di FRANCO CALABRÓ – La notte buia, senza la luce della luna, è l’ideale per gli amanti della pesca. I totani, attirati dalla micidiale “totanara” che viene calata a grande profondità, diventano una facile preda. Squarciati dagli ami, in un ultimo tentativo di difesa, appena tirati in barca lanciano uno spruzzo d’acqua, prima della morte.
Dal mare il litorale che da Pellaro va fin oltre le scogliere di Capo d’Armi appare come una distesa di costruzioni, i reggini benestanti si sono fatti la villa, la ‘Ndrangheta ha investito in villaggi e residence. In uno di questi complessi sorgono le villette di due personaggi politici assai noti: Ludovico Ligato, per tutti Vico, e Giovanni Palamara, amici anche se su posizioni politiche diverse. Quella sera del 27 agosto 1989 si festeggia il compleanno di Ligato, che da pochi mesi è stato costretto a lasciare l’incarico di presidente delle Ferrovie perché coinvolto nel cosiddetto scandalo delle lenzuola d’oro. Pochi amici, i più fidati, quelli che non hanno dimenticato di essere stati beneficati, come invece hanno fatto in tanti. Da fuori si sentono le risate, chiacchiericcio delle signore, salta qualche tappo di champagne.
A pochi metri, protetti da un buio pesto, rannicchiati nella stanza senza infissi d’una casetta in costruzione, ci sono due spietati sicari, incaricati dal “direttivo” delle cosche dominanti di portare a compimento una tragica missione. Ligato esce, in calzoncini e zoccoli, per accompagnare l’ultima coppia di amici che avevano preso parte a una cena che era stata molto tranquilla, non si era parlato di politica, se non qualche accenno del padrone di casa a un possibile ritorno nella politica attiva, quella che è stata la sua passione e la sua condanna a morte.
I colpi sono decine, il tentativo di rientrare in casa, le urla della moglie Nuccia, poi il silenzio, qualcuno chiama la polizia. Gli assassini vanno via, forse una barca, ma non c’è luna e nessuno può vederli, li attende nel mare placido d’una notte d’agosto.
Il mistero sulla morte di Vico Ligato è caduto grazie ai pentiti che hanno rivelato nomi di mandanti ed esecutori, non conosceremo mai i mandanti dei mandanti, quelle oscure entità che sono dietro ai tanti gialli della cronaca di questi anni. Il personaggio Ligato continua ancora a far discutere. Resta il ricordo di un brillante giornalista, politico di spessore, carattere irruento ma capace di grandi slanci di generosità. Una morte eccellente sulla quale troppo presto è calata la coltre di un inspiegabile oblio. C’è chi vorrebbe che la figura di colui che è stato un protagonista di primo piano della politica anche fuori dalla Calabria venga come riportata nella giusta dimensione, senza la comoda archiviazione del delitto di ‘Ndrangheta e basta. Forse c’è qualcuno cui conviene che le cose restino così. Per sempre. (fc)