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L'OPINIONE / Raffaele Malito: Bettini e D'Alema, come strateghi per la salvezza del PD

L’OPINIONE / Raffaele Malito: Bettini e D’Alema, come strateghi per la salvezza del PD

di RAFFAELE MALITONella livida, cupa atmosfera di fine di un progetto, di una storia  che avrebbe dovuto  recuperare, fondendole, i grandi filoni culturalpolitici della  sinistra comunista, e non, e del cattolicesimo democratico, si propongono, come  strateghi della salvezza esistenziale, ancora prima che politica,  del Pd, due grandi personaggi, diversi per i ruoli svolti ma uguali per straordinaria, incommensurabile egolatria, riscoperti da giornali e TV: Goffredo Bettini e l’eterno Massimo D’Alema.

Il primo è già all’opera per “creare” il nuovo segretario del Pd, quando e se, dopo i lunghi tempi asiatici, previsti per il congresso,  il partito esisterà ancora. È indicato abbastanza chiaramente nel libro che Bettini ha presentato di recente con un titolo,  Sinistra da capo, che è già un programma e un progetto di fondazione: Andrea Orlando. Un dirigente che dispone già di una sua piccola corrente che offre una garanzia essenziale e che costituisce una pre-condizione che Bettini apprezza molto, il trait- d’union  che li lega alla straordinaria figura di grande coerenza politica e di punto di riferimento dell’ area progressista, racchiusa in Giuseppe Conte.

Esattamente il Conte che è stato con Matteo Salvini, senza crederci ma accettando tutto ciò che il capo della Lega gli dettava, con il Pd finché era prono e credulo in grandi, comuni progetti futuri, con Mario Draghi finché gli è convenuto, e, poi, ha fatto cadere: lo stesso Conte che ora fa finta di essere di sinistra per sottrarre voti al Pd, adesso, e fagocitarlo, domani, proponendosi come il Melanchon “de noantri”, sponda e punto di riferimento di tutto il populisno sinistreggiante.

Orlando, perché dirigente di livello senza molta storia e spessore culturale, dovrebbe essere il primo a preoccuparsi di questo investimento politico  e ideale che Bettini fa nei suoi confronti: uno dei suoi figliocci prediletti, Nicola Zingaretti che riceveva i suoi consigli e i suggerimenti sulle cose da dire, ha fatto perdere le tracce ed è scappato via vergognandosi del partito di cui era stato segretario.

Novello Machiavelli alla continua  ricerca di un Principe-leader da plasmare, alla fine, non ne ha  azzeccata una in questa insopprimibile vocazione: Alessandro De Angelis, su Huffingtonpost, ricorda che più di tre lustri fa auspicava la discesa in campo di Montezemolo e, poi, due lustri fa, scrisse un libro con quella prosa  avvolgente un po’ ingraiana modello “la storia siamo noi” che Matteo Renzi era la carta decisiva della sinistra europea e, ora, è Giuseppe Conte il faro di una nuova era della sinistra e suo punto di riferimento. 

L’altro  illuminato consigliere – lo ha ammesso, con una certa circospezione, l’altra sera a “ In onda” su la7 –  è Massimo D’Alema.   C’è una coincidenza tra questi due personaggi: provengono entrambi dal Pci, di grande esperienza, di buone letture, hanno letto e interpretato il mondo in grande ma hanno perduto il contatto con la realtà, prigionieri del loro ego. Hanno costruito teorie aleatorie per coprire opportunismi tattici, innamorati della manovra di cui si sentono titolari e depositari.

E c’è da chiedersi come è possibile  che D’Alema, che è stato autorevole leader della sinistra, di un pezzo di storia, insomma, possa  interloquire, consigliare, tramare per costruire un ipotetico, grande progetto politico con un Conte Laqualunque. Ed è lo stesso D’Alema che ha suggerito e sostenuto la scissione nel Pd, con scarsi, o risultati nulli, per la guerra a Matteo Renzi fino giudicare, con abiure di sapore leninista, la svolta riformista e di respiro europeo del leader toscano,  una malattia mentale , “per fortuna – come ha scritto – dalla quale è guarito da sola”.

Sul game over del Pd nessuna riflessione, in modo disinteressato, nessuna analisi, un pensiero in grado di spiegare le ragioni di una sconfitta storica, della rottura del rapporto con il paese ma solo giochi tattici mirati al posizionamento personale. E, quindi, nessuna risposta alla domanda perché il Pd ha perso e rischia di perdersi: colpa del correntismo, del governiamo, si risponde. E si proclama un congresso, infinito nei tempi, di rifondazione e rigenerazione che dovrebbe restituire anima, idee, progetti, la missione politica, insomma, smarrita. Intanto ognuno rafforza le proprie correnti e il segretario Letta, con le sue finte dimissioni e scarso coraggio, invece di stimolare la discussione ne conserva e legittima il meccanismo perverso.

Così l’idea di Bettini di puntare sul nuovo figlioccio Orlando che rappresenta una delle molte correnti della sinistra interna  e ne coaugula un’area, si gettano le premesse per difendersi da un’eventuale  vittoria di un  segretario fuori dal controllo delle correnti.    Un altro dato di questa crisi profonda è che chi vince, vince tutto, chi perde si prepara ad andarsene.  Ci sarà da spiegare, però, una questione non trascurabile: che cosa si dice sulla guerra in corso in Ucraina, sulle grandi emergenze sociali, economiche,  sui migranti, su come si fa opposizione al governo di destra di Meloni mentre si resta bloccati e  si pensa solo ai conti da regolare nella sistemazione del potere nelle e delle correnti. 

Nei disegni machiavellici di Bettini &Co si prepara una nuova cosa rossa con Conte. Ma il Conte Laqualunque si muove con l’obiettivo di   superare, di netto, alle prossime europee 2024, il Pd, facendo, come alle recenti politiche, salire a bordo della piattaforma cinque stelle, pezzi di sinistra  ma non i dirigenti, snobbati, ignorati o, addirittura, provocati con proposte inaccettabili  per far saltare qualsiasi ipotesi di accordo, come sta accadendo a proposito di alleanze per le prossime elezioni regionali nel Lazio e in Lombardia. C’è, nel Pd l’antico vizio del “papa straniero” a cui affidare il destino proprio e del Paese, rifiutando, come è accaduto con Walter Veltroni, quello che veniva dalla  propria storia. Nella distorta idea di considerarlo un “utile idiota”.                                     

Ma le cose si potrebbero rovesciare: il papa straniero a cui, oggi, si guarda nel Pd, il Conte Laqualunque, potrebbe trasformare, per  una beffa della storia, in “utili idioti” proprio i manovratori e i pensatori dei papi stranieri.  (rm)