di PINO NANO – «Un giorno la Madonna mi apparve e mi disse: ti chiedo il favore di trasformare questa valle; qui desidero un grande centro di spiritualità, dove le anime troveranno pace e ristoro. In questo luogo, Dio vuole aprire una finestra verso il cielo; qui, per la mia mediazione, vuole manifestare la Sua misericordia!».
Prima “Famiglia Cristiana”, poi il giornale dei vescovi, l’Avvenire, e per ultimo, la settimana scorsa, il giornale del Gruppo San Paolo “Maria con te”. Ormai anche la chiesa ufficiale ha preso atto della presenza e del ruolo carismatico di Fratel Cosimo Fragomeni, il “Padre Pio della Calabria”, lo chiamano così un po’ dovunque, l’uomo che «fa i miracoli in nome di Maria», una sorta di frate francescano che vive di poche cose, un eremita moderno, un uomo di fede, e certamente anche un testimone del nostro tempo. Non si spiegherebbe altrimenti al suo fianco la presenza di mons. Oliva uno dei sacerdoti e del vescovi più illuminati della Calabria.
Ieri Fratel Cosimo ha riunito insieme, ancora una volta sulla collina che lo ha visto nascere, migliaia e migliaia di fedeli giunti in Calabria da ogni parte d’Italia. Un raduno di preghiera infinito, immenso, come tutti i raduni a cui Fratel Cosimo ci ha ormai abituato da 55 anni a questa parte.
«Dicono che io faccia i miracoli, ma non è vero. Ai fedeli che vengono a trovarmi e a pregare con me chiedo loro di avere fede, li invito a rivolgersi alla Madonna per arrivare a Gesù, apro vie di speranza, garantisco le mie preghiere, prego con loro. È vero, le guarigioni qui sono tante, ma è solo una goccia nel mare. È la Chiesa tutta che deve tornare a credere nel Gesù totale, che guarisce e perdona, che mette in relazione, che rende felici riempiendo la vita di senso, rendendo capaci di portare amore come ha fatto lui».
Esperienze mistiche riportate fedelmente e dettagliatamente in una trentina di lettere, in alcune delle quali Cosimo Fragomeni racconta delle apparizioni della Vergine Immacolata, avvenute, dall’11 al 14 maggio 1968, all’imbrunire, mentre si accingeva a rientrare a casa dopo una giornata di duro lavoro nei campi su un enorme masso coperto da cespugli e rovi divenuto, da allora, “Lo Scoglio delle apparizioni”, meta incessante di pellegrinaggi.
Una esperienza straordinaria – raccontano i suoi biografi ufficiali- «che infiammò d’amore il cuore del giovane, all’ epoca diciottenne, che accogliendo nella fede le indicazioni che la Madonna gli affidò attraverso quattro messaggi rivolti all’ intera umanità, diede inizio alla straordinaria opera di evangelizzazione per la salvezza dei peccatori. Una epifania di grazia, che trasformò l’umile contadino in un testimone della carità cristiana, capace di parlare al cuore della gente».
Siamo sulle alture di Placanica, paese dell’entroterra jonico reggino, a 250 metri di altitudine sul mare, ad un’ora da Reggio Calabria lungo la famosa statale 106 ionica, uno dei posti più lontani dello stivale.
Fratel Cosimo parla lentamente, impastato di pazienza e di senso dell’accoglienza verso tutti, e non fa che ripetere il suo mantra: «La fede, quella vera, passa per i sentimenti, per la relazione d’amore, che sono cose che appartengono a tutti, non solo a chi è istruito. Il linguaggio colto serve in certi contesti «e spesso è necessario, ma è solo un contorno perché la fede non è la teoria delle belle parole. La fede viene dal cuore. Dio è relazione, si fa toccare, si fa sentire. Il Dio che non si tocca non è il Dio di Gesù. Troppe volte anche nelle nostre celebrazioni, negli incontri parrocchiali non consideriamo che il Dio dei Vangeli è un Dio in relazione, che mostra il suo volto, che ci accoglie e ci dà da mangiare. Con Gesù possiamo parlare e lui ci ascolta. Lui passa nella nostra vita come passava sulle strade della Palestina. Ci chiama, ci aspetta, ci sorride. Questo è il Dio che ci cambia, che ci fa uscire dall’individualismo. Non il Dio vuoto, distante, ideologico di tanti libri, di tante celebrazioni».
E quassù, nella miseria e nella solitudine più nera della borgata di “Santa Domenica”, che è nato, il 27 gennaio 1950, primogenito di due figli dei coniugi Ilario Fragomeni e Maria Mazzà, gente umile, impegnata a coltivare la terra, ma serena e fiduciosa nell’aiuto della Provvidenza.
Allora Santa Domenica di Placanica – racconta Giuseppe Cavallo che è da sempre il suo biografo ufficiale – era raggiungibile solo a piedi o a dorso di un asino, attraverso una mulattiera che si innervava nella vallata del “Precariti”, che taglia a metà l’intero territorio comunale, «una borgata “ferita” dall’esodo di massa che aveva strappato e portato via migliaia di giovani calabresi costretti ad abbandonare affetti e fazzoletti di terra, in cerca di lavoro e di dignità. La gente rimasta aveva reagito alla fatica di vivere con orgoglio e determinazione, necessaria alle provocazioni di una esistenza di stenti e con un forte radicamento alla fede che si traduceva in una diffusa solidarietà. E fu proprio in questa famiglia, dove regnava il vicendevole rispetto e la pace, che il piccolo Cosimo trovò le profonde radici cristiane che alimentarono nelle pieghe più intime della sua anima un precoce anelito alla santità e la vocazione alla pietà cristiana».
«La notorietà internazionale di questo luogo mariano – racconta padre Rocco Spagnolo, superiore dei Missionari dell’evangelizzazione e delle suore Missionarie del catechismo, storico confessore di fratel Cosimo – fa sì che vi accorrano anche migliaia di ammalati. È sempre presente il mondo della disabilità. Arrivano persone attraversate dalla sofferenza, afflitte da varie patologie, anche psichiche. Alcune sperano nella guarigione, altre, angosciate, chiedono conforto. Ci sono, insomma, tutte le molteplici miserie che affliggono l’umanità: i peccati, le malattie, gli errori, i dubbi, le ansie, le disgregazioni familiari, la povertà, la solitudine, l’emarginazione, la droga, l’alcol, l’illegalità… Fratel Cosimo parla cuore a cuore usando parole semplici e comprensibili. È il mistico degli ultimi: vede nei fratelli colpiti dalla malattia le membra di Cristo sofferente. Possiede il dono-carisma dell’ascolto. Prega per loro. Non spiega la sofferenza, ma ne addita il senso. Abbraccia amorevolmente quest’umanità sofferente rendendosi solidale. Condividendo con Cristo, per amore, fa propri i loro pesi e le loro malattie».
Alle spalle di tutto questo, si muove l’altra faccia della medaglia, un mondo che solo in pochi conoscono davvero, sono i tantissimi volontari che qui da tantissimi anni servono la causa di Fratel Cosimo come se fossero essi stessi figli spirituali dell’eremita. Arrivare fin quassù è sempre stato un tuffo nel mistero, ma anche una scoperta straordinaria di testimonianze di fede e di carità cristiana.