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Domenico Mazza

L’OPINIONE/ Domenico Mazza: Parliamo di ammodernamento della SS 106 solo quando ci sarà davvero la copertura finanziaria

di DOMENICO MAZZA – Mi ha colpito molto la visione di un video relativo ad una recente conferenza stampa, tenuta a Trebisacce dai vertici di Anas, sullo stato avanzamento lavori del terzo megalotto Sibari-Roseto.

Nell’occasione, i Dirigenti dell’Azienda si sono soffermati ad illustrare la proposta di progetto del nuovo segmento stradale  tra Sibari e Corigliano-Rossano che dovrebbe sostituire, o meglio stralciare, parte del già ottavo megalotto.

Fin qui tutto bene. Non entro nel merito delle due proposte progettuali. Non sono un tecnico, pertanto vorrei evitare di esprimere un giudizio non avendo specifiche competenze in materia ingegneristica. Tuttavia, ritengo che il buon senso, in questi casi, rappresenti la via maestra da seguire ancor prima di farsi prendere da sussulti di pancia nell’uno e nell’altro caso.

Ad ogni modo, oggetto delle mie attenzioni sono le motivazioni addotte dai vertici Anas sulla non praticabilità di un tessuto stradale, completamente a 4 corsie, di tipologia B e fedele ai dettami europei, per una mancanza di flussi, lungo l’asse Crotone-Sibari.

Partendo dal presupposto che al 2018 i flussi veicolari transitati su alcuni punti del tracciato (area Salice, area Passovecchio) hanno superato finanche i flussi della A2, mal si comprende come, di colpo, tali flussi siano diminuiti. Forse sarebbe stato il caso di considerare che il problema legato ai vari lockdown non ha certo risparmiato la jonica. Ambito, oltretutto, colpito dal cataclisma pandemico più di altri nel territorio calabrese.

Così come, anche se fosse effettivo un naturale calo del transito questo non giustifica, a parità di diritti e doveri dei Cittadini jonici, la disparità di trattamento rispetto altre realtà, forse, più fortunate rispetto le nostre.

Non è pensabile, alle soglie del ’22, considerare l’unica area su cui giacciono i principali Asset del territorio Jonico (porti di Crotone e Corigliano-Rossano, scalo di Sant’Anna) alla stregua di una landa desolata e decontestualizzata da una visione d’insieme. È irriguardoso trattare, a mo’ di pezzenti col cappello in mano, le locali popolazioni pensando di accontentarle con improbabili messe in sicurezza fatte da rotonde, guardrail e catarifrangenti ad un strada che è diventata l’emblema della vergogna di uno Stato iniquo, disattento e colpevole.

Senza considerare che le aree retroportuali e aeroportuali delle due Città dell’Arco Jonico sono state inserite nella ripartizione della Zes regionale. Aree, queste, soggette a sgravi fiscali per le imprese che intenderanno allocare le loro attività produttive in tali perimetrazioni. È inimmaginabile una progettualità di tale tipo e poi non fornire il territorio di un necessario anello di collegamento infrastrutturale, moderno, efficiente e veloce.

È come offrire a qualcuno in dono un’abitazione, inibendone l’allaccio delle utenze a tempo indeterminato. Un completo buco nell’acqua. Uno sperpero di denaro, senza una resa reale in termini di aumento della offerta di lavoro con conseguente appagamento della domanda.

Mi chiedo, ancora, se qualcuno si è posto il problema di quali potrebbero essere i futuri flussi lungo la statale, se il progetto Air cargo Jonica Airways dovesse decollare. Da quanto sembra diversi imprenditori del Metapontino e della Sibaritide sarebbero, a giusta ragione, interessati ad un’idea che permetta loro di inviare merci a destinazione in un intervallo di tempo minore rispetto a quello impiegato con il trasporto su gomma. Oltretutto, con un risparmio imponente circa la spese di gestione. Qualora questo dovesse verificarsi, notevoli incrementi di traffico da autoarticolati si riverserebbero dall’area dell’Alto Jonio verso l’Hub di Sant’Anna. Imponenti mezzi di locomozione colmi di prodotti agroalimentari da destinare, previo spedizioni aeree, ai principali mercati nazionali ed europei, potrebbero invadere la succinta carreggiata della statale ingessandone, ancor di più, il già lento e pericoloso percorso.

Ed allora si smetta di trattare lo Jonio come se fosse abitato da persone con l’anello al naso. Ciò che, oggi, necessita per l’area è una riappacificazione territoriale che veda in campo tutti gli attori istituzionali coinvolti. Dalle Amministrazioni comunali ai Parlamentari nazionali e regionali, agli Enti di rappresentanza, ai Sindacati ed alle Classi imprenditoriali, ognuno per sua parte, si dovrà concertare un processo di sviluppo armonioso per iniziare, con sussidiarietà, a costruire il domani.

Esprimere felicitazioni per progetti monchi e smembrati da una visione globale di territorio, oltretutto ad oggi privi di una reale copertura economica, pertanto aleatori, — lo dico tanto ai Crotonesi quanto ai Sibariti — non migliorerà le dinamiche evolutive dell’area.

Prossimamente la Regione Calabria avrà l’obbligo di spendere (non impegnare) circa due miliardi dei fondi europei (non spesi) del settennio 2014-2021. Dovrà farlo entro 24 mesi, rendicontando a fine 2023. Inoltre dovrà programmare la spesa delle spettanze dei prossimi sette anni. Ed ancora, la Ministro per il Sud si è impegnata a garantire due miliardi per la Statale 106.

Non perdiamo tempo ad arrovellarci nella progettualità di operette frazionate e funzionali solo alle esigenze dei centralismi. Ragioniamo in grande. Eleviamo le menti. Partoriamo progetti di valenza e portata europea. Ma soprattutto facciamolo quando ci sarà la reale copertura finanziaria. Farlo adesso significa solo parlare d’aria fritta.

A quel punto, sarà necessario pianificare un intervento coerente, unico ed omogeneo, tra Sibari e Catanzaro Lido che non contempli altre possibilità all’infuori di una strada di tipo B (a doppia carreggiata per l’intero percorso), così come prescritto dalle normative europee in materia di attraversamenti corridoi Tent-T.

È un diritto del territorio. È l’anelito alla libertà di un Popolo. È la speranza di un rinnovato concetto di mobilità da riconoscere a chi, per troppo tempo, è stato lasciato in una condizione di degrado infrastrutturale. È il lascito alla future generazioni, per non condannarle ad essere i nuovi migranti del Mondo 4.0. (dm)