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L’OPINIONE/ Giuseppe Bombino: La ‘Valle Infernale’: Quando un toponimo è un trattato di ecologia

di GIUSEPPE BOMBINO – La locuzione “Valle infernale”, secondo me, è una recente corruzione linguistica del toponimo latino “Vallis hiberna” (dal lat. hibernum = inverno, vedi il termine ibernazione), la cui traduzione è “Valle invernale”.

Tale antica denominazione, evidentemente, è da mettere in relazione con la peculiare fisiografia del sito. Il complesso dei parametri e degli indicatori locali (valori medi annui di temperatura, precipitazione, umidità, ventilazione, et cetera), infatti, delineano uno scenario ecologico del tutto inedito che, interagendo con i fattori orografici e geomorfologici della valle, determina il perdurare, per gran parte dell’anno, di condizioni climatiche tipiche della stagione invernale.

Le faggete dell’Aspromonte, come quella della “valle infernale” testimoniano le vicessitudini climatiche (inter e post-glaciali) che hanno interessato la nostra Montagna, e costituiscono formazioni climax legate al macro-bioclima temperato, che nelle zone fino a 1000 m s.l.m. è ascrivibile al bioclima mediterraneo.

La letteratura scientifica internazionale ha documentato un sensibile aumento degli incendi anche nelle faggete (la cui attitudine a bruciare è notoriamente molto scarsa, se non nulla), probabilmente dovuto al tendenziale cambiamento climatico.
I boschi di Faggio, anche in ambiente montano Mediterraneo, non sono suscettibili al fuoco: essi occupano i distretti più umidi e piovosi, spesso ombrosi.

Nella quasi totalità dei casi gli incendi in faggeta, ad oggi documentati, riguardano gli strati inferiori del bosco, con interessamento della sola lettiera e della necromassa a terra.

Diversi Autori hanno dimostrato come l’incendio nelle formazioni montane di faggio sia “eterogeneo” anche su piccola scala, e come le caratteristiche del combustibile e il microclima contribuiscano a ridurre intensità e severità delle fiamme, rendendo, perciò, il fuoco più facilmente domabile.

Nonostante la comprensibile emotività del momento, non ho mai creduto che l’incendio potesse distruggere la Foresta Vetusta, poiché ben conosco il remoto sito in cui essa vegeta.

Tuttavia, la perseverante, scellerata e distruttiva azione dell’uomo potrebbe “vincere” anche i tenaci e ancestrali meccanismi con cui la Natura risponde alle avversità. (gb)

Giuseppe Bombino è docente all’Università Mediterranea di Reggio Calabria e già presidente del Parco Nazionale dell’Aspromonte.