di SANTO STRATI – Diciamoci la verità, il presidente “Giuseppi” Conte due parole in più sul Sud le poteva pure spendere, presentando il programma del suo nuovo esecutivo, invece, dalle due (vergognose) righe del “contratto” del 2018 si è passati a poche righe in più. Però, bisogna riconoscere che, almeno, Conte nel suo programma cita tre volta la parola Mezzogiorno: «…occorre rilanciare un piano straordinario di investimenti per il Mezzogiorno anche attraverso l’istituzione di una banca pubblica per gli investimenti che aiuti le imprese e dia impulso all’accumulazione di capitale fisico, umano, sociale e naturale del Sud. Per le aree più disagiate dobbiamo promuovere il coordinamento degli strumenti normativi esistenti, e intervenire affinché i fondi europei siano utilizzati al meglio per valorizzare i territori». Questo è quanto.
Delude il programma del Governo perché fa un volo d’angelo su quasi tutto, come dire troveremo le soluzioni ad ogni problema, ma dimentica di indicare come saranno finanziate le iniziative e da dove verranno le risorse. È un bel manifesto, fin troppo generico, di buoni propositi, ma da un esecutivo nato dall’inconcepibile (fino a un mese fa) intesa dei grillini col PD ci si poteva aspettare ben altro. È un bel discorso e il presidente Conte mostra non solo che ci ha preso gusto a stare a Palazzo Chigi, ma che ha la stoffa del fine oratore che potrebbe, in prospettiva, svelare inaspettate doti da leader. Inaspettate perché su Conte pesa l’ignobile atteggiamento di supremazia esercitato senza ritegno da Di Maio e Salvini, in nome di chissà quale presunta autorevolezza politica, ma in realtà era semplicemente un fritto misto di arroganza e incompetenza, innaffiata da una buona dose di incapacità. Il “burattino” del governo precedente adesso è diventato burattinaio e non è detto che se, per amor di patria (e di opportunità politica), ha accontentato i capricci del giovane che voleva diventare “Of Maio” facendogli occupare una poltrona assolutamente inadeguata, non sappia a breve mettere a posto lui e tutta la marmaglia che confonde l’istituzione con una gita scolastica fuori porta.
Conte ha presentato il suo programma con capacità di fine dicitore, con la convinzione di chi sa che deve convincere l’oratorio, ma è stata la replica a Montecitorio, interrotta continuamente da una indegna gazzarra inscenata da lega e Fratelli d’Italia, che ha fatto capire che questo governo potrebbe avere chances inaspettate. C’è la spina del Nord che vuole l’autonomia differenziata («Avrà – ha detto il presidente del Consiglio – tutta l’attenzione del Governo») e c’è la necessità del cosiddetto piano straordinario di intervento che deve partire dal Sud. Il nuovo ministro per il Sud, Peppe Provenzano, con l’esperienza della Svimez, insiste – giustamente – che l’Italia riparte se parte il Mezzogiorno: Conte condivide questa posizione, ma ha tenuto a rassicurare le regioni del Nord che tutto sarà armonizzato perché siano soddisfatte le rispettive aspettative. Come farà è una bella domanda, alla quale – crediamo – neanche lui avrebbe la risposta. Sul tavolo del Sud ci sono centinaia di situazioni da sbloccare, soprattutto per la nostra regione: la ZES di Gioia Tauro, i trasporti, la mobilità, gli aeroporti della Calabria, la mancanza di opportunità per i giovani, la lotta alla burocrazia. Quest’ultima non è, però, solo una caratteristica del Mezzogiorno: occorre snellire le procedure, ridurre ai minimi termini la tempistica di approvazione dei progetti, smantellare (e qui è la parte più difficile) le posizioni dei burocrati che rallentano la crescita e scoraggiano le iniziative.
Sul Reddito di Cittadinanza Conte ha espresso convinzione: «È una misura di protezione sociale per i più deboli, occorre addirittura implementarlo», ma il presidente deve tenere bene in mente che i giovani del Mezzogiorno non vogliono sussidi e assistenzialismo, ma esigono opportunità di lavoro e occupazione che permettano loro di progettare il futuro, una famiglia. Se la natalità è in continua decrescita la spiegazione è fin troppo ovvia: senza lavoro, senza prospettive come si fa a mettere al mondo altri figli?
Del resto, Conte punta molto sullo sviluppo locale che è «un prezioso motore di crescita, e molti sono gli interventi che intendiamo fare per favorirlo. È necessario rivedere il testo unico degli enti locali, anche nel caso delle città metropolitane e di Roma Capitale, il cui assetto va riformato. Dobbiamo attuare la legge per la valorizzazione dei piccoli Comuni, sopprimendo gli enti inutili. In questo contesto occorre garantire e tutelare le autonomie a statuto speciale e le minoranze linguistiche». Occorre evitare – ha sottolineato Conte nel suo programma – che «questo sacrosanto processo riformatore possa contribuire a creare un Paese a due velocità, che aggravi il divario tra Nord e Sud». Il presidente del Consiglio insiste a marcare gli obiettivi: «La sfida è di aumentare la partecipazione alla vita lavorativa, soprattuto per giovani e donne particolarmente nel Mezzogiorno; vogliamo offrire loro opportunità di lavoro, salari adeguati, condizioni di vita degne di un Paese civile. Dobbiamo rimuovere gli ostacoli per il raggiungimento di questo obiettivo, riconducibili a varie cause: dinamiche fortemente condizionate dalla nostra storia economica, che non possono trovare soluzione immediate, ma richiedono una riflessione approfondita e sincera su come si è definito lo sviluppo dell’Italia post bellica, della crisi legata
La votazione per appello nominali, conclusa alle 21.23, ha confermato – come era ovvio – che i numeri ci sono: presenti 609, hanno votato 606, 3 astenuti, maggioranza richiesta 304, sì 343, no 263. E al Senato non c’è da aspettarsi alcuna sorpresa (semmai bisognerà individuare eventuali voti extra coalizione), quindi votata la fiducia bisognerà aspettare la nomina dei viceministri e dei sottosegretari perché il Conte-2 prende definitivamente il via. Ognuno faccia la sua parte e, per fortuna, Conte ha tenuto a ribadire la centralità del Parlamento precisando che l’utilizzo sarà effettivamente riservato a reali esigenze di emergenza. Sono promesse di un Capo di un esecutivo che vuole arrivare a fine legislatura. Staremo a vedere (s)
IL TESTO COMPLETO DEL PROGRAMMA DEL GOVERNO CONTE 2,
PRONUNCIATO ALLA CAMERA DAL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIUSEPPE CONTE
Signor Presidente, gentili Deputate, gentili Deputati,
prima di avviare le mie comunicazioni in quest’Aula, concedetemi innanzitutto di rivolgere un saluto e un ringraziamento al Presidente della Repubblica, il quale anche in queste ultime fasi sì determinanti per la vita della nostra Repubblica, esercitando con scrupolo le proprie prerogative costituzionali, ha guidato il Paese con equilibrio e saggezza ed è stato un riferimento imprescindibile per tutti.
Oggi ci presentiamo per chiedere a Voi, rappresentanti del popolo italiano, la fiducia sul nuovo Governo, che sarà mio compito guidare con “disciplina e onore”.
Mosso dal primario obiettivo del perseguimento dell’interesse nazionale, ho sempre inteso il mio ruolo di Presidente del Consiglio come servizio al Paese. Nell’esercitare le funzioni di direzione e di guida della politica generale del Governo, ho cercato di guardare sempre al bene comune, senza lasciare che prevaricassero interessi di parte o le convenienze di singole forze politiche.
Il programma che mi accingo ad illustrare non è una mera elencazione di proposte eterogenee che si sovrappongono l’una con l’altra, né tantomeno è la mera sommatoria delle diverse posizioni assunte dalle forze politiche che hanno inteso sostenere questa iniziativa.
È, al contrario, una sintesi programmatica che disegna l’Italia del futuro. È un progetto di governo del Paese, fortemente connotato sul piano politico, che preannuncia specifiche risposte alle attese e ai bisogni dei cittadini, risposte che ci impegniamo a realizzare con il lavoro e l’impegno delle donne e degli uomini che siedono qui al mio fianco.
È un programma che ha l’ambizione di delineare la società in cui vogliamo vivere noi stessi, che abbiamo già un po’ di anni sulle spalle, ma soprattutto la società che vogliamo consegnare ai nostri figli e ai nostri nipoti, nella consapevolezza che il “patto politico e sociale” che oggi proponiamo a voi e a tutti i cittadini, si proietta necessariamente, per essere sostenibile, in una dimensione intergenerazionale.
Questo progetto politico segna l’inizio di una nuova, risolutiva stagione riformatrice.
Come più volte hanno sollecitato le stesse forze di maggioranza, è un progetto che presenta forti caratteristiche di novità: nuovo nella sua impostazione, nuovo nell’impianto progettuale, nuovo nella determinazione a invertire gli indirizzi meno efficaci delle azioni pregresse; nuovo nelle modalità di elaborazione delle soluzioni ai bisogni dei cittadini, alle urgenze che assillano la società; nuovo nel suo sforzo di affrontare con la massima rapidità le questioni più sensibili e critiche.
Nello stesso tempo, questo progetto – per quanto ben avanzato sul terreno dei contenuti – ambisce a recuperare, con umiltà e contando sull’aiuto di tutti, un metodo di condotta politica che valorizzi, traendo ispirazione dal passato, equilibrio e misura, sobrietà e rigore, affinché i nostri cittadini possano guardarci con rinnovata fiducia, quella fiducia nelle istituzioni che è il presupposto imprescindibile affinché l’azione di governo e, più in generale, le iniziative di tutti i pubblici poteri, possano rivelarsi realmente efficaci.
È un progetto politico di ampia portata, anche culturale.
Vogliamo volgerci alle spalle il frastuono dei proclami inutili e delle dichiarazioni bellicose e roboanti.
Io e tutti i miei ministri prendiamo il solenne impegno, oggi davanti a voi, a curare le parole, ad adoperare un lessico più consono e più rispettoso delle persone, della diversità delle idee.
Ci impegniamo a essere pazienti anche nel linguaggio, misurandolo sull’esigenza della comprensione.
La lingua del governo sarà una lingua “mite”, perché siamo consapevoli che la forza della nostra azione non si misurerà con l’arroganza delle nostre parole.
I cittadini ci guardano, ci ascoltano, attendono da noi una parola e un’azione all’altezza della funzione alla quale siamo chiamati. Si attendono da noi consapevolezza del ruolo e anche un supplemento di umanità. Non possiamo deludere le loro aspettative.
Faccio mie le parole pronunciate dal Giuseppe Saragat nella seduta inaugurale dell’Assemblea costituente: “Fate che il volto di questa Repubblica sia un volto umano. Ricordatevi che la democrazia non è soltanto un rapporto fra maggioranza e minoranza, non è soltanto un armonico equilibrio di poteri sotto il presidio di quello sovrano della Nazione, ma è soprattutto un problema di rapporti fra uomo e uomo. Dove questi rapporti sono umani, la democrazia esiste; dove sono inumani, essa non è che la maschera di una nuova tirannide”.
Lavoriamo dunque, insieme, ogni giorno – nelle aule parlamentari, nelle commissioni, nel governo – per promuovere una democrazia autenticamente “umana”.
In questa prospettiva, il nostro Governo si richiamerà costantemente a un quadro consolidato di principi e valori in grado di offrire respiro e orizzonte alle proprie politiche. Sono principi che ritengo “non negoziabili”, perché universali. Essi si collocano in una dimensione sovra-governativa e non hanno colore politico.
Sono i principi scritti nella nostra Costituzione e che – nei miei numerosi interventi pubblici – ho più volte richiamato, sintetizzandoli con la formula riassuntiva “nuovo umanesimo”: il primato della persona, alla quale la Repubblica “riconosce” diritti inviolabili e, allo stesso tempo, richiede l’adempimento di inderogabili doveri di solidarietà; il lavoro come supremo valore sociale, in quanto rende ogni uomo cittadino pleno iure, in grado di concorrere, insieme agli altri, al progresso materiale e spirituale della società; l’uguaglianza nelle sue varie declinazioni, formale e sostanziale; il principio di laicità e la tutela della libertà religiosa; il ripudio della guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti e la promozione della pace e della giustizia tra le nazioni.
All’interno di questi valori, in questa cornice di riferimento costituzionalmente caratterizzata, si ascrive la nostra azione riformatrice, racchiusa in un programma, del quale sarò il garante e il primo responsabile e che cercherò di tratteggiare – nelle sue linee essenziali – in questo mio intervento.
Gli obiettivi che abbiamo posto a fondamento di quest’azione di governo sono elementi essenziali di un progetto riformatore che mira a far rinascere il Paese nel segno dello sviluppo, dell’innovazione e dell’equità sociale.
Sono molte le sfide che ci attendono, a partire dalla prossima sessione di bilancio, che dovrà indirizzare il Paese verso una solida prospettiva di crescita e di sviluppo sostenibile, pur in un quadro macroeconomico internazionale caratterizzato da profonda incertezza. Le tensioni commerciali in atto e le conseguenti difficoltà di settori cruciali come quello manifatturiero, caratterizzato da una catena del valore ormai pienamente integrata fra i Paesi dell’Unione, ci obbligano a definire al più presto un’agenda riformatrice di ampio respiro e di lungo periodo per far crescere le migliori energie dell’Italia e per concorrere a rilanciare la crescita sostenibile, l’occupazione e la coesione sociale e territoriale in Europa.
Non possiamo limitarci a porre in essere azioni che intervengano marginalmente sulla struttura del nostro sistema-Paese. Abbiamo l’opportunità storica di imprimere una svolta profonda nelle politiche economiche e sociali, che restituisca una prospettiva di sviluppo e di speranza ai giovani, alle famiglie a basso reddito, oltre che a tutto il sistema produttivo.
Da troppi anni l’Italia fatica ad esprimere il proprio potenziale di sviluppo; cresce a ritmi molto inferiori rispetto a quelli che potrebbero garantire – sul piano sociale, ambientale, economico – uno sviluppo armonico e sostenibile. Ne ha risentito la qualità della vita dei cittadini, la capacità dei giovani di perseguire con piena fiducia i propri progetti di vita, la garanzia di una terza età serena, la capacità della mano pubblica di fornire beni collettivi di qualità, senza i quali non è possibile coltivare nessuna prospettiva di progresso.
Occorre dunque invertire questa tendenza, attraverso un’azione coordinata sul piano interno e a livello europeo.
La sfida sul piano interno è quella di ampliare la partecipazione alla vita lavorativa delle fasce di popolazione finora escluse. Esse si concentrano soprattutto tra i giovani e le donne, particolarmente nel Mezzogiorno. Vogliamo offrire loro, come a tutti gli altri lavoratori, opportunità di lavoro, salari adeguati e condizioni di vita degne di un Paese civile, di un Paese che, fin dal 1948, ha sancito, nella propria Carta fondamentale, il diritto del lavoratore a un’esistenza libera e dignitosa.
Dobbiamo perciò rimuovere gli ostacoli che si frappongono al raggiungimento di questo primario obiettivo e che – purtroppo – sono riconducibili alle più varie cause. Alcune sono ascrivibili a dinamiche fortemente condizionate dalla nostra storia economica e non possono trovare soluzioni immediate, ma richiedono una riflessione approfondita e sincera su come si è definita la struttura sociale e produttiva dell’Italia post-bellica e su come essa, dopo un trentennio di straordinario sviluppo economico, sociale e civile, ha affrontato l’impatto delle profonde trasformazioni legate al nuovo ciclo della globalizzazione. Altre cause, invece, sono di più immediata evidenza e, conseguentemente, possono essere affrontate e, in prospettiva, risolte, attraverso una coraggiosa opera di riforma. Ne cito alcune: scarsa formazione, carente dotazione di conoscenze e di competenze, difficoltà di conciliare vita familiare e vita lavorativa.
Scuole e università di qualità, asili nido e servizi alle famiglie, specialmente quelle con figli, saranno dunque le prime leve sulle quali agire.
Il primo, immediato intervento sarà sugli asili nido. Non possiamo indugiare oltre.
Rafforzare l’offerta e la qualità di un’educazione fin dal nido è un investimento strategico per il futuro della nostra società perché combatte le diseguaglianze sociali, che purtroppo si manifestano sin nei primissimi anni di vita, e favorisce una più completa integrazione delle donne nella nostra comunità di vita sociale e lavorativa. Dobbiamo contrastare la falsa mitologia per cui la cura della comunità familiare, dei figli e degli anziani possa essere di ostacolo a una più intensa partecipazione al mercato del lavoro. Il simultaneo perseguimento di questi obiettivi è possibile con adeguate politiche di offerta di servizi alle famiglie, coerente distribuzione del carico fiscale, lotta alla discriminazione di genere, in particolare nei luoghi di lavoro.
Questo Governo, quale prima misura di intervento a favore delle famiglie con redditi bassi e medi, si adopererà, con le Regioni, per azzerare totalmente le rette per la frequenza di asili-nido e micro-nidi a partire dall’anno scolastico 2020-2021 e per ampliare, contestualmente, l’offerta dei posti disponibili, soprattutto nel Mezzogiorno.
È una delle varie misure che introdurremo anche al fine di sostenere la natalità e contrastare così il declino demografico.
Per quanto riguarda la scuola, occorre intervenire per migliorare la didattica e per contrastare la dispersione scolastica, concentrando i nostri sforzi sulla professionalità dei docenti, ai quali occorre garantire la giusta valorizzazione, anche economica, in linea con quanto accade in altri Paesi europei. Occorre anche, in questo contesto, contrastare il precariato, attraverso lo strumento di concorsi ordinari e straordinari, che riconoscano il valore dell’esperienza e, nello stesso tempo, valorizzino il merito – e i meriti – di chi, con passione e vocazione, vuole dedicarsi a far crescere le prossime generazioni. Inoltre, per assicurare l’effettività del diritto allo studio, valuteremo misure a sostegno delle famiglie meno abbienti, soprattutto nell’ottica di un innalzamento dell’obbligo scolastico.
Nello stesso tempo, occorre rafforzare e valorizzare il nostro sistema universitario e di ricerca, che deve spingere l’intero Paese verso le più avanzate frontiere della conoscenza. Occorre incrementare la partecipazione dei giovani alla formazione terziaria per colmare il divario che ci separa dai nostri partner europei, anche attraverso adeguate politiche di sostegno al diritto allo studio. La qualità della nostra ricerca, già eccellente, può e deve essere ulteriormente accresciuta anche attraverso un più intenso coordinamento tra centri universitari ed enti di ricerca, dei quali va assolutamente favorita l’internazionalizzazione. Il sistema di reclutamento va allineato ai migliori standard internazionali e va potenziato anche attraverso l’istituzione di un’agenzia nazionale, sul modello di quelle istituite in altri Paesi europei, che possa coordinare e accrescere la qualità e l’efficacia delle politiche pubbliche sulla ricerca. Nuove forme di finanziamento e formule innovative di partenariato pubblico-privato dovranno essere incentivate il più possibile.
È in gioco il futuro dei nostri giovani migliori. Purtroppo, tra le tante eccellenze del nostro Paese, ve ne è una che – da troppi anni – stiamo “esportando”, al di là delle nostre intenzioni. Sono le nostre ragazze, i nostri ragazzi, soprattutto quelli del Sud, costretti ad abbandonare i propri affetti, i territori in cui sono cresciuti per trovare all’estero nuove opportunità di vita. Occorre invertire questa tendenza, che espone la nostra Nazione al rischio di un inesorabile declino.
I giovani sono la spinta propulsiva senza la quale ogni tentativo di rinnovamento si rivelerebbe vano.
Questo è il Governo più giovane della storia della Repubblica. Non può rinnegare se stesso. Deve assolutamente raccogliere e vincere questa sfida.
L’Italia dovrà essere laboratorio di innovazione, di opportunità, di idee, capace di offrire ai giovani solidi e convincenti motivi per rimanere, hic optime.
Gli anni della globalizzazione ci hanno insegnato che solo il lavoro di qualità è una garanzia contro la povertà e l’insicurezza economica. Vogliamo perciò creare le condizioni affinché il tessuto del Paese sia forte e altamente produttivo e basi la sua capacità di “stare sui mercati” non sul lavoro precario e a basso costo, ma sulla qualità e l’innovazione dei prodotti.
Il modello di sviluppo che intendiamo perseguire è quello di una crescita integrale e inclusiva, che ponga al centro il benessere del cittadino e del lavoratore, nella prospettiva di uno sviluppo equo e solidale.
Ne abbiamo tutte le possibilità. La nostra forza, che ci viene universalmente riconosciuta, è un sistema industriale in grado di far incontrare la produzione di massa con la capacità di personalizzazione del prodotto e la flessibilità nei processi. Occorre rafforzare la determinazione e l’impegno affinché questa spiccata vocazione all’innovazione possa essere adeguatamente sfruttata.
Dobbiamo coordinare in questa medesima direzione l’intervento pubblico e l’iniziativa privata.
L’azione pubblica deve favorire questo processo, definendo le “regole del gioco” e una visione di politica industriale, rilanciando gli investimenti pubblici e creando le condizioni materiali che consentano agli attori privati di agire, di investire, di crescere. Per questo abbiamo voluto creare un Ministero dedicato all’innovazione tecnologica e alla digitalizzazione, che aiuti le imprese, oltreché la medesima Pubblica Amministrazione, a trasformare l’Italia in una vera e propria Smart Nation.
Dobbiamo perseguire una strategia di azione che porti l’Italia a primeggiare, a livello mondiale, in tutte le principali sfide che caratterizzano la “quarta rivoluzione industriale”: una efficiente e razionale politica di investimenti ci consentirà di crescere nella digitalizzazione, nella robotizzazione, nell’intelligenza artificiale.
Questo impegno non riguarda solo l’industria. L’innovazione deve essere il motore che imprime una nuova spinta a tutti i settori dell’economia e della società. La Pubblica Amministrazione dovrà essere alla testa di questo processo realizzando le infrastrutture materiali e immateriali necessarie.
In questa direzione occorrono impegni concreti. Dobbiamo lavorare perché i cittadini abbiano un’unica, riassuntiva identità digitale di qui a un anno. Dobbiamo dotare il Paese di una infrastruttura di comunicazione a banda larga nei prossimi anni. Dobbiamo rafforzare gli investimenti per il fondo di venture capital e sollecitare anche gli investimenti privati nel campo della innovazione tecnologica.
La rivoluzione dell’innovazione non può realizzarsi, tuttavia, senza un’adeguata rete di infrastrutture tradizionali dei trasporti, delle reti dei servizi pubblici essenziali, senza un’attenta politica di difesa del territorio e dell’ambiente. E’ necessario per questo ravvivare la dinamica degli investimenti, sia proseguendo nell’azione di supporto alle pubbliche amministrazioni sia nella definizione delle priorità fondamentali su cui concentrare nuove risorse. Le infrastrutture, in questa prospettiva, sono essenziali per avviare una nuova strategia di crescita fondata sulla sostenibilità. Abbiamo bisogno di un sistema moderno, connesso, integrato, più sicuro, che tenga conto degli impatti sociali e ambientali delle opere.
Renderemo più efficiente e razionale il sistema delle concessioni dei beni e dei servizi pubblici, operando una progressiva revisione di tutto il sistema. Quanto al procedimento in tema di concessioni autostradali avviato a seguito del crollo del ponte Morandi, questo Governo porterà a completamento il procedimento senza nessuno sconto per gli interessi privati, avendo quale obiettivo esclusivo la tutela dell’interesse pubblico e, con esso, la memoria delle 43 vittime, una tragedia che rimarrà una pagina indelebile della nostra storia patria.
Nella prospettiva di un’azione riformatrice coraggiosa e innovativa, obiettivo primario del Governo sarà la realizzazione di un Green New Deal, che promuova la rigenerazione urbana, la riconversione energetica verso un progressivo e sempre più diffuso ricorso alle fonti rinnovabili, la protezione della biodiversità e dei mari, il contrasto ai cambiamenti climatici.
Siamo determinati a introdurre una normativa che non consenta più il rilascio di nuove concessioni di trivellazione per estrazione di idrocarburi. Chi verrà dopo di noi, se mai vorrà assumersi l’irresponsabilità di far tornare il Paese indietro, dovrà farlo modificando questa norma di legge.
È anche per evitare questi rischi che ci adopereremo affinché la protezione dell’ambiente e delle biodiversità, e auspico anche dello sviluppo sostenibile, siano inseriti tra i princìpi fondamentali del nostro sistema costituzionale.
Tutto il sistema produttivo dovrà orientarsi in questa direzione, promuovendo prassi socialmente responsabili che valgano a rendere quanto più efficace la “transizione ecologica” e indirizzino il sistema produttivo verso un’economia circolare, che favorisca la cultura del riciclo e dismetta definitivamente la cultura del rifiuto. D’altra parte – occorre esserne consapevoli – siamo di fronte a cambiamenti epocali, che impongono, a tutti i livelli di governance, di ripensare modelli economici, sociali e di tutela ambientale, per creare nuove opportunità di sviluppo personale, ridurre le disuguaglianze, fare in modo che altre non si creino in futuro e, conseguentemente, garantire l’equità intergenerazionale, per non compromettere la qualità di vita delle generazioni future.
In questo quadro anche l’agricoltura e l’agro-alimentare rappresentano un comparto decisivo rispetto alle sfide che attendono il nostro Paese. E’ dunque necessario sviluppare la filiera agricola e biologica, le migliori e più innovative pratiche agronomiche; conservare e accrescere la qualità del territorio; sostenere le aziende agricole promosse dai giovani; investire nella ricerca individuando come prioritari la sostenibilità delle coltivazioni e il contrasto dei mutamenti climatici, con particolare attenzione all’uso efficiente e attento della risorsa idrica. Riserveremo la massima attenzione al rafforzamento delle regole europee per l’etichettatura e la tracciabilità degli alimenti.
Massima priorità dovranno poi assumere le politiche per la messa in sicurezza del territorio, per il contrasto al dissesto idrogeologico e per l’accelerazione della ricostruzione delle aree terremotate, anche attraverso l’adozione di una normativa organica che consenta di rendere più spedite le procedure, in particolare per la ricostruzione pubblica. Ho incontrato una rappresentanza delle popolazioni colpite dal sisma durante le consultazioni per la formazione di questo governo e più volte, nello scorso anno, mi sono recato nelle zone terremotate, non solo del Centro Italia. Desidero ripetere in quest’Aula quanto ho già affermato durante le consultazioni: la ricostruzione sarà una questione prioritaria di questo governo. Il mio primo impegno pubblico in Italia sarà proprio la visita ad alcuni Comuni colpiti dal sisma: incontrerò sindaci, rappresentanti delle istituzioni locali, semplici cittadini.
L’azione di rilancio degli investimenti, inoltre, passa necessariamente dall’abbattimento del divario fra Nord e Sud del Paese. A questo scopo, occorre rilanciare un piano straordinario di investimenti per il Mezzogiorno, anche attraverso la istituzione di una banca pubblica per gli investimenti, che aiuti le imprese in tutta Italia e dia impulso all’accumulazione di capitale fisico, umano, sociale e naturale del Sud.
Per le aree più disagiate dobbiamo promuovere il coordinamento di tutti gli strumenti normativi esistenti, come i Contratti istituzionali di sviluppo, le Zone economiche speciali e i Contratti di rete, e intervenire affinché i Fondi europei di sviluppo e coesione siano utilizzati al meglio per valorizzare i territori. I Cis, in particolare, sono un esempio virtuoso di azione politica, concreta e rapida, che abbiamo già sperimentato con successo e che intendiamo riproporre in tutte le aree economicamente disagiate del Paese.
Ma per rilanciare efficacemente il nostro sistema produttivo dobbiamo tenere conto delle sue peculiarità e, quindi, dei suoi punti di forza e dei suoi punti di debolezza.
Il nostro tessuto produttivo è composto per larga parte da PMI. Dobbiamo introdurre misure che incentivino le PMI a rafforzare la propria compagine sociale e a dimensionarsi in modo sempre più strutturato e consistente. La sfida della competizione è molto dura. “Piccolo è bello”. Ma il piccolo che è messo nelle condizioni di rafforzarsi, di crescere e di internazionalizzarsi è “ancora più bello”.
Dobbiamo quindi creare le premesse e le condizioni affinché chi voglia crescere e competere più a largo raggio possa farlo consolidando la propria posizione anche nel mercato globale. Tutte le evidenze empiriche ci dicono che quando l’impresa cresce tende a retribuire meglio i propri lavoratori, offre loro migliori condizioni di lavoro e maggiori occasioni di crescita professionale. Le imprese che crescono, mediamente, investono di più nella ricerca e nello sviluppo e offrono opportunità di lavoro anche ai nostri giovani, altamente qualificati, che purtroppo oggi sono costretti a emigrare, favorendo Paesi concorrenti.
Consolidare e strutturare meglio le nostre imprese significa favorirne l’internazionalizzazione e quindi incentivare anche il nostro export.
Su questo fronte il Governo perseguirà una strategia di integrale rafforzamento di tutti gli strumenti che consentono alle nostre aziende di navigare meglio nella competizione globale: promuoveremo ancora più intensamente il nostro made in Italy, universalmente apprezzato, coinvolgeremo tutte le nostre ambasciate in questa articolata strategia, porremo le basi per potenziare tutte le connesse attività di sostegno alle nostre imprese esportatrici: consulenza giuridica ed economica, agevole accesso a un ampio ventaglio di strumenti finanziari e assicurativi.
Una visione coerente e integrata dell’internazionalizzazione del Paese non può trascurare il ruolo di traino del turismo. E’ un settore chiave che contribuisce per più del 10% al nostro Pil. Dobbiamo potenziarlo anche attraverso una seria revisione della sua governance pubblica. Occorre promuovere i multiformi percorsi del turismo, anche attraverso il recupero e la valorizzazione del nostro patrimonio naturale, storico, artistico e culturale, con attenzione particolare alle specificità di alcuni territori, come quelli alpini.
Obiettivi prioritari dell’azione di governo dovranno essere la conservazione e la valorizzazione dello straordinario patrimonio artistico e culturale racchiuso nei nostri territori.
Dobbiamo investire anche nelle imprese che si fondano sulla creatività e generano cultura, ampliando l’accesso ai consumi culturali. Da questi investimenti l’intera società ne trarrà beneficio, anche in termini di maggiore ricchezza e più ampia occupazione.
Più in generale, la crescita patrimoniale e dimensionale delle nostre imprese dovrà essere incoraggiata anche attraverso un’attenta politica fiscale, evitando che quest’ultima diventi disincentivante nei confronti delle imprese che assumono dimensioni più consistenti.
In primo luogo va riconosciuto che gli italiani hanno il pieno diritto a confrontarsi con un fisco chiaro, trasparente, amico dei cittadini e delle imprese. Per questa ragione occorre perseguire una riforma fiscale che contempli la semplificazione della disciplina, una più efficace alleanza tra contribuenti e Amministrazione finanziaria. L’obiettivo primario è alleggerire la pressione fiscale, nel rispetto dei vincoli di equilibrio del quadro di finanza pubblica. Questo Governo perseguirà una strategia molto chiara: tutti devono pagare le tasse, affinché tutti possano pagare meno.
Nella prospettiva di una graduale rimodulazione delle aliquote a sostegno dei redditi medi e bassi, in linea con il fondamentale principio costituzionale della progressività della tassazione, il nostro obiettivo prioritario è ridurre le tasse sul lavoro – il cosiddetto “cuneo fiscale” – a totale vantaggio dei lavoratori, e individuare una retribuzione giusta – il cosiddetto “salario minimo” – garantendo le tutele massime a beneficio dei lavoratori, anche attraverso il meccanismo dell’efficacia erga omnes dei contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
Occorre procedere finalmente all’approvazione di una legge sulla rappresentanza sindacale, sulla base di indici rigorosi; vogliamo individuare il giusto compenso per i lavoratori non dipendenti, al fine di evitare forme di abuso e di sfruttamento che solitamente affliggono i più giovani professionisti. Ci prefiggiamo di introdurre una legge sulla parità di genere nelle retribuzioni: è una battaglia che vogliamo portare a termine al più presto in omaggio a tutte le donne.
Intendiamo realizzare un piano strategico di prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. Il numero, ancora troppo elevato, di decessi e di gravi infortuni sul lavoro, non può essere tollerato, è un allarme al quale dobbiamo prestare la massima attenzione. Non possiamo accettare che in Italia – nello svolgimento della propria attività lavorativa – si possa morire o subire gravi e irreversibili danni fisici. Occorre anche contrastare le odiose forme di sfruttamento dei lavoratori, che finiscono in non rari casi con l’essere ridotti in condizioni analoghe a quelle che una volta avremmo definito vere e proprie condizioni di schiavitù.
Massima attenzione dovrà essere posta anche sulla tutela dei risparmi dei cittadini. A tal fine, occorre prendere atto che i tre comparti – bancario, finanziario e assicurativo – appaiono sempre più intrecciati tra di loro e le attività di vigilanza dovrebbero ispirarsi a minimi comuni denominatori, con un maggiore coordinamento tra le Autorità competenti, a livello europeo e nazionale, così da garantire maggiore trasparenza e un più accessibile e adeguato livello di informazione sui rischi e sulle condizioni di utilizzo dei risparmi e degli investimenti degli italiani.
Questa è la nostra visione, che si sviluppa su un orizzonte temporale ampio, che finisce per abbracciare l’intero arco della legislatura.
Realizzeremo questa visione tenendo conto dei vincoli di finanza pubblica e della sostenibilità del debito che avvieremo lungo un percorso di riduzione; in questo modo potremo arrivare a liberare nuove risorse, da reinvestire per realizzare a fondo e nel modo più incisivo questa complessiva e articolata stagione riformatrice.
Come dimostra la sensibile riduzione dei tassi rispetto ai livelli dello scorso ottobre, i mercati finanziari stanno investendo con fiducia sulla nuova fase che l’Italia sta attraversando. La diminuzione della spesa per interessi pagati sul nostro debito pubblico è una vera e propria “riforma strutturale”, perché ci permette di allentare quello che è stato il maggior freno alla crescita del nostro Paese negli ultimi decenni.
Ogni euro risparmiato sulle prossime emissioni dei nostri titoli di Stato consente, infatti, di eliminare, immediatamente e automaticamente, il capitolo più improduttivo della spesa pubblica in modo da liberare risorse pronte per essere investite nelle infrastrutture, nella scuola, nella sanità, e nella riduzione del carico fiscale che grava sui cittadini e sulle imprese.
Il nostro è un progetto ambizioso e di lungo periodo, che intendiamo perseguire già con la prossima manovra economica, sulla quale le forze politiche che compongono l’esecutivo hanno già avviato proficue interlocuzioni.
Siamo consapevoli che questa manovra sarà impegnativa.
La sfida più rilevante, per quest’anno, sarà evitare l’aumento automatico dell’Iva e avviare un alleggerimento del cuneo fiscale.
Le risorse saranno reperite con una strategia organica e articolata, che includerà un controllo rigoroso della qualità della spesa corrente – a questo riguardo vanno completate e rese efficaci le attività di spending review – e includerà, altresì, un attento riordino del sistema di tax expenditures, che salvaguardi l’importante funzione sociale e redistributiva di questo strumento, nonché un’efficace strategia di contrasto all’evasione, da condurre con strumenti innovativi e un ampio ricorso alla digitalizzazione.
Il nostro progetto non si limita, chiaramente, all’ambito strettamente economico e finanziario, ma si estende anche ai temi dei diritti, delle riforme dell’assetto istituzionale, della sicurezza, della giustizia e della tutela dei beni comuni.
Promuoveremo una più efficace protezione dei diritti della persona, anche di nuova generazione, rimuovendo tutte le forme di diseguaglianza che impediscono il pieno sviluppo della persona e il suo partecipe coinvolgimento nella vita politica, sociale, economica e culturale del Paese.
È necessario rafforzare la tutela e i diritti dei minori, intervenire tramite più efficaci misure di sostegno in favore delle famiglie (come, ad esempio, l’assegno unico), con particolare attenzione alle famiglie numerose e prive di adeguate risorse economiche. In una società sempre più frammentata, dominata da un individualismo che tende a esaltare i forti e ad annullare i deboli, il ruolo sociale della famiglia diventa sempre più insostituibile. È dunque doveroso realizzare una politica integrata per le famiglie, che offra servizi e condizioni di crescita qualitativamente adeguate in tutto il Paese, anche a sostegno della natalità.
Massima attenzione sarà riservata al tema, particolarmente sensibile, della disabilità. Occorre realizzare una razionale riunificazione normativa della disciplina in materia di sostegno alla disabilità e alla non autosufficienza, promuovendo politiche non meramente assistenziali, ma orientate all’inclusione sociale dei cittadini con disabilità e al pieno esercizio di una cittadinanza attiva. Ci tengo a informare quest’Aula che le deleghe sulla disabilità saranno in capo direttamente alla Presidenza del Consiglio.
Per quanto riguarda il tema delle riforme costituzionali, è nostra intenzione chiedere l’inserimento, nel primo calendario utile della Camera dei deputati, del disegno di legge costituzionale che prevede la riduzione del numero dei parlamentari. Questa riforma dovrà essere affiancata da un percorso volto a incrementare le garanzie costituzionali e di rappresentanza democratica, anche favorendo l’accesso democratico alle formazioni minori e assicurando – nello stesso tempo – il pluralismo politico e territoriale. In particolare, occorrerà avviare un percorso di riforma, quanto più possibile condiviso in sede parlamentare, del sistema elettorale. Contestualmente, è nostro obiettivo procedere a una riforma dei requisiti di elettorato attivo e passivo per l’elezione del Senato e della Camera, nonché avviare una revisione costituzionale volta a introdurre istituti che assicurino più equilibrio al sistema e contribuiscano a riavvicinare i cittadini alle istituzioni.
Sarà un percorso di ampio respiro, che caratterizzerà questa esperienza di governo e richiederà tempo, attenzione, competenza. Ogni intervento sul testo costituzionale presuppone, infatti, una scrupolosa verifica degli effetti che può produrre sull’attuale equilibrio di checks and balances, così attentamente disegnato dai Costituenti.
Nel quadro delle riforme istituzionali, è intenzione del Governo completare il processo che possa condurre a un’autonomia differenziata, che abbiamo definito “giusta e cooperativa”. Un progetto di autonomia che salvaguardi il principio di coesione nazionale e di solidarietà e la tutela dell’unità giuridica ed economica. Occorre definire i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e i fabbisogni standard, attuando compiutamente l’art. 119, quinto comma, della Costituzione, che prevede l’istituzione di un fondo di perequazione volto a garantire a tutti i cittadini la medesima qualità dei servizi.
Queste cautele consentiranno di evitare che questo legittimo processo riformatore possa contribuire a creare un Paese a due velocità, che aggravi il divario fra il Nord e il Sud.
Lo sviluppo locale è un prezioso motore di crescita e sviluppo, e molti sono gli interventi che intendiamo predisporre per favorirlo. È necessario dunque rivedere il testo unico per gli enti locali, introducendo un’Agenda urbana per lo sviluppo sostenibile delle città, delle città metropolitane, di Roma capitale, il cui Statuto dovrà essere profondamene riformato, perché sia più aderente al ruolo che la città riveste, anche in quanto sede delle massime istituzioni della Repubblica. Dobbiamo inoltre attuare la legge per la valorizzazione dei piccoli comuni e sopprimere gli enti inutili.
In questo contesto, occorre anche garantire e tutelare, con la massima intensità, le autonomie a statuto speciale e le minoranze linguistiche.
Il nostro Paese necessita poi di una riforma della giustizia civile, penale e tributaria, anche attraverso una drastica riduzione dei tempi, e una riforma del metodo di elezione dei membri del Consiglio superiore della Magistratura. Questo piano riformatore dovrà salvaguardare il fondamentale principio di indipendenza della magistratura dalla politica.
Dobbiamo potenziare la lotta alle organizzazioni mafiose e rendere sempre più efficace, come già anticipato, il contrasto all’evasione fiscale, anche prevedendo l’inasprimento delle pene, incluse quelle detentive, per i grandi evasori.
La tutela dei beni comuni, infine, è un valore essenziale, che dobbiamo adoperarci per presidiare a tutti i livelli. Intendiamo approvare in tempi celeri una legge sull’acqua pubblica, completando l’iter legislativo in corso; allo stesso modo, il Governo si impegnerà a difendere la sanità pubblica e universale, valorizzando il merito e predisponendo un piano di assunzioni straordinarie di medici e infermieri, potenziandone i percorsi formativi.
Questo Governo sarà anche particolarmente sensibile nella promozione del pluralismo dell’informazione. Ringrazio, in proposito, la stampa, per il suo insostituibile ruolo di ‘termometro’ della democrazia: la garanzia di un’informazione libera, imparziale e indipendente è uno dei nodi nevralgici che definiscono l’affidabilità e la tenuta del nostro Paese e delle sue istituzioni.
La qualità del dibattito democratico dipende, per buona parte, dal contributo critico che viene offerto ai cittadini tramite i mezzi di comunicazione. Confido che i professionisti dell’informazione possano svolgere un’opera di costante stimolo affinché gli esponenti della classe politica si concentrino sempre più sul merito delle questioni piuttosto che sulle polemiche verbali.
Sul piano europeo, la nostra azione di governo potrà avviarsi in corrispondenza dell’insediamento di una nuova Commissione, a cui il nostro Paese ha contribuito in modo primario. L’Italia sarà protagonista di una fase di rilancio e di rinnovamento dell’Unione, che punti a costruire un’Europa più solidale, più inclusiva, più vicina ai cittadini, più attenta alla sostenibilità ambientale e alla coesione sociale e territoriale. Non si tratta di indicazioni astratte, ma di obiettivi fondanti delle istituzioni comunitarie, richiamati dall’articolo 3 del Trattato sull’Unione europea e che intendiamo attuare pienamente.
Per farlo è essenziale migliorare le politiche e rafforzare gli strumenti e la governance economica dell’Unione europea per favorire la crescita, l’innovazione, la sostenibilità sociale e ambientale, la coesione interna e la competitività nel quadro delle sfide globali. Il Governo si impegnerà nelle sedi europee per realizzare un piano di investimenti sostenibili, per riformare l’Unione economica e monetaria e l’unione bancaria, a partire dall’istituzione di un bilancio dell’area euro, di uno schema di assicurazione europeo contro la disoccupazione e di una garanzia europea dei depositi. In questo quadro occorre anche migliorare il Patto di stabilità e di crescita e la sua applicazione, per semplificarne le regole, evitare effetti pro-ciclici, e sostenere gli investimenti a partire da quelli legati alla sostenibilità ambientale e sociale. Un’impostazione di bilancio pro-ciclica, infatti, rischia di vanificare gli importanti sforzi compiuti sul piano interno per rilanciare la crescita potenziale del Paese, deprimendo la crescita effettiva.
È necessario, infine, attuare il pilastro europeo dei diritti sociali e rafforzare, nell’ambito del sistema euro-unitario, le politiche di contrasto all’evasione e all’elusione fiscale: dobbiamo ottenere che i profitti vengano tassati dove effettivamente sono realizzati. Dobbiamo infine contrastare pratiche di concorrenza sleale non solo nel campo commerciale ma anche nel campo fiscale, anche attraverso l’introduzione di un’aliquota minima europea per la tassazione delle imprese.
Queste sfide possono essere affrontate con successo, a beneficio dell’interesse nazionale, se le istituzioni dell’Unione europea e la sua coesione interna ne usciranno rafforzate.
Sui vari temi europei, mi sono adoperato sin dalla mia passata esperienza per affermare e rivendicare quelle sensibilità, ancora largamente diffuse nel nostro Paese, volte ad imprimere un salto di qualità circa il ruolo dell’Unione Europea.
Difendere l’interesse nazionale non significa abbandonarsi a sterili ripiegamenti isolazionistici. Difendere l’interesse nazionale significa, come ho sempre cercato di fare, mettere la propria Patria al di sopra di tutto e non farsi mai condizionare da pressioni di poteri economici e da indebite influenze esterne.
Ma perché la difesa dell’interesse nazionale sia davvero efficace occorre prendere parte e incidere nei processi in corso offrendo il proprio contributo critico, in un’ottica di costruttiva cooperazione e di rispetto del quadro normativo vigente.
Insomma, rimango fermamente convinto – ieri come oggi – che è dentro il perimetro dell’Unione Europea e non fuori da esso che si deve operare alla ricerca del benessere degli italiani, aggiornando e rivitalizzando un progetto che ha assicurato – per decenni – pace, prosperità e sempre maggiori opportunità per i nostri cittadini, a partire dai più giovani.
Nel momento in cui l’Europa appare tuttavia sempre più bisognosa di rinnovarsi, occorre elaborare un “vero progetto comune”, in grado di intercettare i bisogni dei cittadini e delle imprese e di fornire così quelle risposte sempre più improcrastinabili. In questa prospettiva, potrebbe essere utile partecipare attivamente alla definizione di una Conferenza sul futuro dell’Europa, per rilanciare – in un mondo in rapida trasformazione – un nuovo protagonismo del nostro Continente.
Solo con un rigoroso impegno e con la postura propria di uno Stato fondatore, possiamo ambire ad ottenere quei risultati verso i quali tutti aspiriamo.
Penso anche all’epocale fenomeno migratorio, che va gestito con rigore e responsabilità, perseguendo una politica modulata su più livelli, basata su un approccio non più emergenziale, bensì strutturale, che affronti la questione nel suo complesso, anche attraverso la definizione di un’organica normativa che persegua la lotta al traffico illegale di persone e l’immigrazione clandestina, ma che – nello stesso tempo – si dimostri capace di affrontare ben più efficacemente i temi dell’integrazione, per coloro che hanno diritto a rimanere e dei rimpatri, per coloro che non hanno titolo per rimanere.
Rivedremo la disciplina in materia di sicurezza alla luce delle osservazioni critiche formulate dal Presidente della Repubblica, il che significa recuperare, nella sostanza, la formulazione originaria del più recente decreto legge, prima che intervenissero le integrazioni che, in sede di conversione, ne hanno compromesso l’equilibrio complessivo.
In materia di immigrazione non possiamo più prescindere da un’effettiva solidarietà tra gli Stati Membri dell’Unione Europea. Questa solidarietà finora è stata annunciata, ma non ancora realizzata. Ho rappresentato con convinzione questa nostra visione ai principali leader europei e continuerò a farlo nel Governo che sta nascendo, nei rapporti con i Paesi partner e i nuovi Vertici europei, da subito con iniziative concrete che devono farci uscire, tra l’altro, da gestioni emergenziali.
Su questo le nostre strutture sono già al lavoro. Ma anche con azioni lucide e coerenti con il nostro approccio, come ad esempio l’istituzione di corridoi umanitari europei.
I contatti che ho prontamente avviato con la neo-Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen hanno già consentito di individuare punti di convergenza decisamente promettenti.
Le sfide globali attualmente in corso richiedono l’affermazione di un “multilateralismo efficace”, importante e irrinunciabile punto di riferimento per un Paese come il nostro che vuole evitare di uscire ridimensionato da un confronto condotto su scala globale.
Su questo decisivo aspetto l’Italia si muoverà con coerenza in tutte le sedi opportune e di concerto con gli altri Stati membri dell’Unione europea, a partire dai vertici del G7 e del G20. Così mi sono del resto posto ancora in occasione dei recenti Summit G20 di Osaka e G7 di Biarritz.
Ciò vale tanto per temi globali, quali il contrasto al cambiamento climatico, quanto per l’attuale dibattito in tema di commercio, in riferimento al quale riteniamo che il protezionismo non rappresenti in nessun caso una risposta adeguata. Sotto tutti questi profili riteniamo che la difesa dei nostri interessi nazionali, unitamente a quella dei nostri valori, debba essere condotta assieme all’Europa.
Ispirato da questo convincimento, a tutela del nostro forte interesse nazionale, ho negoziato con determinazione e con successo a Bruxelles per evitare, per ben due volte in poco più di un semestre, una procedura di infrazione che sarebbe stata esiziale per il nostro Paese.
Quanto, più in generale, alla politica estera, ritengo che l’Italia debba proseguire lungo i tre assi fondamentali che storia, geografia e tradizione politico-culturale ci impongono. Senza con questo perdere di vista le opportunità e le sfide offerte dai nuovi assetti internazionali.
Tali assi, oltre alla nostra responsabilità di Stato membro della Unione europea, sono, come è noto, le relazioni transatlantiche, con il corollario della nostra appartenenza alla Nato e l’imprescindibile legame con gli Stati Uniti e la stabilizzazione e lo sviluppo del Mediterraneo allargato.
Quest’ultima regione è segnata da crisi umanitarie e crescenti conflitti, ma rimane anche terra di grandi opportunità, la cui realizzazione in termini di sicurezza e prosperità è nostro comune interesse.
Il mio incessante e personale impegno a favore della stabilizzazione della Libia ha rappresentato la conferma del livello di priorità attribuito da noi a questa area del mondo (peraltro da me diffusamente visitata allo scopo di promuovere proficui incontri e relazioni politiche). Ma il mio personale impegno non intende certamente fermarsi alla sponda sud del Mediterraneo. Intendo infatti continuare a porre massima attenzione all’Africa, sia rafforzando ulteriormente il dialogo ai più alti livelli, sia facendomi interprete in Europa del ruolo positivo che questo continente deve poter svolgere nelle dinamiche internazionali.
Allo stesso modo, dovrà essere assicurato un rilancio della nostra azione nei Balcani all’altezza del nostro tradizionale ruolo nella Regione e delle sfide e opportunità che da essa nascono.
L’azione di governo che oggi si avvia investirà su queste direttrici per realizzare al meglio tutte le enormi potenzialità che il nostro Paese esprime.
Questo è lo spirito con cui intendiamo continuare a sviluppare i rapporti con i grandi attori globali, – come India, Russia e Cina – e con le aree di maggiore interesse per il nostro sistema produttivo. Tali rapporti, che – anche in prospettiva – riteniamo di fondamentale importanza, dovranno essere declinati sempre e comunque, come ho appena detto, con modalità compatibili con la nostra vocazione euro-atlantica.
La difesa degli assi portanti della nostra politica estera è tanto più fondamentale perché non scontata in un quadro geo-politico in forte movimento qual è quello attuale: essa, rispetto al passato, non è più un automatismo, ma una scelta strategica ancora più consapevole, che va perseguita con coerenza e linearità anche al fine di conservare la massima credibilità al nostro ruolo internazionale.
Anche sul terreno culturale dovremo, con ancor più determinazione, promuovere l’Italia nel mondo, anche valorizzando – attraverso gli Istituti di cultura – lo studio e la diffusione della lingua italiana, preparandoci nel modo migliore a celebrare il VII centenario della morte di Dante Alighieri, nel 2021.
Anche la legge sull’acquisto della cittadinanza italiana da parte di cittadini residenti all’estero che discendono da famiglie italiane appare meritevole di una revisione che, da una parte, valga a rimuovere alcuni profili di disciplina discriminatori e, dall’altra, valga a introdurre anche ulteriori criteri rispetto a quelli vigenti.
Ci aspetta un lavoro intenso. Servono idee, determinazione e visione per procedere senza incertezze, nella consapevolezza che abbiamo un’occasione unica per migliorare il Paese in cui viviamo e che affideremo ai nostri figli.
I cittadini, che in questi anni hanno vissuto gli effetti di una crisi senza precedenti, richiedono alle istituzioni coraggio e alle forze politiche di mettere da parte nuovi egoismi e vecchi rancori, di proiettare lo sguardo in avanti.
Avviamo con coraggio, da oggi, una stagione di rilancio e di speranza, fondata sul dialogo e sul confronto, a tutti i livelli. Sul fronte interno, ascolteremo gli attori della vita sociale e civile, a partire dagli attori istituzionali. Ascolteremo le parti sociali, le associazioni di categoria, i rappresentanti del variegato mondo del terzo settore.
Ascolterò tutti, senza pregiudizi verso nessuno. Ad analogo spirito costruttivo si ispireranno – ne sono certo – tutti i nostri interlocutori.
Nel corso della prima riunione del Consiglio dei ministri sono stato molto chiaro: abbiamo una opportunità unica nell’avviare una nuova stagione riformatrice. Ma la sua realizzazione dipende moltissimo da noi, dalla determinazione, dall’abnegazione e dal senso di responsabilità dei principali attori, che sono le forze politiche di maggioranza e i ministri. Una squadra di ministri competenti, provenienti da forze politiche differenti, avrà l’onore e la responsabilità di offrire al Paese un Governo stabile e autorevole. Dovremo mostrare coesione di spirito e unità di azione, nel segno della collaborazione e della lealtà.
Non sarà facile, dobbiamo esserne consapevoli. Saremo chiamati ad affrontare momenti anche molto duri, in cui forte risulterà la tentazione di indugiare sul proprio “particulare” o di abbandonarsi alle polemiche anche aspre e conflittuali.
Le forze politiche che hanno dichiarato la propria disponibilità a sostenere questo governo hanno dato prova di coraggio.
Hanno messo da parte i “pre-giudizi”, che come riconosceva Hanna Arendt, esistono in politica, sono in parte ineliminabili e sono un pezzo del nostro passato.
Oggi hanno accettato di affidarsi ai giudizi e si impegnano a sollecitare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
E’ per questo che chiedo alle forze politiche, insieme con la fiducia, un impegno, da assumere con la massima trasparenza di fronte al Paese. Nell’interesse dei cittadini, vi chiedo che il confronto sui temi, sulle proposte, sugli indirizzi da perseguire si svolga sempre nelle sedi istituzionali (nelle aule parlamentari, nelle commissioni, nei consigli dei ministri). Dimostriamo ai cittadini che siamo sinceramente e intensamente impegnati a cambiare davvero il Paese, senza lasciarci distrarre da ragioni altre, che non meritano di essere ricomprese in una schietta e onesta dinamica politica.
Non possiamo, nei prossimi mesi, dissipare il tempo a disposizione in litigi e scontri. I cittadini non comprenderebbero. Come ho più volte detto in passato – e lo rivendico come parte qualificante dell’indirizzo politico di governo – dobbiamo essere sobri nelle parole e operosi nelle azioni.
Una sobrietà che, mi auguro, possa essere contagiosa e orientare positivamente i comportamenti dei cittadini, a iniziare dall’uso responsabile dei social-network, che non di rado diventano ricettacoli di espressioni ingiuriose e di aggressioni verbali. Non posso non stigmatizzare, ancora una volta, gli ignobili attacchi indirizzati, nei giorni scorsi, a due mie ministre, la senatrice Teresa Bellanova e l’onorevole Paola De Micheli, alle quali rinnovo la mia partecipe vicinanza.
Questo è il momento del coraggio e della determinazione.
Il coraggio di disegnare un Paese migliore.
La determinazione di perseguire questo obiettivo, senza lasciarsi frenare dagli ostacoli.
Roma, 9 settembre 2019