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La buona sanità nel Reparto di rianimazione dell'Ospedale San Giovanni di Dio di Crotone

La buona sanità nel Reparto di rianimazione dell’Ospedale San Giovanni di Dio di Crotone

di MICHELANGELO FRISINI – In Calabria c’è anche una buona sanità, con medici, infermieri e operatori che riescono a fare miracoli con la loro professionalità e il loro senso del dovere. È il caso dell’ospedale San Giovanni di Dio di Crotone, recentemente visitato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha voluto incontrare i sopravvissuti della tragedia di Steccato di Cutro.

Tutto il personale ha dato il massimo per assistere e salvare la vita agli sventurati che erano sul barcone, soprattutto i bambini. Ma ci sono anche storie personali che possono testimoniare che non tutto nella sanità calabrese non funziona. E proprio di questo vorrei dare atto ai sanitari dell’ospedale San Giovanni di Dio dove – nei giorni scorsi – è stata ricoverata nel reparto di rianimazione mia moglie, Edwige Spadanuda, in seguito a delle imprevedibili complicanze di un intervento subito in una struttura privata del Crotonese.

Ebbene, questa nostra emergenza è stata gestita in maniera esemplare sia sotto l’aspetto medico sia sotto l’aspetto dell’umanità, della gentilezza, della disponibilità verso la paziente e verso i familiari. Poiché gli operatori sanitari pubblici, spesso oggetto di critiche ingiustificate, restano sempre nell’ombra, ritengo doveroso da parte mia ringraziare, uno per uno, tutti i sanitari del reparto di rianimazione del San Giovanni di Dio che io considero eroi quotidiani, ogni giorno impegnati senza tregua per assistere e salvare la vita a tanta gente. Ringrazio pertanto il direttore sanitario dottor Dionisio Gallo e i medici del reparto guidato dal direttore dottore Serafino Vulcano, Orlando Bruno, Ilaria Vero, Ercole Barozzi, Maria Torcaso, Marisa Piccirillo, Daniela Madia, Monica Muratgia, Tommaso Torchia, Giovanni Cosco, Manuela Marchese, Tommaso Sorrentino e Corrado Chiaravalloti.

E gli infermieri, coordinati da Maria Cristina Lucentini, Masapollo, Barberio, Ranieri, Caliò, Menzano, Iuliano, Vasapollo, Lopez, Rugiero, Basta e Amato. E infine gli oss Pagliuso, Muscò, Gioia, Marra e Durazzi.

Tutti meritano il mio plauso personale e, ritengo, quello della collettività. Spero che questa mia riflessione, nata da una vicenda personale, possa contribuire ad aumentare la fiducia dei calabresi nei nostri ospedali che certamente hanno bisogno di più strutture e più risorse umane, ma che riescono tuttavia a svolgere al meglio i loro delicati compiti con abnegazione e professionalità. (rkr)