di ANNA MISURACA – All’interno di un bosco di piante di ogni specie come querce, ulivi, ma anche agrumi e fichi, intervallato da rocce ricoperte di muschi, capelvenere e altre felci rigogliose, si dipana un sentiero stretto e angusto con, di tanto in tanto, gradini costruiti alla meglio. Una natura disordinata, con alberi caduti, rami spezzati che limitano il passaggio, stimola la curiosità e un sentimento di avventura mentre si costeggia il Sangineto.
Un corso d’acqua che nel suo percorso attraversa zone piane e zone rocciose, creando piccole cascatelle che preparano ad una visione più sorprendente: La Cascata dei Sogni di Sangineto.
In un antro buio, illuminato solo da un’apertura in alto che filtra qualche raggio di sole, tra un mucchio di rocce, si sprigiona, con un guizzo, una cascata di acqua che dà una sensazione di freschezza e vitalità prorompente.
Un meraviglioso spettacolo naturale del quale avere cura e rispetto, avendo a cuore che il luogo non entri, come spesso accade, in un circuito di consumismo sfrenato.
A questo tendono i volontari della proloco di Sangineto, del Cai (club alpino italiano) sez. di Verbicaro e i collaboratori che si sono adoperati per l’accoglienza del nostro gruppo e ci hanno guidato con competenza e tanta amorevolezza.
Seduti su una scala stretta tra le case di Sangineto e all’ombra, ristoriamo il corpo e inaspettatamente anche la mente ascoltando le parole del professore Chimirri. Attraverso un oculare particolare in cui la storia si lega con l’antropologia, il prof. ci apre ad una visione diversa del viaggiare nei borghi. Non solo le chiese e i monumenti importanti, magari costruiti da maestranze provenienti da altre regioni, sono da visitare ma ciò che ci sta attorno. Non solo capitelli… ma l’architettura popolare, le case, gli spazi comuni, i vagli come luoghi di relazione ed espressione della vita della gente nei paesi di Calabria.
In perfetta continuità con quanto ascoltato, la proloco di Sangineto ci accoglie per il pranzo in un cortile al quale si accede attraverso dei sottarchi, delimitato lateralmente dalle tipiche case basse di un tempo, che ricorda i nostri vagli. Accoglienza impagabile sia per il luogo che per il cibo, preparato con cura dalle signore di Sangineto.
L’azzurro del mare è il colore dominante del Museo dei Brettii e del mare di Cetraro, lo si ritrova anche nei reperti archeologici esposti nelle vetrine. Il museo insieme alla biblioteca è ospitato nelle sale sobrie ed eleganti di un palazzo signorile: il Palazzo del Trono nella piazza principale di Cetraro. Anfore avvolte da reti da pesca, ritrovate nei fondali del mare vicino, per il trasporto di grano, olio, vino, creano un’atmosfera unica che riporta alle rotte commerciali di antiche imbarcazioni e alle tecniche di pesca e navigazione del passato.
Nella sezione storica un numero importante di carte geografiche testimonia come si è trasformato il territorio italiano ed in particolare quello calabrese. Tra queste una famosa carta sismica.
E poi le chiese, le viuzze… e la darsena di Cetraro nella luce del tramonto, sempre guidati dal dott. Luigi Orsini, nostra appassionata guida.
Seduti su una scala tra le case di Sangineto i soci de Le Città Visibili hanno avuto il piacere di conoscere e ascoltare l’intervento del prof. Rosario Chimirri, architetto e docente presso l’Università della Calabria che ha voluto evidenziare la peculiarità dei paesi e dei borghi sparsi in tutta la Calabria, una descrizione dell’impronta urbanistica e architettonica dei tanti, piccoli comuni calabresi, molti dei quali caratterizzati da evidenti influssi arabeggianti successivamente cancellati da una ondata di cementificazione selvaggia che ha deturpato la bellezza e il fascino dei nostri centri storici.
«Occorre apprezzare il paesaggio insediativo storico nelle sue diverse componenti inerenti anche i sensi dell’udito, dell’olfatto, del gusto, del tatto, oltre che della vista, per un completo coinvolgimento e apprezzamento di specificità culturali a rischio di cancellazione». Ma c’è tanto ancora da salvare, con l’impegno dei professionisti, dei giovani, delle imprese, della politica. Nei due volumi della sua opera, mette su carta il frutto dei suoi studi sulla “cultura dell’abitare”. Pone in evidenza come i paesi abbiano una struttura che è stata adattata alla loro cultura, al loro modo di vivere, alle esigenze peculiari di ogni comunità.
La conoscenza e lo studio delle culture dell’abitare sono elementi utili anche per indirizzare progettazioni moderne, in sintonia con il territorio e gli abitanti, affinché essi possano, ci si augura, ritrovare negli stili di vita tradizionali nuove formule per affrontare e “colorare” l’abitare dell’oggi, sempre più tendente al banale, al ripetitivo, all’asfittico. La sua presenza è stata l’occasione per riflettere sulla situazione di abbandono in cui versano molti paesi e borghi della regione poiché «I paesi si svuotano non solo di persone, ma anche di valori», e quanto sia importante educare ai luoghi le menti più giovani. (am)