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L'OPINIONE / Franco Cimino: Ma che bel 25 aprile e che bel Presidente abbiamo!

L’OPINIONE / Franco Cimino: Ma che bel 25 aprile e che bel Presidente abbiamo!

di FRANCO CIMINO – Ma che bel Venticinque Aprile! Ma che bella festa! E che bel Presidente abbiamo. E che fortuna che un anno fa le forze politiche, sempre litigiose e inconcludenti, non abbiano trovato una maggioranza parlamentare per eleggere il successore di Sergio Mattarella.

Posso dire ancora, senza incorrere in qualche blasfemia? Bene, lo dico sommessamente: ma che straordinaria fortuna che la scadenza del precedente mandato presidenziale sia caduta nella passata legislatura, altrimenti il rischio che la nuova larga maggioranza, venuta fuori dal voto di ottobre scorso, chissà quale altro capolavoro di democratico antifascista con il vizio di correggere la storia avrebbe regalato al Paese!

Sergio Mattarella si rivela sempre di più un grande presidente della Repubblica. E dire che gli è facile esserlo, nonostante le grandi difficoltà che ha dovuto affrontare nel corso dei suoi otto anni al Quirinale e la complessità dell’attuale situazione politica. Una situazione per nulla rassicurante, a dimostrazione che i numeri e le alleanze intorno ad essi da soli non bastano a garantire un buon governo al Paese, come ha fatto intendere oggi il Capo dello Stato.

Occorre un altissimo senso delle istituzioni e il sentire profondo che esse siano i pilastri della Democrazia. I soldati pacifici della Libertà. La Libertà nata dalla lotta di Liberazione, e che è posta a fondamento della Costituzione, che la riconosce nella Persona in cui essa è radicata. Persona, il centro intorno a cui si muovono tutti i principi costituzionali. Mattarella è stato a Cuneo, la Città trentasette volte medaglia d’oro della Resistenza. Quel lunghissimo applauso che ha salutato il suo discorso è molto più che l’apprezzamento delle sue efficaci parole.

È il segno dell’affetto che il Paese nutre per una personalità su cui sa di poter contare in ogni avversità e nel bisogno di poter ancora sperare. Ancora sognare. Sperare nella Giustizia e nel Progresso. Nella crescita civile ed economica del Paese dell’eguaglianza e dei diritti garantiti a tutti. Un Paese libero e democratico, protagonista della nuova forza dell’Europa e sostenitore del Progresso in tutte le regioni del mondo.

Un mondo in cui siano debellate violenze e povertà. E nel quale ogni popolo possa vivere nella propria terra per mezzo di uno Stato autonomo che ne governi i confini senza più temere invasioni o furti di territorio. Un mondo nel quale ciascun essere umano sia libero di muoversi e di raggiungere il paese in cui conta di poter vivere e lavorare, recandovi la propria intelligenza e la propria cultura per aprirsi a quelle che incontra nel suo cammino. E sognare, sognare la Pace, vorrebbe l’Italia che si affida al Presidente. Su di lui il popolo italiano può contare perché è credibile. Non ha ombre nella vita, non ha scheletri nell’armadio. È credibile in quanto coerente portatore di quei valori democratici nei quali, iniziando dalla propria famiglia, si è formato, e ai quali ha dedicato tutta la vita, e politica e personale.

È credibile perché non solo è il più sicuro garante della Costituzione, ma perché egli stesso la incarna. Mattarella ama la Costituzione. Nel suo discorso odierno, parlando, anche all’Europa e al mondo intero, di Resistenza, ha fatto una lezione sulla Carta Costituzionale. Ha spiegato a chi non l’aveva capito e a quanti fanno ancora finta di non capire cosa sia stato, ieri, e cosa sia, oggi, il Venticinque Aprile. Ha, inoltre, con il suo garbo istituzionale e la sua finezza culturale e la sua eleganza personale, risposto alle polemiche di questi giorni, chiarendo a tutti, ma proprio a tutti, il significato profondo e inalterabile della lotta partigiana contro il nazi-fascismo.

L’ha spiegato specialmente a coloro che ancora parlano strumentalmente di pacificazione nazionale, chiedendo di trasformare il Venticinque Aprile in festa della libertà pur di non pronunciare la parola antifascista. Ovvero, a quanti si ritengono rivoluzionari per aver accettato la comodità della democrazia con le conseguenti convenienze politiche, ovvero dichiarando l’ovvio dell’ovvio. E cioè, che la libertà si contrappone alla dittatura e al fascismo e viceversa. Ma ha parlato anche ai pigri. Agli antifascisti di maniera. A chi pensa che l’adesione semplicistica ai valori della Resistenza gli conferisca un titolo di superiorità verso gli altri o la comoda posizione di rendita con cui nei salotti radical borghesi giudica senza fare, pretende senza lottare, usa la libertà per le proprie convenienze, si serve della Democrazia per trarre profitto dal proprio egoismo.
Sintetizzo le parti salienti del discorso del Presidente.

Il Venticinque Aprile è festa di Libertà e Democrazia, ma soprattutto festa della Liberazione senza la quale “oggi, e tutti i giorni, non festeggeremmo la Libertà e la Democrazia così come l’hanno concepita e costruita i nostri padri costituenti”. La forza della Costituzione è nel pluralismo e nell’autorevolezza del Parlamento. È in quel meccanismo che impedisce all’uomo forte di rompere l’equilibrio democratico e lo stesso pluralismo. La Costituzione, figlia della Resistenza, è contro il mito del capo, il mito della violenza e delle guerre, il mito dell’egemonia dell’Italia nel mondo, il mito di togliere la libertà agli altri per affermare la propria superiorità. E, ancora, la Resistenza è stata un moto irrefrenabile di popolo per sconfiggere il fascismo e costruire la libertà. La Resistenza è uno degli atti su cui si fonda l’identità della Nazione. Le sue testuali parole: “domandiamoci oggi dove saremmo se non avessimo sconfitto il fascismo”

E noi con lui, dove sarebbe l’Europa, e in mano di chi, se non ci fosse stato il Venticinque Aprile. La vittoria partigiana, dice Mattarella, ha consentito che l’Europa si liberasse dall’incubo della guerra. La Costituzione afferma il principio del rispetto della vita, della dignità umana e della persona, anche nei confronti dello Stato che vi si volesse sovrapporre. Un discorso bellissimo, iniziato e chiuso con le famosi frasi di Piero Calamendrei, grande protagonista della Resistenza con Duccio Galimberti oggi richiamato più volte, «se volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati…».

E, infine: «ora e sempre Resistenza», scolpita nella lapide di Cuneo. Non è una chiusura da poco. Non è una frase di niente. Detta oggi significa che il Venticinque Aprile non si tocca. Ché la lotta per difendere, per riconquistarla ogni giorno, la Libertà, non è finita. Non deve finire mai, pena l’assuefazione alla sua progressiva mancanza. Da parte mia mia aggiungo, con prudenza e umiltà, che la Libertà è come l’abito e la coscienza.

La si può indossare come un bel vestito, magari quando si ricopre una carica istituzionale, oppure la si vive all’interno della propria anima, in cui matura come coscienza indivisibile e non negoziabile. Sergio Mattarella è una figura bellissima, esemplare, perché in lui la Libertà è abito e coscienza. È Resistenza e Costituzione. È lotta partigiana e Quirinale. È Politica e Morale. (fc)