A Gambarie è stato presentato il libro Ossigeno di Pino Bova, presidente del Circolo Rhegium Julii di Reggio Calabria.
Presenti il sindaco di Santo Stefano d’Aspromonte, Francesco Malara, il delegato agli eventi culturali del comune di Santo Stefano, lo scrittore Giovanni Suraci, il saggista Natale Pace, la poetessa Ilda Tripodi, che ha condotto la serata, Bova si è visto recapitare ben due lettere.
La prima di Giovanni Suraci che ha espresso l’apprezzamento del Comune per l’importante rapporto di collaborazione che si è stabilito con il Circolo Rhegium Julii che arricchisce di prospettive molto interessanti il comprensorio di una stazione turistica come Gambarie. Nella sua “missiva” Suraci ha voluto ricordare i numerosi commenti critici delle tante personalità che si sono espresse sulla poesia di Bova e la visione cosmica presente nei contenuti del libro.
La presentazione della serata e dell’autore è stata curata da Ilda Tripodi. Per la Tripodi, Bova, quale presidente del Rhegium Julii, è diventato un punto di riferimento per il mondo della cultura italiano per la capacità di alzare lo sguardo e costruire relazioni che coinvolgono i giovani e tutti gli appassionati di letteratura. Il libro offre lo spunto per molte riflessioni perché lo sguardo di Bova è sempre attento a tutto ciò che accade nel mondo e, in particolare, ai temi della libertà.
La seconda lettera è arrivata da Natale Pace che ha voluto ricordare come, per un’innata forma di dedizione alla causa, Bova si è sempre interessato a promuovere altri autori, coltivando progetti a favore dei giovani (ha citato il Premio cultura giovani), le Lezioni a sorpresa che, nella scuola, rafforzano la cultura identitaria e gli autori più significativi della nostra regione. Ma Bova è, soprattutto, un poeta conclamato e commentato notevolmente da Strati, Pazzi, Amoroso, Selvaggi, Piromalli, Troisi, Seamus Heaney, Calabrò, Maffia, e la sua poesia è fortemente interiorizzata, e colpisce profondamente l’animo di chi la legge.
Concludendo la serata Pino Bova ricordato come la poesia rappresenti il più alto momento di libertà e di liberazione che un uomo possa provare.
«Ci sono due versi di Borges che hanno sempre percorso il mio animo – ha detto Bova -. Devo giustificare ciò che mi ferisce e il mio nutrimento sono tutte le cose. Il primo verso, da uomo periferico, mi spinge a considerare profondamente le contraddizioni del nostro tempo, la presenza di due grandi impostori che si chiamano ricchezza e povertà, la barbarie, le disumanità, e da essi nasce una sorta di esigenza di respingimento, di riparazione. Il secondo verso stimola la rigenerazione, la ricerca e la difesa dell’armonia con tutto ciò che ci circonda, per la natura, per il bello».
«Poiesis” non è fantasia – ha proseguito Bova –. “Poiesis” è fare, e per quanto riguarda il poeta c’è solo una missione, quasi un obbligo morale, quello di farsi costantemente azione e testimonianza, quello di dare voce a chi voce non ha, quello di spingersi in una sorta di ricerca di santità di quella parte del sé migliore che può contribuire alla riparazione del malfatto. Una strada lunga, difficile, forse impossibile; una strada non sempre riconosciuta ma che suscita emozioni e, forse, qualche speranza in più».
Dopo l’intervento di Bova è seguito un vivace dibattito animato da Oreste Kessel Pace. Le conclusioni sono state tratte dalla conduttrice Ilda Tripodi. (rrc)