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IL RICORDO / Gregorio Corigliano: Addio grande Rino, l'amerikano

IL RICORDO / Gregorio Corigliano: Addio grande Rino, l’amerikano

di GREGORIO CORIGLIANOMi ha telefonato mia cugina da Gioia Tauro per dirmi che il marito della sorella, Rino, che è tuo cugino, è salito in Cielo. Ohhh, la risposta all’autore della telefonata mio cugino Pasquale Loiacono.

Non poteva essere un’altra. Senza parole possibili. E quindi scoppiano i ricordi perché non vedevo Rino da trent’anni. Rino era nipote di mio padre, più piccolo di soli dieci anni. Ne aveva 98 appena è morto alcuni giorni fa. Io l’ho conosciuto nel 1959 quando la madre, Giuseppina, sorella di mio padre, lo aveva mandato in Calabria perchè prendesse moglie al paesello.

L’altro fratello, conosciuto da tutti noi come Ciccilluzzo, si era sposato negli States, dove erano emigrati con madre e padre, alla fine della seconda guerra mondiale. Si erano cosi ricongiunti con gli altri fratelli Corigliano: Dominick, Maria, Frank, Carmelo, Rosario, che avevano raggiunto Brooklyn, qualche anno prima. Prima che arrivasse a trent’anni, Rino piombò nella casa dei nonni, poi casa dei miei, adesso mia, in seguito delle mie figlie, ma non sarà più casa Corigliano.

Un erede maschio, mai nato. Rino stette sei mesi alla ricerca della moglie, cosa non facile nel 1959, ma meno difficile rispetto ad oggi. Passava il tempo andando a pesca con mio padre, spesso a caccia, due sport che lo zio aveva trasmesso al nipote, di cui era la fotocopia, è un assunto questo di mia moglie, quando anni dopo si sono conosciuti al ristorante di Pino il mammino. Rino, che era, allora compositore linotype, a casa leggeva, leggeva. Il suo gusto era scartabellare nella libreria di mio padre alla ricerca dei suoi libri da studente ginnasiale a Nicotera da Caparrotti (chi lo ricorda?).

Si emozionava man mano che ne trovava qualcuno. Anche a lui, ormai ‘mericano, faceva un certo effetto tornare indietro con la memoria. Una volta con Pietro, marito di un’altra nipote di mio padre, anche lei più grande di lui, Rino volle andare al bosco, alle Colline, in un terreno che era di sua madre. Si ricordava che con gli ulivi c’erano le piante di fico e pregò mia madre di fornirlo di panari (appositi recipienti per sistemare i fichi appena raccolti).

Così in tre ci avventurammo nel bosco pieno di “pida” sabbia nera con polvere. Senz’acqua. Peccato che non avevamo portato un “uncino”, stava dicendo Pietro, interrotto subito da Rino: “ed io che sono, dall’altro del mio metro e 93?” Aveva ragione. Non c’era bisogno. Non vedevamo l’ora di tornare a casa per lavarci. Eravamo impolverati e pieni del miele che lasciano i fichi. I fichi ottimi da mangiare, venivano usati da mia madre, per fare le classiche crocette. Rino, gira che ti gira, aveva trovato la ragazza su cui puntare gli occhi. Si chiamava Nicoletta ed era una maestra.

Valla a convincere che avrebbe dovuto lasciare quella che era la metropoli di Gioia Tauro per trasferirsi a Brooklyn, nelle lontane Americhe. Vedremo se Rino con le arti calabro americane ci riuscirà. Era troppo serio Rino ed è riuscito a fare innamorare la bellissima Nicoletta che, convolò a nozze e volò per gli States. Lasciando madre, padre due fratelli ed una sorella. Lei veniva un anno sì ed un anno no, il padre la raggiunse qualche volta.

Non so dei fratelli. Prima di Rino, era venuto a trovare il parentado il fratello di Rino, Frank, che noi, come ho già detto, chiamavamo Ciccilluzzo. Un paio di giorni perché era arruolato fra i marines e mandato a Napoli da New York. Alto quasi due metri, era un giovane di belle speranze, innamorato di mio padre. Lui ricordava mia madre seduta sull’uscio di casa a ricamare. Come era bella zia Titina, mi disse l’unica volta che l’ho visto a Brooklyn.

Era il 1970: ero andato a trovare i Corigliano’s come regalo per la laurea. Ciccilluzzo non l’ho più visto, Rino, dopo la festa di nozze, al Jolly hotel di Gioia Tauro, è venuto parecchie volte anche con la prole. Adesso dei Corigliano’s non c’è più nessuno, due con il mio stesso nome e cognome sono volati in Cielo. Uno vive in California: grazie a Facebook ci scriviamo un paio di volte all’anno, mentre un tempo c’erano lettere air mail e le post card. Ed anche con la sorella Angela, professoressa di non so cosa.

Poi ci sono tre signorine Corigliano ed una cugina più che ottantenne, non sposata, anche lei Angie, professoressa di francese, Dei parenti originari di Stromboli e di Filicudi si sono perse le tracce. Con altri e altre, purtroppo, è calato il silenzio di… vita. (gc)