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FIori per i migranti morti a Cutro

L’OPINIONE / Franco Cimino: La Strage di Cutro, la questione migranti, l’Italia sempre divisa

di FRANCO CIMINOSergio Mattarella, il Capo dello Stato, è arrivato in Calabria, puntuale dopo la tragedia in mare. Giorgia Meloni, il Capo del Governo, arriverà oggi, giovedì, in ritardo. Il primo ha visto le quarantasette bare nel palasport, ha parlato poco e solo ai parenti delle vittime e ai pochi sopravvissuti presenti.

La seconda, ha parlato tanto e ha detto poco o nulla, di fatto. Ha parlato di più dall’estero per il viaggio che l’ha portata da New Delhi ad Abu Dhabi, com’è consuetudine dei governanti italiani, ai quali piace parlare dell’Italia quando sono all’estero, così da rendere più piccante la lotta politica. Quest’ultima è stata, per tutti i protagonisti della diatriba, più tragica della tragedia nel mare di Cutro, che è servita come miccia per riaccendere i fuochi dell’ancora attiva campagna elettorale, che, da quelle per le due regioni, conclusasi da poco, e l’altra in arrivo con le europee prossime, sarà destinata a trascinarsi, sempre più infuocata, per oltre un anno.

Fa specie, infatti, che dei circa cento morti e degli altrettanto povericristi salvatisi dalle onde incattivite dai ritardi dei soccorsi, la destra non ne parli e la sinistra li utilizzi come armi improprie. Fa specie anche che la battaglia tra le parti contrapposte si incentri sulla richiesta, pur legittima, di dimissioni del ministro dell’Interno per le assurde e gravi dichiarazioni pubbliche sull’etica della disperazione umana, da una parte e, dall’altra, sulla difesa netta del Ministro, che in mancanza di scuse sue personali o di “rimprovero” dei leader dei partiti della maggioranza, equivarrebbe alla condivisione dell’alto pensiero filosofico di Piantedosi. Fa specie, ancora, che nuovamente, a ruoli invertiti, la politica italiana si divida su questioni drammatiche riguardanti la vita e la sicurezza di esseri umani, come per due anni è accaduto per il dramma pandemia da Covid. Nessuna vera pietà per i morti, per quei tanti bambini uccisi dall’abbandono e dal cinismo. Non solo dagli scafisti. Non solo dai mercanti di carne umana.

Nessuna vera attenzione per i povericristi rimasti in vita. Si va ancora a cercare non le responsabilità per i ritardi e i mancati soccorsi, ma a come ciascun elemento della catena di comando possa escludere la propria. Accuse e contraccuse, insulti intrecciati tra «è colpa vostra» e  «ma dei morti di questi anni, assai più numerosi di questi ne rispondete voi della sinistra». Una vergognosa guerra locale sopra la guerra vera, più feroce delle guerre di tipo militare, che è la fame, le lotte tribali, la crudeltà dei regimi dittatoriali. Specialmente, quelli dominati dalla religione più estremista e ideologica. Questo balletto, che abbiamo già visto, a parti invertite in questi lunghi venticinque anni, finirà presto. Finirà non appena si saranno spente le luci che accompagnano, tra propaganda e cinismo, il valzer della politica intorno alle tragedie tanto gravi quanto assurde. Spente le luci, sparite le bare, richiusi cancelli dei cosiddetti centri di accoglienza, si chiuderà il sipario sul dolore e sulla morte più ingiusta che ci sia. Quest’ultima anche inconcepibile.

Cento morti annegati a cinquanta metri dalla riva del nostro mare buono, non si possono davvero accettare. La ragione non lo consente. Il cuore si ribella. È questa dinamica che rende responsabile lo Stato italiano( governi a prescindere e uomini di governo di certo non colpevoli in quanto persone che decidono) della tragedia di Steccato. Anche della tragedia di Steccato, come lo è stato per situazioni analoghe. Questa è la verità. Inutile giocarci sopra. Io non mi stancherò mai di ripetere che tutto ciò che accade in un determinato territorio, dentro quei confini, anche delle sedi fisiche in cui uno Stato deve occuparsi della sicurezza di ogni essere umano che si trova presso le sue attenzioni obbligate, ricade sulla responsabilità di quello Stato o delle istituzioni che lo rappresentano.

Da questa comune consapevolezza dovremmo tutti partire per avviare una nuova politica sugli arrivi improvvisati e non “autorizzati” nel nostro Paese. Una nuova politica che non distingua la questione migranti da quella dell’accoglienza. Quella dei cercatori di pane da quella dei cercatori di libertà. I fuggitivi dalla miseria dai fuggitivi dalla tirannia e dalle guerre degli altri. Per tutti occorrela stessa risposta, accoglienza. E ricollocazione in tutto il territorio della nostra Europa, governo autentico di una nuova realtà politica che, da una parte voglia essere più ricca e più democratica con il contributo fattivo di uomini e donne provenienti da regioni lontane e dall’oltre mare Mediterraneo. E, dall’altra, alleata agli Stati Uniti e perché no? anche della Cina, voglia essere protagonista di un nuovo piano Marshall, che, nell’arco stretto di un ventennio, possa creare sviluppo e democrazia nei paesi poveri da cui partono i povericristi di ogni razza e nazionalità. Tutto questo bel volume di idee e programmi va fatto con l’Europa in Europa e con l’intero Paese a Roma, nelle sue sedi deputate, il Parlamento e il Governo. E senza perdere tempo in tatticismi e propagandismi, che di tempo ne fanno perdere molto. Convocare un Consiglio dei Ministri a Cutro risponde rischiosamente a quella tentazione.

A quella perdita di tempo. Circa tre ore per gli spostamenti da Roma a Cutro e altri tre per il ritorno, il lungo corteo di pullman e auto blu per trasferire almeno cinquanta persone, tra ministri e collaboratori, dall’aeroporto al piccolo e vecchio municipio di Cutro, l’impegno di un centinaio di uomini delle Forze dell’Ordine per la sicurezza delle autorità e, soprattutto, del presidente del Consiglio, che come i suoi predecessori, è sempre nel mirino di forze ostili al nostro Paese, l’elevato costo economico per questa trasferta, sono fatti davvero inconcepibili. Insopportabili. Irragionevoli. Neppure comprensibili se non nell’ottica di cui ho detto. Brutta cosa, destinata ad acuire le tensioni, ovvero a distrarre la pubblica opinione dai problemi veri in atto, quello proprio dei “ migranti” e dei viaggi della speranza, e quelli più strettamente nazionali, quali la crisi economica aggravata dall’ impazzimento dei costi dell’energia e di tutti i beni di prima necessità. Per non dire del problema dei problemi, la gestione degli esiti della pandemia e la guerra in Ucraina. Se qualcosa di più specificamente calabrese il Governo vorrà fare per rendere più utile la sua presenza a Cutro, ecco, domani lo potrà definire, trattando qui l’altro problema strettamente legato ai viaggi della povertà e della fatica del vivere.

Si riconosca alla nostra regione, tutta, e in particolare ai paesi sulla costa ionica, lo status di territorio sovranazionale del coraggio e dell’accoglienza. E la si ripaghi del grande sforzo che davvero eroicamente hanno compiuti piccoli comuni, le loro popolazioni, e le amministrazioni locali povere di tutto. Ripaghi adeguatamente la loro generosità che non solo ha salvato migliaia di vite umane , ma anche l’onore del Nostro Paese e la faccia di questa Europa sempre in ritardo. Si vari una legge speciale che offra alla nostra regione diverse opportunità nelle politiche di sviluppo che stanno per essere avviate. Una legge che potenzi le sue Università e gli istituti di ricerca, che finanzi un piano per l’edilizia scolastica e per la costruzione e il completamento di infrastrutture che annullino le sue distanze e culturale e fisiche con il resto del Paese. E visto che ci siamo, trovi il modo di finanziare anche il ripiano almeno di una parte dei debiti che i Comuni hanno maturato e non hanno potuto saldare.

E, per non finire, un programma per la gestione dell’acqua attraverso e del suo costo, nonché la costruzione di moderni acquedotti che ne garantiscano la salubrità e la continuità per tutti i diversi territori. Per tutti i comuni. Specialmente, i più piccoli. E quelli che più di tutti si sono spesi per la salvezza di vite umane e per l’accoglienza dei povericristi. E non è finita: il Governo, crei qui, in uno di questi comuni a mare, quel centro nazionale organizzato di interforze civili e militari, di cui si avverte la necessità per affrontare con efficacia e senso politico e umanità la gestione della prima fase dell’emergenza migranti. Un’emergenza che non si arresterà con le risibili quanto cattive proposte di “bloccarli nel loro paese”, di impedire le partenze, o, addirittura, di distruggere le navi prima della partenza con quel pesante carico di scarti umani, che, in quel momento, avranno già pagato i mercanti di morte, i quali si arricchirebbero senza più neanche il rischio e la fatica della traversata. Ecco cosa dovrebbe fare il Governo per non rendere inutile e costosa, anche di credibilità, la sua trasferta cutrese. Ecco il modo migliore per rendere omaggio alle grandi antiche battaglie che Francesco, il Papa, va facendo da sempre a favore dei poveri e degli scartati di ogni parte del mondo.

Fatiche e battaglie, le Sue, che hanno nella fratellanza piena e nell’accoglienza senza condizioni, il loro unico aggancio al senso umano della vita e a quello cristiano che la vita difende sempre. In tutti. Come la dignità di ogni essere umano, da qualsiasi territorio o cultura o religione provenga. Ché l’uomo, per Francesco è sempre uguale a ogni altro uomo. E Dio è solo uno. Che guarda e giudica. Tutti. Specialmente chi si dice credente. (fc)