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Il surreale campanilismo dei calabresi a proposito del Capodanno

di SERGIO DRAGONE – La surreale guerra di Capodanno combattuta a colpi di rivendicazioni sui numeri dei partecipanti nelle principali piazze della regione e sulla qualità dell’offerta artistica suscita un po’ di ilarità e un po’ di preoccupazione. Rappresenta un’evoluzione del campanilismo calabro, passato in mezzo secolo dai moti per il Capoluogo ai moti per Amadeus.

Certo, meglio gli imbarazzanti lustrini di Malgioglio che il fumo delle barricate a Sbarre e Santa Caterina. Meglio i superstiti dei Ricchi e Poveri che i superstiti dei Boia chi Molla. Ma come non ammettere che questa stupida competizione rappresenta un’involuzione culturale preoccupante che sposta su un terreno frivolo la competizione tra i territori. Crotone, Catanzaro, Cosenza, Reggio Calabria e Vibo Valentia più che schierare big più o meno attempati sui palchi del Capodanno, sciorinare cifre più o meno attendibili sulle persone in piazza, rivendicare supremazie culturali, bene farebbero a poggiare la concorrenzialità su fatti e progetti concreti, duraturi e che vadano oltre lo spazio di una notte. Ovviamente, è un bene che le città abbiano festeggiato l”arrivo del nuovo anno.

E i numeri registrati su Rai Uno da L’Anno che Verrà giustificano abbondantemente l’investimento della Regione. Al contrario dell’inquietante pista di pattinaggio a Milano. Quel che voglio dire è che i calabresi farebbero molto male ad adagiarsi sugli allori di una notte più o meno magica. O attardarsi su questa inedita versione del campanilismo, inseguendo primati di cartone. Si facciano funzionare le città, gli ospedali, gli impianti di depurazione, le scuole e le università.

È questo il terreno del sano campanilismo che mi piacerebbe vedere in Calabria. (sd)