Legambiente ha definito una «scelta sbagliata, figlia dell’assenza di pianificazione e della mala gestione dei rifiuti», l’impianto di produzione di combustibile solido secondario a Marcellinara.
Proprio nella giornata di domani, si terrà, presso il Dipartimento Territorio e Ambiente della Regione Calabria, la conferenza dei servizi, finalizzata al rilascio del provvedimento autorizzatorio unico regionale (Paur) in materia ambientale, relativa all’istanza formulata dalla Calme cementi per un impianto di produzione di combustibile solido secondario (CSS), derivato dalla lavorazione dei rifiuti da realizzare nella zona industriale di Marcellinara e da utilizzare successivamente nel forno del cementificio già esistente.
Un progetto avversato dalle amministrazioni del territorio, a partire da Marcellinara e da gruppi spontanei di cittadini che hanno indetto, contestualmente alla conferenza dei servizi, un sit-in di protesta con l’obiettivo di bloccare l’installazione dell’impianto. Una mozione di contrarietà è già stata presentata anche dai limitrofi Comuni di Maida e Tiriolo.
«Oltre i comprensibili allarmi ed alle tentazioni Nimby (“Non nel mio giardino”) – si legge in una nota dell’Associazione – sono opportune una serie di riflessioni, sempre doverose nel parlare di ambiente e di salute, all’insegna di quell’ambientalismo scientifico che ha sempre caratterizzato l’operato di Legambiente. Partiamo dal presupposto normativo, imposto dall’Unione Europea che è chiarissima nell’indicare obiettivi di riciclaggio dei rifiuti molto elevati già nei prossimi anni (per i soli rifiuti domestici al 55%entro il 2025, al 60% entro il 2030 e al 65% entro il 2035). La Calabria è attualmente penultima a livello nazionale per percentuali di raccolta differenziata – che attualmente è sotto il 50% – e quindi sarà ancora più indietro quando dovrà confrontarsi con il tasso di riciclo».
Legambiente Calabria ha, infatti, invitato «le Amministrazioni che parteciperanno alla Conferenza dei servizi a valutare con molta oculatezza il provvedimento autorizzatorio in materia ambientale relativa all’istanza formulata dalla Calme cementi, colmando il gap documentale e ragionando, nell’interesse della collettività, con capacità di programmazione sulla gestione complessiva del ciclo dei rifiuti regionale realizzando un effettivo modello di economia circolare».
Proprio nel caso di Marcellinara, «occorre – reputa Legambiente – una valutazione ambientale approfondita mentre dagli elaborati presenti sul sito della Regione Calabria non si ricavano nè le caratteristiche del CSS prodotto, né la tipologia o provenienza dei rifiuti. Difatti, l’ATO rifiuti Catanzaro ha una buona percentuale di raccolta dei rifiuti differenziata, che non devono essere utilizzati come combustibile, ma devono essere riciclati con la conseguenza che i rifiuti da trasformare in CSS arriverebbero da altre aree, limitando il percorso di aumento del riciclo dei rifiuti. Inoltre, non sono presenti i dati relativi alle scorie risultanti dal processo di combustione: tutti elementi essenziali per tutela e la salvaguardia dell’ambiente e della salute».
«Per proteggere l’ambiente, la salute delle persone ed innescare meccanismi economici positivi – ha ricordato Legambiente – dobbiamo quindi differenziare molto di più e differenziare molto meglio per come richiesto dalla normativa europea.Per uscire realmente dagli enormi problemi costituiti dalla gestione del ciclo dei rifiuti e dai conseguenti danni ambientali, non servono né nuove discariche né impianti che brucino i rifiuti, ma è necessaria la costruzione, in tutte le province calabresi, di impianti tecnologicamente avanzati per il trattamento dei rifiuti ed il loro riciclo superando le attuali gravissime carenze del parco impiantistico calabrese».
«Servono un cambio di passo sia nella gestione dei rifiuti urbani che nell’impiantistica a supporto – ha evidenziato l’Associazione – a partire dai centri del riuso e della riparazione, i sistemi di tracciabilità della raccolta differenziata, il compostaggio diffuso di comunità laddove possibile e impianti integrati di digestione anaerobica dei rifiuti organici per la produzione di biometano e compost, la raccolta spinta dei rifiuti tessili e dei RAEE, l’applicazione della tariffa puntuale accompagnata da controlli rigorosi sulla piaga dell’abbandono dei rifiuti. E soprattutto, è necessario ridurre la quantità di rifiuti prodotti».
«La logica di bruciare i rifiuti, oltre che nociva per l’ambiente e per la salute, rischia di creare, nel medio e lungo periodo, dei veri e propri corto-circuiti – ha dichiarato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria –. È un ragionamento che vale per il raddoppio del termovalorizzatore ( o inceneritore ) di Gioia Tauro così come per l’impianto di produzione di CSS e conseguente incenerimento di Marcellinara: si tratta di impianti che oltre a richiedere anni per la loro costruzione, – così contraddicendo la prospettiva di rappresentare la soluzione della perenne emergenza rifiuti calabrese – comporterebbero la necessità di alimentarli di rifiuti andando in direzione diametralmente opposta rispetto alla raccolta differenziata ed all’economia circolarebasata sulla riduzione dei rifiuti, sul riuso e sul riciclo».
«In altri termini – ha concluso – il rischio è un aumento dei rifiuti perché qualsiasi inceneritore per funzionare ed essere economicamente sostenibile, deve essere “nutrito” con una logica antitetica alla raccolta differenziata di qualità».
In Calabria nel 2020 sono stati prodotti 716 mila tonnellate di rifiuti urbani (fonte ISPRA) di cui 374mila tonnellate (il 52%) in maniera differenziata e 342mila tonnellate in maniera indifferenziata. Dal 2016 al 2020 la produzione di rifiuti urbani è diminuita del 10% circa.
La frazione organica è la componente maggiore del rifiuto urbano differenziato (165mila tonnellate) rappresentandone il 44%; segue la frazione di carta e cartone (24% del totale corrispondente a 90mila tonnellate) e dal vetro (51mila tonnellate corrispondente al 14%).
I rifiuti urbani indifferenziati mandati ai TMB (impianti di Trattamento Meccanico Biologico) sono pari a 327mila tonnellate (a cui si aggiungono 39mila tonnellate di rifiuti urbani pretrattati): dai 9 impianti esistenti in Regione escono 299mila tonnellate che nel 64% dei casi vanno a finire in discarica e il 16% a incenerimento
Nell’impianto di Gioia Tauro (incenerimento) sono stati trattati nel 2020, 62mila tonnellate di rifiuti urbani mentre nell’impianto di Marcellinara (di coincenerimento) verrebbero trattate 1.300 tonnellate di rifiuti provenienti dalla frazione secca dei rifiuti urbani e CSS, ai quali si aggiungono 12mila tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi.
Nelle 6 discariche regionali sono state smaltite 196mila tonnellate di rifiuti urbani.
«Da questi dati emerge, con chiarezza – è stato specificato – che il problema dei rifiuti in Calabria è strutturale e gestionale e che la sola diatriba tra discarica si/no, inceneritore si/no o Css si/no è solo “l’ultima” problematica da affrontare. È questo il motivo, per il quale una presa di posizione che riguardi il solo impianto di Marcellinara, senza considerare visione sul futuro e contesto, rischia di essere fuorviante. Il CSS deriva, infatti, dallo scarto delle raccolte differenziate urbane: più è fatta “male” la raccolta differenziata in termini di qualità più è elevata la quantità che dovrà essere smaltita con trattamenti tipo TMB considerando che i materiali di scarto finiscono in discarica o vanno ad incenerimento. Il CSS bruciato nei cementifici, previo adeguamento del camino con filtri specifici per filtrare gli inquinanti derivanti dal processo di combustione, costituisce paradossalmente una soluzione migliorativa al cosiddetto “pet coke” normalmente bruciato nei cementifici».
«In Calabria manca, sostanzialmente – ha spiegato dall’Associazione – una visione di insieme perché partire dalla fine del ciclo dei rifiuti (programmando gli impianti) senza basarsi sulle reali quantità in gioco è fuorviante e rischia di far realizzare impianti troppo grandi che poi vincoleranno e ostacoleranno lo sviluppo dell’economia circolare e della corretta gestione dei rifiuti. Per usare un’immagine efficace è come costruire una casa a partire dal tetto anziché dalle fondamenta».
In sostanza, nell’ottica di raggiungere minimo il 65% netto di materiale differenziato avviato a riciclo (al netto quindi degli scarti dovuti da una cattiva qualità delle raccolte differenziate che mediamente corrisponde al 20% della raccolta differenziata attuale), di limitare al solo 10% i rifiuti conferiti in discarica per come richiesto dalla normativa europea e di ridurre all’origine la produzione di rifiuti urbani, l’unica possibilità per una gestione ottimale dei rifiuti deve passare per: migliorare la gestione della raccolta dei rifiuti a livello regionale, puntando su un miglioramento non solo della raccolta differenziata in termini percentuali ma soprattutto in termini di qualità della raccolta, per raggiungere nel minor tempo possibile l’obiettivo europeo del 65% di riciclo netto di materiali e per evitare l’avvio di procedure di infrazione a livello comunitario.
Prevedere e realizzare prioritariamente l’impiantistica necessaria al recupero e riciclo delle frazioni più importanti e strategiche come quella dei rifiuti organici, dei tessili, delle plastiche e dei RAEE che permetterebbero di ridurre notevolmente le quantità “indifferenziate” di rifiuti e quindi di calibrare l’impiantistica per chiudere il ciclo sull’effettiva necessità non di oggi, dove il sistema non sta funzionando, ma di domani, quando si sarà massimizzato il riciclo e riuso dei materiali e ridotto al minimo i materiali “indifferenziabili”. (rcz)