di FILIPPO VELTRI – Il pericolo dell’autonomia differenziata è tutt’altro che svanito e sta ripartendo sotto copertura. Si colgono i segnali di trattative occulte tra il Ministero delle autonomie e alcune regioni. Si leggono sulla stampa esternazioni della ministra Mariastella Gelmini che annuncia a breve novità, per una legge-quadro erede di quella che fu già di Boccia, e per le intese con le regioni capofila (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna). Ma tutto rimane segreto, come già ai tempi del Conte I e della ministra leghista Stefani.
Il costituzionalista Massimo Villone ha lanciato un appello: «Tutti – dice – dobbiamo scendere in campo. Personalmente, lavoro a una proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare per una riforma mirata del titolo V. Dopo venti anni, è venuto il tempo di correggere gli errori fatti, rinsaldare la casa comune, ritrovare eguaglianza e pienezza di diritti».
Il punto è proprio quello, cioè quella sciagurata riforma del Titolo V, voluta dalla sinistra che sperava di arginare il nascente leghismo e invece ha portato all’attuale disastro di un regionalismo fallito su tutti i fronti.
Il nuovo tentativo è nascosto: viene inserito tra i collegati alla legge di bilancio il disegno di legge attuativo dell’art. 116, comma 3, della Costituzione. Meglio, si inserisce l’annuncio, visto che il testo ancora non esiste. L’inserimento tra i collegati di un ddl non è di per sé conclusivo. Ma si può giungere ad autonomie diversificate persino senza formale ricorso all’art. 116, comma 3.
Il servizio sanitario nazionale è stato già distrutto, come la pandemia ha dimostrato, dal regionalismo oggi vigente. Lo afferma l’Anaao-Assomed in un recente documento. E allora di che parliamo? Il punto – dice sempre Villone – è che il collegamento al bilancio dimostra che l’autonomia differenziata è prioritaria nell’indirizzo di governo. Anzi, sopravvive con ben quattro governi (Gentiloni, Conte I, Conte II e ora Draghi).
Quattro governi, e ancor più quattro stagioni molto diverse: centrosinistra, gialloverde, giallorossa, e ora dei tecnici. È prova che forze potenti spingono per realizzarla, e che una corrente profonda passa nella politica, nelle istituzioni, nell’economia, nella società civile.
Il noto costituzionalista rileva inoltre come non ogni diversità territoriale va rigettata a prescindere. Ad esempio, si è avviato il 28 ottobre nell’Aula del Senato l’iter di un disegno di legge costituzionale di iniziativa popolare (AS 865) volto ad inserire nell’art. 119 della Costituzione il concetto di “insularità”. In sostanza, recupera in parte e attualizza il testo originario della Costituzione del 1948 poi cancellato dalla riforma del 2001 che richiamava il Mezzogiorno e le Isole. «Vanno invece respinte le differenziazioni che assumono le diseguaglianze come elemento propulsivo e di competitività per questo o quel territorio, in quanto capace di mettere più e meglio a frutto le risorse: Nord vs Sud, aree urbane e metropolitane vs aree interne. È la filosofia sulla quale si fonda la strategia della “locomotiva del Nord”. Una strategia che le classifiche territoriali europee dimostrano fallimentare. E rispetto alla quale l’autonomia differenziata è servente».
Anche su questo tema, infine, si segnala la perenne ambiguità del PD. A parole per il Mezzogiorno, nei fatti sulla linea Bonaccini, il presidente pd dell’Emilia Romagna d’accordo in tutto e per tutto con i suoi colleghi di Veneto e Lombardia. Anche da ultimo il neo-sindaco dem di Torino ha chiamato i sindaci del Nord a una santa alleanza contro le burocrazie romane.
Ma per chi vuole un paese più unito, più eguale, più giusto il percorso è lungo e impervio. Va anzitutto chiesta visibilità e trasparenza sul processo decisionali in atto. Va sostenuta ogni iniziativa – sempre parole di Villone – volta a una alfabetizzazione di massa su temi non facili, come è anche il programma delineato nella mozione conclusiva dell’assemblea. (fv)
In copertina, il costituzionalista Massimo Villone