L’OPINIONE / Filippo Mancuso: 25 aprile, l’impegno è concretizzare i diritti costituzionali dei cittadini

di FILIPPO MANCUSO –La “Festa della Liberazione” dal nazifascismo ricorda una pagina fondamentale della storia dell’Italia, quando si sprigionarono le energie positive che consentirono il riscatto e la rigenerazione nazionale.

E si ebbe l’affermazione, grazie al coraggio e al sacrificio di uomini e donne, della democrazia e dello Stato di diritto che oggi garantiscono a tutti libertà e pluralismo politico, sociale e culturale. Alle istanze etiche e ai valori compendiati nella Costituzione, mentre nello scenario mondiale si assiste a inquietanti pulsioni totalitarie che minacciano l’autodeterminazione dei popoli e il bene fondamentale della pace, possiamo e dobbiamo fare riferimento.

Il lascito prezioso del 25 aprile interpella ciascuno di noi, affinché si dia concretezza ed agibilità ai diritti costituzionali dei cittadini su tutto il territorio nazionale per incrementare la coesione sociale e la fiducia nelle Istituzioni. (fm)

[Filippo Mancuso è presidente del Consiglio regionale]

L’OPINIONE / Giusy Iemma: Celebriamo il 25 aprile con la sua verità storica da ricordare e attualizzare

di GIUSY IEMMA – Le celebrazioni del 25 Aprile ritornano, ogni anno, per ricordarci il valore e l’importanza di un passato che non si deve dimenticare e che rappresenta un insostituibile bussola per la nostra attualità. Festeggiare la liberazione d’Italia dal Nazifascismo non è un esercizio puramente retorico, ma significa rinnovare la lezione che la storia ci ha lasciato sui valori di democrazia, pace e convivenza.

Valori, questi, da contrapporre fermamente ad ogni forma di guerra e di privazione dei diritti e delle libertà che, purtroppo, ancora oggi si perpetrano non troppo lontano da noi. In questa giornata la comunità si unisce, quindi, per tenere viva la memoria del sacrificio che tanti uomini e tante donne, protagonisti della resistenza partigiana, fecero settantanove anni fa, in nome di un comune sentire e dell’idea di un Paese libero dall’oppressione e dalla violenza.

Una verità storica che non si può mettere in discussione, né sacrificare sull’altare delle speculazioni politiche: istituzioni e società civile, insieme, non disperdano gli insegnamenti lasciatici in eredità, che rappresentano le radici della nostra Costituzione, per condividere ancora una volta un messaggio di speranza e di dialogo con e per le nuove generazioni. (gi)
[Giusy Iemma è vicesindaca di Catanzaro]

La Cgil celebra il 25 aprile a Vibo: “Liberiamo il Paese da precarietà e lavoro povero”

È a Vibo Valentia che quest’anno la Cgil Calabria celebrerà il 25 aprile. E lo farà nel segno del Liberiamo il Paese da precarietà e lavoro povero, con un appuntamento alle 17 al Valentianum. In occasione del 25 aprile la Cgil avvierà la raccolta firme per i referendum su Lavoro e Sicurezza che puntano a cancellare il Jobs Act e il tetto all’indennizzo che l’azienda deve corrispondere al lavoratore licenziato illegittimamente, cancellare l’abuso del contratto a termine e la deresponsabilizzazione delle aziende in caso di infortunio o malattia professionale.

«Ma non solo. È ancora più importante, ma anche urgente – si legge in una nota – ricordare quest’anno la lotta partigiana e la Resistenza, il cui coraggio e sacrificio hanno permesso di mettere la parola fine alla dittatura fascista e di consegnare il Paese nelle mani della democrazia».

«In momenti così difficili, in cui chi ha le redini del governo ha difficoltà a definirsi antifascista – prosegue la nota –, in cui le operazioni di revisionismo storico aumentano e l’autoritarismo e le scelte di Palazzo Chigi vanno nella direzione di una compressione dei diritti civili faticosamente conquistati, mettendo in discussione anche ciò che davamo ormai come assodato, è necessario lanciare l’allarme partendo dalle radici del Paese».

«E delle radici fa parte anche la nostra Carta Costituzionale che troppo spesso è stata messa in discussione – conclude la nota – come nel caso dell’ Autonomia Differenziata, contro la quale siamo schierati in prima linea e verso la quale non intendiamo abbassare la guardia.  Siamo molto preoccupati della torsione democratica che sta colpendo la libera informazione con i tentativi di censura a giornalisti, scrittori, intellettuali nei canali del servizio pubblico televisivo nazionale». (rvv)

L’OPINIONE / Franco Cimino: Ma che bel 25 aprile e che bel Presidente abbiamo!

di FRANCO CIMINO – Ma che bel Venticinque Aprile! Ma che bella festa! E che bel Presidente abbiamo. E che fortuna che un anno fa le forze politiche, sempre litigiose e inconcludenti, non abbiano trovato una maggioranza parlamentare per eleggere il successore di Sergio Mattarella.

Posso dire ancora, senza incorrere in qualche blasfemia? Bene, lo dico sommessamente: ma che straordinaria fortuna che la scadenza del precedente mandato presidenziale sia caduta nella passata legislatura, altrimenti il rischio che la nuova larga maggioranza, venuta fuori dal voto di ottobre scorso, chissà quale altro capolavoro di democratico antifascista con il vizio di correggere la storia avrebbe regalato al Paese!

Sergio Mattarella si rivela sempre di più un grande presidente della Repubblica. E dire che gli è facile esserlo, nonostante le grandi difficoltà che ha dovuto affrontare nel corso dei suoi otto anni al Quirinale e la complessità dell’attuale situazione politica. Una situazione per nulla rassicurante, a dimostrazione che i numeri e le alleanze intorno ad essi da soli non bastano a garantire un buon governo al Paese, come ha fatto intendere oggi il Capo dello Stato.

Occorre un altissimo senso delle istituzioni e il sentire profondo che esse siano i pilastri della Democrazia. I soldati pacifici della Libertà. La Libertà nata dalla lotta di Liberazione, e che è posta a fondamento della Costituzione, che la riconosce nella Persona in cui essa è radicata. Persona, il centro intorno a cui si muovono tutti i principi costituzionali. Mattarella è stato a Cuneo, la Città trentasette volte medaglia d’oro della Resistenza. Quel lunghissimo applauso che ha salutato il suo discorso è molto più che l’apprezzamento delle sue efficaci parole.

È il segno dell’affetto che il Paese nutre per una personalità su cui sa di poter contare in ogni avversità e nel bisogno di poter ancora sperare. Ancora sognare. Sperare nella Giustizia e nel Progresso. Nella crescita civile ed economica del Paese dell’eguaglianza e dei diritti garantiti a tutti. Un Paese libero e democratico, protagonista della nuova forza dell’Europa e sostenitore del Progresso in tutte le regioni del mondo.

Un mondo in cui siano debellate violenze e povertà. E nel quale ogni popolo possa vivere nella propria terra per mezzo di uno Stato autonomo che ne governi i confini senza più temere invasioni o furti di territorio. Un mondo nel quale ciascun essere umano sia libero di muoversi e di raggiungere il paese in cui conta di poter vivere e lavorare, recandovi la propria intelligenza e la propria cultura per aprirsi a quelle che incontra nel suo cammino. E sognare, sognare la Pace, vorrebbe l’Italia che si affida al Presidente. Su di lui il popolo italiano può contare perché è credibile. Non ha ombre nella vita, non ha scheletri nell’armadio. È credibile in quanto coerente portatore di quei valori democratici nei quali, iniziando dalla propria famiglia, si è formato, e ai quali ha dedicato tutta la vita, e politica e personale.

È credibile perché non solo è il più sicuro garante della Costituzione, ma perché egli stesso la incarna. Mattarella ama la Costituzione. Nel suo discorso odierno, parlando, anche all’Europa e al mondo intero, di Resistenza, ha fatto una lezione sulla Carta Costituzionale. Ha spiegato a chi non l’aveva capito e a quanti fanno ancora finta di non capire cosa sia stato, ieri, e cosa sia, oggi, il Venticinque Aprile. Ha, inoltre, con il suo garbo istituzionale e la sua finezza culturale e la sua eleganza personale, risposto alle polemiche di questi giorni, chiarendo a tutti, ma proprio a tutti, il significato profondo e inalterabile della lotta partigiana contro il nazi-fascismo.

L’ha spiegato specialmente a coloro che ancora parlano strumentalmente di pacificazione nazionale, chiedendo di trasformare il Venticinque Aprile in festa della libertà pur di non pronunciare la parola antifascista. Ovvero, a quanti si ritengono rivoluzionari per aver accettato la comodità della democrazia con le conseguenti convenienze politiche, ovvero dichiarando l’ovvio dell’ovvio. E cioè, che la libertà si contrappone alla dittatura e al fascismo e viceversa. Ma ha parlato anche ai pigri. Agli antifascisti di maniera. A chi pensa che l’adesione semplicistica ai valori della Resistenza gli conferisca un titolo di superiorità verso gli altri o la comoda posizione di rendita con cui nei salotti radical borghesi giudica senza fare, pretende senza lottare, usa la libertà per le proprie convenienze, si serve della Democrazia per trarre profitto dal proprio egoismo.
Sintetizzo le parti salienti del discorso del Presidente.

Il Venticinque Aprile è festa di Libertà e Democrazia, ma soprattutto festa della Liberazione senza la quale “oggi, e tutti i giorni, non festeggeremmo la Libertà e la Democrazia così come l’hanno concepita e costruita i nostri padri costituenti”. La forza della Costituzione è nel pluralismo e nell’autorevolezza del Parlamento. È in quel meccanismo che impedisce all’uomo forte di rompere l’equilibrio democratico e lo stesso pluralismo. La Costituzione, figlia della Resistenza, è contro il mito del capo, il mito della violenza e delle guerre, il mito dell’egemonia dell’Italia nel mondo, il mito di togliere la libertà agli altri per affermare la propria superiorità. E, ancora, la Resistenza è stata un moto irrefrenabile di popolo per sconfiggere il fascismo e costruire la libertà. La Resistenza è uno degli atti su cui si fonda l’identità della Nazione. Le sue testuali parole: “domandiamoci oggi dove saremmo se non avessimo sconfitto il fascismo”

E noi con lui, dove sarebbe l’Europa, e in mano di chi, se non ci fosse stato il Venticinque Aprile. La vittoria partigiana, dice Mattarella, ha consentito che l’Europa si liberasse dall’incubo della guerra. La Costituzione afferma il principio del rispetto della vita, della dignità umana e della persona, anche nei confronti dello Stato che vi si volesse sovrapporre. Un discorso bellissimo, iniziato e chiuso con le famosi frasi di Piero Calamendrei, grande protagonista della Resistenza con Duccio Galimberti oggi richiamato più volte, «se volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati…».

E, infine: «ora e sempre Resistenza», scolpita nella lapide di Cuneo. Non è una chiusura da poco. Non è una frase di niente. Detta oggi significa che il Venticinque Aprile non si tocca. Ché la lotta per difendere, per riconquistarla ogni giorno, la Libertà, non è finita. Non deve finire mai, pena l’assuefazione alla sua progressiva mancanza. Da parte mia mia aggiungo, con prudenza e umiltà, che la Libertà è come l’abito e la coscienza.

La si può indossare come un bel vestito, magari quando si ricopre una carica istituzionale, oppure la si vive all’interno della propria anima, in cui matura come coscienza indivisibile e non negoziabile. Sergio Mattarella è una figura bellissima, esemplare, perché in lui la Libertà è abito e coscienza. È Resistenza e Costituzione. È lotta partigiana e Quirinale. È Politica e Morale. (fc)

L’OPINIONE / Franco Cimino: Il 25 aprile è la Festa della Libertà che si libera da sè stessa e con la Costituzione

di FRANCO CIMINO – Abbiamo ritrovato il Venticinque Aprile! Grazie alle brutte polemiche di questi giorni l’Italia si riappropria della data più importante del suo calendario civile. Da molto tempo, infatti, questa festa della Democrazia non si celebra con gli accesi sentimenti e proponimenti che conoscevamo.

Intere generazioni la mia tra queste, si sono formate politicamente e culturalmente anche su questa giornata, sulle piazze che riempite di gente e sui valori in essa contenuti. Nelle sezioni di partito, nelle aule scolastiche e delle università, nelle fabbriche e nelle officine e nei campi, la si attendeva per mesi. E la si preparava per settimane. Ad essa ci si predisponeva per giorni interi. Dibattiti dentro le sezioni di partito a non finire, discussioni vivaci nelle vie e nei bar. Cos’era a quel tempo, e per noi e tutti i giovani e meno giovani e anziani e donne, il Venticinque Aprile al di là della retorica e degli orgogli e tattiche dei partiti? Cos’era al di là delle ideologie e delle stesse antipatiche gare per appropriarsi del primato della lotta partigiana, in cui i comunisti apparivano i più determinati? Era la rappresentazione plastica della corale voglia di partecipazione. Alla Politica, con la maiuscola. E al farsi della Politica da quel momento storico eternizzato.

Era di più: l’orgoglio individuale e collettivo di un’appartenenza. E poi ancora, il sentirsi parte di una storia collettiva, di un cammino di popolo che dalle montagne della Resistenza è sceso, via via gonfiandosi e crescendo a dismisura, per colline e valli e Città. Era di più, ancora: il collo, il proprio, per legarvi, anche idealmente, quel distintivo fazzoletto, celeste o rosso, per sentirsi partigiano due volte. La prima, nella immaginazione di essere tra quei combattenti che liberarono l’Italia, fucile in spalla, parole al cuore, voce di canto al vento. La seconda, nel vivere quotidiano della battaglia che tutti i giorni ciascuno, da solo o con altri, deve compiere a difesa della Libertà. Ché Libertà è più che il primo dei diritti umani. È elemento vitale, fondante l’essere umano, lo spirito stesso che soffia sulla vita. Battersi quotidianamente per la Libertà, difendendone l’esistente ma lavorando per raggiungerla nella sua pienezza ancora non attuata, per fortuna, significa dirci, dire a noi stessi, puntualmente al risveglio e alla sera del dormire: «ecco, io ti riconosco ché sei parte di me. E ti riconosco negli altri, senza alcuna distinzione o condizione, perché, possedendoti naturalmente tutti, tu sei ciò che ci fa uguali nella pregevole individualità, fonte limpida della diversità».

Alla Libertà si parla, come a una persona. Anzi, alla Persona, il luogo in cui essa non dimora ma si muove, si agita, si gratifica. Si esalta. E da lì, quasi come luogo privilegiato, cammina spedita verso l’altro da sé, incontrandosi anche quando quegli ha difficoltà a sentirla, a farla muovere. Ad agitarla fuori e dentro di sé. La Libertà è come l’Amore, non esiste senza la forza che la libera. Libertà è liberazioni continua si sé stessa. Non è immobile. Mai. Come l’Amore, appunto, il quale non avrebbe senso se restasse fermo nell’illusione di esserci e di bastarsi. L’Amore, come la Libertà, si dona senza limiti e prudenze. Amare significa andare, cercare, venirti incontro. Al prezzo della stessa vita. I partigiani tutti, quelli che diedero la propria vita e gli altri che la rischiarono senza arretrare di un metro, prima che allo stesso Paese occupato dalla dittatura e dal nazista straniero, pensarono alla Libertà. La Democrazia, come organizzazione del nuovo Stato e la Repubblica come migliore forma per realizzarla, ne sono stati la naturale conseguenza.

La Costituzione più bella del mondo, la nostra, nasce da lì, da quella lotta partigiana, dove lo scontro non era fra italiani che la pensavano in maniera diversa, ma tra uomini che credevano nella Libertà e uomini che si batterono, al servizio della dittatura, contro la Libertà. Su questa verità inoppugnabile non serve impiegare la retorica della conciliazione per fare pari e patta tra ragioni e torti. Questo è un giochino non solo degli sciocchi revisionisti di bassa maniera, ma dei furbetti che cercano di utilizzare la Democrazia e la Libertà che essa garantisce a tutti, per coprire la propria resistenza ideologica nei confronti dell’inalienabile principio affermato con la vittoriosa lotta della Resistenza. La cosiddetta “pacificazione nazionale” è stata offerta già nel 1947 con la promulgazione della Costituzione. In essa c’è tutto. Anche il superamento delle colpe gravi compiute, anche ideologicamente, dagli avversari della libertà. C’è non solo l’assoluzione laica, ma il perdono per gli errori e le responsabilità pregresse e quelle che ideologicamente si sarebbero portate nel futuro. C’è la comprensione e riconversione. C’è, soprattutto, l’insegnamento più alto, quello che può educarci ininterrottamente non soltanto ad amare la Patria ma la Vita, nella sua integralità, attraverso l’impiego in essa dell’idea che Libertà è bella se, come per la felicità, è Libertà per tutti. Anche per quei paesi che non ce l’hanno e immensamente la desiderano.

Nella Costituzione non c’è la parola Resistenza, o Venticinque Aprile, o antifascismo, o anti qualsiasi cosa. Non può esserci per la semplice ragione che c’è di più. Ci sono due valori per i quali l’Italia non potrebbe più temere alcun fascismo e nessuna forma di dittatura. Anche quella che in diversi paesi già si sta realizzando sotto mentite spoglie, in modo indolore e progressivo, che si rivela sempre più come limitazione della libertà personale e sociale. E politica. Questi valori sono Libertà e Persona. E Amore per la libertà e per la Persona. Amore come forza che li mette in movimento per realizzare la liberazione continua della Libertà e della Persona. E quell’incontro fra persone che realizza, nello spirito più alto di solidarietà, la giustizia e l’eguaglianza. E la Pace, nel Paese e nel mondo. La Nostra Costituzione, infatti, non concede, poco o molto, una o più libertà. Ma riconosce sia la Persona sia la Libertà di essa costitutiva.

Le istituzioni sono il luogo in cui molto di tutto questo continuo divenire “ avviene”. Ed è proprio sul significato di istituzione che oggi facilmente si misura la sensibilità e la sincerità democratica dei cittadini e, in particolare, di quanti occupano cariche istituzionali. Per i democratici le istituzioni sono la casa di tutti e, quando affidate nelle mani degli eletti, sedi provvisorie da curare con molta attenzione affinché esse vengano restituite più salde e pulite di prima del loro avvento. Per i “ fascisti, di tutte le forme, soprattutto se mascherate di perbenismo opportunistico, le istituzioni sono strumenti di potere, da utilizzare, in quanto vincitori delle elezioni, come forza della propria parte se non addirittura come cosa propria. Da casa comune a cosa personale, questa la differenza.

È su questa contrapposizione di valore, ancorché nascosta, che va tenuta alta la vigilanza e operare insieme per evitare che le istituzioni subiscano danni irreparabili, che deformerebbero la Democrazia. La nostra, fondata sulla Libertà. (fc)

STORIE / 25 Aprile: Fausto Gullo, il Costituente cosentino

di ANNA MARIA VENTURA – Il 25 Aprile  può essere considerato come il più importante appuntamento civile che la nostra Nazione rinnova da settantotto anni. In questa data si riporta alla memoria viva, in ragione di accadimenti storici fondamentali, la Liberazione del Paese dall’occupazione nazifascista e la nascita della Repubblica democratica. La Resistenza Italiana e la lotta di liberazione riscattarono il paese e lo fecero padrone del proprio destino. Un destino di libertà, custodito e difeso dalla Costituzione. Questa, pensata e scritta dai Padri e dalle Madri Costituenti, sancisce fondamenti, principi e garanzie della nostra libertà e dei nostri diritti fondamentali. Ai valori della Resistenza e della Costituzione dobbiamo ancorarci per affrontare ogni momento della storia presente e futura. In particolar modo l’oggi, dopo una pandemia che ha minato la sicurezza e mutato comportamenti e modi di vivere e il dolore di una guerra che sta facendo sanguinare il cuore dell’Europa e che si aggiunge ai numerosi conflitti presenti in ogni parte del mondo. In tale contesto è necessario ribadire l’importanza dei valori della libertà e dell’uguaglianza, della democrazia e dell’indipendenza e riappropriarci di quei principi fondamentali richiamati dalla nostra Costituzione che devono declinarsi innanzitutto nella centralità della dignità della persona, nella giustizia sociale, nel rispetto dell’ambiente quale parte integrante del nostro vivere quotidiano, nel ripudio della guerra. Un ripudio da riaffermare sempre con grande forza, correlato alla solidarietà verso la resistenza della popolazione ucraina e il sostegno al diritto alla pace di tutti i popoli del mondo che, contro la loro volontà, subiscono la violenza e l’ingiustizia della guerra. Si pensi alla guerra civile in Siria che perdura da dodici anni, al conflitto israeliano-palestinese, alla guerra, che in queste ultime ore sta insanguinando il Sudan.

Il 25 Aprile non sia solo un esercizio di memoria, ma concretamente, con i nostri comportamenti, improntati alla pace, al rispetto delle diversità, all’accoglienza, all’inclusione rendiamo omaggio a chi si è battuto per la libertà a costo della propria vita. Rendiamo ancor più nostro il concetto della Liberazione, figlia della Resistenza e madre della Costituzione repubblicana.

Certamente un contributo molto interessante, per evidenziare anche il ruolo di assoluto primo piano delle donne nel cammino democratico del nostro Paese è fornito da Nella Matta con il libro In cammino verso i diritti, che racconta le tappe salienti delle leggi che hanno cambiato la vita delle donne e creato condizioni di uguaglianza e parità. Il libro contiene anche le biografie delle ventuno Madri Costituenti. Il volume, edito da Jonia Editrice e promosso dalla sede di Cosenza dell’AiParC – Associazione Italiana Parchi Culturali, è stato presentato anche a Roma, a Palazzo Giustiniani, Sala Zuccari, il 16 Settembre 2022.

Dei Padri Costituenti, mi piace raccontare, in occasione di questo 25 Aprile, con ricordi personali, il calabrese Fausto Gullo, certamente uno degli uomini più importanti e rappresentativi del panorama politico e culturale della storia dell’Italia repubblicana. Grande figlio di Calabria, fu uomo politico eccezionale, dotato di grande sensibilità e cultura, aperto ai problemi e ai bisogni della sua gente e protagonista di primo piano della storia d’Italia, dagli anni del fascismo, di cui fu strenuo oppositore a quelli della nascita della Repubblica, della quale fu Padre Costituente, Ministro per ben due volte e Deputato dal 1948 al 1972, nelle fila del Partito comunista, fino a pochi anni prima della morte.

Nacque a Catanzaro, dove il padre, ingegnere, si era trasferito per ragioni di lavoro, il 1887. Ma ben presto, divenuto orfano, si trasferì a Cosenza, non mancando, però, di trascorrere lunghi periodi dell’anno nel paese d’origine della sua famiglia, Macchia di Spezzano piccolo, oggi Macchia di Casali del Manco. È qui che conobbe il terribile stato di miseria e soggezione in cui vivevano i contadini, per i cui diritti si batterà per tutta la vita. Grazie ai suoi decreti, viene ricordato come “Ministro dei contadini”. E’ qui che morì nel 1974, circondato dall’affetto della sua gente. La sua azione politica rilevante e incisiva appartiene ormai alla storia.

Quello che mi preme ricordare è la sua umanità, sarebbe meglio dire, la sua humanitas. A pochi, infatti, come a lui, si adatta meglio il termine latino, nell’accezione ciceroniana. Pochi, infatti, come lui, seppero realizzare il proprio miglioramento attraverso la cultura e l’applicazione di essa nella vita pratica e nell’azione politica. Un’altra definizione che, a parer mio, ben gli si addice è quella dell’orator di Quintiliano “vir bonus dicendi peritus”. “Bonus” lo fu senz’altro, provvisto com’era di tante virtù morali: onestà intellettuale, saggezza, altruismo, umiltà e “dicendi peritus” esperto del dire, affascinante oratore, dotato di eloquenza limpida e chiara, arricchita da ideali, valori, amore per la sua gente, quella dei paesi della “fascia silana” dove, ancora oggi, il suo nome suscita emozioni e ricordi di momenti edificanti. Forse il più bello è quello del suo ultimo comizio, con il quale si accomiatò dalla vita politica, ormai in età avanzata, ma ancora integro e forte nella mente e nel cuore.  “Vado via con le mani pulite” fu una delle sue affermazioni. Come risultò significativa quella frase, dopo Tangentopoli, il crollo della prima repubblica e la corruzione che, purtroppo, ancora dilaga in vasti settori della vita pubblica e amministrativa del nostro paese. Soprattutto della nostra Calabria.

Sono tanti i ricordi della sua vita che si affacciano alla mia memoria, quasi tutti legati a Macchia di Casali Del Manco, antico borgo dalla bellezza suggestiva, ricordi legati al tempo della mia infanzia e adolescenza. Sono ancora impressi dentro di me i suoni, i profumi antichi, i muri delle case e gli orti, i canti che accompagnavano le processioni della Madonna in festa, la laboriosità della gente, la quotidianità semplice, il lento, ma mai banale trascorrere del tempo, le voci gioiose dei bambini, che riempivano la piccola piazza e le vie del borgo.

Quei bambini sono diventati uomini e donne, che sentono fortemente l’amore, l’orgoglio e il senso di appartenenza a Macchia, custodendo, come in uno scrigno prezioso, quanto di bello e di importante hanno ricevuto in eredità: valori puri, preziose tradizioni, una innata propensione verso la cultura, una particolare spiritualità, che ha contagiato tutti coloro che hanno avuto la fortuna e il privilegio di nascere o vivere, se pure per un tempo breve, in questo luogo, che, ormai per molti è un luogo dell’anima. Proprio queste persone hanno fondato l’Associazione culturale   M.A.B. Macchia Antico Borgo, perché sono convinti che facendo conoscere la bellezza di questo borgo senza tempo, la sua storia, le sue tradizioni, la sua vita vera, autentica, i suoi valori condivisi, si possa offrire agli uomini di oggi, disorientati e in cerca di identità,  un’opportunità e un modello di esistenza altamente valida.

A questo mondo è appartenuto Fausto Gullo, che è vissuto in simbiosi con Macchia.

Il paese si illuminava, si risvegliava dal torpore dell’inverno, quando, all’inizio dell’estate, si aprivano le finestre di casa Gullo, per fare entrare la luce e l’aria in quelle stanze, che dovevano accogliere la famiglia per le ferie estive. Per noi bambini era la novità dell’estate, per la gente del paese un rito, che si ripeteva ogni anno. “Questa sera arriva Don Fausto” erano le parole che venivano ripetute di bocca in bocca. E i vecchi non si ritiravano nelle loro case, le donne rimanevano affacciate alle finestre, i bambini continuavano a far festa nella piccola piazza, finché, verso le “nove” di sera arrivava la macchina che conduceva Don Fausto e la moglie Donna Dora.

Subito una piccola folla di uomini si avvicinava a lui, che salutava tutti, sorridendo. Ricordo ancora l’impressione che suscitava in me bambina, la sua alta statura, la sua testa fiera, piegata leggermente da un lato, le sue mani tese a salutare.

Chiamava tutti per nome, uomini, donne, bambini del piccolo paese, riconoscendoli ad uno ad uno. Quello era il suo regno di cui non si sentiva affatto il re, ma un suddito fra tanti. Il portone dell’enorme casa rimaneva sempre aperto a tutti, la gente accorreva dai paesi vicini, a chiedere consigli, aiuto, o semplicemente a salutarlo. Egli accoglieva sempre tutti, per tutti aveva una parola affettuosa, a tutti dava un aiuto concreto.

Mi capitava spesso di andare in quella casa, dal momento che mio padre era per lui quasi un figlio, ed io amica d’infanzia delle sue nipoti. Lo trovavo sempre chino sulla scrivania, intento a leggere, a scrivere, in quello studio, dove il figlio Luigi avrebbe poi ambientato la famosa “Conversazione a Macchia”.

La sera, il salotto della sua casa si riempiva di tante persone: intellettuali, avvocati, uomini politici, ma anche di tanti paesani, semplici amici. Si conversava, si discuteva dei grandi temi, che caratterizzavano i dibattiti culturali e politici di quegli anni, in cui il mondo era diviso in due e, a meno che non si fosse destinati all’antinferno dantesco, bisognava stare da una parte o dall’altra. Ognuno esprimeva le ragioni della propria appartenenza, spiegandole a se stesso, prima che agli altri, cercando di fare chiarezza, di dare risposta a dubbi, qualora ce ne fossero stati, nel dialogo, nel confronto delle idee, nel rispetto e nella tolleranza delle opinioni altrui. Nel salotto di quel “palazzo” si dava un contributo alla storia, se è vero che essa si attua con le idee, prima che con le azioni, criticando, se è necessario, senza subire passivamente le decisioni altrui, vedendo in che direzione va il mondo e seguendola, se è quella giusta, altrimenti tornando al punto di partenza, se ci si accorge che occorre ricominciare. Ricominciare a sperare, per costruire, crescere, progredire! Si faceva quasi l’alba, le conversazioni si interrompevano, come per incanto la gente si dileguava, per tornare a riunirsi la volta successiva e continuare a discutere dal punto in cui il discorso era stato interrotto.

Così finiva l’estate, le finestre e il portone della grande casa si richiudevano, il silenzio ritornava nel piccolo paese. Era sorprendente l’alchimia, che si era venuta a creare, fra la vita di Fausto Gullo e quella del paese. Quando morì, fu come se morisse anche quella piccolissima parte di mondo, che nel giorno del suo funerale si riempì, per l’ultima volta, di gente, tanta, importante ed umile, che le stradine e la piccola piazza non potevano contenere tutta. Ora egli riposa nel cimitero di Spezzano Piccolo insieme a tanti che l’hanno amato, ma il suo ricordo è sempre vivo in tanti che lo amano ancora. (amv)

Il presidente Occhiuto: Che sia un 25 aprile di memoria e speranza

Il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, ha augurato, in un messaggio su Twitter, che «sia un 25 aprile di memoria e di speranza. Memoria per la ricorrenza della liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Speranza per la fine delle ostilità in Ucraina e per l’avvio del processo di pace. Libertà e democrazia sono valori universali che vanno difesi quotidianamente». (rrm)

REGGIO – Le iniziative dell’Anpi – sezione “Ruggero Condò” per il 25 aprile

Sono quattro le iniziative che la sezione Ruggero Condò dell’Anpi di Reggio Calabria proporrà per il 25 aprile. Oltre a queste, prevista la proiezione di video con l’evocazione delle toccanti letture delle ideali, coraggiose e dolenti lettere di antifascisti condannati a morte, postati in questi giorni, fino al 24, sulla pagina Facebook del costituendo presidio reggino dell’Associazione Nazionale Partigiani Italiani.

Alle 15, verrà scoperta la targa della “Condò”, costituenda sezione, ubicata in via Pio XI 94 ed ovviamente al momento non frequentabile per rispetto dei protocolli anti Covid, in osservanza dei quali la cerimonia si terrà all’aperto, secondo distanziamento e con dispositivi di protezione. A seguire, sempre in massima sicurezza, un “momento di memoria e impegno” in cui si dedicherà un ulivo, donato dai residenti di un Rione Marconi ospitante la sede partigiana, in omaggio alla figura di Ruggero Condó, che rappresenta l’impegno tangibile che la costituenda sezione si assume per valorizzare i e diffondere i contenuti della Costituzione.

Inoltre, sempre sulla pagina Fb, ci sarà la rivisitazione di canti partigiani ad opera di artisti locali.

Infine, alle 18, sempre sullo stesso canale social della costituenda sezione, si svolgerà una conferenza sul tema del Femminismo intersezionale, evento organizzato in collaborazione con Non Una di Meno e partecipata da Giovanna Vingelli, Donatella Loprieno e Thomas Casadei (docenti universitari), Maria Lucia Parisi (coordinatrice “Condò”), Francesco Nicolò (componente “Condò”), Antonella Tassitano (Nudm) e Alessandra Carelli (presidente Anpi Cosenza).

L’evento, intitolato Femminismo intersezionale Avanguardia di una nuova Resistenza, porrà l’accento sul Femminismo della quarta ondata e sull’intersezionalità, un approccio che rende l’analisi politica e sociale più complessa, ma più autentica, al fine di animare un dibattito quanto mai attuale ed indurre una riflessioni su un tema dalle molteplici sfaccettature.

Infine, il 26 e il 27, in sinergia con la Uisp, si svolgerà la classica “staffetta partigiana” in bicicletta, quest’anno con la preziosa aggiunta della consegna presso scuole, luoghi istituzionali ed associativi di copie della Costituzione repubblicana nata dalla lotta di Liberazione dal Nazifascismo.

La staffetta, che partirà dalla sede della costituenda sezione, vedrà i ciclisti della Uisp impegnati in un articolato tour che toccherà istituti cittadini, quali il Fermi-Boccioni, il Piria, il Panella Vallauri, il Volta, sindacati quali Cisl e Cgil e altre realtà che ancora in queste ore stanno aderendo all’iniziativa, con l’impegno di diffondere e concretizzare i valori contenuti nella carta costituzionale.

Un programma fitto e che vede coinvolti diversi protagonisti presenti sul territorio e con cui la costituenda sezione Anpi ha iniziato un fruttuoso percorso di collaborazione. (rrc)

ROCCELLA – Il Comune aderisce alle iniziative Anpi del 25 aprile

Il Comune di Roccella Jonica aderisce alle iniziative dell’Anpi – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia di Reggio Calabria organizzate in occasione del 25 aprile, giorno in cui si festeggiano 75 anni della Liberazione.

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Come proposto nell’articolato programma di iniziative stilato dall’ANPI, il sindaco Vittorio Zito ed il Comandante della Polizia Municipale, Alfredo Fragomeli, alle ore 11 di sabato 25 aprile deporranno, a nome di tutta la cittadinanza di Roccella, un omaggio floreale davanti al Monumento ai Caduti della Patria, situato nell’omonima villetta, facendo memoria dei partigiani che si sono sacrificati per la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. 

L’Amministrazione Comunale ha, inoltre, accolto e sposato l’idea del compositore e pianista friulano, ma ormai da tempo roccellese d’adozione, Claudio Cojaniz che, con grande sensibilità, ha voluto celebrare la ricorrenza con un concerto al pianoforte che terrà nel pomeriggio del 25 aprile alle ore 14.30 nella sala “Domenico Bova” dell’ex Convento dei Minimi – che sarà ovviamente chiusa al pubblico – e che grazie alla preziosa collaborazione di TeleMia sarà trasmesso in diretta streaming sulla pagina web dell’emittente televisiva. (rrc)