Venerdì 20 ottobre, a Cosenza, alle 17, al Terrazzo Pellegrini, sarà presentato il libro Quando la ‘ndrangheta sconfisse lo Stato di Antonio Cannone, edito da Luigi Pellegrini Editore per la collana mafie diretta da Antonio Nicaso.
A dialogare con l’autore e con Walter Aversa, il giornalista e scrittore, Arcangelo Badolati. L’incontrò sarà moderato da Antonietta Cozza. Il nuovo libro di Cannone è fresco finalista del “Premio Piersanti Mattarella”, cerimonia in programma il prossimo 11 novembre presso la sala della Protomoteca in Campidoglio a Roma alla presenza di numerose autorità nazionali, tra i quali, il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, Leoluca Orlando, il comandante del Ros, generale Pasquale Angelosanto. Con questo ultimo saggio, lo scrittore e giornalista lametino, torna sul caso del poliziotto Salvatore Aversa e della moglie Lucia Precenzano uccisi dalla mafia a Lamezia Terme il 4 gennaio 1992, parlando di particolari fino ad oggi sconosciuti.
Grazie anche alla testimonianza diretta ed esclusiva del primogenito della coppia, Walter che, nel dialogare con l’autore, non si sottrae ad evidenziare i lati oscuri della vicenda. Si parla del falso racconto della supertestimone, Rosetta Cerminara, fino ad arrivare alla condanna nel 2020 da parte del Tribunale di Salerno del Pm dell’epoca per “gravi colpe, negligenze non spiegabili e inescusabili”. Fra i particolari più “scottanti” e sconosciuti all’opinione pubblica e alla stampa, quanto accaduto poche ore dopo l’agguato mortale.
«Tre uomini fecero ingresso a casa nostra, a poche ore dall’agguato – racconta Walter Aversa –. Due di loro, mai più visti, per un’ora e mezza rimasero chiusi nella stanza di mio padre. Cosa cercassero nessuno lo ha mai saputo».
Rimane un grande interrogativo “Chi ha fatto sparire le carte delle indagini su cui mio padre lavorava?». Salvatore Aversa aveva capito che c’erano dei poteri forti, c’era qualche cosa di molto pesante che si stava organizzando contro di lui. La ‘ndrangheta in quegli anni sconfisse lo Stato. Walter parla di “menti raffinate che lavoravano a stretto contatto con le famiglie criminali lametine e non solo».