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Il sindaco Falcomatà: I beni confiscati devono rimanere nei territori come risarcimento per le comunità

«I capitali confiscati devono rimanere sul territorio dove sono stati sottratti alla criminalità, per creare sviluppo come risarcimento sociale per le comunità che di più soffrono l’oppressione violenta delle mafie». È quanto ha dichiarato il sindaco di Reggio e responsabile nazionale per il Mezzogiorno e la Coesione di Anci, Giuseppe Falcomatà, nel corso del workshop promosso dal Consorzio Macramè, da Legacoop Calabria e dal Forum del Terzo Settore della Calabria, dal titolo Restituire bellezza, costruire futuro” nell’ambito del progetto “Giano – Conoscere il passato e guardare al futuro.

«Un obiettivo di giustizia sociale – ha aggiunto – oltre che una proposta di buon senso. È ingiusto che i capitali confiscati continuino ad andare in maniera indiscriminata all’interno del Fondo Unico Giustizia. È utile e necessario che almeno una parte di questi fondi rimanga legata al territorio dove i capitali sono stati confiscati, per ristrutturare gli stessi beni sottratti alla criminalità e per dare un sostegno a quelle realtà che di più soffrono lo strapotere delle imprese mafiose che drogano il mercato e uccidono lo sviluppo con la violenza e le intimidazioni».

All’incontro, dal titolo Co-programmazione, co-progettazione e networking: il ruolo del Terzo Settore nella restituzione alla collettività dei beni confiscati, moderato dalla giornalista Maria Pia Tucci, insieme al sindaco Giuseppe Falcomatà, hanno preso parte Massimo Nicolò dell’Agenzia Nazionale Beni Sequestrati e Confiscati, Eleonora Vanni, presidente nazionale Legacoopsociali, e Luciano Squillaci, portavoce del Forum Regionale del Terzo Settore.

«Dobbiamo fissarci un obiettivo – ha sottolineato – dimostrare che la squadra Stato sa essere più efficiente ed efficace delle mafie, non solo sul piano della repressione, ma soprattutto sulla capacità di creare occasioni di sviluppo sociale ed economico sul territorio. Per questo va assolutamente evitato che i beni confiscati alle cosche rimangano per lungo tempo in stato di abbandono e di degrado, prima di essere riassegnati, o le imprese confiscate vadano in malora una volta reimmesse sul mercato. Dobbiamo sostenere questi percorsi, utilizzando i capitali sottratti alle mafie, per creare sviluppo, sostenere le imprese confiscate che tornano sul mercato, evitando licenziamenti ed il rischio di un generale impoverimento sociale dei territori, dando un supporto agli Enti e alle Associazioni che prendono in gestione i beni confiscati per ristrutturarli e renderli funzionali ed utili alla collettività».

«C’è, poi, un aspetto culturale che va considerato – ha spiegato ancora il sindaco Falcomatà intervenendo di fronte alla platea del Terzo Settore calabrese – se i Sindaci dei piccoli comuni periferici hanno timore ad assumere la gestione dei beni confiscati vanno aiutati e sostenuti. Intanto con degli strumenti tecnici, perché spesso, con il personale a disposizione, si incontrano difficoltà a progettare in maniera efficace, ma anche con il sostegno culturale e la vicinanza delle istituzioni e delle associazioni, che devono affiancare le realtà più fragili, soprattutto sui territori di frontiera».

«Su questi temi alcuni passi in avanti siamo riusciti a farli – ha concluso –. Ad esempio, sul fronte delle risorse per la gestione dei beni confiscati, finalmente sono stati previsti, nelle misure 5 e 6 del Pnrr, circa 250 milioni per la riqualificazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Tuttavia la strada da fare è ancora tantissima. Insieme ad Anci, abbiamo promosso una riforma del codice antimafia che guardi ad una più efficace gestione dei circuito dei beni confiscati alle mafie e soprattutto ad una diversa ripartizione dei capitali oggetto di confisca. Su questo è fondamentale che le istituzioni ed il mondo del Terzo Settore possano fare squadra». (rrc)