di ANTONIO ERRIGO – Quando un corpo sociale lancia reiterati segnali di allarme, dai quali si deduce di essere condizionato da patologie economiche pericolose per il tessuto umano del quale è composto, occorre prenderne atto, esaminarne le cause e porre i necessari e urgenti rimedi, prima che il danno patologico diventi disastro vitale per l’economia legale.
La Calabria è una di quelle realtà economiche considerate a ragione a forte componente reddituale pro capite non in linea con i coefficienti di produzione del reddito regionale. Cerco di essere più chiaro. Se il Pil regionale della Regione Calabria, dai dati sino a oggi a noi disponibili, parrebbe essere tra i più bassi tra le altre regioni italiane, ma addirittura più basso di quasi tutte le Regioni del Mezzogiorno, significa che in Calabria, economicamente non andiamo per niente bene. Il reddito pro capite dalla lettura e interpretazione dei dati statistici 2021, stante alle più accreditate fonti di rilevazione, scende in picchiata verso gli ultimi posti della graduatoria nazionale ed europea.
Ma da osservatore dei comportamenti economici sociali, il dato rilevato dagli analisti, non mi torna. Osservo una qualità della vita nelle cinque province della Calabria , non in linea con le rilevazioni statistiche rappresentate nei dati ufficiali.
Come mai questa erronea rappresentazione del PIL regionale e reddito individuale?
Sarà perché ai rilevatori sfuggono tecnicamente gli indicatori più significativi della realtà economica legale e soprattutto illegale? Se i conti non tornano, occorre rivedere gli elementi di calcolo, coefficienti e matrici numeriche. Anche perché esistono parametri di riferimento non convergenti, anzi molto divergenti.
Non convince il confronto tra tenore di vita manifestato e reddito pro capite per esemplificare al massimo. Gli indici e coefficienti presuntivi di reddito individuale e famigliare, in linea di analisi generale, non combaciano, sono fuorvianti e divergenti. Salvo poi registrare in diversi ambiti territoriali della Regione, una pessima qualità della vita crescente in taluni segmenti sociali particolari, pensionati, emarginati sociali e famiglie con portatori di handicap e di altre patologie sanitarie e difficoltà di ogni ordine e grado, che con il minimo reddito disponibile, non gli permette di arrivare al giorno 15 di ogni mese.
Con il nostro semplice ragionamento non si vuole lasciare intendere che in Calabria, gli abitanti saltano di gioia e felicità per la loro ricchezza prodotta nascosta al fisco, ma si vuole significare che esistono disparità e disomogeneità tra dati statistici e realtà sociali non adeguatamente monitorati e calcolati.
La Calabria ha assoluto urgente bisogno di una economia legale, nel senso che il reddito pro capite percepito e regionale calcolato, deve essere prodotto e rappresentato dal lavoro autonomo, dipendente e da altre categorie di reddito legale, non da elementi di reddito che nulla hanno a che vedere con una economia sana.
Se cresce l’economia illegale o criminale, con un reddito pro capite e regionale, derivante da attività nascoste o non assoggettabili a tassazione e imposizione tributaria, significa che non solo la Calabria è la Regione con il Pil tra i più più bassi d’Europa, tanto da avere il diritto di beneficiare degli interventi di politica economica incentivanti di sostegno al reddito, ma che in Calabria sono presenti e pure in forte crescita, fenomeni di economia illegale pericolosissimi, sia per il Corpo Sociale più rappresentativo, che per il tessuto umano maggiormente esposto alla criminalità economica: i Giovani. (ae)