per ambire a importanti riconoscimenti, dall’altro si dimostra carente sagacia nei processi di coesione sociale e territoriale.

È circostanza notoria — come dicevamo — che l’area  cosentina dovrà beneficiare della realizzazione di un nuovo ospedale. Un nosocomio con caratteristiche da Policlinico nel quale, tra le altre cose, rendere pratici gli insegnamenti ai futuri medici della istituenda facoltà. Mal comprendiamo, pertanto, il motivo spingente la politica bruzia a voler allocare la futura struttura nel quartiere di Vagliolise. Sconnesso, quest’ultimo, dal contesto universitario e, per di più, collocato in un’area a forte antropizzazione della Città.

È in atto, invero, una guerra all’ultimo campanile tra il comune Capoluogo ed i Comuni contermini fra quella che sarebbe (o dovrebbe essere) la migliore allocazione del complesso dedicato alle cure sanitarie.

Ebbene, senza paura di smentita alcuna, siamo convinti che l’eventuale edificazione nell’area di confine tra Rende e Montalto Uffugo — a margine della struttura universitaria — sia non già la soluzione migliore, ma quella più auspicabile. A tutt’oggi, più inclusiva e più rispettosa di tutto il territorio e non solo del perimetro della Città bruzia. Va ricordato, infatti, che nell’ambito rendese, pensato allo scopo, è previsto uno svincolo autostradale lungo la A2. Ancora, una nuova stazione AV e, soprattutto, l’area non si presenta satura di urbanizzazione. Trattandosi di una struttura complessa, determinate condizioni di collegamento e mobilità intermodale dovrebbero essere tenute in debita considerazione. Vieppiù, ai nastri di partenza della nuova facoltà, non considerare quanto sopra dichiarato comprova un dissennato centralismo nell’azione politica delle locali Classi Dirigenti. Quindi, uno scollamento dalla realtà effettuale che conduce, finanche, a non rispettare i bisogni e le necessità pratico-didattiche dei futuri discenti della nuova facoltà.

Senza considerare che, in ottica squisitamente amministrativa, una eventuale infelice destinazione urbanistica della struttura nosocomiale potrebbe rappresentare la pietra tombale sul processo di sintesi municipale della Città e dei Comuni dirimpettai. Non dimostrare, già oggi, una visione inclusiva e coerente del territorio, sarebbe un deterrente terribile verso ogni possibile ed auspicabile processo di amalgama civica.

Un ultimo e doveroso riscontro andrebbe fatta circa le facoltà che accompagneranno medicina nella nuova offerta didattica dell’Unical. Spiace constatare che anche rami di studio poco attinenti alle caratteristiche del territorio bruzio finiscano per essere accentrati nella sede di Arcavacata. Ci saremmo aspettati che facoltà del calibro di “Tecnologie del Mare e della Navigazione”, magari, avessero aperto le porte all’istituzione di corsi decentrati verso le località dell’Arco Jonico. È risaputo, infatti, che percosi formativi del genere troverebbero pieno sviluppo in quelle aree votate ad un rapporto privilegiato con il mare. Tuttavia, non avevamo considerato la patologia che colpisce i poteri decisori in seno ai tre Capoluoghi storici della Calabria: il centralismo. Pertanto, poco male, se a fianco percorsi costituenti occasioni di sviluppo per le solite aree note, si lascino altre aree nel più totale stato d’abbandono.

L’importante è che lo scriteriato orizzonte di questa Regione resti impostato sulla storica spartitoria visione a tre teste. Ma su questo, quindi sull’esigenza di bilanciare rapporti ed equilibri politici su ambo i lati della Regione, la politica continua inesorabilmente a latitare. Pertanto, argomenti relativi l’istituzione di un nuovo Capoluogo su Corigliano-Rossano e, contemporaneamente, politiche che inverino lo status di Crotone e non già un pro-forma, lasciano il passo a sterili argomenti da marciapiede. E non già per conclamata incapacità a comprendere i benefici che sarebbero rilasciati dalla su menzionata istituzione nel territorio, quanto per paura di rompere cristallizzati equilibri nei quali la politica è inzuppata fino al collo.

Gli stessi equilibri che, storicamente, hanno generato due Calabrie: la Calabria e l’altra Calabria. La prima con un accettabile stato di normalità ed una parvenza d’emancipazione, che si dimena nell’accentrare la qualunque. La seconda che ignora cosa sia la normalità e disconosce finanche il significato del termine emancipazione. Sempre pronta, tuttavia, con il cappello in mano, a prostrarsi alla corte dei poteri centralisti. (dm e fp)

Comitato Magna Graecia: È riduttivo riaprire ragionamento sulle Province

Il Comitato Magna Graecia è intervenuta in merito ai disegni di legge di Fdi e Lega riguardanti la reintroduzione del suffragio popolare nell’elezione dei Consigli provinciali. Per il Comitato, infatti, «è riduttivo – in funzione di quanto descritto – riaprire un ragionamento sulle Province, limitando l’azione al solo cambiamento del sistema elettorale».

«Piuttosto – scrive il Comitato – sarebbe il caso di avviare una riflessione parlamentare su una generale revisione degli ambiti provinciali. Sulla funzione dei Capoluoghi e sulla possibilità di circoscrivere aree ad interesse comune. Sussidiarietà e coesione territoriale dovrebbero essere i capisaldi posti alla base di una visione più ampia. Un orizzonte che restituisca dignità ai territori, mettendo al centro Comunità ed aree equamente dimensionate e coerenti rispetto gli ambiti presenti nella Regione».

L’obiettivo dell’operazione, inserire una clausola che modifichi – integrando e superando la legge n. 56 del 7 aprile 2014 – il sistema di voto degli Enti intermedi. Tale integrazione si renderebbe necessaria poiché la legge Delrio non può essere attuata, essendo le Province previste dalla Costituzione. Inoltre, poiché quest’ultime mantengono competenze sull’edilizia scolastica, sulla tutela e la valorizzazione dell’ambiente, sui trasporti e sulle strade provinciali.

«Il dibattito in corso – continua il Comitato – probabilmente nel più ampio disegno del federalismo regionale e del sistema Presidenziale, ci tocca da vicino. Uno dei sistemi che le amministrazioni provinciali non sono mai riuscite ad abbattere, infatti, è la condizione di squilibrio presente tra le aree e i rapporti di iniquità legati al gettito di Stato».

«Nel contesto calabrese, ancora, la scelta di un Ente territoriale di Governo piuttosto che di un Ente funzionale e strumentale – ha proseguito il Comitato – ancorché di Area Vasta, non può essere frutto di un sorteggio né della semplicistica riproduzione pedissequa dell’attuale perimetrazione provinciale. Invero, bisognerebbe armonizzare i nuovi Enti su quei presupposti stabili dalla Delrio che identificano gli ambiti ottimali superiori ai 2500km² e con una popolazione non inferiore ai 350mila abitanti. Anche perché, a ogni trasferimento di funzioni ai rinnovati Enti dovrà corrispondere un adeguato trasferimento di risorse economico-finanziarie per farvi fronte. Correlazione fra funzioni e risorse desumibili, quindi, oltre che un principio di ragionevolezza dettato dal riassetto del Titolo V della Costituzione».

«Ambiti come la Provincia di Crotone – continua il Comitato – ma anche entità territoriali sguarnite di riconoscimento amministrativo come la Sibaritide dovrebbero stare in campana. Il reinserimento del suffragio universale, nel sistema elettorale degli ambiti provinciali, relegherà l’Arco Jonico in una condizione di marginalità rispetto le capitali del centralismo storico. Le succinte demografie dei contesti sibariti e crotoniati a se stanti, renderanno vano il tentativo di racimolare rappresentanza locale in seno ai rispettivi ambiti provinciali. Bisognerà, altresì, lavorare per ridefinire i perimetri degli Enti intermedi su ambiti affini e coerenti. Allontanando lo scriteriato sistema storico che ha delimitato le attuali circoscrizioni, disegnandole per come le conosciamo oggi».

«Inoltre, è in atto da tempo il tentativo (neppure celato) – ha sottolineato il Comitato Magna Graecia – di ristabilire un processo amministrativo impostato, esclusivamente, sui tre Capoluoghi storici. La triplice sindacale, le Camere di Commercio, ancor prima le Aziende Ospedaliere, hanno centralizzato tutte le competenze nella vecchia perimetrazione calabrese: Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria. Non basterà, quindi, un diverso sistema elettorale – esteso a tutti i cittadini – a riportare equilibrio nello scriteriato sistema calabrese. La politica jonica dovrà sforzarsi affinché venga riconosciuta una perimetrazione ottimale delle circoscrizioni provinciali, tenendo conto delle modifiche intercorse alla geografia amministrativa negli ultimi anni».

«In questo contesto, la fusione tra le estinte Città di Corigliano e Rossano – ha concluso il Comitato – potrà e dovrà recitare un ruolo da protagonista. Contemporaneamente a come Crotone dovrà trovare la forza per svegliarsi dal letargo politico nel quale è piombata, inverando finalmente il significato del termine Capoluogo e non già un pro-forma. Poiché, è solo dall’unione dei due ambiti (Sibarita e Crotoniate) che si creerebbero i presupposti per immaginare un contesto territoriale adeguato alle esigenze prescritte dalla Delrio. Un’area vasta di oltre 400mila abitanti, gestita da un doppio Capoluogo: Crotone a sud, Corigliano-Rossano a nord. Solo così gli strascichi centralisti che caratterizzano la nostra Regione, generando aree ultrasature e contesti periferizzati e larva di loro stessi, potranno essere debellati. Con il vantaggio che a crescere non sarebbe solo l’Arco Jonico, ma la Calabria tutta». (rkr)

DARE A CORIGLIANO-ROSSANO E CROTONE
IL RUOLO DI GUIDA DELL’ARCO JONICO

di DOMENICO MAZZA – Correvano gli anni ’70. La Calabria si apprestava ad attendere i frutti che sarebbero arrivati dalla istituzionalizzazione della Regione.

Gli strascichi dei Moti di Reggio avevano portato i tre Capoluoghi calabresi ad iniziare una battaglia fratricida, per contendersi i benefici derivanti dalla nascita dell’Ente. Tutto ciò senza neppure immaginare che, a distanza di 50 anni, si sarebbe palesato uno dei regionalismi più deviati d’Italia.

E nel mentre Reggio e Catanzaro impostavano la contesa, sostanzialmente, sul pennacchio (Consiglio alla prima, Giunta e tutta la grassa burocrazia alla seconda), a Cosenza veniva concessa la più grande azienda a partecipazione statale che la Calabria avesse mai ricevuto: l’Università.

Certo, come contropartita per Reggio si immaginò la nascita del quinto centro siderurgico d’Italia. Tuttavia, a ricordo di quello che avrebbe dovuto essere il miracolo industriale reggino, oggi resta qualche dismesso capannone. Tra l’altro, mai utilizzato allo scopo se non per qualche improvvisato veglione di capodanno. Qualche anno più tardi, a ripiego, l’idea di un genovese di realizzare – nell’area pensata per l’industria pesante – quello che in seguito sarebbe diventato il più grande porto di transhipment del Mediterraneo.

Ad ogni modo risultò chiaro, fin dal principio, che la visione di questa Regione fu basata su tre teste.

A poco valse, nei primi anni ’90, la nascita delle due nuove Province gemmate da Catanzaro. Seppur, in un primo momento, forse presi dall’euforia (specie i Crotonesi), pensarono d’aver fatto terno al lotto. Tuttavia, ben presto, compresero quanto ampiezza territoriale e dimensione demografica rappresentino i parametri inveranti qualità dei servizi offerti e peso politico nella dimensione regionale ed extraregionale.

Nel merito, Vibo si ritrovò Capoluogo, grazie al certosino lavorio del Senatore Murmura. Il progetto di decentramento vibonese, iniziato nel lontano ’68 con un disegno di legge, tirò lo sgambetto alla più titolata Lamezia. Giammai, del resto, Catanzaro avrebbe ceduto la sua succursale base logistica ad altra sigla. In più, con ogni probabilità, molti, al tempo, ignorarono che la Politica cosentina ebbe un ruolo preponderante nella partita. In effetti, quando sarebbe più ricapitata la ghiotta opportunità di infilzare nel fianco Catanzaro. Cosenza, quindi, si prodigò per oleare il processo di recisione del territorio catanzarese. E lo fece impegnandosi nella generazione di due piccoli territori (VV e KR) inconsistenti a se stessi, ma vitali a deformare, smagrendo, la grande Provincia madre centralista.

Poi il processo di destatalizzazione. La Del Rio, le Unioni e Fusioni di Comuni. Ancora, le Aree Vaste e le Città Metropolitane (che sono cosa ben diversa dalle Aree Metropolitane), quindi una sostanziale restaurazione di quanto ex ante ’92. Pertanto, pur lasciando le piccole Province, queste furono trasformate, insegne a parte, in scatole vuote. Ergo, una sostanziale restaurazione: mantenimento delle piccole Province, ma con centralizzazione dei servizi su base vasta (almeno 350mila ab. e 2500km² per ambito).

Proprio in questi ultimi mesi, non a caso, si è proceduto a riunificare le direzioni sindacali e le camere di commercio per Aree Vaste: CS, CZ, RC. Operazione, tra l’altro, già sperimentata con le Aziende Ospedaliere. Dissennate perimetrazioni che, nel caso calabrese, non hanno tenuto minimamente conto delle affinità e dei rapporti di contiguità tra ambiti sottoposti ad assemblaggio.

La storia, però, ci ha insegnato che la geografia politica è mutevole. È soggetta a dinamismo. E può capitare che anche una terra appiattita ed avvitata su se stessa come la Calabria possa cambiare, sconvolgendo cristallizzate storture territoriali. E così può accadere che due impalpabili città dell’Arco Jonico, al secolo Corigliano e Rossano, abbiano deciso di fondersi per dar vita a qualcosa di più concreto del semplicistico concetto di sommatoria demografica dei precedenti nuclei urbani. Qualcosa che non fosse foriero d’interessi per la sola Sibaritide, ma che invitasse a miglioria anche la dirimpettaia area Crotonese. Una meravigliosa opportunità per aprirsi, insieme, ai contesti rivieraschi lucani e pugliesi, immaginando percorsi d’amalgama metropolitana interregionali. Non già improbabili o impensabili, ma concreti. Empirici e fattuali.

Questo è quanto dovrebbero aver chiaro la politica, la società civile e la classe dirigente della Comunità. Questo è lo spirito con il quale bisognerebbe approcciarsi alla fusione di Corigliano-Rossano.

E andrebbero spese energie per cambiare la scriteriata visione a tre teste di questa Regione. Magari immaginandone una quarta che tenga conto, nella sua definizione territoriale e demografica, di quanto dichiarato in parentesi nel precedente capoverso. Non già per aggiungere burocrazia o ulteriori centralismi, ma per riequilibrare un territorio variegato e profondamente diverso nei suoi ambiti. Amalgamando le aree per interessi comuni e su basi statutarie policentriche.

La fusione tra Corigliano e Rossano (incalliti restauratori a parte) ha dimostrato che possono convivere due o più centri all’interno della medesima Città. Parimenti possono coesistere due o più Capoluoghi nella stessa Area Vasta, come la mappatura geografica italiana insegna.

Allora, se davvero si vuole rilanciare il dibattito sulla fusione tra Corigliano e Rossano, così come fra tutti i processi similari in atto in questa Regione, lo si faccia con una visione e guardando oltre l’orizzonte. Si mobilitino le intelligenze e si pensi in grande. Si disegni un ruolo guida per la Città e, insieme a Crotone, le si attribuisca il coordinamento e la gestione di tutto l’Arco Jonico del nord est calabrese. Si lavori immaginando nel medio e lungo periodo una condizione emancipativa da estendere a qualcosa che vada oltre le Città, oltre gli ambiti ed oltre i macroterritori. In caso contrario, sentimenti malinconici e stantii aleggeranno sempre negli animi dei nostalgici di sciarpe e pennacchi. Con il rischio concreto di trasformare dibattiti di alta caratura politica, in argomenti da stadio ed ippodromi. (dm)

[Domenico Mazza è del Comitato Magna Graecia]

 

Un pool di Associazioni scrivono a Trenitalia e alla Regione: No a nuove fermate sulla Sibari-Bolzano

L’Associazione Ferrovie in Calabria, l’Unione delle Associazioni della Riviera dei Cedri e del Pollino, il Gruppo Jonia-Magna Graecia, hanno inviato una lettera a Trenitalia, al presidente della Regione, Roberto Occhiuto e all’assessore regionale al Turismo, Fausto Orsomarso, opponendosi all’istituzione di nuove fermate nella tratta del Frecciargento Sibari-Bolzano.

Motivo della missiva, l’opposizione alle richieste del senatore Francesco Castiello, di far istituire alcune fermate del treno Frecciargento Sibari-Bolzano nel Cilento. Nella stessa, le Associazioni hanno invitato i destinatari «ad investire su nuovi collegamenti veloci che consentano a tutta la Calabria, ed in particolar modo all’area dell’Arco Jonico, di uscire da una condizione di isolamento infrastrutturale atavico. A tal riguardo è stato proposto di attestare il FrecciaRossa Taranto-Milano a Sibari e l’istituzione di un servizio Intercity RC-BA via Paola-Sibari. Per entrambi i servizi, con la predisposizione di coincidenze per le città di Corigliano-Rossano e Crotone».

Nella lettera, viene spiegato che non si tratta di «una presa di posizione su mere questioni strumentali e di pennacchio, quanto la necessità di significare che il treno in questione è l’unico collegamento veloce predisposto al servizio di aree depresse del territorio calabrese».

«Si è voluto chiarire, infatti – viene spiegato – che tutto l’ambito dell’Arco Jonico Sibarita e Crotoniate, servito dal treno sopra richiamato, non dispone di altri servizi a mercato, tantomeno di servizi Intercity, diretti verso la Capitale. Nel caso dell’Alto Tirreno, invece, territorio anch’esso servito dal convoglio veloce, è stato specificato che già gli altri servizi Frecciarossa, transitanti sull’area, sono stati riempiti di fermate aggiuntive. Tale condizione ha dilatato i tempi di percorrenza, sminuendo il significato stesso di treno veloce».

«Nel merito – viene spiegato in una nota – è stato ricordato che già nel luglio 2020, in occasione dell’arrivo di FrecciaRossa ed Italo a Reggio Calabria, fu proprio il senatore Castiello a chiedere, oltre le già 3 concesse fermate nel territorio Cilentano, ulteriori 6 fermate aggiuntive a servire il medesimo ambito. Pertanto, è stato posto il quesito su come possa un Senatore della Repubblica, che dovrebbe conoscere le caratteristiche di un treno ad Alta Velocità, pretendere ben 9 fermate in così pochi chilometri. Risulta evidente che le citate richieste abbiano uno sfondo meramente campanilistico e che non considerino le esigenze di ambiti ben più disastrati di quello Cilentano. Parimenti a come ignorino cosa siano i servizi in coincidenza ed intermodalità».

«Inoltre, i Sodalizi civici – si legge – hanno chiesto ragguagli circa le motivazioni del tardivo interessamento riguardo il treno Sibari-Bolzano, da parte del senatore Castiello. Con rammarico è stata constatata la mancata premura da parte del Senatore in atto istituzione del servizio a mercato. Allorquando, ritenuto infruttuoso da parte di Trenitalia, fu necessario un contributo da parte della regione Calabria (tuttora in essere), per permetterne la messa in esercizio».

«A margine delle motivazioni addotte nella lettera, le Scriventi  hanno concluso sostenendo che se la politica avesse davvero interesse a migliorare la situazione dei trasporti, dovrebbe impegnarsi concretamente a far istituire nuovi collegamenti. Appare insensato, d’altronde – prosegue la nota – rimpinguare di fermate aggiuntive le corse  dei treni Freccia esistenti. Vieppiù, gravadole di una dilatazione dei tempi di percorrenza.

«Molte delle evocate fermate, tra l’altro – conclude la nota – poste nelle immediate vicinanze l’una dell’altra, contribuiscono a diminuire la qualità dei vettori facendo venir meno il senso stesso dei collegamenti ad alta velocità. Quanto esposto con l’auspicio di porre fine ad una mercificazione politica che utilizza il Freccia Sibari-Bolzano, in barba a qualsivoglia principio di equità tra territori serviti. Così come già in passato avvenuto con l’istituzione delle fermate a Torano e, durante il periodo estivo, a Maratea». (rkr)

“JONIA” UN AMBIZIOSO PROGETTO URBANO
CHE SPAZIA DA CROTONE FINO A GALLIPOLI

Un grande agglomerato urbano composto da Crotone, Corigliano-Rossano, Comuni metapontini, Taranto-Massafra-Grottaglie, Gallipoli e Centri contermini. È questo il fine di Jonia, l’ambizioso progetto del Comitato Magna Graecia, che lancia la sfida di realizzare un grande ambito metropolitano caratterizzato da aree ad interesse comune.

Un obiettivo, quello di Jonia, che è il cuore e la mission del Comitato Magna Graecia che, fin dalla sua fondazione, cerca di restituire centralità all’Arco Jonico che è continuamente messo da parte. Jonia, infatti, «punta a ridare centralità ad una porzione del territorio Meridionale per troppo tempo succube dei relativi centralismi storici che ne hanno decretato un sostanziale sfruttamento solo per meri fini elettoralistici».

Jonia, dunque, «non nasce contro qualcosa o qualcuno. Piuttosto affonda radici profonde nella necessità di riportare alla luce i processi di affinità territoriale tra ambiti condividenti le medesime economie e le inespresse potenzialità», viene spiegato dal Comitato Magna Graecia.

Anzi, si potrebbe dire che Jonia potrebbe rappresentare la rinascita di un territorio quasi dimenticato e lasciato a sè stesso, che prova ad assemblare in un unico contenitore provinciale, con due Capoluoghi, le aree del Crotonese e della Sibaritide.

Lo si potrebbe definire «un contenitore di nuove idee» che, partendo da una base consorziale dei Comuni in linea di costa, apre alle aree pedemontane afferenti i principali centri urbani. «Mira a far emergere – ha spiegato il Comitato – le potenzialità nel campo turistico-ricettivo, agricolo ed agroalimentare di qualità di un sistema economico-territoriale che avrebbe, se adeguatamente incanalato nei binari della coesione sociale, pochi eguali, se non nessuno, nel Paese».

«Ed ancora – spiega la nota – tre agglomerati industriali tra poli in attività, dismessi o parzialmente tali (Taranto/Crotone/Corigliano-Rossano) da rilanciare nell’ottica della transizione ecologica e spendibili come base propositiva di un sistema integrato Hub-Spoke per un innovativo Ecosistema della Innovazione».

«Viepiù la presenza di 24 porti mercantili, navali, crocieristici e da diporto che si affacciano sull’Arco Jonico aprendo al rilancio delle vie del mare – viene spiegato –. Con la consapevolezza che le su menzionate vie, proprio per le caratteristiche orografiche e di costa, nonché per la particolare conformazione ad arco del territorio, avrebbero la possibilità di collegare i diversi punti d’approdo dell’area dimezzando notevolmente i tempi di connessione via terra».

«Ed ancora, tale sistema, riconducendo le 3 portualità principali del contesto territoriale (Taranto, Corigliano-Rossano e Crotone) sotto l’egida naturale dell’Autorità di bacino di Taranto – sottolinea il Comitato – concorrebbe a migliorare i rapporti interregionali dell’area coerentemente ai dettami comunitari UE nell’ottica della coesione territoriale. Quindi la possibilità di aprire a compagnie di navigazione che, con un sistema di aliscafi, potrebbero mettere in collegamento i su menzionati punti di approdo in intervalli di tempo compresi tra i 45′ ed i 90’».

«Si avvierebbero, anche – vien spiegato ancora – sinergici rapporti tra i due principali scali aeroportuali dell’area (Grottaglie – Sant’Anna), strategicamente posti ai vertici del sistema integrato territoriale. Quanto descritto, giocoforza, cambierebbe il paradigma di un territorio. Si innalzerebbe l’offerta di lavoro favorendo l’intreccio con l’elevata e, ad oggi, non suffragata domanda».

Insomma, un rivoluzionario progetto che concorrebbe, cooperativamente, a migliorare i rispettivi sistemi regionali di Puglia, Lucania e Calabria e che merita l’attenzione di tutta la politica.

Ma non è solo su questo progetto, avanzato dal Comitato, su cui si dovrebbe prestare attenzione: Recentemente, sulla scia della imminente nascita del Consorzio Costa degli Dei, l’Associazione ha rilanciato la possibilità di realizzare un Consorzio Interregionale Magnograeco.

«Un grande contenitore di 52 Enti comunali – aveva spiegato il Comitato – allocato lungo la linea di costa del Crotonese, della Sibaritide, del Metapontino, del Tarantino e del Salento Jonico. Cinque Province e tre Regioni coinvolte. Tre Distretti Agroalimentari di qualità. Un numero indefinito di siti archeologici, senza considerare le aree dall’incommensurabile valore storico».

«Il tutto – si legge – costellato da 24 portualità tra navali, mercantili e nautica da diporto. Quattrocento km di costa con caratteristiche uniche al mondo. Non solo per la qualità e la bellezza delle stesse, ma per la particolare ed unica conformazione ad arco che, sostanzialmente, dimezza i tempi di percorrenza nautica tra un lembo e l’altro; colmando così il ritardo infrastrutturale terrestre che il territorio in questione vive. Il tutto inquadrato nel più ampio contesto del Mediterraneo dove l’area si configura come una piccola ed unica baia che assembla spiagge ampie e sabbiose a distese argillose, attrezzabili a riviera, con porzioni a falesia».

«Un unico grande contenitore turistico – viene sottolineato – capace di accrescere l’offerta di lavoro venendo incontro alla elevata domanda della stessa. Viepiù costituendo un reale deterrente alla piaga dello spopolamento che impatta, senza soluzione di continuità, tutti i territori compresi tra il Lacinio e Punta Leuca».

Ma non è solo in tema di turismo e valorizzazione del territorio che è intervenuto il Comitato: nel mese di maggio, Domenico MazzaGiovanni Lentini, hanno parlato dell’approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili ed un sostanziale ritorno alla cura della terra per quanto concerne la coltura dei suoi prodotti.

Una questione che «riguarda, anche e soprattutto, noi che ci ritroviamo a vivere in uno spicchio di terra, fortunato per certi versi, desolato per altri, affacciato a raggiera sul Mediterraneo: la baia dell’Arco Jonico» hanno detto Mazza e Lentini, sottolineando che «i Presidenti delle regioni Calabria e Lucania dovrebbero redigere i rispettivi Pri (Piano regionale dell’idrogeno), aggiornando i Pear (Piano Energetivo Ambientale Regionale) delle due Regioni».

«E dovrebbero farlo – hanno detto – in stretto partenariato con la regione Puglia, mettendo sul piatto, intanto il territorio che, senza soluzione di continuità, unisce le tre Regioni, ed in più, sfruttando tutte le potenzialità della fascia jonica da Capo Rizzuto a Leuca. Territorio, questo, afferente tutto al contesto allargato del Golfo di Taranto».

«E sarebbe necessario – hanno evidenziato – partire con la proposta di un Hub produttivo delle Energie Rinnovabili e dell’Efficienza Energetica incentrato sull’idrogeno verde, utilizzando tutto ciò che è presente lungo la baia jonica per quanto attiene le energie rinnovabili. Dal riutilizzo delle aree industriali dismesse di Crotone, in cui insistevano gli impianti Montedison e Pertusola, e dell’area industriale dismessa di Corigliano-Rossano sulla quale ancora giace la ex centrale termoelettrica Enel. Oltre, come già puntualizzato, ad utilizzare il surplus di energia derivante da fonti rinnovabili di cui il lembo jonico di Calabria e Lucania è particolarmente ricco».

Mazza e Lentini, infatti, ritengono, «senza paura di smentita alcuna, che il territorio dell’Arco Jonico calabro-appulo-lucano abbia, già oggi, tutte le carte in regola per soddisfare i dettami europei in materia d’approvvigionamento energetico e filiera agroalimentare di qualità». (rkr)