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L'OPINIONE / Giusy Staropoli Calafati: A ognuno il Salone (del libro) che merita

L’OPINIONE / Giusy Staropoli Calafati: A ognuno il Salone (del libro) che merita

di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – In molti mi state chiedendo perché non figura il mio nome all’interno del programma organizzato dalla Regione Calabria, per la cinque giorni del Salone del libro di Torino.

Semplice. La Regione Calabria, nelle persone a cui è stata affidata la direzione e l’organizzazione degli eventi al Salone, non lo ha ritenuto evidentemente opportuno.
Mi chiedete in tanti come è possibile che un libro proposto al Premio Strega e candidato al Viareggio, non sia al centro degli eventi nello stand della Calabria.
Semplice. La Regione Calabria, nelle persone a cui è stata affidata la direzione e l’organizzazione degli eventi al Salone, non lo ha ritenuto per nulla necessario. (Sic!)
A ognuno il suo salone del libro, dunque. E a chi spettano i capannoni altisonanti di Torino, e a chi le strade del mondo. Io amo consumarmi i piedi. Ahi, Ahi!
Saverio Strati, non amava i salotti letterari, sapeva bene ciò che vi stava dietro, ne conosceva il marciume e la frode.
In questo posso io stessa confermare che l’allieva ha superato il maestro. Troverete Terra Santissima esposto nello stand della Regione, lo potrete acquistare, mi troverete finanche in versione avatar, in uno strano bel gioco di carte dedicato ai libri, ma non troverete né il mio nome né il titolo del mio libro nella lista degli eventi organizzati dalla mia Calabria.
Minchia! Ma non è che mi hanno considerata tanto “italiana” da non volermi tra i piedi?
Questione meridionale fu!
La verità, amara terra mia, e noi (io e te) lo sappiamo bene, è che la sottoscritta non si è mai prostituita agli artifici di chi la cultura, a queste latitudini, la intende secondo il proprio metro di misura. E mai lo farò. Sono una donna fottutamente libera. Liberi sono i mie libri; libera è la mia penna; libera è la mia voce; totalmente libero è il mio pensiero.
Non mi inchino se non innanzi ai santi, non abbasso mai la testa se non sui libri, o al massimo a legarmi le scarpe, e parlo sempre a voce alta. Come ora. Faccio rumore, come dice mia madre, racconto la verità, che possa far piacere o meno. E la verità è che, oggi, a Torino, certe assenze fanno più rumore delle presenze.
Il programma che la Calabria presenta a Torino è vasto. Non vi è dubbio. Addirittura autori che fanno doppietta. Del tipo io, soltanto io, e nuju chjù. E poi autori non calabresi, con posti importanti altrove, che tra le altre cose stimo pure molto, ma che semplicemente vengono a riempire. Non me lo spiego diversamente. Non vedo Santo Gioffrè, per esempio, con il suo nuovo capolavoro Fadia, non vedo Angela Bubba con la sua magnifica Elsa. Non vedo Antonio Federico con la sua Umanità Illustrata“. Non vedo neppure Domenico Nunnari con il suo Lo stivale spezzato. Non vedo Giuseppe Smorto, Enzo Ciconte, Fabio Ciconte, la Regina della Litweb Ippolita Luzzo. Non vedo oltre. Eppure l’ultimo giorno di salone, vengono date addirittura delle repliche.
Lasciando i Bronzi di Riace, nel 50° del loro ritrovamento, a qualche grafica pubblicitaria d’effetto, e ad appena due soli eventi. Basta prendere visione del programma.
Non provo rabbia per certe prese di pozione, ché tali sono e tali restano, né mi affanno per esserci in certi eventi siglati da magrissimo provincialismo, mi sento ferita, però, questo sì. Passo da sempre la mia vita a raccontare questa terra, mostrarne la parte migliore, portale onore, consegnarle momenti di gloria, per poi rendermi conto che il prolificare della gelosia tra i calabresi è in grado di oscurare tutto, persino sottrarre alla Calabria quel po’ di requiem che le spetterebbe di diritto. Con buona pace di tutti.
Non sono certo l’unica esclusa. Con me resta fuori la letteratura calabrese. Non un evento dedicatole da chicchessia. Come fossimo innanzi a un’organizzazione priva dell’arte della conoscenza e della coscienza. Eppure il Salone lo paghiamo anche noi. I calabresi.
La Calabria al Salone del libro è precaria. Manca della sua identità. Mi sarei aspettata che, come minimo, la regione in apertura avesse presentato al paese, Torino è significativo, il Manifesto pubblico per lo studio a scuola degli autori calabresi del ‘900. Invece, non un evento sulla poesia di Calogero, o un incontro per declamare i versi di Costabile. Non una presentazione della nuova ultima versione di Gente in Aspromonte di Corrado Alvaro, edito da Bompiani. Come sarebbe stato d’obbligo raccontare, ammesso che in Calabria i guri dei centri culturali abbiamo avuto la decenza di leggerlo, Tutta una vita, il postumo tanto atteso, 30 anni dopo, di Saverio Strati.
O una dedica a voce alta a Marianna Procopio, proponendola in duetto con il figlio Mario La Cava. E magari una festa italiana, al cospetto dei libri, per i 25 anni della Fondazione dedicata a Corrado Alvaro. E nessuno osi dire, lo abbiamo fatto l’anno scorso o quello prima. Questi sono nomi che una volta fatto il giro, devono ricominciare.
Un cazzo di niente! Il 21 di maggio, però, e mi si aggrovigliano le budella, viene messo in programma un argomento di cui senza ci saremmo sentiti orfani: “Le mafie come problema politico, sociale economico e non solo criminale”. Alla faccia della Calabria Meravigliosa.
Cambia tutto per non cambiare nulla. Hai voglia di strigliate, mea culpa. Comincio a essere cosciente del fatto che” mu ‘nci lavi a testa o ciucciu, si perdi acqua e sapunata”.
La cultura, Calabria Grande e Amara, in Calabria è in mano a un pugno di amici, di dentro e di fuori, a cui se poco poco vai contro, vieni diseredata. Ma io ringrazio San Francesco da Paola per non fare parte di questo elogio alla cultura del comparaggio.
La vita è bella, la terra è ampia, e c’è il sole e c’è la pioggia. Ho dato sempre quanto ho potuto a chi mi ha chiesto, prestando collaborazione, presenza, ma alla fine oggi sto qui a prendere contezza che chi lo disse non aveva torto: futti e futtitindi ca si non futti resti futtutu.
Non so se imparerò mai a mettere in pratica questa regola, certamente ho imparato come funziona.
Bene! Mentre c’è chi sfila a Torino, io sarò nelle scuole della regione, tra i giovani. E sarò a Paola, nella biblioteca dei Minimi a parlare ai calabresi della Calabria.
Alvaro, come voi eruditi tutti certamente saprete, diceva che il calabrese va parlato, e io oggi non potevo non dirvi la verità. Ricordando a me stessa, che comunque vogliate farla andare, Terra santissima resta un libro proposto allo Strega da Corrado Calabrò, candidato dalla giuria al Viareggio Repaci, e Premio Troccoli 2022.
Con questo, dal mio salone (del libro) è tutto. (gsc)