di ANNA MARIA VENTURA – Nella magica cornice di Palazzo Giustiniani, a Roma, in quella che oggi è denominata Sala della Costituzione, il 27 dicembre 1947 Enrico De Nicola, Alcide De Gasperi e Umberto Terracini firmarono la Carta Costituzionale. La discussione sul testo della Costituzione fu molto lunga e complessa. Appena eletta il 2 giugno 1946, l’Assemblea Costituente, costituita in totale di 556 Deputati, di cui solo ventuno erano donne, nominò al suo interno la Commissione per la Costituzione, composta di 75 deputati, fra cui cinque donne, per questa è anche nota come “Commissione dei 75″, incaricati di stendere il progetto generale della carta costituzionale.
Il progetto costituzionale elaborato dalla Commissione venne presentato all’Assemblea nel febbraio 1947 e così iniziò il dibattito in aula, che si protrasse fino al dicembre successivo, riguardo sia all’impianto generale sia ai singoli titoli e norme. Trovata finalmente una convergenza tra le varie correnti politiche, il testo definitivo venne approvato a scrutinio segreto il 22 dicembre 1947 e promulgata il 27 dicembre dal Capo Provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola.
La maggioranza che elaborò e votò la Costituzione fu il frutto di un compromesso tra la sinistra e i cattolici sui principi fondamentali, anche i liberali esercitarono un’influenza decisiva sui meccanismi istituzionali ed in particolare sulla separazione dei poteri.
Il Palazzo Giustiniani apparteneva alla famiglia Giustiniani, che lo acquistò nel 1590 dopo essersi trasferita a Roma dall’isola di Scio nell’Egeo, in seguito alla riconquista dell’isola da parte dei Turchi. Nel palazzo era ospitata l’importante collezione di sculture e dipinti di Vincenzo Giustiniani (1564-1637), che comprendeva tra l’altro opere di Caravaggio, Raffaello, Giorgione, Tiziano e Andrea del Sarto, oltre a numerosi pezzi di epoca romana. Per questo motivo l’edificio divenne mèta di artisti e studiosi fino a tutto il Settecento, Con la dispersione della collezione tra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo, il palazzo conobbe un periodo di degrado. Nel 1943 fu acquistato dallo Stato, e dopo alcuni restauri fu destinato a residenza del Presidente del Senato.
Palazzo Giustiniani ha anche una grande Galleria, attualmente nota come Sala Zuccari dal nome dell’artista Federico Zuccari (1539-1609) che ne ha affrescato la volta. È l’unico ambiente rimasto inalterato durante le numerose ristrutturazioni di palazzo Giustiniani. È interamente decorata ad affresco: nella volta sono raffigurati cinque episodi delle storie di Salomone e le quattro virtù, Religione, Industria, Vigilanza, Eloquenza, a lui attribuite. Vicino agli angoli della volta sono raffigurati piccoli paesaggi, in cornici circolari. Sulle pareti erano raffigurate immagini femminili di virtù, ma attualmente ne rimane solamente una, a figura intera, “La Temperanza”, mentre delle altre restano solo alcuni frammenti.
Tutte le decorazioni sono ordinate entro una superficie decorata a grottesche e l’insieme ha un aspetto sontuoso, arricchito anche dagli arazzi seicenteschi. I problemi di attribuzione delle opere restano parzialmente aperti. Per l’importante ciclo decorativo che risale al 1586-87, quando il palazzo non apparteneva ancora ai Giustiniani, sono confermati, anche da studi recenti, i nomi di Antonio Tempesta e Pietro Paolo Bonzi , artisti del Cinquecento.
Proprio nella sala Zuccari, il 16 settembre 2022, si è verificato un evento speciale: l’incontro virtuale fra Padri e Madri Costituenti, che hanno dialogato fra di loro, come se il tempo, per una magia particolare, non fosse trascorso da quel lontano 1947. Hanno continuato a parlare di diritti, soprattutto al femminile. A far sentire la loro voce forte e chiara sono state le ventuno Madri Costituenti, attraverso il libro che veniva presentato In cammino verso i diritti. Le madri Costituenti. Il volume, scritto dalla professoressa Nella Matta e pubblicato da Jonia Editrice (Rende, Cosenza) ripercorre le tappe delle donne protagoniste di grandi battaglie e rivoluzioni quotidiane, che hanno segnato il secolo scorso.
Un dibattito a più voci, moderato dal capo Ufficio Stampa della Commissione Europea in Italia, Manuela Conte, per evidenziare il ruolo di assoluto primo piano delle donne nel cammino democratico del nostro Paese. Oltre all’autrice sono intervenuti il Professore Giuseppe Trebisacce, direttore editoriale Jonia Editrice, il Professore Massimo Fiorucci, Rettore dell’Università Roma Tre, la Prof.ssa Carmela Covato, docente di Storia dell’Educazione Università Roma Tre, il Prof. Massimo Veltri, già docente Università della Calabria, la dott.ssa Vincenzina Perciavalle, già consigliera nazionale di Parità. Grazie al contributo dei relatori sono state ripercorse le tappe di un cammino sofferto e silenzioso, che ha gettato le basi per il riconoscimento di uguaglianza e parità nella nascente Repubblica Italiana. È venuta fuori l’anima di un libro dal forte valore didascalico, che racconta le tappe salienti delle leggi che hanno cambiato l’esistenza delle donne italiane, creando condizioni di uguaglianza e parità. Ma fulcro della narrazione sono le vite di ventuno donne del secolo scorso, le Madri Costituenti, pioniere della partecipazione politica attiva in un Paese che riconobbe il suffragio universale solo nel 1946 e al contempo espressione dei profondi cambiamenti che avevano già investito la società italiana, con il coinvolgimento delle donne nel mondo del lavoro e nella vita pubblica.
Il libro di Nella Matta sta percorrendo con successo un lungo cammino attraverso i luoghi rappresentativi della cultura, dalla Calabria al Salone del libro di Torino e delle Istituzioni, il 16 Settembre, appunto, a Roma, nella sala Zuccari di Palazzo Giustiniani del Senato. Senza dubbio questa di Roma è stata una presentazione densa di contenuti e di emozioni, ricca di suggestioni, che sono venute dal libro, ma anche dalla storia del luogo in cui è stato presentato.
Il Palazzo Giustiniani è diventato “uno spazio dell’anima” di chi ha preso parte all’evento, sia fisicamente che virtualmente, come si è verificato per il Palazzo del Trono a Cetraro (CS), dove è avvenuta un’altra intensa e coinvolgente presentazione.
Nel suo bel libro “Gli spazi dell’anima” lo studioso Lionello Sozzi, conducendo un’ampia ricerca fra una pluralità di luoghi dell’interiorità che la letteratura narrativa e poetica sceglie per parlare dell’anima, dice «tra il mondo esterno e il mondo interiore si scopre una meravigliosa rassomiglianza …probabilmente la risposta è nella necessità di localizzare, di tradurre in termini di concretezza delimitata e tangibile anche le entità più inafferrabili».
L’anima predilige uno spazio per manifestarsi e solitamente le immagini di spazio che più si caricano di significato sono le antiche dimore. In questi spazi l’anima si apparta e con essa la nostra vita interiore e le sue variegate emozioni. È potente questa suggestione che ci invita a cercare l’anima nei luoghi e a “fare anima” con l’anima del mondo, come direbbe James Hillman.
«Tutti abbiamo sperimentato particolari visioni che agiscono il richiamo di qualcosa di profondo, di inspiegabile, qualcosa che porta ad interpretarle non per le caratteristiche fisiche che posseggono, ma per il pathos che riescono a produrre in chi rivolge loro gli occhi. È questo l’incontro con genius loci, l’immagine simbolica del protettore del luogo che si riattiva quando mette in contatto il suo spirito con le tensioni emotive di ogni io».
Così Hillman parla del genius loci nel suo L’anima dei luoghi: “L’anima del luogo deve essere scoperta allo stesso modo dell’anima di una persona. È possibile che non venga rivelata subito. La scoperta dell’anima, ed il suo diventare familiare, richiedono molto tempo e ripetuti incontri”. Ma a volte viene scoperta al primo impatto, proprio come succede quando si entra in contatto con luoghi magici, come Palazzo Giustiniani a Roma, o Palazzo del Trono a Cetraro, che preservano intatto il loro genius loci. Quando si può quindi affermare di essere in contatto con il genius loci?
Quando nel luogo che fa da cornice ad un evento il cuore risponde, l’anima personale si risveglia e si sente bene perché lì ha trovato il suo centro, finalmente il suo “dove”, in quella dimora filosofale in cui passato e presente si fondono in armonica completezza. Quando in quel luogo la storia esce dalla sua dimensione temporale e continua ad essere presente e visibile anche nella contemporaneità del presente. Sono spesso luoghi diventati simbolici proprio per ciò che vi è accaduto e, attraverso un approccio stratificato nel tempo, sono capaci di agire sul nostro presente costringendo chi vi si approccia a tenere costantemente in considerazione la storia che lì si è svolta, alla quale devono conformare il loro agire per esserne degni continuatori. (amv)