di ROSARIO SPROVIERI – “Infiniti mondi” è la nuova mostra d’arte del pittore Mauro Russo, le sue opere d’arte saranno esposte da Sabato 14 a sabato 21 Dicembre, presso la Galleria Gregorio VII nell’omonima via, al civico 274 a Roma.
Per tutto il periodo si potrà far visita alla mostra dal martedì al sabato, la mattina a partire dalle 10 sino alle ore 13 e, nel pomeriggio dalle 16 alle 19. Domenica e lunedì la Galleria resterà chiusa.
Il momento del vernissage è fissato alle ore 17.30 di sabato 14 dicembre, alla presenza di una madrina speciale che è Adriana Russo, attrice figlia del maestro Mario che era stato allievo dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli, poi vissuto anche a Trastevere, la serata per la presentazione delle opere pittoriche sarà condotta dalla giornalista, curatrice d’arte Elena Conti.
– Una mostra è sempre un impegno particolare, per ogni artista, come sarà questa nuova esperienza romana?
«Beh a dire il vero, io espongo permanentemente alla galleria Gregorio VII, questa volta è una mia personale, diciamo un impegno più oneroso per il quale ho cercato di realizzare una serie di quadri importanti».
– Mauro Russo qualche settimana addietro hai donato un Cristo Monumentale alla chiesa della tua cittadina, come hanno accolto te e la tua grande opera pittorica?
«È stata una cerimonia toccante, alla presenza delle autorità civili e religiose, c’era la mia gente e il sindaco di Limbadi Leo Mercuri, tutti per accogliere il mio “Cristo” sulla Croce, opera di quasi due metri di altezza. È stata indubbiamente una delle giornate più intense della mia vita. Adesso l’opera è nella cappella della fonte Battesimale della nostra Chiesa di San Pantaleone, per il fervore e la religiosità del popolo di Limbadi».
– Che cosa racconti attraverso la pittura?
«“Infiniti Mondi” è il riassunto del mio lungo viaggio sulle strade dell’universo dell’arte della modernità. La mia è un’arte che rifugge dal disordine e dalla confusione di quella moltitudine di persone che fanno arte inscenando paesaggi astratti, inesplicabili e poco empatici. Io ho scelto di agire con cura, con ordine, ho voluto dare un senso comprensibile e intenso ad ognuna delle mie opere, al di fuori delle mode e delle correnti che oggi sembrano avere la meglio. Alla maniera di Franco Gentilini, a volte, sento – a pelle di essere davvero – “sopravvissuto ad un incendio”, per questo mio modo di continuare a credere e a proporre in prevalenza un figurativo, con un dosato, gioioso, impiego di colori che, danno un senso a quel sentire che alimenta la mia anima.
Sai, io mi sento vicino a un ramo d’ulivo, all’oro del limone e delle ginestre, all’azzurro che s’inargenta fra i flutti del nostro mare. Dipingere è stato sempre forte in me: la pittura fa parte della mia vita, è il mio mondo privato, dove trovo gli stimoli della vita, continuamente…
Devo dire che sono anche legato a quell’astratto che è figlio di una idea, frutto dell’esperienza, cammino di un pittore, sintesi di pensiero intenso e ricco. L’astratto per me è un po’ come la musica jazz, musica più misteriosa, meno orecchiabile, ma figli di musicisti esperti che ben conoscono la musica, le chiavi del pentagramma, le armonie e le dissonanze; così è per la composizione pittorica: al di là della linea e al di là della forma, informale sì ma solo se si conosce e si riconosce ogni forma».
– Cosa presenti alla Galleria Gregorio VII, cosa mette meglio a fuoco la tua personalità artistica?
«Oltre trentacinque opere, quasi un’antologica che va a riprendere i paesaggi, le nature morte, le figure tutti i miei passaggi tonali, tutta la ricchezza del mio modo di comporre per pittura. Opere “vissute” e intense che facilitano il ritrovare quel senso del bello che, oggi sembra un po’ in ombra. Riscoprire il turbinio degli azzurri e i piccoli dettagli a cui l’anima s’aggrappa, sono questi i miei giri di chiavi. Pittura che è filosofia, religione, pathos e vibrazioni, non solo né semplicemente un modo di fare. Da tempo io prendo tutto dagli alberi, dalla terra dal mare, dai venti e dalle acque del mediterraneo. Cerco le luci, che penso sia poi l’elemento più importante nei miei dipinti. Prendo dalle rifrangenze del sole, bellezza, colori, brillantezze e luminosità, che dipingo con i colori che sento vicini al mio cuore»
– Cosa ti aspetti?
«Non mi aspetto alcunché dal mondo esterno, non mi faccio più illusioni. Vorrei richiamare alla memoria un aneddoto di costume della mia terra, sai quando ai tavolini del bar assistevo alle infinite sfide d’incalliti conoscitori del tressette, ricordo che quando uno dei contendenti constatava di non avere più chances, imprecava e poi volava le carte all’aria, si alzava di scatto e, se ne andava! Beh io, pur stanco, deluso, confuso a volte anche amareggiato per questo momento dell’arte, voglio continuare, da stakanovista, a tirare una linea, a dar forma a una visione improvvisa, a rubare la luce da un lampo, così rinasco ogni volta ,e ogni volta mi sento in sintonia con Dio, con la natura, le cose e il resto del mondo!».
– Come nascono i suoi quadri?
«Credo di essere un grande osservatore del mondo che mi circonda, dell’ambiente, ne traggo stimoli infiniti, ispirazioni che diventano poesia eloquente attraverso li colori che illuminano le mie visioni».
– In genere, che cosa cerca di suscitare in chi osserva i suoi quadri?
«Mi auguro solo che ogni dipinto riesca a emozionare chi lo guarda».
– E per te stesso, che emozioni suscitano le tue opere?
«Un profondo appagamento, la pienezza, una sensazione di benessere che, arrivano al culmine dello sforzo e del sudore vero. Perché come ho già detto: per me, dipingere è un’esigenza interiore che è lo sbocco del magma di cui è carica la mia anima». (rs)