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L'Autonomia differenziata rischia di dividere l'Italia

L’OPINIONE / Giacinto Nanci: Ma l’autonomia differenziata regionale c’è già da più di 20 anni

di GIACINTO NANCILa spesa sanitaria delle regioni ammonta a più del 70% di tutta la spesa pubblica regionale per cui le regioni che ricevono più fondi pro capite per questa spesa sono già differenziate “avvantaggiate” rispetto alle altre. Da più di 20 anni le regioni del nord ricevono molti più fondi per la sanità rispetto a quelle del sud perché il criterio scelto dalla Conferenza Stato-Regioni in applicazione dell’art.1 comma 34 legge 23/12/1996 n. 662 è stata quella del calcolo della popolazione pesata.

Questo criterio che da pochi fondi pro capite per la giovane età e molti più fondi per la popolazione anziana ha favorito le regioni del nord che hanno avuto e hanno una popolazione più anziana ma molto più sana. La Calabria e una delle regioni che ha avuto in assoluto un finanziamento pro capite in sanità tra i più bassi pur avendo molti più malati cronici delle altre regioni ed è questo il motivo per cui i soldi non sono bastati e per curare i molti malati in più e ha dovuto sforare e fare deficit finanziario.

Ed è per questo che nel 2009 la Calabria è stata sottoposta dal governo al Piano di Rientro Sanitario per risanare il deficit e dal 2011 ha la sua sanità commissariata. Come è noto il commissariamento è un istituto straordinario che deve avere una durata limitata in quanto i commissari hanno poteri speciali per risolvere i problemi, basti pensare al crollo del ponte di Genova che è stato ricostruito nel giro di un anno. Se la Calabria è commissariata ininterrottamente dal 2011 ad oggi vuol dire che il problema non è solo la cattiva gestione della sanità fatta dai precedenti amministratori calabresi ma vi è qualche altro motivo mettendo in conto che i numerosi commissari che si sono succeduti nel “risanamento” della sanità calabrese dobbiamo ritenere che non sono stati tutti degli inetti.

Quindi il vero motivo del presunto deficit della sanità calabrese è il suo sotto finanziamento a fronte di un eccessivo numero di malati cronici. La cosa grave è che di questo fatto tutti sono al corrente (governo, amministratori, politici), infatti basta leggere le dichiarazioni di insoddisfazione dei governatori delle regioni del sud all’uscita della Conferenza Stato-Regioni ogni anno alla fine del riparto dei fondi sanitari e di contro quelle di soddisfazione dei governatori delle regioni del nord. Ma ancora più eloquente è ciò che avvenuto nel 2017 quando per bocca dell’allora presidente della Conferenza Stato-Regioni Bonaccini è stata annunciata una “parziale” (per come dichiarato dallo stesso Bonaccini) modifica dei criteri di riparto dei fondi sanitari non più solo sul calcolo della popolazione pesata ma bensì su quella della “deprivazione” prevista sempre della legge 662. Ebbene nel 2017 grazie a questa parziale modifica alla Calabria sono arrivati 29 milioni in più del 2016 e alle regioni del sud sono arrivati complessivamente ben 408 milioni di euro in più rispetto sempre al 2016, ovviamente la modifica fatta non è stata ne ampliata ne riproposta negli anni successivi. Se la modifica invece di parziale fosse stata intera sempre in rispetto della legge 662 la cifra di 408 e dei 29 milioni di euro si sarebbero dovuti moltiplicare per 4 e ogni anno da 20 anni a questa parte quando ha avuto inizio il riparto dei fondi sanitari alle regioni. Altro dato di cui tutti sono al corrente è la grande numerosità delle malattie croniche presenti nella regione Calabria.

Dato certificato dal Dca n. 103 del lontano 30/09/2015 a firma dell’allora Commissario al Piano di Rientro Sanitario calabrese ing. Scura e vidimato per come prevede il piano di rientro prima del Ministero dell’Economia e poi da quello della Salute, nel quale Dca alla pag.33 dell’allegato n. 1 si legge: “Si sottolineano valori di prevalenza più elevati (almeno il 10%) rispetto al resto del paese per diverse patologie”. E siccome il Dca è fornito di dettagliate tabelle è stato facile calcolare che nei circa due milioni di abitanti calabresi c’erano allora (e oggi ancor di più) ben 287.000 malati cronici in più rispetto ad altri due milioni circa di altri italiani. Ad aggravare sia la salute dei calabresi che la sua intera economia è il Piano di Rientro Sanitario stesso perché nel 2011 il governo ha fatto un prestito alla Calabria di 400 milioni che stiamo restituendo con 30 milioni all’anno (di cui 10 solo di interessi) ad un tasso del 5,89% molto vicino al tasso usuraio che per questi prestiti è del 6.03% e finiremo di pagarlo nel 2040 per un importo di 922 milioni di euro. Ma c’è ancora di più perché per risanare il presunto deficit sanitario noi calabresi paghiamo più tasse degli altri italiani: maggiori accise sulla benzina, più trattenute irpef e irap, maggiorazione tassa di circolazione, maggior numero di tickets sanitari e a maggior costo etc… per cui è il Piano di Rientro stesso a peggiorare già tutta l’economia calabrese.

A lanciare un drammatico ammonimento è stato perfino il procuratore della Corte dei Conti calabrese Aronica che nel 2021 ha sottolineato che «il quadro è sconfortante, stante il noto disavanzo in cui versa la sanità calabrese e che difficilmente potrà rientrare se non si pone fine a questo ‘modus operandi’ nella gestione del debito». E che la situazione è arrivata agli estremi lo indica il fatto che a giugno 2022 il governatore della Campania De luca ha fatto un ricorso al Tar proprio per il fatto che ritiene ingiusti i metodi di riparto dei fondi sanitari alle regioni. Ma ancora più significativo è il fatto che il governo ha promesso che per l’anno venturo saranno rivisti i metodi di riparto dei fondi, ma credo che dovremo aspettare la sentenza del Tar. Infine, di male in peggio, in questi giorni l’autorevole istituto Gimbe ha certificato che la spesa sanitaria per le cure fuori regione è sempre in aumento e la Calabria è la regione che spende di più per i viaggi della speranza per le cure dei suoi malati nei centri di eccellenza del nord arrivando a spendere fino a 300 milioni di euro che ovviamente vengono sottratti alla sanità calabrese creando ulteriore deficit (il tutto sempre da almeno 20 anni a questa parte).

Se si considera che per la creazione di un centro di eccellenza bastano meno di cento milioni di euro, con soltanto la spesa per i viaggi della speranza, ne potremmo programmare almeno tre all’anno in Calabria e questo da 20 anni a questa parte. Avremmo potuto permetterci oltre ai centri di eccellenza per le malattie croniche gravi e rare anche un centro di eccellenza per lo studio della “fisioneuropatologia del canto del grillo”. Ed ecco che a questa situazione si aggiunge la proposta di legge del governo sul regionalismo differenziato che amplifica questa disparità di trattamento tra le regioni del nord e del sud anche in altri ambiti.

ùParadossalmente potrebbe essere una buona notizia perché se approvata questa legge del regionalismo differenziato potrebbe aggravare la vivibilità della nostra regione a tal punto per cui potrebbe essere arrivato il momento in cui noi cittadini, sindacati, associazioni etc..  ma specialmente i nostri amministratori e politici saranno costretti ad affrontare “tutti” i regionalismi differenziati vecchi e nuovi. Almeno fine del Piano di Rientro e del Commissariamento e riparto dei fondi sanitari in base alla numerosità delle malattie nelle varie regioni. (gn)

[Giacinto Nanci è medico di famiglia in pensione dell’Associazione Medici di Famiglia Mediass a Catanzaro]