Perché un calabrese deve pagare cinque volte di più l’energia rispetto a chi abita in Lombardia? Il prof. Domenico Gattuso e l’ing. Antonino De Benedetto, del Movimento 10 Idee per la Calabria, ci hanno inviato un articolo che fa chiarezza in questo ambito.
di DOMENICO GATTUSO e ANTONINO DE BENEDETTO
Da una ricerca approfondita relativa alla situazione energetica calabrese si possono trarre alcune considerazioni di carattere valutativo e propositivo sul futuro energetico della nostra regione. La Calabria si trova in una condizione di assoluto vantaggio in termini di produzione energetica ed in particolare di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
La produzione complessiva è pari a 16.235 GWh (GigaWatt-ora) nel 2016, a fronte di un consumo di 6.319 GWh, un valore più che doppio. L’energia proveniente da fonti rinnovabili ammonta già a circa 5.246 GWh, pari a circa l’83% dei 6.319 GWh richiesti.
Il fabbisogno energetico soddisfatto con fonti energetiche alternative risulta pari al 37,6% del totale, per cui risulta già ampiamente superata la quota del 30%, obiettivo fissato per il 2030 dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima presentato alla Commissione europea nel gennaio 2019.
Anche la produzione di gas dai giacimenti (area di Crotone) è tale da garantire un surplus rispetto il fabbisogno regionale; a fronte di una considerevole quantità estratta dal sottosuolo, pari a 556 ktep (kilotonnellate equivalenti di petrolio); essendo i consumi nel 2015, pari a 271 ktep, ne scaturisce un rapporto produzione/consumo più che doppio.
Il settore dei trasporti contribuisce per circa il 50% ai consumi complessivi, risultando il settore più energivoro ed inquinante; al secondo posto rientrano i consumi del settore civile calabrese (42%), al terzo i consumi per fini industriali (6%), ultima l’agricoltura (3%). Il consumo energetico medio di un cittadino calabrese si attesta su 0,9 tep contro un valore nazionale di oltre 2,0 tep.
Nel complesso, quindi, la Regione è caratterizzata da un surplus di produzione consistente e da consumi modesti, se confrontati con la media nazionale. In un tale quadro sarebbe naturale credere che i calabresi siano avvantaggiati, invece il costo dell’energia elettrica è il più alto d’Italia e questo svantaggio è ancor più evidente per il settore industriale che nella nostra regione è praticamente inesistente in termini di consumi energetici. Persiste un perverso meccanismo del mercato, basato sul cosiddetto “parametro omega”, ovvero un’aliquota riconosciuta ai gestori dell’energia per coprire il costo del rischio di erogare energia elettrica a potenziali cattivi pagatori.
Per il biennio 2017-2018 alla società Hera (gestore che si è aggiudicato l’asta) un calabrese sottoposto a questa pratica inaccettabile ha pagato 84,79 € a Megawattora (MWh) contro i 16 € di un cittadino residente in Lombardia. Il servizio è rimasto comunque il più caro d’Italia.
Bisogna porre fine a una tale ingiustizia al più presto.
Se la produzione di energia da fonti rinnovabili è effettivamente notevole, è anche vero che essa non si è sviluppata in modo diffuso ed ha privilegiato il fotovoltaico e l’eolico, sfruttando le centrali idroelettriche esistenti e tralasciando il solare termodinamico.
Nel dicembre 2018 è stata pubblicata la Direttiva Europea 2018/2001 sulla promozione dell’uso di energia da fonti rinnovabili. Gli articoli 21 e 22 della Direttiva definiscono principi e regole per gli auto-consumatori e le comunità energetiche di energia da fonti rinnovabili.
Si potrebbe avviare, nel prossimo futuro, una nuova fase di sviluppo per la nostra regione, coinvolgendo un sempre maggior numero di cittadini ed istituzioni per una produzione e gestione diretta e locale delle risorse energetiche, delle quali siamo particolarmente ricchi, evitando che queste siano gestite solo da pochi pseudo-imprenditori in regime speculativo e, paradossalmente, senza che i calabresi ne conseguano utilità.
Come sottolinea la Direttiva le norme nazionali devono eliminare barriere e discriminazioni, ostacoli finanziari o normativi ingiustificati, per chi autoproduce, accumula, vende energia da rinnovabili e favorire la partecipazione dei cittadini, delle imprese, delle autorità locali.
Un’azione significativa di governo potrebbe essere finalizzata anche al contenimento dei consumi nel comparto dei trasporti. La comunità calabrese sconta l’inadeguatezza delle infrastrutture e l’assoluta carenza di un servizio efficiente di trasporti pubblici e di trasporto ferroviario, alternativo al trasporto su gomma; una politica di riequilibrio in questo campo permetterebbe di incidere positivamente sul settore energetico a maggior impatto ambientale ed economico.
Occorre inoltre che la Calabria si riappropri delle proprie risorse produttive. È inaccettabile, ad esempio, che gli impianti idroelettrici, molti dei quali costruiti con fondi pubblici e operanti dagli inizi del secolo passato, siano gestiti solo da operatori privati senza evidenti concreti vantaggi per i calabresi.
Un governo regionale serio dovrebbe porre fine a ogni tipo di speculazione. (dg – adb)