L’ANALISI DEL PROF. PIETRO MASSIMO BUSETTA DOPO LA SOSPENSIONE DELLE AUTORIZZAZIONI REGIONALI;
Polemica sulle energie alternative

LE POLEMICHE SULLE FONTI ALTERNATIVE
DI ENERGIA: SERVE LA REGOLAMENTAZIONE

di PIETRO MASSIMO BUSETTAE se fossero, invece che specchietti per indigeni con l’anello al naso, veri brillanti di molti carati? Il dubbio nasce  e in molti si pongono tante domande. Parlo della polemica sollevata da Renato Schifani ma anche da Roberto Occhiuto sugli impianti eolici, solari, ma anche sui rigassificatori e su tutte le fonti di energia alternativa.

«Ho deciso di sospendere a breve il rilascio delle autorizzazioni per il fotovoltaico. ..questa attività porta lavoro? L’energia rimane in Sicilia? No. La Sicilia paga un prezzo non dovuto per una risorsa sua. Il danno e la beffa. E allora intendo discutere col Governo».           

Le parole del Presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, sono molto decise e possono creare molti problemi al Paese. E continua «dobbiamo trovare una soluzione che consenta alla Sicilia di chiedere a chi insedia impianti fotovoltaici non soldi ma energia, per avere una bolletta meno pesante grazie a ciò che si produce sul nostro territorio».  

Il tema è di quelli che divide. Da una parte il Paese con il suo sistema industriale che ha bisogno di energia, molte grandi multinazionali estremamente potenti specializzate in tali impianti. Si pensi che l’impianto al largo delle Egadi prevede un investimento miliardario. Ed è Bernardo Tortorici di Raffadali, presidente e fondatore dell’Associazione Amici dei Musei Siciliani, che evidenzia i propri dubbi sul parco eolico offshore parlando di una “preoccupante campagna mediatica”, che viene in questi giorni sostenuta a favore del mega impianto. “I punti di forza che ci vengono sbattuti in faccia sono gli 8 miliardi d’investimento e la creazione di centinaia di posti di lavoro”.  

Ricordo a me stesso che solo un albergo di 400 posti letto ne crea di più. Mentre Svimez stima che la Sicilia potrebbe essere destinataria di ulteriori 8,8 miliardi di investimenti green. 

Dall’altro lato ci sono due presidenti di Regione, ma il contenzioso rischia di allargarsi a macchia d’olio alle altre Regioni, che vorrebbero che la messa a disposizione del proprio territorio non si risolvesse in una prestazione simile a quella fatta per gli impianti di raffineria, che stanno lasciando il deserto di cattedrali dismesse e abbandonate, inquinamento, tante malattie tumorali e pochissima occupazione, tale anche nei momenti d’oro. 

Gela, Milazzo, Pozzallo, Taranto, Bagnoli sono a testimoniare il fallimento di una sedicente politica industriale, che in realtà si è rivelata uno sfruttamento coloniale di un territorio. I due Presidenti vorrebbero che non si ripetesse la storia della batteria energetica del Paese che in loco lascia solo inquinamento. Non bisogna dimenticare che dopo  il loro ciclo di vita gli impianti solari e anche quelli eolici lasciano scorie che devono essere smaltiti. 

Prima di decidere nuove installazione sarebbe opportuno definire la regolamentazione per lo smantellamento, chi ne pagherà i costi, dove saranno i siti per sistemarli. 

Ma se tutto questo portasse una occupazione di migliaia di posti di lavoro potrebbe pagarsi il prezzo, ma in realtà l’occupazione di questi impianti, anche se c’è, è estremamente contenuta.  

Ed allora visto che le Regioni del Sud mettono a disposizione i loro territori, ospitando impianti che certo non migliorano la bellezza del paesaggio, o nel caso dei rigassificatori, cambiano l’equilibrio dei propri mari bisogna avere dei ristori

Niente di particolare: lo Stato lo sta facendo a Piombino. Ed in ogni caso i due Presidenti parlano solo della energia che si esporta, certamente non chiedono nulla per quella che serve alla Regione di appartenenza.  

In realtà molte delle regioni meridionali producono più energia di quella che consumano: la Calabria il triplo di quella che consuma, la Puglia, calcolando anche le produzioni fossili (prevalenti), produce il 70% in più del suo fabbisogno, la Basilicata possiede una miniera tra i giacimenti di petrolio, gas e impianti rinnovabili: assicura il 13% di produzione di eolico nazionale, la Campania é la prima regione per produzione di energia eolica pari a 3.557 gigawattora anno, garantita da 625 impianti (quarta in Italia).

Come si vede sono numeri importanti che aggiunti a quelli che soprattutto dal fotovoltaico provengono dalla Sicilia (seconda per numero di impianti alle spalle della Lombardia) o dalla Puglia (quinta) spiegano perché al Sud il tema delle rinnovabili e delle loro ricadute economiche e sociali era e rimane a dir poco sensibile. 

In un momento peraltro in cui le Regioni più ricche, destinatarie dell’energia che viene prodotta al Sud, parlano del loro residuo fiscale. Che con l’autonomia differenziata vogliono trattenere nei loro territori. E quindi è legittimo che le Regioni del Sud non vogliano fare gli utili idioti, le riserve coloniali di energia, oltre che di ragazzi formati pronti ad essere utilizzati alla bisogna,  in una ripetizione di approccio già visto che ha lasciato macerie come l’ilva di Bagnoli rovinando un territorio baciato da Dio.  

Ma ormai è certo che la vicenda non potrà concludersi come avvenne negli anni ’60 con alcune raffinerie ed altri impianti industriali che sul territorio ormai si è visto hanno lasciato molto poco, non incidendo in alcun modo sulla soluzione della questione meridionale. 

Il risultato è stato che alcuni territori sono stati massacrati, vedasi Gela con la raffineria costruita a fianco delle  mura greche o Bagnoli con una vocazione turistica incredibile tradita, che poi sopravvive con il reddito di cittadinanza. E se è vero che l’Unione Europea ha bocciato una tassa sul tubo del gas proposta dalla Sicilia non vi è dubbio che il tema non potrà essere archiviato senza uno scambio tra disponibilità all’investimento nelle energie rinnovabili e industrializzazione vera, quella alla Intel, che porta posti di lavoro veri e di livello. 

È chiaro che sarà difficile per i Presidenti delle Regioni  contrapporsi agli interessi enormi del sistema imprenditoriale del Nord oltre che delle aziende multinazionali interessati al loro business, probabilmente lo stesso Governo avrà pressioni indicibili,  ma non vi è dubbio che non si potrà non tener conto della complessità dei temi che inciderà ovviamente anche sul percorso dell’autonomia differenziata di Calderoli. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’altravoce dell’Italia]